Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XI - n. 18 - 30 settembre 1905

534 RIVISTA POPOLARE alla Filosofia il compito laborioso di riprendere in esame questo antico e sempre riconoscente bisogno umano di tentare una conciliazione fra il valore ideale della vita e il suo valore reale, tra l'esigenza di un bene, eh' è o appare irraggiungibile, e lo sforzo e il dolore che l'assoggettarci allo ideale etico ci costa, e le frequenti cadute in un così pericoloso agone e le molteplici violazioni di siffatto ideale non sempre seguite da sanzione punitiva. Il dissidio è. - in ultima analisi - tra l' ideale e il reale, tra il concetto, cioè, di una vita migliore e le condizioni reali di vita in un dato momento storico ; e non è, nè può essere, insanabile se non quando i due termini siano originariamente e perennemente inconciliabili, il che, nè da un'attenta considerazione sulla natura del fatto etico-sociale e dei suoi fattori, nè da un 1:.same sommario del suo svolgimento storico è confermato. Poichè, infatti, quel che dicesi l' ideale non può dirsi veramente tale se non in quanto abbia come suo punto di partenza determinate condizioni di realtà alle quali tende necessariamente ad adeguarsi rinnovandole e talvolta anche sconvolgendole, ma senza riuscire a distruggervi quel che vi è di perenne. L'ideale è la molla del progresso umano; può ben la molla tendersi fino a spezzarsi per colpa di chi l'adopera male, ma ciò appunto vuol dire che il suo normale funzionamento dipende da un complesso di condizioni reali, alle quali non può, e tanto meno deve, apertamente contrastare. E, in tal modo , mentre il primo dei due suddetti termini antagonistici, per l' intimo suo valore dinamico, esercita una azione innovatrice sul secondo, questo, a sua volta , reagisce sul primo, richiamandolo dalle astrattezze•· del puro pensiero alla concretezza di determinate esplicazioni storiche. Sicchè, come la _storia dimostra con l'evidenza del fatto, il dissidio tra l' ideale e il reale o non apparisce -- come nei primordii della civiltà-o, quando apparisce, non è inconciliabile; chè, se tale per qualche nuova ciri.:ostanza bio-sociale in un dato momento si manifestasse, per ciò stesso verrebbe meno , per un periodo più o meno lungo di tempo (e perchè non anche definitivamente?) ogni possibilità di progresso e di vita storica ; e cesserebbe ad un tempo il dissidio medesimo nella forma superiore, in cui accennava a manifesfarsi , per dar luogo ad una conciliazione dei due fattori in una forma inferiore di vita sociale. Tale è, appunto, il caso dei così detti arresti di civiltà, analoghi a' casi d' involu 1 ione biologica che si spiegano come un particolare effetto della legge di adattamento. Quest'ultimo è, appunto, il pericolo da evitare nella vita storica. Ma, in ogni modo, tanto in questo caso, che dicesi regresso, quanto nel caso opposto • - il progresso - la storia dimostra che l'ottimismo etico-sociale ha la sua ragion di affermarsi e che il dissidio tra i due suddetti termini antagonistici della vita storica non è inconciliabile. Solo nei pt>riodi di crisi questo dissidio riappare in tutta la sua tragica solennità ; ed è stata - bisogna riconoscerlo - la ere, lenza cristiana il fattore di una scissione (che appare al Petrone e ad altri-ma probabilmente non è--intrinseca ed essenziale alla moralità) tra l'ideale etico e le condizioni natuturali della vita umana. Nei luoghi or ora citati del libro del Petrone è facile vedere ch:e il dissidio è non tra l'ideale etico e le condizioni reali della psiche e della vita umana quali due termini perennemente antagonistici, ma tra la forma cristiana di quell'ideale (il dovere inteso come un duro comando dello spirito in contrasto con la natura) e le transitorie condizioni psico-sociali che possono essere e sono continuamente modificabili, per opera, soprattutto , dell' educazione. Or è lecito chiedere: perchè il carattere di obbligatorietà del precetto morale dev'esser considerato come l'equivalente di una perpetua, insanabile scissione dell'anima umana, che si ripercuota in un perenne oscillar della vita tra il bene ed il male , tra le tendenze altruistiche e !'egoistiche? Se non fu tale - come pur nota l' A. - in altre epoche storiche l' ideale della vita ; se, come neil'epoca ellenica, il carattere del!' euritmia ha potuto improntar di sè tutte le manifestazioni dello spirito e tra queste anche la moralità, perchè, dopo l'avvento del cristianesimo, che potè ben essere una crisi opportuna nel momento storico in cui si manifestò, dovrebbero essere talmente mutate le' sottostanti condizioni reali della psiche umana da non potersi concepire la possibilità di una nuova conciliazione armonica delle sue energie superiori ed inferiori ? Di una Morale spoglia di obbligatoqetà non può dirsi assurdo il concetto, chè, anzi , esso fu tradotto in dottrine filosofie he antiche e recenti e se ne trovano tracce anche in quelle propugnatrici ·dcli 'ideale etico imperativo. Una visione di questa possibile conciliazione tra l' energie pratiche superiori e le inferiori ebbe già l'intellettualismo nelle sue varie manifestazioni attraverso i tempi, da Socrate al Leibnitz: il male è, secondo tale dottrina, sinonimo d'ignoranza; il bene è, invece, pienezza d'intelligenza. Or se l'intelletto fattore di bene - osserva giustamente l' A.-è int1;so in senso puramente teoretico, è vano tentar di cavarne la più piccola stilla di quella energia fattiva ch'è la volontà del bene. Ma questo modo di considerare le due funzioni di una stessa attività non è un'astrazione dissolvitrice della loro intima ed originaria unione? E, d'altra parte quale delle due funzioni implica già in sè l'altra ed è la piena ed adeguata espressione di tutta intera l'attività psichica ? lndu bbiamente la volontà. « In vero - osserva il Petrone - il 11 torto degl' intellettualisti è non già nello avere intraveduto la (< convergenza terminale fra i due aspetti e le due forme dello 11 spirito, ma nello aver seguito 'uri processo inverso da quello 11 reale per addivenire alla invocata convergenza ... Essi avreb11 bero dovuto procedere non già dalla scienza alla vita o dalla (< cognizione alla virtù, ma, viceversa. dalla virtù alla cogni-- 11 7ione e dalla vita alla scienza » (p. 314). E la i.tessa dottrina morale kantiana in cui tanta parte dello spirito cristiano ha avuto la sua sistemazione filosofica, pure interponendo tanta distanza tra conoscenza e volontà quanta ve n'è tra la Ragion pura e la Ragion pratica, dà a quest'ultima tale preminenza che ben può dirsi col Petrone esser l'Etica, così considerata, una superiore 1 eoretica 11 la Teoretica dell' assoluto ». L' ideale inteso e valutato alla stregua di tali criteri non è ob • bietto di scien 1 a, nel senso proprio e particolare di tale parola, ma di quella visiom: superiore delle cose eh' è la sapien 1 a; e ad esso si adegua nella realtà non l'efimero bene dell' individuo, ma quello dell'universale, che , come per una serie di cerchi concentrici, si estende - e ce ne dà prova la storia - dalla simbiosi di piccoli, molteplici, isolati gruppi primordiali a sempre più vaste sfere di vita e di azione. 11 Muoion le vite, ma non muor la Vita » ebbe già a dire, in questo senso, lo Swinburne. E in tal senso si può, altresì , dire col Petrone che 11 l' Etica è scienza del11 l'azione umana veduta come prolungamento e coronamento • dell' azione cosmica ». ♦ Ma, giunti a questo punto , bisogna pur domandarsi : che riman più della distinzione tra il bene ed il male? Essa ha un valore semplicemente pratico: il l3ene è l'idealità etico-sociale umana ed il male è la sua deficienza sempre più decrescente finchè si approssimi al zero, al nulla. Ma la suddetta idealità etica-sociale nel suo valore profondo, cioè, obbiettivo, è un coronamento dell' a 1 ione cosmica. Qui la quistione rinasce, anzi qui sorge, definitivamente, la vera quistione. Quella tesi, infatti, non è nuova; altre ed opposte dottrine esplicitamente la propugnano o implicitamente l' accennano; e in specie, fu, recentemente, la tesi· dell'evoluzionismo spenceriano. Non vedo, adunque, in che i 11 problemi del mondo morale meditati da un idealista » differiscano , data I' identica soluzione, dagli stessi problemi meditati da un positivista , se

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