RIVISTA POPOLARE 583 giare indifferenza da un campo ali' altro perchè trovano nell'uno e nell'altro come soddisfare i loro istinti di rapina e di violenza; istinti che la nostra dominazione sviluppa e generalizza di continuo. Se la sifilide e l' alcool che tanto generosamente noi distribuiamo non li de_-imassero troppo rapidamente e se lo spopolamento dei paesi in cui noi li addestriamo e li impieghiamo non inaridisse le sorgenti del loro reclutamento, cotali professionali della guerra potrebbero un giorno o l'altro crearci non poche difficoltà. Diacunda dunque serviva nei tiragliatori dell' Alto Dahomey. Musulmano fervente, egli credeva che le prescrizioni del Corano non hanno mai interdetto l'ingestione del rhnm, dell' acquavite o dell' absinte, roba che non esisteva nei tempi in cui viveva Maometto. Un giorno che Diacunda aveva alzato il gomito più del necessario, gli venne in mente di divertirsi in una piccola spedizione che organizzò solo soletto. E armato del suo fucile e di una discreta provvista di cartuccie, egli tentò di assalire un villaggio di cui prese a f uci · late gli abitanti. I nostri soldati negri che sono spesso eccellenti cacciatori, tirano molto male su bersagli umani· Diacunda non uccise che due o tre abitanti del villaggio, contro il quale si era armato in guerra e non incendiò che qualche catapecchia. Il guaio fu che uno degli ucci8i era un ca.po di cui l'amministrazione aveva bisogno; e perciò il peccatuccio del tiragliatore fu trovato grave e gli venne inflitta una seria punizione : un anno di prigione. Diacunda era da qualche tewpo in prigione allorchè sua moglie, Mondjio, partì dal suo paese dei Mossi per raggiungerlo, a Diogou, luogo della sua detenzione. Mondjio era una giovane peala della stejsa origine di Diacunda. Ella aveva la beltà particolare della sua razza, beltà che solletica gli Europei. Nel continente nero, il regime penitenziario, se non è condito colla chicotte, quando i prigionieri non sono troppo a lungo ligati alla barra della gi~1dtizia e si pensa a dar loro il cibo, è infinitamente più dolce che non lo sia in Francia. Non le spesse mura delle prigioni-modello, non porte blindate , non complicate serrature che mura.no i prigionieri come sotto un enorme coperchio di tomba. La prigione è una ca.sa, ed il detenuto, durante la giornata, è addetto a corvées non troppo faticose. Diacunda, guardato da tiragliatori coi quali aveva compiuto più. di un buon colpo, colla sua Mondj io nelle immediate vicinanze, passava, infine, dei giorni discreti aspettando quello della liberazione, che non poteva tardare a giungere essendo, come abbiamo detto , il suo , caso non troppo grave. ♦ Disgraziatamente, per la sua pace e per quella di lVIondjio sopravvenne l'amministratore Leclerc. Costui vide la donna, la trovò di suo gusto e cercò legar conver~azione con lei. Ma le donne peule sono fiere: esse subiscono l'Europeo e gli si danno se costrette; quando, cioè, l'Europeo le 8ollecita col diritto della forza. Mondjio respinse le proposte fatte in nome di un diritto di signoria. Il capo bianco ne concepì una asprissima irritazione accresciuta ancora dall' insolenza colla quale Diacunda si permise di fargli le sue rimoc1tranze. L'antico partigiano di Samory era stato edotto, infatti , dai suoi camerati dei tentativi del Leclerc e ne manifestò una collera vivissima. Un giorno, la vigilia della partenza di Leclerc che soggiornò poco a Diogou, Diacund.a potè trovarsi sul passaggio del residente e lo scongiurò a non prendere la sua donna. - Comandante, gli disse in sostanza, Mondjio moglie Diacunda. Diacunda prigioniero , tu non dovere prendere Moudjio Diacunda. Il residente ricevette malissimo le osservazioni del negro, ostinato a che gli si lasciasse Monàjio. Esasperato per quella importuna ostinazione del negro, Leclerc gli diase : - Lasciami in pace I Se ancora mi rompi le scatole ti farò carezzare le spalle con cinquanta colpi di corda. Diacnnda di venne furibondo. Dovettero impadronirsi di lui, ligarlo e ricondurlo in prigione. Ma urlava: - Coruandante I Tu non prendere mia donna I Tu non prendere Mondjio I L'indomani il convoglio parti da Diogou comandato , dal Leclerc, diretto a Kouandé. Mondjio fu obbligata ad unirsi al distaccamento che, come diceva il Leclerc, l'avrebbe condotta a Kouandé per essere consegnata ad una carovana che avrebbe a sua volta condotta la donna al s110paese di origine. Quando il convoglio parti, coloro cbe ne facevano parte udivano ancora gli urli di Dia cunda che dal.fondo della sua prigione ripeteva, ostinato: - . Tu non prendere Mondjio ! Mondj io essere mia donna! Il convoglio si allontanò da Diogou e la sera, alla tappa, Mondjio fu menata nella tenda del Leclerc divenendo sua moglie e alla moda antica e primitiva> (1) secondo l' uso del Parco dei Oe'rvi del Senegal. ♦ Il secondo giorno il convoglio era in cammino per raggiungere la tappa stabilita dal Leclerc quando s1 vide giungere correndo, trafelato, Diacunda. Come aveva spezzato i suoi ceppi ed ingannata la sorveglianza dei tiragliatori? Non si sa. Tra i guardiani ve n' erano della stesaa origine del prigioniero e non è azzardato sospettare che costoro favorissero la sua evasione. Che che ne sia, egli aveva seguito il convoglio e l'aveva raggiunto. Preso subito dai soldati di scorta fu condotto in presenza del Leclerc che quel giorno era di buon umore. - Perchè sei fuggito e vieni qui, tu? - Mondjio è mia moglie. Tu non hai il diritto di prenderla. Leclerc fu conciliante. Assicurò che la donna era condotta a Kuandé per essere poi menata a Moussi, di dove essa avrebbe potuto raggiungerlo quando avrebbe finito di espiare la sua pena. - E Mondjio non sarà tua moglie? interrogò Diacunda sospettoso. - No, te ne dò la mia parola. - Lo giuri? (1) L' A. allude a suoi precedenti articoli nei quali racconta altre gesta del residente Leclerc. (N. d. T.)
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