476 R l V I S ·1· A PO P O L A R E le ultime a sorgere, perchè hanno bisogno d'un capitale ingente non ha trovato applicazione in Francia. E se i tempi e l'ambiente economico- sociale valgono a spiegare, come vedemmo questo nuovo atteggiamento del cooperativismo francese, la ragione principale di quel postulato può in gran parte chiarirci la sua evoluzione. Vedemmo che le cooperatìve di produzione da una fase, dirò così , di comunismo , d' intimità, conforme alle idee del Buchez, del Blanc ecc. passò ad un'altra schiettamente speculativa,• in cui il capitale ha la prevalenza sul lavoro, il numero dei soci è illimitato, la forma giuridica è l'anonima. Ora, se s'osserva che queste modalità erano causate principalmente dal bisogno urgente di capitale, che la grande industria, la quale faceva passi da giganti, richiedeva in quantità ognor più rilevante , si deduce subito che è precisamente codesta forma spuria di cooperazione la più spontanea. Da una parte, i nuovi processi tecnici aumentarono il rapporto del capitale tecnico alla mano d'opera, e dall'altra le condizioni economiche degli operai rimasero stazionarie, o, se migliorarono il miglioramento non fu molto sensibile. Date queste circostanze è facile osservare che i soci lavoranti nell'opificio sociale non potevano essere i soli soci , perchè le loro risorse non bastavano all'acquisto del capitale tecnico necessario alla produzione. Ed allora fu d'uopo isc1 ivere come soci altri operai semplici, ma lavoranti fuori dell'opificio sociale, e perfino dei capitalisti, allo scopo appunto di otte11ere un capitale sociale sufficiente. Si ebbero quindi delle cooperative cosiddette impure , cioè formate di soci lavoratori e di capitalisti ; ed il numero di questi superò il numero dei primi, dando cos'l prevalenza, nella gestione dell'azienda, agli interessi del capitale su quelli del lavoro. Ma le cose andarono anche più in là. Gli antichi soci, capitalisti e lavoratori al tempo stesso, arricchitisi , chiusero le porte in faccia agli ultimi arrivati, i quali chiedevano d'essere iscritti come soci, si costituirono imprenditori, e retribuì rono il lavoro col semplice salario. Codesta fu una vera e propria degenerazione, sebbene spiegabile e giustificata; e non so perchè si continui a chiamare cooperative queste società, che ormai possono ben dirsi delle imprese speculative comuni. Come chiamare cooperatira ad esempio la società italiana (( artistico-vetraria ii di Altare, che poco tempo fa appunto ci ha dato l'esempio delle più comuni agitazioni sul mercato speculativo del lavoro? Chi nudrisse ancora delle illusioni sulla vera efficacia e sul vero carattere della cooperazione pratica, crederebbe di sognare leggendo sui giornali chè da I oo a 300 operai , addetti in gran parte alla vetreria della società di Altare, hanno abbandonato le officine, si son riuniti in pubblico meeting alla Camera del lavoro, ed han dichiarato lo sciopero generale, il quale cessò poi sulla base di accordi presi col direttore della vetreria. Tutto ciò dimostra che la cooperazione, sì nella sua genesi storica, che nel suo svolgimento e nei suoi metodi esula ed ~ affatto avulsa da quell'ambiente di filantropia, d' altruismo, di senso cooperativo e di altri preconcetti utopistici , di cui vollero circondarla gli entusiasti. La natura degli uomini non è mutata per nulla ; ed i soci delle cooperative , che sono dei soggetti economici, i quali non obliterano tanto facilmente il rigido calcolo del minimo meno, guarJano ai loro esclusivi interessi; e qualora questi li consigliano di assumere sistemi e metodi ·capitalisti, per nulla dissimili da quelli, in odio ai quali essi ricorsero allo stromento della cooperazione, nè le scomuniche di Holyoake e di Vassintart Neale, nè i postulati del Gide valgono a distoglierneli. (continua) S. VEGA Dott. N. Colajanni: COMESI AMMINISTRA LA GIUSTIZIA IN ITALIA. Prezzo L. 0,75 , ISB I BENOB Novella di Alexandtto Btt6dy I quattro giovani sedevano accanto alla srnfa , •love le patate cuocevano. - Se si aggiungesse un po' di ]ani,,?- domandò Titus Bratarits. - Col carbone! Per le legna non abbiar:10 denari - rispose Hermann Koho, incarieato di an:ministraro la somma destinata al C')mbustibile, cbe per lo più non esi~tova. Si con entarono delle scie patate senza un lamento. Quella cona <.be scoppiettava rwll' acqua, aggiungùva. qnalche cosa di idilliaco all' accordo familirue che regnava, fra i quattro giovani, caduti dai loro piccoli villaggi nella grande e temibile città. nella ricca Budaprst, doYe la low enorme 1•overtà scompariva, uome quattro gocce d' acqua piovana nel Danubio. - Si potrebbero anche mangiar delle mele - mormorò Bazsò abbassando sugli occhi, co11sdegno. ii lucido e:lindro. Brabarit~ sorrise : - Mangiale tu. Con disprezzo tutti guardarono il !\\UC( hio di mel<.i• in parte troppo mature. che s' it:nalzava in un canto d~lla. stanza. Ne erano pieni di mele: a colezione, a pranzo, a cena. Sentivano qua~i che nei loro stomaci doveva esserci una foresta di meli. La madre di Herrnann una fruttivendola, ne mandava ogni settimana un intero carico e la mrrntagna di frutta perveniva ad altezze minacciose. Hermann sudava lacrime~ ma per nulla al mondo avrebbe permesso di rimandare iodietro la spedizione che manteneva e rovinava , uel m~desi mo tempo , la piccola società. -Se non alrro le mele ser vivano ad accrescere l'autorità dei giovani nel quartiere, i quali la facevano da donatori con i fanciulli. - Domani le gett0 fuori - proruppe Brabarits . arrabbiato che le patate non erano cotte. Isbi Bénob , il quarto giovane , il più forte mangiatorer già sbucciava la radice mezzo cotta. · Tutti avevano appetito, e guardavano con una certa rnvidia Kohn , che, come al solito, s'era fatto comprare del formaggio, senza di cui non poteva dormire. Per Hermann il giallo cibo era un lusso ed una medicina. E come ne mangiava! Dio buono, quanto ne mangiava! Con quale dignità il giovane studente_ tagliava col suo bisturi . il formaggio e lo distribuiva ai tre compagni , i quali, tornando bimbi, gli gridavano ingordi e chiassoni: - A me? ... A me niente? Te ne pentirai ! Azione codesta che Hermann ritardava con la lettura di tutti gli avvisi di sequestro, pegnoramenti, vendite di asta in cui veniva avvolto il cacio. Gli altri erano più poveri di lu-i. Geza Bazsò aveva uno scolaro, un pranzo settimanale, e niente altro. Se avesse , ciò non osta11te , potuto mettere da parte qualche buon boccone per la sera ! Ad eccezione però , di qualche magro pezzo di dolce, uon aveva mai portato nulla. Anzi, una volta, questo stesso non gli era riuscito: la padrona di casa si era accorta del tentativo. Che fa, prego ? Perdono, una distrazione ! Brabarits, anche lui aveva lezioni; ma egli preferiva far la corte alle madri dei suoi alunni, e perchè ora un belio e forte uomo, i mariti e padri cominciavano col diffidarne e finivano col congedarlo. Guadagnava q aalehe cosa facendo da assi~tente a qualche chirurgo. Anche Isbi Bénob nr.)n era felice. Il suo nome era Alessandro Braun , ma per le sue formidabili membra, lo avevano battezzato col nome del filisteo della Bibbia.
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