K l V l S ·1· .\ P O P ù L A l{ E 585 I progressi della meccanica e della fisica ~ i sorprendenti voli dell'elettricità, ci dicono essere pressochè inutile - nel tempo - il lavoro del sordo braccio e della cieca mano senza l'ausilio d'una mente capace d'indagare e di riflettere sulla sicurezza e sulla riuscita dell'opera sua. In Inghilterra , difatti , in occasione del nuovo « Education Bill >) dell'anno 1902 e dopo un esame profondo del problema educatiYo, furono tutti concordi nel ritenere cc che l' educazione inglese non corrisponda abbastanza agli scopi pratici della vita; che in avvenire la lotta si farà nel campo delle manifatture e del commercio, che le nazioni meno istruite saranno serve delle altre, e condannate a compiere lavori più umili e meno rimunerativi del1' industria, che i popoli più inventivi avranno il primato >) (r). · Non dico, certo, di vedere ìn ogni operaio dell'avvenire un meccanico e un elettricista, ma è indiscutibile, a mio avviso, che specie a certe classi di operai la conoscenza teorica - per quanto elementare - del proprio e di altri mestieri affini si renderà tanca indispensabile quanto ogni saggia pratica. « Lo ~trumento umano che voi dovete porre qual motore alle leve di siffatto complicato organismo, bisogna che sia intellettualmente e moralmente più evoluto di quel che non fosse l'uomo usato direttamente e unicamente come braccio alla produzione nella sua forma rude e primitiva >) Que·ste .parole pronunziava il Prof. Francesco Pulle inaugurando l'·U. P. di Bologna e il Mosso - come a commento di ciò - così scrive nel suo aureo libro Meus sana in corpore sano: cc Vedremo ora iniziarsi una gara fra gli Stati Uniti dell'America e l'Inghilterra, per contendersi il primato, essendos~. ricon?sciuto che_ l' ind~stri~ ino-lese decade per difetto d1 coltura dei fabbricanti b . e degli operai >). Poi soggiunge: · . . . cc Visitando una grande fabbrica d1 New-York 11 direttore mi diceva : <e L'istruzione speciale i giovani fanno presto ad impararla nei nostri laboratori· ma se non hanno studiato, se la loro mente ·non' è aperta in mod<? da compr~ndere l' in~ensi_t~ della vita moderna, g10va poco l essere degli abili manuali e degli operatori: perchè la cultLua generale è più utile della tecnica >> (2). E ciò in quanto riguarda l'operaio organo di qu~l sistema alimentare dello Stato che secondo la teoria spenceriana - rapresenta la parte produttrice e industriale della società. Ma dovendo anche ammettere ch'esso abbia la sua funzione in quel sistema nervoso che, sempre secondo lo Spencer - rappresenta il governo della societ~ (e ciò come padr~ di famigJia per _l'~duc.:a2;!o_nde i ngli e come cittad1110per le l~ee polit1c~-re!1g10se)- risulta viemeglio avvalorato 11nostro d1:e 111quan_to occorre all'operaio quella elementare, s1, ma saggia, vera sicura e libera istruzione, che educandone l'anim~ ne arricchisca la mente per il benessere di sè stesso, della famiglia e della società.·_ II. Giustificata così l'istituzione della U. P., anche in base al principio emesso dal Compayré, che « la ( 1) A. Mosso. (2) La stessa classe lavoratrice ciò , difatti , sa per esperienza. I e.orsi più frequentati - scrive l'avv. Gasparotto nella sua relazione su l' U. P. di Milano - sono quelli di insegnamento tecnico, ai quali si mantitme costantemente fedele l' e - lemento operaio che mostra di seguire, a preferenza di qualunque altro, q~egli insegnamenti_ che port3:no. un cont:ibut? effettivo di scien:ra alle ordinarie occupa:rzonz professionali. educazione del popolo, mentre. è una conseguenza di ciò che egli crede, è pure una causa di ciò che egli sara ll, si deve ben considerare lo spirito di esse e garentirne lo scbpo, avvalorandone il .fine. Da poichè, di qualunque istituto, come di qualunque scienza, sono inutili i programmi e i mezzi di funzioni, se appunto lo scopo di esse e il .fine da raggiungere non sono tenuti presenti in ogni parola e in ogni gesto, con sincerità di animo e st1.ggezza di mente. Se l' U. P., infatti, non nasce -che pel popolo, bisogna prima di tutto sapere cosa sia, donde venga, cosa faccia e dove tenda questo popolo entrando all' U.; cosa debba fare nel periodo che vi dimora, cosa debba essere quando ne esce. « La U. P., quindi se pur non debba essere una mistificazione o un mezzo di appagare le ambizioncelle e gli odiuzzi di qualcuno, deve apRar~enere, appunto perchè popolare, al popolo; ·cost1tmrla al di fuori della partecipazione di questo, è un'azione inqualificabile >). Così Bergeret, e a ragione. Da noi facilmente si falsano scopi e intenti con vani e sfruttati nomi, specie quando si hn bisogno della pubblica e privata beneficenza, non -solo, ma ancora della .fiducia popol~r~. . . Ciò, certamente, non d1ss1~1le all~ f~·ode _che s1 pratica in commerci?, quando sott? l ~g1da d1 ~alsa e pomposa etichetta s1vende merce 1~ut1le o avariata. Così adunque, se la nostra U. e popolare , essa deve e~sere del popolo; e popolo non è quello licenziato dal liceo o dall'Istituto tecnico, dalla scuola: di . Magistero o da quella ginnasi:3-le; P?polo non è quello che vive _oziosamente tra 11 caff~. e la sala di lettura d'un gabinetto qualunque; non e 11 p.rofessionista o qualunque impiegato supe~iore dei pubblici uffici · non è la signora che scrnpa le ore al piano o a scorrere con noia le pagi1:ie d'un allegro romanzo nè la signorina ammalata d1 spleen e preoccupato d;l suo belletto e della acconciatura dei suoi capelli; non è il propri_etario e _l'azionista, 1101:i- è il boro-hese industriale e 11 negoziante che fa piazza; 1101f è chi non ha conosciuto il comando e l'incertezza del pane. Popolo è, invece, chi _alleviscer~ della terra str~ppa il zolfo e il carbone, 11 ferro e 11metallo prez10so; chi il nudo terreno e l' arìdo colle sa mutare in biondeggiante campo di spighe e_in _r~dente yerde di pampini~ rigogliosi di grappo~1; chi 1marosi e la tempesta stida per la speranz~ d1 abbon~ante pesca; chi all'altura si cimenta per mnalzare tl palazzo e il monumento · chi nell'officina o nell'opificio sa - mutare in utili' oggetti il metallo o il grezzo vegetale· chi prima ancora dell'alba lascia la casa e corre all' ~ratro o alla vanga, al piccone o alla mazza, alla ruota della macchina o alla guida della vaporiera per guadagnare un tozzo alla prole che forse soffe;ente ha lasciato sul giaciglio. Popolo è chi all'ago o alla spola affida la propria esistenza, c~i. è venuto su tra la bottega e la casa, tra un serv1z10 e la strada, e chi, infine, spinto dalla ne cessi t~ e dal dovere ha lasciato le scuole - dal Governo impunemente dette popolari - e s' è ~per_diftOne! bui? dell'io-noranza, soprafatto da pregrnd1z1, da timon, da d~bbi e superstizioni! Questo· è il popolo e per esso deve servire l' Università Popolare: e se ciò è vero se accettare dobbiamo un tale contingente, ecco 'che assieme al grave problema d~ll'U_. P. sorge indispensabile quello della scuola pnmana. Donde viene questo popolo? Dalla scuola primaria,. e no? tutto. . - Che cosa sa, quindi, e d1 quale forza intellettiva è capace il nostro popolo ? Sa poco, e forse nulla, ed è capace d'intendere tanto quanto un fanciullo. ·
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