Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XI - n. 18 - 30 settembre 1905

RIVISTA POPOLARE 533 « nell'origine. L'acquisiz10ne dei sentimenti e delle idee morali (( non è, in ipotesi, un processo arbitrario, positivo, intenzio- « nale, non è un accidente dello spirito e della natura i è un (( processo naturale, organico, morfologico, necessario. La co- (( scienza morale non è innata, ma è naturale, come ricono- (< sce esplicitamente J. Stuart Mili. >i Se non che tale professione di fede non è conseguente al criterio adottato da quella scuola-la legge di associa 1 ione-secondo la quale da stati primordiali sentimentali e conoscitivi si formerebbero i fatti JTlOrali e ideali umani .che in quelli con trovano la loro ragione sufficiente. Poichè, dato quel criterio e quella legge di composizione, la forma di necessità e di universalità dei fatti n10rali ;( non è più (( la necessità e la universalità della ideologia e ddla metafì- (< sica , ma è puro fenomeno di percezione psicologica , puro << abito di illusione ottica interna: è necessità e universalità non « da natura, ma da abitudine interna , ossia da associazione. « Le idee morali dell'associazionismo sono, come le sue per- « cezioni teoretiche, dei fenomeni di allucinazione psicologica: « solo, che queste percezioni sono delle allucinazioni vere e, « del pari, quelle idee sono delle allucinazioni utili >> (p. 56). Sola dottrina da opporre al materialismo e allo scatticismo nella Morale, è, dunque, secondo il Petrone, l' iJcalismo: ma quale tra le tante forme, in cui questo indirizzo di pensiero si è venuto manifestando dall'antichità classica a' tempi nostri, è dall' A. esplicitamente professata? on l'idealismo che fa dell'universale, per ipostasi, un dupli.:ato del particolare, una proiezione, in una sfera trascendente, del mondo fenomenico (l'idealismo platonico nelle sue forme peggiori) ; nè quello che l'oggetto e l'essere contrae nello aspetto soggettivo <::mpirico della conoscenza (Esse est percipi: Berkeley); nè quello assai più celebrato, perchè da esso e per esso comincia !a Filosofia dei tempi nostri, l'idealismo, cioè, di E. Kant, che, dichiarata fenome,zica la conoscenza, le oppone tutto un mondo inaccessibile e inconoscibile, eh' è il substrato della Realtà ed in cui, pure, profonda le sue radici il fatto morate; nè alcuna delle tante forme dell'idealismo tedesco post-kantiano, che al soggetto, come coscienza (Fichte e Schelling) , o come pensiero (Hegel), dfono troppo larga parte nella ricostruzione del Reale. Queste ed altre consimili forme dell' idealismo hanno tutte, quantunque in proporzioni ed in aspetti più o meno diversi, lo stesso difetto fondamentale, più sopra notato, di assum.ere, come punto di orientazione delle loro intuizioni, il fatto della conoscenza, anche quando, come il criticismo kantiano, asse gnino a tal fatto limiti ben determinati, e, per tutto ciò che trascende quei limiti, accennino ad avvolgersi nella fitta nebbia dell'agnosticismo. Or tale disposizione non è la più adatta a facilitare la comprensione e l'interpetrazione del fatto morale. Solo l'idealismo teleologico di cui Aristotele fu sommo maestro nell'antichità può riuscire a siffatto risultato. Seguace di tale dottrina, sovrattutto nella forma modernamente impressale dal Rosmini, l' A. riafferma il valore delle cause finali e in quell'ordine gerarchico di fini, eh' è il mondo, pone, termine e coronamento supremo, il fine umano, il Bene - eh' è ciò che dà valore alla vita -- il Bene, quale per gradi si rivela alla coscienza degli uomini, dal più basso grado di rispetto pura· mente negativo delle altre esistenze alle più alte vette della santità e dell' eroismo. ♦ Ma quando questa nuova e maggiore intuizione del mondo, eh' è la Filosofia morale, abbia assodato che il fine umano e il valore della vita, nella purezza dell' ideale che ce ne foggiamo, è il Bene, non per questo si può dire risoluta la questione del valore reale della vita. « Questo fint> (il Bene) non « segna esso, la perfezione dell'esser nostro? ... Perchè adunlt que esso non è sentito che sotto la forma Ji un rude im- « perio , e non è operoso che attraverso il dolore e lo sfor- <( zo ... ? >> (p. 274 seg.). L' A. risolve la questione, che, come si vede, si riferisce non più al contenuto concettuale ma alla forma dell'ideale etico, nel senso kantiano, adottando, qui , un principio attinto alla dottrina morale che ben· potè dirsi formalistica per eccellenza. « Il dissidio tra la condotta morale doverosa e la condotta di <( fatto ... mette capo ad un dissidio più grave ancora , e più (< complesso : al dissidio profondo, radicale, immedicabile del1' umana natura.... Come tutte le esistenze superiori del- (< l'univt!rso, la natura umana è complessa, bilaterale, dissim- <( metrica, e l'unità dell'individuo umano è lacerata da un'in- (< genita discordia interiore di elementi e di principii d'azione, « della quale non è possibile una composizione spontanea, ma (( solo una composizione consapevole, laboriosa e riflessa, quale (< è quella segnata dallo spirito etico e dalla coscienza mo- « raie n (p. 277). E mette veramente , come suol dirsi , il dito sulla piaga, quando osso;:rva: (< La fatica e il dolore eh<:!costa la virtù e l'adempimento 11 del dovere, e donde si originano tutte le violazioni della legge « della morate, chiaritasi troppo in antitesi alla spontaneità del (< voler vivere ed all'impulso del piacer<::; trae lo spirito sofi- (( stico e sollecitato dalle insidie del senso, a dubitare della ve- (( rità e del valore della legge del bene >) (p. 280). E conchiude : ((Ma qui si deve rispondere eh<:!, ove l'ordine (< morale si avverasse per un gioco di necessitazioni naturali o « per virtù spontanea e necessaria ed univoca direzione delle « potenze dell'essere, esso cesserebbe per ciò stesso di essere (< un ordine morale e diventerebbe un ordine tisico. L'uomo (< non sarebbe egli più l'attore del mondo morale, ossia della « virtù e del merito , ma lo strumento e la mediazione nella (< quale opererebbe inconsaputo l' ordine necessario della na- (< tura >) (p. 281). Senonchè questa risposta, che potrebbe acquetare un'anima disposta, per temperamento dogmatico, ad una fede cieca, non può assopir l' inquietezza nascente da quello stato di dubbio, ch'è radice di scienza, da quella scepsi feconda della quale il Petrone mostra in tutto il libro quale- e quanta sia l' importanza teoretica e pratica. L'argomento, infatti, qui addotto, a confortar la ft:de nel Bene potrebbe ritorcersi. Se l'ordine morale non solo non è da confondersi con l' ordine neeessario di natura, ma contrasta con esso, che cosa è, dunque, se non un che di pensabile, un mero prodotto ideale a cui soltanto l'uomo, per una fatale complessità della sua psiche, sa giungere , ma che, per essere intraducibile nella vita reale è fonte di dolore e di male 'l Non var-- rebbe megllo che l' uomo invece di essere, a tal prezzo, lo attore del mondo morale, fosse semplice strumento d' inconsapevole attivit~t cosmica? E se questa ipotesi, data la costituzione psichica umana, é assurda, non è, perciò appunto, da conchiudere tristemente col Pot!ta , che 11 tutto è vano fuor che il nostro dolore n e che la vita è male? ♦ Ma una conciliazione tra le due opposte soluzioni non può essere a priori dichiarata impossibile. Essa ha sempre sorriso all'anima umana, che non s'è mai stancata di tentarla e ritentarla nella sua vita sec9lare, ritessendo di continuo, Penelope infaticata, la tela delle sue aspirazioni più profonde e più care. Fin da quando nel velo del mito edenico e degli altri miti consimili si adombrò il tentativo di una spiegazione della distinzione tra il bene ed il male, fu sempre riposto nel primo di questi due termini l'ideale etico ed il valore essenziale della vita al secondo fu soltanto concesso un valore labile e transitorio, come a ciò che ha significato di negazione e di dejicien1a destinata a sparire in una ipotetica catarsi finale. Spetta

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