RIVISTA POPOLARE 439 povero scritto paradossale , voi pensate con la testa altrui, e intendete come vogliono gli altri, e vi acquetate nella schiavitù alle idee convenzionali ». Avrò anche torto. Ma bisognerebbe, prima di tutto, dimostr:..trmi che oggi, al secolo XX, letterariamente ed educativa. mente la Comedia e i [>rom._•ssi Sposi han valore - e han diritto di esser libri di testo, oggi, quando altre concezioni, :tltri ideali, altra vita batte al cuore e alla mente dei giovani! All'arte poetica di Dante, io mi genutletto ; alla narrativa del Manzoni, io ,ni inchino. Ma ripudio e detesto la Comedia e i Promessi Sposi come libri di sc~ola, oggi, perchè sono cattivi, e nocciono e abbrutiscono. Che un tale abbrutimento sia caro alle classi alte, conservatrici, questo è un altro paio di maniche. Queste classi stanno contro ogni istruzione che affini le menti giovanili alle idealità moderne, e le loro scuole son fatte a posta per perpetuare la materia bruta del passato. Ma che la democrazia non si levi, e non si lanci a investire la scuola, qual' è; ehe gli uomini liberi restino acquiescenti al perdurare di un insegnamento che viola la coltura moderna, impedisce la modernità della coltura in tanta parte di gioventù studiosa, questo è illogico e intollerabile. Combattere i dantisti'- denudando Dante - vuol dire combattere per l'emancipazione mentale della gioventù. Perchè la Comedia è il Simbt,lo - nella scuola - della buffonata scolastica, nella quale vien castrata la giovinezza. Ma come·? la libertà mentale dei nostri figli, non ha dunque valore alcuno? Val dunque meno di un ordinamento ferroviario? meno di una formale libertà costituzionale? O non più tosto la libertà mentale dei giovani è la base e convinzione di ogni migliore ordinamento, e di ogni grandezza d' Italia? Ma sapreste dirmi che cosa avete fatto - come partito politico - per la Scuola ? Già ! I milioni che ci vogliono ! Questi sono pretesti. L'Italia che ha trovato sempre milioni per ogni cosa pm infausta, non ne trova mai per la scuola ! E per la Scuola, per la vita della Nazione, pel suo avvenire, per la sua forza, per la sua grandezza vera, non varrebbe forse la pena di contrarre un prestito, quando, veramente, i denari non ci fo~sero ? E poi, limitiamo la cosa, per ora, a un nuovo indirizzo scolastico. Per questo non c'è bisogno di rn.ilioni. C'è bisogno di una battaglia politica. Fatela finalmente ! E anche perdendo avrete posto un gran lievito di liÙrtà nel paese, di modernità nella scuola e di ribellione nei g10vam. E tutto questo è un tesoro. Cominciate contro il Dantismo e i dantisti. Abbiamo bisogno di contemplare altro, di ammirare altro, di studiare ben altro, che quel paradiso, e quel purgatorio e quell'inferno malvagio della Comedia. A ben altre forme, a ben altri pensieri, a ben altra materia letteraria bisogna affezionare lo spirito dei giovani. Lasciamo la Comedia agli storici della letteratura, e lasciamo Dante alla storia del suo tempo. Alla storia del nostro quel Grande nuoce ed è estraneo. Anche letterariamente è inutile. Quella lingua e quelle forme non insegnano pm niente. Per gli atteggiamenti del nostro pensiero vivo, quella lingua e quelle forme morte sono un cascame del quale bisogna liberare i giovani. Quando mai la finiremo con la Grecia, con Roma, col Medio Evo? Quando ci educheremo finalmente alla vita ? Quando, insomma, impareremo per la vita ? Le civiltà che si impongono al nostro esame e al nostro studio, son quelle di Francia, degli Stati Uniti, dell'Australia. Di queste civiltà, noi dobbiamo nutrirci. È il pensiero immenso di queste civiltà che noi dobbiamo spiegare e fare intendere ai giovani che dovranno vivere e lavorare nel secolo XX; ai giovani che dovran fare risorgerecon la loro vita e col loro lavoro - la grandezza d' [tal;a che . ' non potrà mai essere quella di Roma, o quella del Medio Evo: grandezze, queste composte di barbarie e di superstizioni. Ma, Lei dirà, << e la lingua? » La lingua di un popolo vivo non è fatta di parole tradizionali, ma di pensieri che trovano la loro forma. L' attualt: lingua ita 1iana non serve più, come non servì più il latino di Cicerone e di Cesare. Noi non dobbiamo attaccarci al cadavere mummificato nel Dizionario della Crusca. La terza Italia, ha bisogno di una lingua sua, arricchita di tutti! le espressioni nuove - così condannate dai puristi - ral- · pi tanti di tutte le cose nuove tra le quali dobbiamo vivere, lavorare e arricchirci, e ingrandire. Facciamo un popolo libero e colto e capace di ogni espressione di vita; e da questo popolo germinerà e si costituirà un << volgare » glorioso, come fu glorioso il << volgare » adoperato dall'Alighieri. Oggi, il << volgare » di Dante è divenuto una smorfia , che può essere solo ben coltivata dagli sciocchi dannunzieggianti, quali non han nulla da dire, e fan musiche. Conse,rvino pure le classi reazionarie questa << pura » lingua italiana, immobile e rigida e incapace di esprimere il pensiero nuovo ; così come le classi sciocche e reazionarie del Medio Evo conservarono il morto latino , finchè il popolo nuovo lo seppellì. E che? Con la Vostra propaganda della << lingua di Dante » vorreste formare forse la Storia ? O immaginate che questa lingua che noi meno incolti parliamo e scriviamo debba essere eterna? Ma non sentite che dal secolo XIX ad oggi il mondo è più mutato· che non muta~;se da Cesare a Dante'? E non sentite che la lingua di Dante agonizza, poic.hè tutta la civiltà nuova batte e rompe le sue forme antiche? L'Italianità tra gli italiani ali' Estero non si conserva con la lingua italiana, ma con la forza dell' Italia : onde essere e proclamarsi italiano sia un orgoglio e un vantaggio. Alla Italianità dei nostri espatriati giova più il piccolo Guglielmo Marconi che Dante Alighieri. Vale più Garibaldi che tutti i versaioli e letterati nostri, morti e vivi. Fate che l'Italia abbia una larga molteplice vita rigogliosa vita di opere che giungano ovunque, vita di libertà che ovunque siano desiderate, vita di pensiero e vita di ricchezza , e avrete creato il vero, sicuro, indistruttibile legame fra tutti gli italiani sparsi pel mondo. E se a Trento - come Lei dice nella sua nota - il monumento dell' Alighieri, è << venerato come il simbolo più puro e più <e autentico della italianità » - ebbene , quella è una italianità destinata a restar morta, finchè non ami un altro simbolo più vivo. Quella << di Dante » può essere l' italianità di un gruppetto di gente meno incolta, di un gruppetto che non rispecchia, che non espone, il popolo di Trento, popolo di infingardi e di beoni, che non ha altro desiderio se non di lavorar poco e di bere molto. Fate che l'Italia nuova abbia la sua civiltà, e che trovi la sua lingua, corrompendo, con tutta la vita del nostro tempo, le forme già vecchie. Ma perchè l' Italia abbia la sua civiltà bisogna schiodare questa cassa funeraria eh' è la nostra scuola attuale, e violarla
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