Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XI - n. 16 - 30 agosto 1905

RIVISTA POPOLARE 481 più tosto esercitata a profitto del Capitale che vittoriosamente s'installava su gli avanzi dell'antica:tradizione. li primo moto del capitalismo si esplicò appunto contro le deboli fortificazioni Jella P. B. promessa aJ una finale decadenza. Si operò quindi in essa una trasformazione radicale. Sospinta nd ranghi del Proletariato, sia per la perdita <le' suoi strumenti di produzione e pel suo passaggio al salariato , sia per I' esaurimento della sua forza d'iniziativa economica e per l' accrescimento della sua dipendenza dal capitale, questa classe di piccoli mercanti e di piccoli produttori comincia a vedere nel !'rogresso il suo maggiore nen1ico e a idealizzare il buon tempo antico, la sua epoca eroica in cui essa parve la propulsatrice d'ogni movimento politico ed intellettuale. Di questo stato psicologico collettivo profittò ben presto il partito dell'antico regime, cui incombeva la necessità di ripopolare l'armata 1•eazionaria, mentre lo spiluppo dello stesso Capitale dava naturalmente luogo a una nuova classe , il Proletariato, m:nacciante le stesse basi della società contemporanea. I conservatori d'ogni gradazione deplorarono che i governi avessero a cuore soltanto l'interesse della classeoperaia, trascurando la P. 13. le cui condizioni si mostravano spesso anche più tragiche di quelle della classe suddetta. In Germania i partiti conservatori e del Centro acquistarono in tal modo la fedeltà politica della P. B., evitando che gli scontenti dei pubblici poteri a,lerissero al partito socialista. 11movimento dei piccoli borghesi, che datava fin dalla rivoluzione dd 1848, al tempo del congresso degli artigiani tedeschi , raddoppiò ed intensificò la sua attività contro la legislazione liberale economica , sopratutto a partire dalla crisi detta « dei miliardi >>. Questo movi - mento fu subito appoggiato dal Ceritro cattolico e dai conservatori protestanti, specialmente in Sassonia. Una violenta agitazione, alla quale parzialmente soddisfecero le leggi, si prodnsse a favore del ristabilimento delle corporazioni di mestieri. Finalmente la legge del 26 luglio 1897 rendeva ob\igatoria, in certe circostanze , l' entrata degli artigiani nelle corporazioni. 11 partito reazionario raggiungeva in tal modo il suo fine. La P. B. popola va le file dd partito agrario , del partito imperialista conservatore, degli antisemiti e del Centro. Quest' ultimo specialmente s'applicò a organizzare la piccola borghesia in corporazioni di maestri, contrornastri ed operai. [n Austria l'agitazione reazionaria contro l'influsso del capitalismo e la .:conomia liberale cominciò nel 1870. La legge del 1883 ristabiliva l'organizzazione obligatoria dei piccoli artigiani. E, come .::inesta rinnovata istituzione medievale non bastav;1 a salvare la P. B. dalla concorrenza delle grandi industrie , il partito re:1zionario e specialmente gli antisemiti capitanati dal Lich - tenstein trovarono opportuno agitare la P. B. dispogliata ed aggiungerla alle loro file. È noto che il partito antisemita (soci~ilisti cristiani) si appoggia appunto su la P. B. Fatti analoghi possono constatarsi nell'Olanda e nel Belgio, ove, in una certa misura, il partito cattolico si appoggia su la piccola borghesia. ln Francia non solo gli antisemiti e i nazionalisti reclutano i loro partigiani nel mondo piccolo borghese, ma in qualche centro gli stessi realisti cercano i loro adepti tra i piccoli commercianti e i piccoli proprietari. Si è visto che nel Meuogiorno e nela stessa Parigi i candidati monarchici han raccolto suffragi borghesi. rn tutti questi fatti non c'è contradizione che in apparenza: la ragione di essi è nelle condizioni critiche in cui si trova la (_letta classe di fronte allo sviluppo della società capitalista. Condizioni che, del resto , non mutano se prese in senso assoluto. Vero è che Schmoller analizzando i dati raccolti dalla inchiesta della (< Associazione di politica sociale » su le condizioni della P. B. in Germania, affermò la solidità straordinaria della piccola industria nella quale quasi non vedeva ragione di crisi. Ma è troppo ottimista. Kautsky, passando in rassegna i .:ensimenti industriali in Germania dal 1882 al 1895, affermò invece, a conclusione dell'analisi comparata dei dati reali, che ad eccezione di qualche branca della piccola borghesia, insignificante nella vita economica generale, la piccola industria indietreggia di fronte aHa grande. Il catt0lico Retzvache confossa che in Germania la piccola industria non raggiungerà mai la prosperità di cui godeva nel medio-evo e mai acquisterà la sua antica importanza. Egli valuta la cifra degli artigiani tedeschi al 10 °/0 della popolazione. L'accrescimento de1 numero può prodursi parallelamente alla diminuzione dell'importanza delle piccole gestioni. « Il dominio della piccola gestione in tal modo si restringe sempre più, senza che diminuisca il numero assoluto delle piccole gestioni ». - Se la statistica raggruppa nella rubrica << Commercio >) il numero considerevole delle piccole imprese particolari, si vede che l'elemento prin - cipale è dato dalle piccole spezierie, comestibili, trattorie, ta. baccherie ecc. Accanto alla (< fabbrica collettiva » bisogna porre i (< magazzini collettivi ». Moltissimi proprietari di piccoli magazzini tendono di giorno in giorno a trasformarsi in agenti salariati di qualche granck fabbrica. Spesso le trattorie, i bars, i Catlè, che in apparenza sono piccoli stabilimenti inJipencle'nti, sono invece proprietà diretta di fabbricanti che li fanno gestire dai loro impiegati. Lo stesso accade in Francia, in Germania, nel Belgio e negli Stati-V niti, ove molte piccole industrie sono fondate dai possenti trusls nei loro interessi monopolizzatori. E a Londra le trattorie di second' ordine , le drogherie ecc. sono nelle mani di quattro o cinque società. La fabbrica e l' officina colpiscono gl' interessi del piccolo artigiano. I grandi bazars, che possono considerarsi come un ritorno perfezionato agli antichi mercati, respingono agli ultimi gradi della scala sociale i piccoli commercianti, quando a dirittura non li rovinano. Moltì· si meravigliano che la piccola borghesia parigina, che sempre si distinse pel suo spirito democratico, sia caduta dal 1901 in poi sotto il potere della coalizione reazionaria , realista , nazionalista , antisemita. Molte ragioni possono spiegare questo fatto ; ma è lecito credere che la principale sia appunto nel risentimento dei piccoli com1nercianti contro i grandi magazzini. La cifra annuale degli affari di due soli di essi, il Louvre e il Bon Marche, ascende a 300 milioni di franchi. Accanto a questi colossi le case che in altri paesi non avrebbero rivali non sono che sta bilimenti di second'ordine. Come potrebbe il piccolo borghese negoziante lottare contro questi, mentre non ha un insuffi.::iente assortimento di m.ercanzie? E se ciò non ostante le piccole botteghe sussi• stono tuttavia, ed anzi si sono accresciute in questi ultimi 30 anni, ciò prova che la concorrenza è divenuta più intensa nel piccolo commercio. C'era frattanto una categoria di tale commercio che per il carattere d'uso quotidiano dei suoi articoli, sarebbe dovuta restare nelle mani del piccolo negozio : ciò t: quelle delle spezierie e dei magazzini di commestibili. Ma anche qui interviene il grande capitale devastando di giorno in giorno qudla categoria della P. 13. considerata finora come inaccessibile e invulnerabile. Il tipo di queste grandi imprese capitalistiche nel commercio delle derrate commestibili è la Casa Potin di Parigi , che ha molte succursali nella stessa città. La cifra annua dei suoi affari raggiunge i 50 milioni, dei quali 16 d'esportazione in provincia e 2 soltanto allo estero. La concorrenza dei grandi magazz1111non si manifesta soltanto nell'oppressione e nella soppressione delle piccole imprese ma anche indirettamente, influendo sul prezzo delle mercanzie vendute da queste ultime. E questa influenza risulta ben più grande di quanto farebbe supporre la cifra degli affari dei grandi magazzini. Si calcola , p. es. , che questi ultimi vendono per 500 milioni Ji franchi, di cui 100 milioni di mercanzie espo1·- tate ali' estero: il rimanente non costituisce che una decima parte della totalità dei prodotti venduti , l' insieme dei quali

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