Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XI - n. 18 - 30 settembre 1905

RIVISTA POPOLARE 537 <e verno nel 1896. Per mezzo del guale si segue il « vagone passo passo senza perderlo di vista un <e minuto, erigendo una vera contabilità controlla- << bile sempre. Metodo la cui applicazione non co- « sterebbe nulla (essendo una pura riduzione delle « attuali scritturazioni) per le società, le quali anzi ·« risparmierebbero i rapporti giornalieri delle sta- « zioni col relativo personale addetto alla loro com- << pilazione. « E sulla Rivista del 30 novembre 1901 si legge « il seguente inciso che porta la mia firma: « Non avendo il personale dirigente interesse <e alcuno nella economia dei vagoni, e non in- <c correndo in danni per la mancanza di qualsiasi « controllo, ha viceversa interesse nello spreco; per- « cioccbè corrispondendo questo all'interesse delle « ditte, delle imprese bastagi, per economia di carri « stradali e di scaritori o caricatori-; ne consegue « una tacita intesa col personale di stazione, comin- <c ciancio dal manovratore per giungere al capo ser- <c vizio dei trasporti e del movimento, i quali chiu- « dono un occhio e magari tutti e due per lasciar « fare il proprio comodo al commercio, ben sapendo <e che la loro tacita quiescenza viene poi compencc sata con Lll1biglietto di visita involto in ùn bicc glietto di banca, di taglio più o meno grosso, a <e seconda dell'importanza dello scalo e dell'impor- <c tanza del posto occupato dall'impiegato. « Camorra sfacciata che dura da un trentennio. « e che costa alle società esercenti parecchi milioni <e al!' anno per indeniz.r.i di ritardata resa delle 111.erci, « ed al commercio nazionale danni incalcolabili.» Ora, che il controllo sul!' utilirraz_ione dei vagoni non potesse convenire alle società, per rispetto alla cretineria ladra insita nelle Convenzioni, per la quale esse erano autorizzate a sprecare da padrone il materiale rotabile fornito dallo stato, coi milioni di pantalone sta bene: per il fatto che il controllo avrebbe stabilito ufficialmente lo spreco, e di fronte a questo le società avrebbero dovuto pagare esse i noli, e· non avrebbero più potuto pretendere nuovi vagoni per mandare i riparandi nei ferravecchi risparmiando le riparazioni e speculando sulla fabbricazione dei nuovi. Ma che l'esercizio di Stato abbia a continuare nello stesso andazzo, pe · lasciare che la burocrazia si possa sostituire alla speculazione privata, sia nel monopolio del commercio nazionale, sia nello sperpero del suo patrimonio per favorire l' industria privilegiata della fabbrica dei milionari, sarebbe un controsenso. Controsenso, che, dato il nostro ambiente politico, non farebbe gran meraviglia; perciò che sia ormai notorio che l'alta carriera della nostra bùrocrazia è sottoposta alle solleci ·azioni dei sindacati politici industriali e quindi come i ministri dipende da codesti; ed avendo gli onorevolissimi sindacati l'interesse massimo nella conservazione dello stato quo ante, al Governo e alla burocrazia non resta che obbedire; e di qui l'obbligo maggiore alla critica di non dormire sugli allori se non vuole che il frutto del suo lavoro di 20 anni vada completamente perduto. p AOLO MORBELLI Storiadella colonizzazione ( r) ( STUDIO CRITICO) Un autorevole critico (2) mi riproverava di non avere neppur posto nonchè risolto in un mio vo- ( 1) Henry C. Morris : The history of Colonization , from the Earliest Times to the Present Day (in 2 voi.) Nt:w-York ::md London : Tht: Macmillan Company). (2) Domenico Oliva in Giornale d'Italia r6 maggio 1904. lume (Le origini degli Stati Uniti d'America - Hoepli 1904) il problema se la democrazia angloamericana, affermatasi nella guerra d'indipendenza e battezzata dall' Europa· nel 1783 , <e sarebbe stata anche militare e conquistatrice, guerriera e imperialista >>, se, più ancora, cc i germi dell' imperialismo esistevano già nel periodo delle origini >>. La risposta è semplicissima. Nulla, assolutamente nulla nel periodo delle origini lasciava neppur di lontano intravedere che gli Stati Uniti ad un solo secolo di distanza dovessero diventare una potenz.a coloniale, nel senso politico della parola, tanto che la stessa costituzione federale è contraria perfìno alla possibilità di tal cosa cd in alcune sue clausole e più ancora nello spirito tutto che la anima. L'aver quindi voluto rintracciare in quell'epoca i germi del fatto sarebbe stata una comoda ma poco profetica proiezione del futuro nel passato anzichè una ricostruzione storico-sociologica in base ad elementi accertati dell' epoca discussa. Che del resto neppure nella seconda metà, anzi nell'ultimo quarto del secolo XIX, nonostante la trasformazione radicale subita dagli Stati Uniti nel frattempo e lo spettacolo d'una colonizzazione interna senza precedenti nella storia, non si pensasse dagli stessi colonialisti all'eventualità d'una espansiòne coloniale imperialista all'esterno, lo provino. per citare solo uno dei luminari, le dichiarazioni esplicite del Leroy-Beaulieu nell'ultima edizione della sua opera <e De la colonisation cher_les peuples nwdernes >> (Paris 1902) (II 450-51). Nuova e più decisiva c911fcrma di ciò vien data però allo studioso da q Llest'opera americana sulla colonizzazione, dove il Morris afferma senz'altro che il problema « se gli Stati Uniti dovessero diventare una potenza coloniale sorse solo coll'occupazione di Cuba, Portorico e le Filippine », fu cioè uno dei risultati « sorpassanti di gran lunga le previsioni dei promotori della guerra stessa » (I. pag. VII). Ed è appunto per illuminare l'opinione pubblica del suo paese che il Morris scrisse questa storia genen!le della colonizzazione, nèll' intento di metter sotto gli occhi dei connazionali l'esperienza dell'umanità civile in siffatto campo dai tempi più remoti al giorno d'oggi, di far loro intravedere i mille problemi che ad essa si connettono e dalla cui soluzione è dipesa sempre la grandezza coloniale d' un popolo. E' un libro perciò dal fine pratico assai più che teorico, dalla veste espositrice più che indagatrice: è un frutto dell'espansione coloniale degli Stati Uniti per quel vincolo indissolubile che unisce la realtà al pensiero, vincolo che risulta dalla suggestione della vita sociale sull'intelletto del pensatore e dall' influenza delle ricerche di questo sullo sviluppo di quella. Come un'ampia letteratura coloniale tedesca, storico-giuridico-economico-soociologica, dal contributo alla criticadei progetti tedeschidelLohmis ( Die europà'ischen Kolonien, Beitrage zur Kritik der deutschen Projekte, Bonn. r 881) alle ricerche ed ai lavori del Fischer, dello Stegelmann, del von Stengel, del Roscher, Pann, Riebow, Zimmermann, Meyer, Ring, Engelstadt, Forster, Jung, von Koschitzky, Richter, Scbmidt, Volz, per citare solo i più noti, ha preceduto, accompagnato passo passo, seguito l'espansione coloniale della Germania nell'ultimo ventennio, così l'imprevista e subitanea potenza colonia.le degli Stati Uniti ha cominciato a produrre i suoi frutti anche nel campo degli studi coloniali, come lo dimostrano tra le altre l'opera notevole dell' Ireland sulla colonizzazione tropicale ( Tropica! Coloniz.ation, New-York 1889) e quella modesra ma ottima del Reinsch (Colonia! Government, NewYork 1902. Non è però da credere con questo che il Morris

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