Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XI - n. 18 - 30 settembre 1905

RIVISTA POPOLARE DI Politica, Lettere e Scienze Sociali Direttore: Prof. NAPOJ,l~ONECOLAJANNI (Deputato al Parlamento) Esce in Roma il 15 e il 30 d'ogni mese lt.alia: :111110lire H; semestre lire 3,50 - J~st1ero: anno lire 8; semestre lire 4,50 Un numero separato Cent. 30 . Amministrazione: Corso Vittodo Emanuele· ·n.0 115 - NAPOLI Anno Xl - Num. 18 ABBONAMENTO POSTALE ltoma, ao Settembre 1905 SOMMARIO: Noi: Gli a.vve11l111.e11Li e g·li 110111i11l: (Amoreggiamenti sabaudi-p~palini - La sincerità dei cattolici nella quistione sociale - La crisi ungherese - Il trionfo dei repubblicani nelle elezioni spagnuole - Rivolte, strag i ed incendi nel Caucaso - L' indipendenza ddla Norvegia - 11 Congresso socialista di fena - La parola sincera d' un anarchico sui fatti di Grammichele -- Ancora della 13orsa del Lavoro e del socialismo in Napoli -- A. Call: I contadini e la scuola in Sicilia). - La Rivista: Per la Calabria, Le lagrime del Re e i 111i/io11idei co11tribuenti - G. Nascimbeni: Per una questione di psicologia collettiva: I delitti dei g,·a11di e la coscieJ1 1a del popolo - Giovanni De Gennaro: Un nuovo e patrio inJirizzo negli studi storico-giuridici -- F. Montalto: Il valore della vita - X.: Per una (< più grande » Italia, I 110stri i11teressi al B,-açi/e (Lettera da Rio de J.rneiro) - Paolo Morbelli: Della mancanza di vagoni per le merci in Italia - GennaroMondaini: Storia Jella colonizzazione, studio critico - I-tivista delle IUvlgt,e: L'opera di Pio X. (North A;nerican Review) - Leggi locali (L' Hco110111ista) - Pro Calabria (Nuova A nlologia) - La successione dell'Austria (L' Europee11) -- L'alimentazione dcli' ln~hilterra in tempo di guerra (ReJJie111of Revie1vs) - L'avvenire finanziario del Giappone (Scribner's Magazine) - Evviva la guerra! (Il Lampo) - La costituzione russa (/>reussische lahrbucher) - La lotta per la Persia (Kolo11iale Zeitschrift). GLI ftVVENIJVlENTI e GLI UOMINI .. Amoreggiamenti sabaudi-papalini. -Mentre l'Italia. ha celebrato con una certa solen11ità l'entrala degli Italiani in Roma per la breccia di Porta Pia, in Napoli, proprio alla vi~ilia del XX Settembre, svolgevasi uno degli episodi più caratteri::itici dell'entente cordiale tra Casa Savoia e la Chiesa Cattolica, che si è accentuata, che galoppa, da che sul trono pontificio siede q 11el Pio X , che da arcivescovo di Ve. nezia fu il primo strenuo difensore dei reazionari. In Napoli del ravvicinamento si erà avuto una prova solenne nello scambio insolito di visite tra il cardinale Priseo e il Duca di Aosta: ora il 19 settembre se ne ha avuto un'altra più grave e più umiliante per la dignità e la. civiltà dell'Italia nuova. Il Duca di Ao sta, che non è un semplice membro della famiglia reale, ma che in Napoli copre un'importante ufficio pubblico comandandovi il X Corpo di armata, si è portato devotamente e pomposamente al D romo per assistere al miracolo della ebollizio11,e del sanguP. di S. Gennaro; e lo ha atteso per un' ora inginocchiato insieme alla Duchessa. Sanno i nostri lettori, che noi siamo rispettosissimi delle convinzioni altrui e specialmente dei sentimenti religiosi di tutti. Ma in questo caso non si tratta di una semplice manifestazione di sentimenti religiosi, ma della consacrazione per parte di un alto funzionario dello Stato di una delle superstizioni più stupide, di u11a delle ciurmerie più volgari della Chiesa Cattolica, a cui qualunque uomo che ba una mediocre intelliwmza ed una cnltura elementarissima non può prestare fede, L'atto del Duca d'Aosta, quindi, serve a mantenere nella ignoranza e nella superstizione la plebe di Napoli ed è degno soltanto della condotta dei Re Borboni, che non per politica volgare, ma per sincera cre:ìenza rendevano omaggio a San Gennaro e si ponevano sotto la sua protezione. Ma i Borboni di Napoli si sa che rappresentavano la dinastia più degenerata del mondo. Un riscontro. La storia o la leggenda dice che durante il soggiorno dell'esercito della Repubblica fra.n• cese rn Napoli il clero ritardava a fa,· bollù-e il sangue di San Gennaro per eccitare il malumore nel popolo ed eccitarne il malcontento contro i repubblicani alla c11i presenza nella città volevano fare attribuire la mancanza del miracolo. Erano i tempi del Cardinale R11ffo e delle gesta brigantesche della Santa Fede! Ma il Generale Championnet chiamò il capo del clero e gli disse: se f1·a un'o1·a non bollfrà il sangue di San Gennaro, io fm·ò ballire il vostro I Si sa che il generale repubblicano non scherzava ; perciò San Gennaro si affrettò a far bollire il sangue. Ed oggi l'Italia nuova che dovrebbe rinnovare l'educazione del suo popolo, vede un suo rappresentante ufficiale inginocchiato umilmente nel Duomo di Napoli in attesa ... del miracolo ! Altro che Bisanzio ! Peccato che Giosuè Carducci sia verchio ... e senatore monarchico. ♦ La sincerità dei cattolici nella quistione sociale. - L'attitudine di Pio X verso i demccratici cristiani, che hanno un largo programma economico-sociale, che si potrebbe quasi dire socialista, ha tolto al Papato ogni serietà. Le sue continue ~ontraddizioni da. prima o in ultimo la sua decisa avversione contro Don Romolo Mnrri h&.nno provato che il Sommo Pontefice soltanto nelle reazione è sincero. Ma il Papa, che in Italia ha interessi più umani e più diretti da difendere, all'estero può anche libera· leggiare e mostrarsi più democratico ed anche più cristiano. Perciò i campioni della democrazia cristiana in Germania, nel Belgio, in Francia spesso hanno ricevuto incoraggiamenti e benedizioni dal Vaticano. Ma quelli interessi reazionari, in Italia rappresentati direttamente dal Sommo Pontefice e dal Vaticano, al di là delle Alpi lo sono dall'alto clero. Cosi è avvenuto talora che le opere e gl'individui appoggiati dalla Curia romana sono stati localmente combattuti dai vescovi e dagli arcivescovi. Un esempio di q nesto strano contrasto lo si è avuto da recente in Francia. I vi c'è un' associazione essenzialment,e cattolica, Le Sillon, che ha a.i suoi servizi una rivista dello stesso titolo diretta da un certo Mare

RIVISTA POPOLARE Sangnier. Leone XIII approvava le Sillon; Pio X ~li ha continuato la sua benevolenza e il Cardinale Merry del Val da recente ha dato il sno esplicito assentimento per un Congresso di Sillonistes. Ma l'anima del Sillon, dell'associazione e della rivista, il Sangnier ha il torto di essere sinceramente repubblicano e democratico. D'onde le ire e i furori di Monsignor Turinaz vescovo di Nancy, che ha pubblicato una violentissima epistola contro tale associazione democratico-cristiano che ha goduto delle simpatie di due Papi. Ciò prova sempre meglio che i sinceri democratici cristiani in Italia e fuori se vogliono conservarsi tali devono uscire dalla Chiesa Cattolica; se vogliono conservarsi Cattolici devono cessare di essere democratici cristiani. Noi attualmente assistiamo ai funambolismi del Prof. Toniolo, del Conte Medolago Albani e del Comm. Pericoli che studiano le forme e i programmi nuovi che devono conciliare le vecchie idee della democrazia cristiana collo SJ.,iritobonariamente reazionario di Pio X quale si manifestò colla enciclica dell' 11 Giugno sull'azione cattolica in Italia. In tali programmi se re· sterà qualche cosa di democratico sarà una menzogna. E mentre dura questa elaborazione Don Romolo Murri, che tanto vigore aveva dato al movimento democratico cristiano, se ne sta in esilio alle Torrette (Ancona). L'esilio finirà quando il valoroso direttore della Cultura Social,e o cesserà di essere Cattolico o rinunzierà al programma della Democrazia Cristiana. Il èaso di Lamennais si rinnoverà. Don Murrì nell' ultimo numero della sua Rivista a coloro che affacciano l'ipotesi risponde negativamente; ma le sue critiche amare e sottili agli armeggi dei tre cennati plenipotenziari civili del Papa , che colpiscono il mandante, lasciano presentire un esito diverso da quello, forse, sinceramente desiderato dall' esiliato di Torrette. ♦ La crisi ungherese. - Meglio si farebbe a chiamarla : l'imbroglio ungherese. C'è la crisi in quanto il Presidente del Consiglio dei Ministri, conte Fejervary, il 15 settembre convocò il Parlamento per annunziare le proprie dimissioni e per prorogarlo quindi sino al 10 ottobre. L' imbroglio comincia di vertente se si ricercano le cause della crisi. Passiamo sopra alle manifestazioni violente della opposizione variopinta al Fejervary ed alle proposte di metterlo in istato di accusa e ci fermiamo in vece sulla causa delle sue dimissioni. Il Conte Fejervary, il successore e continuatore di Stefano Tisza al governo dell'Ungheria, rappresenta la tendenza favorevole alla stretta unione coll'Austria e il sincero Loyalism verso Francesco Giuseppe ; egli rappresentava al governo il cosidetto partito liberaleproprio il Conte Fejervary, i cui metodi e la cui convinzione sono quelli di un feroce reazionario. Disperando di potere ottenere una maggioranza fa. vorevole nel Parlamento I ungherese Henza fare le conct.>ssienisnlla lingua da adoperarsi nel comando dello esercito, e sulla rappresantanza all'estero domandata energicamente ed ostinatamente da tutti i nazt'onalisti magiari con a capo Francesco Kossuth e con altrettante ostinazione ed energia negata dall'Imperatore, il Fejervary pensò di ricorrere alla politica · più astuta : quella di dividere le forze della opposizione, mettendo un cuneo tra le medesime. Il cuneo era rappresentato dalla proposta di adozione del suffragio universale che doveva dividere le forze della opposizione e divergere l' attenzione pubblica dalla quistione militare. Ed ecco come l'imbroglio si acr.entua l Il ministro reazionario si fa promotore del sufft·a· gio universale; i socialisti, e i rappresentanti delle altre nazionalità in minoranza e abbastanza oppresse nel Regno di Santo Stefano -- tedeschi, rnmeni, serbi, croati - abboccano all'amo e si fanno sostenitori del Fejervary; ma l'opposizione di Kossuth, di Banffy, di Appony e di quanti amano l' antonomia e l'egemonia della razza magiara, p11r essendo più o meno democratica e pur accettando con di versi tempera men ti il principio del suffragio unive,·sal,e lo respingevano nel modo e nel tempo, in cui lo propugnava l'ex Presidente del Consiglio. Se la proposta fosse stata sottoposta alla discussione nel Parlamento Ungherese, rni avremmo assistito a scsene straordinarie di violenza e di contraddizione; avremmo visto i socialisti alleati dei reazionari ; i rea· zionari sostenitori del suffragio universalé; i democratici oppositori ... Ma a Vienna si pensò di non permettere lo spettacolo perchè nel Consiglio dello Impero non fu accettata · la proposta di Fejervary. Gautshc presidente del Consiglio dei Ministri in Anstri;-t osservò che il suffragio universale concesso anche pei biechi motivi del Ministro Ungherese era un'arma troppo pericolosa, che avrebbe finito col nuocere a coloro che incautamente la volevano maneggiare; inoltre il suffragio universale concesso all'Ungheria per contagio psichico sarebbe stato chiesto negli altri paesi dell'Irnpero. E tale suo diniego gli venne asprnmente i-improvorato dai socialisti , dai radicali tedeschi e boemi nel Reichstag di Vienna, dove avvennero le solite violenze alla sua riapertura. Perciò la proposta di Fejervary venne respinta e questi presentò le proprie dimi8sioni, che rimisero nell'imbroglio il vecchio Imperatore. Francesco Giuseppe ha convocati i capi dell'opposizione per cercare di risolvere la crisi e Francesco Ko.-1s1tth - anche lui! - si è affrettato a fare delle dichiarazioni di loyalism verso ii' capo dello Stato. Il convegno di Vienna, però, inacerbi il conflitto, perchè nè Francesco Giuseppe da una parte, nè i capi dell'opposizione Magiara dall'altra vollero fare alcuna concessione. Si prevedono conseguenze gravi : l'abdicazione dell'Imperatore, una politica di repressione nel successore, la rivoluzione in Ungheria. In Ungheria, intanto, manca l'unanimità degli ani mi e sono i socialisti, che fanno il giuoco dell'Austria reazionaria, assalendo i partigiani di Kossuth e della indipendenza e provocando tumulti sanguinosi, che sono stati repressi dalla polizia. Gli studenti sono con Kossuth; e perciò sono ::;tati feriti e bastonati dai socialisti. Ci mancano tutti gli elementi del giudizio sicuro per assegnare la dovuta responsabilità, che sembra grande, dei socialisti. Ma la loro condotta solleva indignazione tra i nazionalisti Magiari, tra i quali altra volta dicemmo, che sono molti i corrotti.· Comunriue, noi facendo voti che rimanga salda la unione austro-ungarica per le ragioni , che piu volte abbiamo esposto e che anche oggi riproduciamo nella Rivista dell,e riviste con un articolo dello Pflugmann, auguriamo che la causa ·del suffragio unive1·sale venga presa in mano da persone più sincerament~ liberali e che sinceramente vogliano farla funzionare. In ultimo osserviamo che ci sembra strano che i capi della opposizione nazionalista magiara non si accorgono che tutto ciò che indebolisce l'unione dell'Un· gheria coll'Austria fa il giuoco dell'astuto e ambizioso Imperatore di Germania. Qualche giornale come lo Egyèt,estès di Buda Pest pare che incominci ad avve• dersene e forse senza volerlo gioverà alla soluzione quell'opuscolo, che da principio sembrava ridicolo, attribuito a Max Menzel e pubblicato sotto lo pseudomino di Zeysig, in cui si lancia il ballon d'essai, di un Regno di Ungheria indipendente con a capo il secondogenito di Guglielmo II: il principe Eitel.

RIVISTA POPOLARE 519 In tale opn1:1colo 8i assegna. agli Hohenzollern la missione : 1 ° d'impedire che l'Austria si trasformi in uno Stato federale colla egemonia degli Slavi; 2° di appoggiare l'indipendenza dell'Ungheria e di farne un grande Stato orientale coll'annessione della Gallizia, della. Bosnia e della Dalmazia. Quanti avvei·timenti in questi sogni di grandezza imperiale tedesca per gli Austriaci, per gli Ungheresi e per gl' Italiani ! ♦ Il trionfo dei repubblicani nelle elezioni spagnuole. - Si sono conosciuti con ritardo i risultati completi delle elezioni politiche indette dal Ministero Montero .Rios ed avvenute nella Spagna il giorno 10 Settembre. Per un caso raris!3imo nella penisola iberica il ministero ha visto diminuire la propria maggioranza ed il fenomeno si attribuisce alla diminuita pressione del governo. che suole essere tale da. assicurare u_na enorme maggioranze a qualunque partito, monarchrno o repubblicano, conservatore o progressista, che ha il potere nelle mani. Nella futura Camera il ministero liberale MonteroRios avrà una maggioranza di 240 deputati, che si distinguono come s~gue: 20 del partito di Canalejas, 80 di Moret, e 140 di Montero Rios. L'opposizione conta sopra 170 voti così suddivisi : 12 villa verdisti, 3 carlisti, 5 indipendente, 7 catalani, 7 partigiani di Romero Robledo, 105 conservatori di Maura e 31 repubblirani. · In queste ultime elezioni si disse che il governo si era comportato con una relativa onestà verso tutti gli altri gruppi ; ma dev'essere notata la sua contraddittoria condotta verso i repubblicani. In qualche città il governo appoggiò i repubblicani contro qualche altro candidato, come a Bilbao contro il socialista Pablo Iglesias; ma a Madrid si combattè violentemente. Ivi, senza le illegalità del governo i repubblicani avrebbero guadagnato tL1tti i seggi, e poco mancò che sangue non venisse versato quando la forza pubblica volle impedire una entusiastica dimostrazione in favore di Salmeron Non ostante l'impedito trionfo dei repubblicani di Madrid essi g'lladagnarono in tutta la Spagna 5 collegi. Di più ne avrebbero guadagnato senza la campagna dell'intransigente di Estevanaz e di altri , che accusano Salmeron di possibilismo. La forza dei repubblicani nella Camera, in oltre, deve considerarsi maggiore perchè in fondo i 20 partigiani di Canalejas e i 7 catalanisti sono dei repubblicani. Il flaccido Alfonso forse non avrà il tempo di morire di consunzione nella qualità di Re di Spagna. E' assai probabile che vada a morire in !svizzera aggre• gato alla famiglia dei Re in esilio! ♦ Rivolte, stragi ed incendi nel Caucaso. - In Russia la' rivoluzione non si afferma, ma le rivolte non cessano un istante e scoppiano in ogni parte deJl'Impero con una persistenza veramente straordinaria, che dimostra come il vastissimo conglomerato di popoli e di nazionalità che lo costituiscono sia in preda alla più completa anarchia. Un giorno arrivano notizie allarmanti dalle più civili provincie dell' Impero - da quella del Baltico; nn altro giorno sono quelle più barbare del Caucaso, che richiamano l'attenzione; ora i tumulti infioriscono nella Polonia russa, la più industrializzata; tal'altra si ha notizia di Jacqueries tra gli elementi rurali del Centro o degli estremi confini nordici ed orientali. Dove gli avvenimenti hanno preso proporzioni più terribili e più allarmanti è stato nel Caucaso, perchè ivi le cause di conflitto sono più organiche e più attive, più feroci gli odi tra gli elementi umani, che popolano la regione. Nel Caucaso, perciò le stragi sono state sistematiche e gl' incendi colossali, perchè si svolsero sulle materia più incendiaria che esista: sul petrolio. L' Europa n'è rimasta sbalordita e atterrita. Nel Caucaso le stragi in minor parte sono state compiute dalle trappe e dagli agenti di polizia del governo; in una maggiore sono state le conseguenza dei conflitti tra gli abitanti. I quali sono animati da feroci odi di religione e di razza. Nel Caucaso no11 sono numerosi gli Ebrei che nel resto dell'Impero fanno le spese della intolleranza feroce religioAa della popolazione; ma vi hanno sede principale quei cristiani, che sono invisi agli ortodossi russi: gli Armeni; preponderanti, infine i maomettani. Gli abitanti dal punto di vista etnico si divino in tre gruppi principali: i Georgiani, gli Armeni e i Tartari o Mongolici. I Georgiani, come è noto, rappresentano la razza più bella; celebre la bellezza delle loro donne. Ma sono i più decaduti; si dicono tutti principi e servono nelle bettole; in essi le barbe, il volto e il corpo maestosi presentano un contrasto gtridente colla bassezza e col servilismo dell'animo. Sono mumerosi a Batun, Kutais e Ti:flis. Il principe Ciauciavadze, che cerca risollevarli e pubblica il giornale georgiano Toeria spera poco nel successo. Gli Armeni formano gran parte della popolazione del Caucaso, specialmente dopo che il trattato di Berlino staccò dalla Turchia le provincie di Kars e Arda.han e le uni alla Russia. Sono attivi, astuti, industriosi, abili; hanno aspirazioni nazionali e vorrebbero, riuniti a quelli rimasti sotto la Turchia, formare uno Stato Armeno, che abbia per centro il Monte Ararat; resistettero vigorosamente alla russificazione. I Tartari musulmani della Russia si raggruppano in tre centri: sul Volga e a Kasan, in Crimea e nella parte orientale delle provincie transaucasiche. I Tartari di Kasan e di Crimea sono tranquilli e buoni; quelli del Caucaso in vece sono feroci tanto nell'aspetto quanto nei costumi e nel carattere. Popolano tutto il paese che va da Tiflis a. Baku, ch'è arido e brullo. I briganti kurdi · soggetti alla Persia hanno fatto delle incursioni nei domini russi per aintare i fratelli tartari. Il governo moscovita ha tentato di giovarsi di questa diversità di razza e di religione per russificare gli abitanti; non ha pensato ad incivilirli, ma ad eccitarne gli odi reciproci. In questa opera scellerata hanno avuto il primato il Vice Re Vorontsow-Da.khow, il principe Galitzin governatore generale del Caucaso e il principe Nakascize governatore di Baku. Siccome gli Armeni sono l'elemento più colto, più attivo e che nutre aspirazioni nazionaliste, naturalmente contro di essi sono stati rivolti gli sforzi più scellerati e più perseverante dei russificatori. Questi, però, non li hanno perseguitati direttamente, ma hanno lasciato libertà di azione ai Tartari musulmani. che hanno potuto impunemente assalirli e sterminarli. Ma la tattica dei rappresentanti dell'autocrazia russa, ha in ultimo prodotto conseguenze disastrose anche per chi l'adoperava inumanamente. Cosi è avvenuto che i Tartari quando hanno avuto notizia dell'anarchia dell'Impero, se si sono sbizzarriti a massacrare gli armeni colla complicità passiva delle autorità russe, non hanno esitato a ·scagliarsi contro gli stessi Russi e contro i capitalisti, che esercitano l'industria dell'estrazione del petrolio specialmente attorno a Baku. D'onde · le stragi di Armeni, di Russi, di Tartari; d' onde gli incendi colossali dei pozzi di nafta e delle raffinerie di petrolio, che hanno prodotto una perdita di oltr? un miliardo di lire italiane. Cosi la biscia ha morsicato il ciarlatano: i Russi che avevano assistito con indifferenza alle stragi degli Armeni ed hanno incoraggiati i Tartari, che le cons1rn1avano finirono col pagare le spese. Gli odi di razza e di religione nei Tartari negli ultimi tempi ricevettero uno stimolo poderoso dalla

520 R I V l S T A P O P O L A RE miseria, derivata dalle riduzione dei salari, che doveva loro riuscire tanto più intollernbile in quanto che praticata esclusi vamente a loro danno. Questi conflitti spaventevoli a base di motivi etnici, religiosi ed economici nelle regione del Caucaso sono un esponente esatta delle condizioni dell'Impero Russo. Son corse voci di pacifica~ione tra T'Brtari ed Armeni; ma tutte le notizie, che vengono da quelle regioni meritano scarsa fiducia : si contraddicono vergognosamente. ♦ L'indipendenza della Norvegia. - Per un momento si temette che la conferenza di Karlstad t tra. i rap presentanti della Svezia e della Norvegia invece che ad una soluzione pacifica potesse condurre alla guerra tra i due popoli del la Scandinavia. Ma. all' 111 tima ora l'accordo pare che sia stato ragginuto sulla separazione e che siano state eliminate le reciproche .diffidenze nate dalla qn1-1stione delle fortifici;1zioni della Norvegia che gli Svedesi volevano abb~ttute e che i Norvegesi volevano conservate. Si dice che il Re d'Inghilterra, sospettoso delle mire bieche dello Imperatore di Germania, che pare contasse sulla guerra fratricida della Scandinavia, abbia agito attivamente per fare riuscire l'accordo. Se ciò fosse vero il Re d' Inghilterra avrebbe ben meritato della causa della libertà e della civiltà. Nella conferenza di Kadstadt fu notevole la grande calma dei rappresentanti e la semplicità veramente repubblicana dei loro costumi· Adesso in Europa si fanno previsioni in vario senso sulla forma del governo che prevarrà in Norvegia: Repubblica o Monarchia? I costumi, ripetiamo , sono essenzialmente repubblicano; ivi è popolarissimo Bjornstorn un dramma repubblicano del quale, Il Re, venne tradotto in italiano da Fontana. Un indizio favorevole alla repubblica si avrebbe nel Comizio della città di Trondhjen, la terza della Norvegia, nel quale ad unanimità si votò un ordine del giorno indirir.zato allo Sh01·ting, in cui si dichiara solennemente che la futura fo1·ma di governo dev' esse're dipendente dallci volonta del governo. Col profondo sentimanto della libertà del popolo anche se si votasse in favore della monarchia , questa non sarebbe che una forma; in sostanza prevarrebbe la repn bblica, perchè il Re non sarebbe che l' eletto del popolo e regnerebbe sino a tanto ch<' al popolo piacerebbe che regnasse. ♦ Il Congresso socialista di lena. - Si riunì la sera del 17 Settembre. Notevole per la raccomandazione messa in pratica di discutere con calma e moderazione affi.nchè gli avversari del socialismo non si ringalluzzissero per le divisioni tra i suoi sostenitori; per la carica vigorosa fatta da Bebel contro la politica di provocazione seguita da Guglielmo II all'interno e all'estero; per l'entusiasmo con cui fu accolta la proposta di opporsi con tutte le forze ad una gnerra di aggressione della Germania contro la Francia per gli affari del Marocco o per altri pretesti ; per la decisione in favore dello sciopero politico sostenuto da Bebel ec. Vi si 1,rotestò energica men te contro il governo , che impedì la conferenza che doveva tenere J aurès in Berlino. Del pericolo d' uno scisma nella democrazia sociale tedesca tra la parte politica e parla men tare riassunta nel Bebel e quella corporativista apolitica o sindacalista rappresentata dal .M:olkeburn si ebbe qualche accenno ; ma la prudenza s'impose a tutti. ♦ La parola sincera cl' un anarchico sui fatti di Grammichele. - Pietro Gori ha percorso da recente la Sicilia ed ha visitato Grawmichele dopo l' eccidio, che ha richiamato di nuovo su di esso l'attenzione pubblica· La Sicilia Nuova di Palermo (N:0 del 17 Settembre) ha pubblicato un'intervista che un suo redattore ha avuto col mede::!imo e che noi crediamo opportuno far conoscere ai nostri lettori. Il Gori dopo avere accennato alla grande miseria dei contadini della zona del latifondo e della piccola proprietà polverizzata soggin11ge sulle cause occasionali del tragico tumulto: Per quel conoscimento che ho della, psicologia delle folle, mi sento autorizzato a ritenere, che nello stato di latente esasperazione, che ,:onturba le plebi campagnole del!' isola, non occorreva che una lieve provocazione esterna per trascinare quell'agglomerazione di miserie e di collere compresse ad una esplosione, che potrà apparire inesplicabile a tutti quelli che ignorano, per quali scosse anche crudeli la natura e la storia avvicendano la evoluzione e la rivoluzione, e quando più violento e ciec~ ·sia lo scoppio d'ira delle moltitudini abbrutiite dalla indigenza e dal servaggio contro le ingiustizie, di cui la misura e la sofl:erenza trabocchino. Ora i dati da me raccolti sulle condizioni economiche del contado di Caltagirone e di Grammi..:hele, le quali non sono che un esponente di quelle di molta parte dell'isola, danno la impressione disastrosa, che si cammini sopra un suolo vulcanico, e che si corra verso un baratro buio. Perché se d .l punto ai vista do,r;11iaticanwite rivo·lurionario puo sembrare che da uno sfacelo oscuro debbano sempre nascere un matgior benessereed una maggior libertà, la lezione amara delle cose s'incarica di dimostrarci che se la ragione ed il sw-- timento non rischiarano le masse anche quando tentano di rovesciare un giogo , ogni piu fiero sjnrzo va perduto sotto la mare_![giata.delle superstizioni, delle ignoranze , delle brutalità inu 'ili, che governano le sommosse provocate jolo dalla miseria e dal mal governo. . E il Gori, che nelle parole da noi ::iottolineate manife:3ta nettamente il proprio pensiero sull' azione di certi 'rivoluzionari da strapazzo, veramente labrioleschi, dopo avere detto che lit s,iluzione vera del problema itgrario si avrà quando la terra ::!arà della comunità conchiude: E, sia detta tutta la verità , gli uomini politici dal settentrione, che si occupano di catechizzare ed organizzare il proletariato sotto k sue bandiere di classe trascurarono e tra - sct1rano (quasi come gli uomini di governo) queste belle e sventurate terre del mezzogiorno. Giacchè in Calabria come in Puglia, in Basilicata come in Sicilia il lavoro dei veri amici delle plebi non dovrebbe t:ssere solo di propaganda teorica o di organizzazione - ma do1Jrebbeintensificarsi in un apostolato di educa-rionepopolare e di em,mcipazione delle mas!ie dalle pe,r;giori forme di tir,~n11ide: il se1vilismo e l'ig_uoranza. E' quello che andiamo predicando noi da tanti anni! ♦ Anco1·a della Horsa clel La,voro e tlel socialismo in Napoli. - Eugenio Guarino ha rispo:::ito nell'Azione Socialista del 16 Hettembre alle acc11se rivoltegli dal Bartolotti, di cui c'i11tratte11emmo nel N.0 precednnte. Sentiamo il dovere di far sapere ai nmitri lettori, che la difesa del segretario della Bor,;a del Lavoro per quanto riguarda la quP.stione personale ci sembra convincente. Ma il Guarino scagionan fo sè stesi!o dalle acCLsle del Bartolotti viene a conferma re ciò che noi avevamo osservato sulla decadenza del partito socialista napoletano. Egli, infatti osserva : Io non pretendo che il critico debba essere edotto delle cose di cui· parla. Il Bartolotti, che si occupa di letteratura e belle arti, conosce il movimento operaio moderno così come io posso conoscere la letteratura latina. E non è colpa sua come non è colpa mia. Egli finge di ignorare'. il gravissimo periodo di crisi di tutte le organizzazioni operaie d' ltalia, a cominciare da quella di Milano, dalla fine del 1902 ad oggi, e le ragioni della crisi. Egli risolve tutto dicendo la colpa è di Guarino. Ma, di grJ.zia, chi ha mai attribuito agli egregi compagni redattori della •< Propaganda n la riduzione della tiratura dal 1901 ad oggi? chi ha mai versato sui dirigenti la sezione socialista

RIVISTA POPOLARE 521 a responsanilità della riduzione <lei voti socialisti e delle sconfitte elettorali a apoli? essun l-$artolotti, a quanto pare, ha attribuito _agli.uo'.1:ini e tanto meno ad un sol uomo fatti che erano 111ev1tab1'1a apoli dove si era corso troppo in seguito ad una campagna moralè. Guarino poteva essere più sincero affermando che nella debacle del socialismo napoletano la colpa ce la avevano avnto un po' tutti gli uomini e non lui solo, che avevano voluto correre e non camminare e si erano ubbriacati. Noi ♦ I contadini e la scuola, in Sicilia..-II signor Ghibbaro inviato dal Gio1·nale di Sicilia a Grammichele per / noti eccidì, in un commento obbiettivo e sintetico fa osservare che fra le insulsaggini del programlìla politico-amministrativo di quella lega di contadini si leggeva: abolizione delle scuole elementari conw spesa superflua e inu_tile. . . . . . Questa notizia, - se sconoscess1mo le cond1z1orn psichiche e sociali dei contadini siciliani, --potrebbe sembrare una vile calunnia messa in giro per gettare una sinistra I uce sulla classe agricola di Grammichele; o, per lo meno , una pazzesca esagerazione partigiana; mentre non s0lo è conforme al vero, ma i I morboso fenomeno di odio verso la scuola si estende n!'3l1a maggioranza dei contadini siciliani, forrrnrndone una caratteristica degua di stndio. Pare una cosa strana, ma dolorosamente è così. Qni non siamo di fronte a grassi borghesi che si suppone vedaDo nella scuola la tomba dei loro privilegi feudali o a politicanti opportunisti che accecati dall'egoismo ostacolano la diffusione della cultura per trafficare sull'ignoranza, ma ad una parte considerevole di popolo che vuole abolite le scuole come cose accessorie , preferendo di vincolarsi nel fango e nelle tenebre, anzichè correre verso la luce. Quando nn pop1)lo concepisce idee cosi paradossali non potrà formarsi un concetto chiaro dei suoi principali diritti e doveri, nè della libertà vera; e - obbedendo ai suoi istinti-ora come gr0g(J'e mansueto se.o-ueciecamente le mene di qualche ambi~ioso, ora come 0 uno stuolo di lupi famelici, digrignando i denti, senza uno scopo determinato, corre a di~truggere qnanto si presenta h.l suo sguardo, senza risparmiare nemmeno i banchi delle sc11ole. Certi demagoghi che si atteggiano ad eroi sanno o non sanno far caµire ai poveri contadini che uno dei fattori principali di elevamento morale ed economico è l' istruzione e che senza di essa nrJn si può nemmeno scrivere un programma amministrativo uso Grammichele ? Bisogna smettere certi sistemi che se fanno comodo a pochi, ostacolano il cammino dell'umanità verso migliori destini. E' necessario mettersi in testa che la questione economica debba trovare il suo ausilio nel miglioramento razionale della scuola popolare. Qoando questa si emanciperà dallo stato in cui si trova, riuscirà. a formare delle coscienze oneste che sappiano regolarsi ·nelle varie vicende della vita e molte riforme che oggi si reclamano a furia di chiasso e con rischi0 della pelle, si affaccerebbero più facilmente nell'orizzonte politico. L'esempio recente della Norvegia che senza lo spargimento di una goccia di sangue è riuscita a compiere una rivoluzione separatista è troppo eloquente per farci osservare quali miracoli possa compiere uu popolo cosciente; mentre in Italia si sarebbe dovuto ricorrere a parecchi quintali di piombo. Colà non si conosce la piaga analfabetica. In Italia, e in particolare nella Sic;lia la maggior parte dei contadini, attaccati fortemente alle tradizioni locali, non mandano i figli a scuola preferendo farli lavorare in campagna: tanto , dicono, siamo des~ina~i da Dio a lavorare la terra e a far pascolare gli ammali, e del leggere e dello seri vere non sappiamo cosa farcene. E questi discorsi ve li fanuo anche coloro che go dono una relativa agiatezza. A proposito, qualche anno fa in Mistretta alcuni ma.estri volentierosi si misero in te~ta· di aprire una scuola festiva gratuita per i contadini analfabeti. Ebbene , lo credereste? non fu presentata nemmeno uua domanda d'iscrizione, e coloro che furono invitati a frequentare le scuole, per sottrarsi alle dolci insistenze, mettevano avanti mille pretesti ridicoli , quasi dovessero rendere dei favori ai maestri. Tale fenomeno morboso è il risultato fatale dell'atnbicmte siciliano. Il conta:lino, abituato da lunghi anni a vi vere di sofferenr.e, si è formata la falsa convinzione che chi non appartenga alla sua casta è -uu s~o nemico, un vampiro insaziabile, un parassita 1~en~evol~ di disprezzo, perciò un odio costante verso gl nnp1egat1 professionitJti , picco_li pro~r~etari e.:· perché n~? verso i maestri elementari, che ntiene suoi sfruttatori ; mentre spesso sono i mago·iori sfruttati. In questo modo ' ' o . . d si perpetra un deplorevole od10 di clas~e che ege~er_a in epiloghi do'orosi quando si presentrn~ le occas1om. Siffatti mali, Hecondo me, potrebbero 111 gran parte sparire, trasformando radicalmente la scuol3: elem~ntare in attinenza ai bisogni reali del popolo. Nei paesi, ~ve prevale l'agri_coltura le s?~ole_ doyrebb~r? avere ~n rndirizzo agrario con tutti 1 criteri tecmc1 mo~erm,_ stabilendo notevoli vantaggi per i frequentanti , pn vandone coloro che non volessero sentirne d'istruzione, e non per burla, come si fa ades1?o con la legge sull'obbligatorietà scolastica. Nessun ana!fabeta potrebb~, per esempio , far varte di alcuna società, ne co1;1ch~udere matrimonio, nè fare mutui, nè contrarre operaz1om commerciali; insomma, in una parola, l'ignorant~ dovre?bll essere boicottato. Così vedrem1uo nascere 111 tutti lo stìmolo di frequentare le scuole e la vergognosa piaga dell'analfabetismo sparirebbe come per inc~nto. . E' risaputo che la ricchezza d' una regione sta m rapporto costante alla coltura del popolo .. Nell~ sfruggle for l'i/e è il popolo intellettualmente mfenore che soccombe. Le riforme scolastiche s'impongono al disopra di tutte le altre questioni politiche se si vuole avviare il popolo sulla via della civiltà. Di promesse se ne son fatte parecchie e nessuno 01~mai vi_ prest~rà f~de: Comprendiamo che si tratta d1 questione finanziaria, ma quando i così detti amici della scuola l? volessero su~ serio i denari si troverebbere corne s1 sono trovati per c~rte imprese inutili. A Pale~mo, ad i_niziati:v-a del Cav. Florio si è costituito un comitato per 11 movimento dei forestieri ; non potrebbe formarsi un forte. e _attivo partito scolastico ramificato nelle varie pro~mcie per dare vivo impulso alle varie riforme scolastiche tante volte propugnate? Questo il nostro vivo desiderio. Con la fede e con il lavoro efficace si superano le più ardue difficoltà. A. CALÌ Nota. Abbiamo pubblicato con piacere ques_to stelloncin~ ~i un maestro di scuola perchè sappiamo che corrisponde a venta. Il sia. Calì avrebbe potuto ricordare che durante il movimento b ' .I • dei Fasci non poche volte si constato l'avversione ue1 contadini per la scuola. Però s'inaanna il sio-. Calì sulla causale dell'avversione dei contadini v~rso le sc~ole e sù mezzi efficaci per eliminarla. l contadini odiano la scuola perchè si dice loro che la grave pressione. tributaria, cti cui soffrono deriva dalla legge sull'istruzione obbligatoria, la cui esecuzi~ne real.mente assor?e buona parte dei bilanci di alcuni comunt; l' odiano , perche data 1~ distribuzione della popolazione rurale siciliana ia fi eque_nz_adei figli alla scuola riesce di danno e d'incomodo alla !ar~1gha. Certi rimedi proposti dal Calì sono troppo draco111a111e pro-

522 RIVISTA POPOLARE durrebbero assai più gravi inconvenienti. Chi potrebbe ad esempio, calcolare quelli che deriverebbero negando il diritto di contrarre matrinonio al 75 °/0 della popolazione siciliana, quant'è in media, la pordone degli analfabeti'? Un rimed;o efficace si avrebbe nella migliore distribuzione ddla popolazione sul territorio ma è di lentissima realizzazione; più rapidamente si otterrebbe un buon risultato passando la spesa per l'istruzione allo Stato. In questo caso la pressione tributaria rimarrebbe .identica, ma i contribuenti non la metterebbero in rapporto diretto coll'obbligo dell'istruzione. Si avrebbe una illusione; ma benefica. N. C. Per la Calabria le lagrimdeel Ree i miliondieic~ontribuenti Se nei momenti di grande dolore per immani sventure, che colpiscono gli uomini, fosse lecito di fare dello spirito , parafrasando un motto caro ai clericali, di frontè al terremoto di Calabria potremmo esclamare : il Dito di Dio colpisce... i fedeli. Infatti in Italia la Calabria si può dire eh' è la regione più devota, più religiosa, più cattolica; ed è pur troppo, la più povera e la più ignor:mte di tutta la penisola. In quanto a miseria economica non è superata che dalla Sardegna; in quanto allo analfabetismo nessuno le disputa il triste primato. Infatti mentre la ricchezza media di u.n abitante della Liguria è di L. 3716, quelle dei C:ilabresi discende a L. 1186; al disotto non e' è che quella dei Sardi con L. 856. Nell'analfabetismo nessuno uguaglia i Calabresi con circa l' 80 % d'individui <li ogni età e di ogni sesso, che non sanno leggere e scrivere. La grande miseria della Calabria era nota da gran tempo agli studiosi ed agli uomini politici e contro l'abbandono vergognoso - vorremmo dire: criminoso - dei governanti da oltre un se(olo protestavano coloro che la studiarono con intelletto d'amore, come i nostri lertori potranno apprendere da un articolo della Nuova Antologia di Mario Mandalari, che abbiamo largamente riassunto nella Rivista delle riviste. Ma gl' Italiani tutti e i signori Ministri e il Re a capo di essi pare che se ne siano accorti adesso in occasione dell'ultimo terribile terremoto, che ha distrutto interamente 30 Comuni - 20 nella provincia di Catanzaro e lOin quella di Cosenza - ed ha enormemente danpeggiato 212 sul totale di 452 Comuni arrecando la morte ad un migliaio di uonum, ferendone parecchie migliaia, gettandone nella miseria oltre un centinaio di migliaia ... Non faremo la storia tardiva dei tanti terremoti che con grande predilezione della natura, hanno tormentato e devastato la Calabria; nè tenteremo la descrizione degli orrori e delle scene tragiche e commoventi, che hanno caratterizzato quest'ultimo e che sono stati descritti da tanti e tanti corrispondenti dei giornali quotidiani. L' immensita del disastro, è stata tale, che i due più importanti giornali d' Italia la Tribuna e il CorrieredellaSera hanno mandato sul luogo due collaboratori di merito eccezionale , che nella stamp:i hanno acq nistato una meritata fama : il Malagodi e il Barzini. Se l'indole della nostra rivista ci dispensa dal fare la cronaca del terremoto e dei suoi episodi dolorosi c'impone invece d'intrattenerci dell'aspetto per così dire, politico ed economico del grande disastro. I corrispondenti di tutti i giornali, con alla testa il Malagodi e il Barzini, hanno anzitutto osservato Lhe se le consèguenzè del terrèmOtl> sono riuscite più terribìli , ciò si deve special mente alle tristissime condizioni in cui si sono trovate le desolate contrade della Calabria; la man(anza di strade, poi, ha reso necessariamelltl! insufficienti e tardivi i soccorsi. E tutto si può improvvisare coi quattrini e colla buona volonta; le strade no ! Ma non costituisce un <lisonMe pel governo italiano un tale fatto? La mancanza di meui di comunicazioni nell' anno di grazia 1905 non pone allo stesso livello del governo Borbonico il governo riparatore del Regno d' Italia? Opportunamente ha osservato Scipio Sighele nella Stampa di Torino : « Se il terremoto è un flagello, che non si può prevedere, certo è che ben minori ne sarebbero state le conseguenze se altre fossero state - e potevano esserle - le c'ondizioni di quelle popolazioni. Qualunque sventura - fisica, tellurica, economica, morale - è tanto più grave, quanto più misero è lo suto delle provincie o degli uomini che ne sono colpiti. E noi non leggeremmo ora tutti gli strazianti particolari che narrano lè insormonta• bili difficoltà per soccorrere quella povera gente, se noi non avessimo b colpa gravissima di aver lasciato per tanti anni quella povera gente quasi ·senza aiuto a combattere sola contro la sua ignoranza e la sua miseria, contro asperità di natura che rendono lente le comunicazioni, tardo e spesso inutile ogni soccorso ». E il Sighele poteva aggiungere che in questa grande miseria della Calabria la colpa del governo è massima. La natura ha fatto più povero il Mezzogiorno; perciò, se lo Stato, come pratica in Austria-Ungheria e i11 Francia, avesse pensato ad aiutare chi ha maggiori bisogni, avrebbe dovuto togliere di meno colle imposte alle Calabrie ed al mezzogiorno e dargli di più sotto forma di spese locali. Il governo italiano ha tolto di più ed ha dato meno ai più poveri ! Non c'indugeremo a descrivere lo slancio di solidarietà verso la desolata Calabria di tutte le regioni d'Italia e sopratutto della Lombardia eh' è tanto buona quanto è ricca; nè in questo momento adoperèmo lo staffile contro i miserabili pochi milionari di Calabria, che hanno lesinato le lire in favore della sventur:ita terr:1 natia; e ci limiteremo ad associarci aigiorn:ili tutti, che hanno tributato lodi senza fine ai carabinieri, ai soldati, ai medici civili e militari che nell'assistenza e nel salvataggio hanno dato prova di abnegazione, di coraggio, di laboriosità irreprensibile, ma non possiamo fare a meno di associarci del pari al biasimo severo e illimitato che gli stessi giornali hanno inflitto alla Direzioue militare, impersonata nel vecchio generale Lamberti, che ha brillato sinistramenre per la lentezza , per la insipienza, per la grettezza, per la prepotenza - per tutti i difetti, che sono sempre deplorevoli in tempi normali e che riescono addirittura intollerabili e odiosi in occasioni come queste del terremoto di Calabria. Si avra un' idea della efficacia dei soccorsi da q nesto dato che il Malagodi ha telegrafato alla Tribuna. Egli ha assistito alla distribuzione del pane e

RIVISTA POPOLARE 523 vide in un paese ventisette pani per trecentopersone, un pane solo a famiglie di sette persone... « Se la « popolazione di questi paesi, egli soggiunge, finora « non è morta di fame ciò si deve all'abbondanza « dei frutti degli alberi, paò oramai esauriti: Che « cosa manger:mno allora ? )> Quell' ottimo generale Lam berti , cui è sfata affidata la dirc:i:iolle dei soccorsi e dell'assiste·nza, credendo di trovarsi ill territorio nemico e di fronte ai nemici, oltraggiò e voleva fare arrestare un ex ufficiale dell'esercito, sol perchè si recò a chiedere del pane con una popolazione affamata che sventolava la sua br:iva bandiera tricolore; e dette male p:1role ai poveri di Piscopio, eh' erano andate a chiedergli pane .. Così il Barzin i nel CorrieredellaSera. Le conseguenze della ignoranza e della burbanza militaresca si possono immaginare ; se ne avrà un idea da questo telegram111:1 di Malagodi alla Tribuna, che riproduciamo integralmente: << L'irritazione e il fermento della popolazione aumentano. << [n questo momento, mentn: mi trovo fuori sono circondato c1 da un gruppo di persone : l' una mi dice : << Lei è rapprc- << sentante della Tdbu11a ? - lo risposi di sì e l'altro aggiunse « subito : - Ebbene la preghiamo di telegrafare la verità al 1< suo giornale ; noi siamo quattordici impiegati dello Stato. << Alla :..,refettura e alla procura; siamo senza ricovero; dor- << miamo sotto stracci; mia moglie ora ha abortito con terri- •< bile emorragia; noi lavoriamo diciotto ore al giorno per provi< vedere alle vittime; siamo vittime anche noi, ma nessuno pensa ~ a noi ! Siamo stati al Municipio e ci hanno rimandato al 1< Comando dove tutto è accentrato. Ebbene al generale Lam- « berti abbiamo domandato che ci diano baracche, tavole, che 1< siamo pronti a pagarle ! li generale ci ha accolto in ma lo 1< modo e di fronte alla nostra indignazione ha avuto il co- •< raggio di dirci che metteva a nostra disposizione la caserma « donde hanno fatto uscire i soldati pere hè era pericolosissima! << La scongiuriamo, faccia arrivare la nostra protesta al gior- << nale ! >> ,e E così faccio, pure con grande dispiacere, ma questa è <( la terza volta in questo pomeriggio che mi arrivano pro- « teste di questo genere >>. Che cosa ha fatto il governo della monarchia quando ha .1ppreso tali fatti? Da principio ha fatto lo gnorri e sin aneo per mezzo dell'Agenzia Stefani ha fatto sapere ali' Italia che le notizie diffuse contro l' ordinamento dei pubblici servizi sono inesatte o esagerati, e non meritano alcuna fede I Ma in seguito alle riconferme :rntorevoli e numerose venute da ogni parte ha reso omaggio alla pubblica opinione esonerando il Comandante dell' Xl Corpo d'armata dalla direzione dei socc.:orsi. Con questa misura si è messo il bollo ufficiale all'anarchia massima, che regna sovrana nella distribuzione dei soccorsi agli sventurati Calabresi; :mar• chia aumentata e completata dall'azione dei principali Comitati e giornali, che hanno mandato apposite Commissioni a distribuire ciascuna per conto proprio i soccorsi raccolti. Questo metodo potè dare buoni risultati a Modica perchè il luogo col piro dal disastro era uno solo; non può darli in Calabria dove i colpiti sono 212 Comuni. Perciò avviene che qualche Comune abbia molto; parecchi altri nulla I Il capo della monarchia, però , ha fatto qualche cosa di meglio: ha mandato centomila lire ed è andato a visitare i luoghi del disastro, sui quali, di• cono i giornali, ha versato copiose lagrime ... L'atto del Re, come si poteva facilmente prevedere, ha sollevato l'entusiasmo dei giornali monarchici, che l'hanno esaltato con una esplosione di cortigianeria per la grandezza delle proporzioni paragonabile soltanto· a quella del disastro. In questa esplosione chi ha tenuto il record - lasciando da parte Achille Fazzari, ch'è fuori concorso e la cui filantropia ha assunto carattere donchisciottesco - è stato il signor Nicola Misasi; il quale ha mandato al Giornale d'Italia un articolo dal titolo commovente: Il R.echepiange, il cui succo è racchiuso in questo brario_: {( li primo Re d'Italia sui campi di battaglìa si rivelò a noi 1< che lo proclamammo nostro sovrano: su un ben altro campo « non meno glorioso, il giovane' Re suo nepote si è noi a rive- << lato. Su per i calabri monti, giù per le fosche vallatt:, ovun- << que è apparsa la regale confortatrice giovinezza , ovunque. << ha versato una lagrima , ovunque ha steso la mano agli « afflitti, ovunque ha proferito una parola di pietà, un nuovo « patto si è stretto : un Re che piange per la sventura di un t< popolo è un Re che si ama e che si benedice. Casa Savoia << (oh, la conosco ben la gente da cui son nato !J Casa Savoia << ha riallacciato :id essa con legami infrangibili il cuore ca1< labrese. Non sono un cortigiano, sono un uomo libero e << sdegnoso (? ! ), che applaude i Re quando operano da Re u come il giovane Sire che attraverso le macerie esalanti il << lezzo delle poveri carni sotto esse imputridite ha compiuto <( un viaggio trionfale che esalta l'uomo nel Monarca. Ciò che << non fece o non aveva saputo fare la rivoluzione degli uo- << mini, ha fatto, o Bergamini, la rivoluzione della natura, ci (( ha fatto sentire ed ha fatto sentire di essere italiani I >1 << Salvete, o pove;·i morti delle ionie e delle ·tirrene rive, dei « monti e delle pendici silane : sulle volte sanguinanti in << cui vi composero i sol~lati d' italia fu riconfermato il patto << nel quale è da nostra forza ed è il nostro avvenire. » Se la forza e l'avvenire d'Italia stassero davvero nelle conseguenze del viaggio e delle lagrime versate dal Re sulle sventura della Calabria quali ce le ha descritte la rettorica cortigiana e ridicola del Misasi, il nostro paese starebbe fresco davyer?l Tutti· i aiornali monarchici della penisola, dai più aran<li ai più piccoli, infatti hanno descritto con ispirito di verid ammirevole l'esasperazione grandissima deoli animi dei Calabresi, le cui grandi sofferenze no~ potevano affatto essere lenite nè dalle laorime, nè dalle centomila lire del Re. 0 Non sono le lagrime, nè la generosità di un individuo, ammenocchè non sia quella di qualche miUardario americano , che può provvedere a tanto disastro; ma solo lo possono i milioni dei contribuenti. I paesani di Calabria possono avere avuta la soddisfazione di avere parlato f a.milim:rnente _ con_ Vittorio Enimanuele 3 .0 e di essere nmasti affascinati dalla sua bontà, come da Serrastretta hanno telegrafato al Giornale d' Italia, ma con ciò non si sarànno saziati gli affamati figli di quei psesani; nè sarà aumentato il conforto di quell'altro che avendogli detto : Maestà aiutate l~ mesta calabria, e?b~ in - risposta dal Re: Da tutto il ~non_dover;an~o aiutt. No ! mille \·olte no ! Alle m1sene dell afflitta Calabria non potranno menomame~te ~astar~ nè le 1~- orime del Re nè le sue centomila lire, ne tutto ciò b ' che Li generosità di tutto il mondo potrà mandare

524 RIVISTA POPOLARE occorreranno, invece, come abbiamo detto, i milioni dei contribuenti italiani. Ma i contribuenti italiani ne hanno ancora altri da dare oltre quelli che pagano normalmente al rapacissimo fi~co italiano? Nessuno oserebbe affermarlo. Ma molti milioni avrebbero potuto essere dati ai Calabresi sven turJti e potrc-:bbero essere dati agli altri Italiani che nello avvenire sarebbero colpiti in vario modo, senza che fossero aggrava te le miserie dei contribuenti di già stremati di forze. Questo risultato che in apparenza ha dello straordinario sarebbe stato ottenuto in un modo semplicissimo se il Parlamento italiano fosse stato meno bassamente cortigiano quando assegno la lista ci-- vile al nuovo Re, riducendola a dieci milioni, quanti ne ha il Re d'Inghilterra, cioè il capo della più ricca nazione di Europa ; di quel Li nazione la cui ricchezza privata arriva a trecento miliardi circa mentre quella dell'Italia non arriva a sessanta- . ·1· ct· ' cinque m1 1ar 1.... Il conto è bello è fatto. Destinando ad un fondo speciale di beneficenza i quattro milioni all' anno in meno, che, in nome della logica e della economia e della comparazione internazionale, avrebbero dovuto essere assegnati alla lista civile del Re d'Italia e supponendo che disastri come quelli di Calabria, di Modica, di Casamicciola ecc. avvengano in ogni cinqµe anni , i colpiti potrebbero fare un assegna mento sopra un soccorso di venti milioni per volta, senza comprendervi gl' interessi annuali. Cortigianeria e menzogne a parte chi non vede che venti milioni dati dalla Nazione, moralmente e materialmente, varrebbero per gli sventurati, assai di più che le lagrime di un buon Re, le sue centomila lire e il milione che, tra si e no, potranno essere raccolti con tutte le sottoscrizioni che si potranno aprire nel mondo intero? La Rivista Perunaquestiodniepsieologeoiallettiva I delitti dei grandi e la coscienzadel popolo A proposito d) una tragedia che ha avuto recentemente il suo epilogo e che s'è convenuto di chiamar greca, benchè, per le persone indifferenti che non ammirano i bei gesti dei lanciatori di frasi, essa rimanga sempre italiana o semplicemente bolognese, si lamentò da principio, quando alcuni cercarono d'involgere nei tristi atti di essa un uomo illustre e di tràscinarlo nel fango comune de' suoi congiunti, che il livore della folla si scagliasse specialmente contro quel disgraziato e fosse anzi distribuito, quasi con pensata misura, in ragione diretta della notorietà di coloro che veni vano colpiti. E s'aggiunse - lasciando il caso particolareche è ben triste lo spettacolo d'un odio che si scatena violento contro un nome fino a pochi istanti prima rispettato ed ammirato, solo che venga a coprirlo improvvisamente l'ombra d' un sospetto, e che sempre, anche nel caso che al sospetto segua la certezza, è da condannarsi la furia morbosa con cui la folla rovescia gli uomini grandi dal piedistallo d'onore e di gloria dove essa stessa li ha posti, e li perseguita con accanimento , per delitti che , magari , in altri umili od oscuri, le strappano grida di perdono. A lamenti e considerazioni simili s'è fatto qualche accenno anche ora, ma io ricordo particolarmente i primi, come più vivaci ed e8pliciti, e ricordo. per l'impressione che mi fecero, e per c11i volli fin d'allora tenerne nota, le parole di Guglielmo :B~errcro: « Adesso si vnole stabilire in Italia una aristocrazia a rovescio: e cioè non fare la legge uguale per tutti, ma più severa per chi in qualche modo si è elevato. I meriti personali diventano un motivo d' odio e non di ris}Jetto, sottraggono l'infelice che non è un pitocco o un imbedlle alla legge comune , per sottoporlo a una legge più feroce» (1). Queste parole corrispondevano-esclusone i I tono- a ciò che era al !ora ed è anche oggi un mio fermo pensiero. Il tono delle parole del Ferrero era peru di disapprovazione, di rampogna; io invece-pur facendole mie , perchè così riass11mevano il mio pen · siero, per quanto si riferì va all'accertamento dell'esistenza reale del fenomeno, da altri messa in dubbio - le informavo con un tono diverso, un tono cioè di approvazione e di comriacimento. Il tono fa la musica: e io, postomi così agli antipodi del Ferrern, non potevo nemmeno approvare - e per il dubbio in cui parevan mettere l' esistenza reale del fenomeno e per le considerazioni che, nel caso di questa reale esistenza, ne volevan derivare - le parole che A. G. Bianchi faceva sE\guire a quelle del l!,errero: 4: Se ciò fosse, un triste periodo si preparerebbe per il paese nostro, per il fondamento della nostra vita civile.» ♦ Anch'io, dunque, lascerò il caso particolare - che m'è stato solo un' occasione per l'esposizione, a cui ora m'accingo, delle mie idee -· e parlerò in generale di questo fenomeno, ammettendo, anzitutto, col Ferrero, eh' esso davvero oggi si manifesti, aggiungendo anzi che non solo oggi ma per lungo tempo si è manifestato e per lungo tempo seguiterà a manifestarsi, finchè almeno le condizioni che ne permettono il sorgere non verrauno meno, e proponendomi di mostrare che esso -- senza tel.ler conto delle esagerazioni morbose che può assumere in qualche caso eccezionale - non ha in sè nulla di patologico ed è anzi facilmente spiegabile e giustificabile. Secondo me, la spiegazione sua si collega intimamente con quella che s' è data d'un altro fonomeno più frequente ed importante, del contegno cioè che assume, in generale, il nostro popolo davanti alle varie esplicazioni dall'attività e del potere dello stato. I due fe. nomeni hanno la stessa spiegazione perchè trovano origine nello stesso ordine di fatti e di sentimenti. (1) V. A. G. Bianchi, Fenomeni morbosi, in Corriere della Se·l'a, 22 agosto 1903; L'autopsia di un delitto, Milano 1904. Oiaccbè ho condotto il lettore al pianterreno, credo bene t1·attenervelu ancora un po', avvertendolo che mi servo dei vocaboli folla, pubblico e d'altri, sinonimi o quasi, Sbnza preoccuparmi delle distinzioni sottili - e del resto opportune - che ne fanno il Sighele ed altri. Questo specialmente perchè le conclusioni a cui giungo si possono adillta1·e, con lievissime variazioni di misura, all'una e all'altra delle diverse collettività definite con quei vocaboli. Avverto anche - per esaurire l'argomento degli avvisi - che uso l'espressione uomo grande in senso assai lato. Ciò per evitare equivoci.

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