Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - annno XI - n. 13 - 15 luglio 1905

RIVISTA POPOLARE 01 Poli tic a, Lettere e Scienze Sociali Direttore: Prof. NAPOLEONE COLAJA.NNI (Deputato al Parlamento) Esce in Roma il 15 e il 30 d'ogni mese I t.alia ; anno lire 6; semestre lire 3,50 - Estero ; anno Iire 8; semestre lire 4,50 Un numerò separato Cent. 30 Amministrazione: Corso Vittorio Ernamiele n.0 1/f> NAPOLI Anno XI - Nnm. 13 ABBONAMENTO POSTALE noma, 15 Luglio 1905 11 successo del numero più che triplo della RIVISTA in carta di lusso e così ricco d' iHustrazlont, consacrato a Mazzini è stato eccezionale. Non abbiamo ·lsparm1ato sacrifizì p•~r o:;:iorare nel modo che abbiamo potuto migliore Il Grande di Stag·lieno e per fare cosa gradith. agH amict ed aglf abbouatl. Questi, speriamo, che ce ne ricompenseranno procurandoci onovi, abbonati che pagando· anticipatamente un anno, riceveranno per soli ccn~eslml clnqna,uta q Mazzini. Al pochi abbonat.i che uon hanno ancora pagato J' anua•a scor~a t-<l ai molt.f cu~ è •aduto da recente l'abbonamento rivolgiamo calorosissima preghiera cti mettersi subito In r",e;oJa coll' Ammintstraztone. SOMMARIO: Noi: Gli avvenimenti e g·ll nomini: (Verso la fine dell'autocrazia - La follia militaresca - Per due assassini politici coi quali dopo il 1860 s'iniziò... la civilizzazione della Sicilia - Ungheria e Norvegia - Mazzini a Napoli nel 1860 - Le incognite della questione Marocchina) - La Rivista: Per Giuseppe .\fazzini- Dott. Napoleone CO• la)annl: Constatazioni ed insegnamenti - Dott. NapoleoneColajannl : Agli elettori del Collegio di C:astrogiovanni - Il socialistoide: Le questioni ferroviarie e la convocazìone del Parlamento - Dott. Napoleor.eColajanni: 11Giappone - A. Agresti: Eliseo Reclus - Mario Pilo: Stelloncini letterarii - Rivista delle lUvlste: La decadenza del commercio inglese (Rapporto del console inglese) - Contro la legge su gli immigranti (Forthniglztly Rei,iew) - [I giornalismo al Messico (America11 Monthly) - Il mercato Siberiano (Daily Mail) - Socialismo e socialisti (Divenire Sociale) - L'ultima Enciclica -di Pio X. (L'Economista) - La nuova rotta politica dell'Inghilterra (Die 1 Gren 1 boten) - Il movimento agrario in Russia (L' Huropéen) - Discussioni intorno allo sciopero generale (A,rione Socialista) - Per la Sardegna (Nuova Antologia) - La menzogna pubblica e privata (Die Zukunft). GLI ftVVENIMENTI e GLI UOMINI Verso la fine dell'autocrazia 1 -Veramente le circo• stanze terribili fra le quali si dibatte il potere degli Tsar fanno pieta. Fino ad ieri, quando amato dalla ignorante e povera folla dei mttjfohs e temuto da tutto il mondo, lo Tsar imponeva silenzio a quelli che chiedevano un riconoscimento di diritti, che era portato della civiltà, strozzando loro in gola, con la corda della forca, la loro parola; quando, tutti pieni d'una tronfia vanità, egli ed i suoi preti ed i suoi generali parlavano di andare a Tokio a castigare i pagani insolenti; quando sulle mani tese a domandare misericordia egli faceva piovere i colpi della pesante nagaika; quando ad ogni richiesta egli faceva rispondere col ferro dei suoi cosacchi, egli destava orrore, e si poteva, anzi si doveva odiarlo. Ora, non più. Ora egli , ed il suo potere son caduti in una tale miseria, in una tal vile miseria, che la pietà è ancora un sentimento troppo forte , troppo elevato per codesto potere che si rivela esser di fango più che di sangue, di menzogne più che di forza. Quando il piccolo Giappone osò trarre la spada e attaccare il colosso, ognuno magnificando l'atto magnanimo ebbe una stretta al cuore pensando che fatalmente dopo breve lotta, il Giappone sparirebbe, per lungo tempo, dal novero delle nazioni indipendenti. Nessuno sapeva che il colosso aveva i piedi d'argilla. Quando alla parola di Gapony , al grido fraterno, alla umile dimanda degli oppressi chiedenti pietà , i cosacchi risposero col piombo; ognuno pensò: Egli s'è oggi, separato dal popolo, egli s'avvicina alla fine. E quando l'ignobile Trepoff fece sapere all'Europa che « a Pietroburgo e in Russia tutto era tranquillo • ognuno pensò: Per qualche anno ancora! Nessuno sapeva quanto profondo era l'abisso che separava l' autocrate dal popolo, anche prima del 22 gennaio. Oggi tutto è venuto alla luce. La rivolta delle navi di Odessa ha aperto una grand~ finestra negli fi>ffari interni della Russia. La perdita della flotta a Tsushima , le ininterrotte sconfitte, la perdita di PortArthur, ben presto quella di Sackaline, di Wladivostoc non sono nulla dinanzi al fenomeno di quelle. nave che innalza. la bandiera rossa, e che a bandiera rossa spiegata passa in mezzo alle navi mandate a ridurla alla ubbidienza e che fanno largo, e la salutano senza spararle contro un sol colpo. È questa nave ribelle che porta all'Europa la ~piegazione del mistero delle costanti sconfitte russe, che fa sapere ali' Europa che il Mane Techel Phares ~Ila autocrazia in Russia è segnato. '· L'autocrate è stato sempre obbligato a mentire. Ed è naturale. L'autocrazia è potere di violenza; quando alJa violenza viene a mancare la forza biso gna che vi supplisca con la furberia e la menzogna. E cosi l'autocrate ha mentito all'Europa il potere delle sue flotte e del suo esercito; ha mentito alla Francia il valore della sua alleanza e del suo prestigio (e la Francia ora paga la pena della menzogna); ha mentito al suo popolo la buona fede ; all' opinione pubblica le sue notizie della guerra e della ribellione; ha mentito a Dio la sua fede. Egli è ora come il lebbroso che giace nudo sul letame mostrando agli uomini l~ miserie della sua carne putrefatta, dopo essere apparso come il felice dalla pelle bianca e il corpo vestito di porpora. Il piccolo Giappone ed il suo popolo lo hanno chiamato al giudizio di Dio e la spada s'è torta nelle sue mani, e l'acqua è stata troppo bollente per i suoi nervi, e il giogo troppo #-{raveper le sue spalle ; e le sue vittime tutte, dalla tomba, dalla galera; dai gabinetti dei governi che lo credettero valido amico o nemico terribile lo credettero in colpa.

378 RIVISTA POPOLARE Ed oggi ancora egli mente. Come egli mentiva quando annunzia va al mondo una parola di pace; oggi a11cora accettando di trattare per la pace egli parla parole di spudorata menzogna. Egli non vuole la pace; egli sa che non può v_olerla. L'esercito di Manciuria deve rimanere laggiù nella terra. maledetta bagnata di tanto sangne, non deve poter tornare in patriA. e raccontare la fame patita perchè i granduchi, i preti, i generali i burocratici di Rnssia d'accordo con i fornitori , guadagnassero milioni di rubli, a raccontare la imbecillità dei comandanti, la dipsomania degli ufficiali, la viltà le ladrerie di quanti lo conducono alle sconfitte e al macello; non deve tornare a dimandare giustizia, e forò'anche a volere vendetta. Quei trecentocinquantamila uomini sono una incognita terribile , una minaccia spaventosa per l'autocrate e per il suo potere. Ed eg:li vuole che rimangono là ad essere ingoiati dalla guerra, e perciò mente, parlando di pace; mente come ieri mentì annunziando che la nave ribelle aveva amainato la bandiera rossa. E neppur questa menzogna ormai basta più. Un grido solo, ora travnsa la Russia: Cada l'autocrate e, le folle si agitano, terribili: ben presto il cosacco non basterà più ad arrestare la fiumana ribelle che ingrossa, che ingrossa e sommerge il bieco abitante di Tsarskoje Selo. Ancora il mujich non ha impugnato il forcone, ancora il povero e bruto contadino russo, non ba levata la fronte dalla sua miseria. e ancora sospira lavorando la terra che non gli da pane per se e per i suoi a sufficienza; ma che domani i rivoluzionari sappiano sull'altare della libertà fare il sacrificio del loro egoismo e liberali e socialisti dicano al mugich: « La terra che tu lavori è tua, tua soltanto, tutta: e il potere dell'autocrate avrà finito di esistere. L'autocrate avrà detto allora le sna ultima menzogna, e sarà: « Io amo il popolo che mi tradisce ! • E questo sarà, e sarà presto. Già i rivoluzi0narii sentono ove è, e qnal è il segreto della vittoria. Egoismo di classe, ancora gli rattiene; ma domani essi non esiteranno più. Il segreto della lotta per ]a libertà in Russia sta nel grido e La terra ai contadini ! » E 1a sentiremo echeggiare fra. breve. E forse la sentiremo tra gli orrori spaventevoli delle J acquer·'les. Intanto lo Tsar - che non vuole la pace•- parla di pace; che non vuole concedere un briciolo di libertà parla di libertà, parla e smentisce se stesso, la sua pa· rola è menzog-na come i suoi atti. Ove correr Ove va? Ove proda? A qnal fine? Egli non lo sa, non può saperlo. E però che è appena degno di pietà, che la pietà è ancora troppo forte per lui. Egli è afferrato ora dal destino fatale, che lo travolge ogni giorno di· più rapidamente; e va, come il relitto shattuto dalla tempesta contro la scogliera, all'avvenire oscuro; sordo ad ogni parola di salvezza che giunga a lui ; cieco ad ogni atto che potrebbe essere per lui nn istante di riposo. Ed è bene che così sia. Egli ha perduto ]a nozione del suo viaggio nel mondo, egli è trascinato, sordo e cieco, alla rovina. ♦ La follia militaresca. - La guerra dell'Estremo Oriente e la vertenza Franco-germanica per il Marocco erano occasioni troppo belle perchè non fossero sfr11ttate dai militaristi , che mal sapevano rassegnarsi ai quattrocento milioni circa dei due bilanci per la guerra e per la marina. Quella somma, data la potenzialità economica della nazione alla quale in tempi normali devono proporzionfl.rsi tutte le spese, era già soverchia; ma rappresentava una pazzia addirittnra ponendo mente al modo come veniva spesa. Abbiamo fatto le opportune osservazioni sul rapporto tra spese militari e condizioni econemiche della nazione molte volte e non abbiamo bisogno di ripeterle oggi. In quanto al modo di spendere rimasero senza rispo• sta le critiche oneste ed acute del Generale Marazzi esposte nel 1904 e ripetute con una tinta di maggiore pessimismo nell'ultima òi8cussione sul bilancio della guerra. Egli dimostrò all'evidenza che pei risultati, che si ottengono si spende troppo, si spende male, e che la nazione non ha la difesa militare necessaria non ostante gl' ingenti sacrifizi, cni essa va incontro. Peggio ancora per la Marina. L'inchiesta fatta da monarchici convinti e tra i quali non c'era che un solo sovversivo, il Nofri, ba documentato enormità veramente incredibili. Le discolpo del Mini::,tero della Marina poi non potevano essere più strane e più aggravanti. I suoi avvocati ufficiosi non negarono gli sperperi criminosi; ma cercarono farli tenere in poco conto osservando, che era.no ... conosciuti da molto tempo. E infatti in alcune relazioni sul bilancio della Marina dell'on. Randaccio e in altri documenti ufficiali ed ufficiosi parecc~i anni or _sono ~ennero denunziate !e ru berie la cattiva ammi111straz1one, la mancanza d1 controll~ ecc., che gettavano luce sinistra sul ministero della Marina (1). ~ntte le a_ffe:mazioni. d?cume_ntar~no e~aurientemente 1 dep11tatl, 1 senaton, 1 funzLOnan dell In· chiesta, che fu una conseguenza neces::,aria del processo Ferri-Bettolo. Non vi ha chi non vegga ~be la difesa del .Ministero della Marina riusciva disastrosa; giustificava l'Inchiesta e dimostrava indispensabili provvedimenti urgenti e radicali, che rendessero imp.ossibili e rid11cessero al minimum le malversazioni passate. Tntta la difesa del suddetto Ministero fu sbagliata; ma ci fo un diagramma che il Ministro Mirabello, 1m galantuomo impari alla situazione grave , fece distribuire per _met.te;e in_ evi: denza ]a inferiorità delle spese navali dell Italia d1 fronte a quelle dei maggiori stati di Ellropa e_d~gl! Stati Uniti di America. che dava della zappa nei p1ed1 a chi lo aveva costruito e divulgato. Il diagrnmma, infatti; insegnl\ che dal 1870 al 1905 l' Italia aveva speso per la sua marina da guerra molto meno del1' Inghilterra, della Francia, della Germania f\Cc:; ma insegnava altresi - e nessuno lo rilevò nella discussione - che l'Italia nello stesso periodo, sino al 1904:, aveva speso circa il doppio del!' Au~tria-U~gheri~, eh~ è lo spa11racchio del momento, che s1 pone mnanz1 agli italiani per indurli a buttare milioni iu mitre come nel 1887-89 fu la FranciA.. Ma nel fatto che l'Austria avendo speso. in 34 1mni cir~a un milim·clo e mez~ meno dell'Italia, pur essendo altrettanto, se non più forte e meglio armata di noi, non c'è la prova prov~ta che dall' Italia si spese sempre razzescarnente e disonestamente? La nemica prossima, designata del.l'Italia in questo quarto d'ora d'irredentismo dinastico. come si disse è l'Aust"ia-Ungberia; e la necessità di sp~ndere i 132 milioni chiesti per la Marina e gli 11 milioni all'anno in più per l'Esercito si giustificò per lo appunt~ col bisogno di prepararsi ad 11na gnerra colla medesima. Tutto questo non venne dirhiarato esplicita.inente nell'aula di Montecitorio ; ma lo si ripetette in tntti i crocchi con aria pulcinellescamente misteriosa. Ora il confessato pericolo di una guerra probabilis::ii~a. col1'.Austria-Ungheria mentre riesce alla più esphmta e severa condanna della politica della Triplice Alleanz~ dà la misura della meschinità intellettuale e morale dei nostri governanti, che si mostrano sempre incapaci di energia, di sincerità, di proporzionamento dei mezzi col fine. Se in alto c'è davvP-ro la convinzione salda della lotta a scadenza più o meno pro-;sima coll'attuale nostra alleata i ministri dovrebbero avere il coraggio di domandare al paese i mezzi necessari per raggiungere il fine prestabilito : la difesa dello Stato. Le somme (1) Nel nuniero pro~simo sulla mancanza di controllo pubblicheremo un apposito articolo.

RIVISTA POPOLARE 379 chieste invece sarebbero del tntto inadeguate a11oscopo. Ciò che si deve fare q nando RÌ vnole seguire una data politica ce lo ha insegnato il Giappone. I suoi uomini videro fatai e la g11erra col la Russia; perciò, all' indomani del trattato di Simonosaki in einque anni , dal 1897-98 ::t l 1901 902, consacrarono alla marina ben 551 milioni di lire! Ecco una preparazione yera e seria, in contrasto umiliante con quella italiana che vorrebbe assicnrarsi la vittoria navale spendendo 132 milioni divisi in undici o dodici bilanci ... I mezzi, ad nnque, ~ono ~proporzionat.i al fine e la politica navale adottata rinsc 7rà di aggravio ai contrisenza dar loro affidamento alcuno che Lissa sarà vendicata. Ma c'è di più: le nltime vicende della guerra navale, specialmente quella della hattaglia di Tsu-shima impongono un diligente studio ed nn cambiamento profondo nella scelta dei mezzi di offesa e di difesa navale; perciò l'ammiragliato di qnella Inghilterra che ha il primato assoluto nella marina da guerra ha sospese ·tutte le costruzioni in atte8a dei nuovi piani che gli insegnamenti di quella guerra impong-ono. Se ciò ha fatto l'Inghilterra che può permettersi il lnqso di spendere inutilmente alcune centinaia di milioni, a fo1·tiori avrebbe dovuto farlo l'Italia, che di milioni da buttare in mare non ne ha affatto. Ed uomini competenti e non sospetti di poca tenerezza per le istituzioni e per le spese militari, come l'on. Generale Dal Verme, non esitarono a consiµ:Jiare di attendere un poco prima. di spendere i 132 milioni chiesti. Ciò ha opportunamente ricordato il suddetto generi:tle in nna lettera al Giornale d' Italia. Ma pei nostri ministri gl' insegnamenti dell'esperienza non valgono e pei nostri deputati il verbo ministeriale fa le veci di ogni sano ed eloquente insegnamento. · Un'ultima osservazione. Durante la discussione delle spese straordinarie per ]a marina a difesa delle famo8e corazze della 'rerni·, che hanno fatto una cm:il magra figura in Tribunale, nella Camera e nell'Inchiesta, venne pubblicato e commentato enfaticamente nn telegramma. dell'Ammiraglio Saido, nel quale si decantava la resistenza dei due incrociatori costrniti nel Cantiere Ansaldo-Armstrong e armate colle corazze della Terni. ... Ora dalle indagini dell'Avanti I risulterebbe che non esiste nè il telegramma, nè lo stesso ammiraglio Saido. Non ~i tratter~bbe che~di una volgare mistifir.azione, ordita per rngannare la Camera. E se cosi fosse noi siamo sicuri, che la cosa richiamerebbe l'attenzione del Parlamento e servirebbe di lezione ai disonesti, che con tutti i modi hanno ingannato la rappresentanza nazionale ♦ · Per due assassnn politici coi quali do1,o il 1860 s'iniziò ... la civilizzazione della Sicilia. - Il sig. En · rico Ximenes per rettificare nna notizia riguardante RoHolino Pilo, colui che precorse i Mille, come si legge nel modesto mezzo bnsto erettogli in un pubblico giardino di Palermo, ricorda in una lettera all'Italia del Popolo che egli fo assassinato il 20 Maggio 1860 sulle al ture di S. l\f arti no presso Palermo, e che non cadde vittima di palla borbonica ma di una palla del1e squadre siciliane, che colpivalo a tradimento e che entrò dalla nnca ed nscì dalla fronte. Lo Ximenes aggiunge : « Rosolino Pilo doveva essere assassinato poichè la s11a presenza in Sicilia era d' impaccio al partito moderato. « Si sa che il Precursore dei Mille si staccò a Genova dal generale Garibaldi perché non aveva voluto assolutamente accettare il suo programma Italia e Vittorio Emanuele. e Egli, Rosolino, discepolo fedelissimo di Mazzini, des:derava che in Sicilia, abbattuta la tirannide, si proclamasse la repubblica. Egli, fiero mazziniano, non intendeva abbattere un re per sostituirlo con un altro, quantunque liber~lissimo. Egli, intendeva che il moto insurrezionale italiano fosse stato diretto da una mente sola : Giuseppe Maizini. .. Convinto, infine, che la Sicilia si sarebbe tosto ri · bellata allora quando un braccio generoso fosse accorso a capitanarla. unitosi a Giovanni Corrao, lasciò Genova e su d' ima barca viareggiana, m(,sse in aiuto della Sici I ia. • Vi sbarcò verso la fine di aprile, giorni dopo che Francesco Riso e dodici compagni superstiti del moto della Ganci a ( 4 aprile '60) venevano fucilati dagli sgherri di re Bomba. « Ben· presto trovò, pii1 fortnnato di Pisacane, dei seguaci con l'obbiettivo di piombare su Palermo e sollevarla. « Era appunto sui colli di S. Martino quando gli giunse la notizia dello sbarco di Garibaldi a Marsala l' 11 maggio 1860. « Con l'arrivo del Generale e dei Mille la sua presenza m Sicilia riusciva dannosa, inquantochè due idee Vf'nivano a cozzarsi: la repubblica personificata allora in Rosolino Pilo, la monarchia rappresentata nella spada dC'l prode Nizzardo. « Uno dei due do,·eva scomparire ed il 20 maggio, per opera della sq11adra di Corrao, cadeva vittima del suo ideale. « Tre anni dopo Giovanni Cormo veniva pugnalato in una via solitaria. di Palermo e si disse ..• per ma.no d'amici politici ... > «Quef:to per la verità>. Sollecitati da diversi amici a dire la nostra parola sulla interesi:lantima comnnicazic.ne dello Ximenes non esit;amo ad aggiungere la nostra testimonianza alla sua. Infatti in Sicilia non si credette mai che l'eroico Rosolino Pilo nelle cni vene scorreva il sangue degli Angiò , sia stato ucciso dai soldati borbonici, ma che sia stato assassinato a tradimento da una delle cosidette bunache o picciotti della sna squadra. Regna ancora il mistero sulla sua morte e sopratutto sui moventi dell' a8sassinio. La spiegazione che ne dà lo Ximenes è gravissima; ma non presenta alcuna iu verosimiglianza. Dobbiamo, però, aggiungere che in Sicilia corse insistente la voce che un picciotto lo avesse assassinato perchò non _seppe perdonargli i modi bruschi e la decisa intenzione di mantenere una severa disciplina. Ciò che ci permettiamo di aggiungere, a parziale rettifica e chiarimento dello accenno dello Ximenes sulla .morte di Giovanni Corrao spiega perchè del resto abbiamo scritto che l' ipotesi dello Ximenrs sullo assassinio del precurso1'e dei 11/ille, mai imputabile ali' elemento garibaldino, non è invero· simile. Giovanni Col'l'ao, il leone vero delle insurrezioni siciliane pel quale Garibaldi nutriva immenso affetto, non fo pugnalato in una strada solitaria di Palermo; ma: fu ucciso con due schioppettate alle spalle mentre in suo biroccino rjtornava dalla campagna. Quando si seppe della sua tragica fine a Palermo corse la voce che Corrao fu fatto assassinare dai rap• presentanti del governo italiano in Palermo per liberasi dal pericolo di una insurrezione che Corrao, tanto valoroso quanto imprudente aveva minacciato se fosse stato proclamato lo stato di assedio , che le autorità credevano indispensabile dopo Aspromonte e dopo i cento episodi dei renitenti di leva e dopo i numerosi duelli tra gli ufficiali dell'esercito e i cittadini. Le autorità non ignoravano che Corra.o era uomo da mantenere la parola e che egli, adorato com'era dalla popolazione di Palermo e delle campagne che la circondano, poteva. realmente provocare una terribilissima insurrezione. Ciò ch'è certo e che aggravò i sospetti contro i rappresentanti della monarchia in Sicilia si fu che non si fecero serie indagini sull'assassinio del Corrao; si affermava

380 RIVISTA POPOLARE anche che alcuni carabinieri travestiti si trovassero vicini al luogo dove fu commesso il delitto e che non si scomodarono in guisa alcuna e che pare avessero la missione di proteggere gli assassini. La magistratura italiana vi cominciò allora le proprie gesta ignominiose non dando alcun corso alle gravi rivelazioni di Carlo Trasselli , del Corrao amico fido. Questo triste episodio crediamo che sia stato illustrato da E. Pantano nel Fascio della Democrazia. Gl' Italiani odierni che ignorano gli avvenimenti di quarant'anni fa crederanno che queste siano scellerate invenzioni dei nemici· della monarchia. Ma i fatti storicamente e giudiziariamente assodati, che si svolsero in Sicilia in nome della civiltà e della libe-rtà · contro la bm·barie, sono tali che gi nstificano tutti i sospetti cho furono enunziati stilla. morte di Rosolino Pilo e di Giovanni Corrao. Chi avesse vaghezza di conoscerne qualche cosa legga Nel Regno~della Mafia di Colajanni e se ne c011vincerà. ♦ Ungheria e Norvegia. - Un avvenimento curioso che fra i più tumultuosi di Russia e i più minacciosi della questione Marocchina, è passato senza riehiamare t.utta quella attenzione che meritava è stata la sepa · razione brusca della Norvegia dalla Svezia. Brusca per modo di dire e per noi che non eravamo tanto quanto era necessarie assai a giorno delle cose Hvedesi; per i competenti è apparsa come la soluzione logica e la sola ragionevole, che matura vasi da molti anni, di uno :.:itato di cose che tale qnale ora diventava, ogni dì più, incompatibile e assurdo. •· La quistione dei consolati non fu in verità che il pretesto del distacco ; le rl'lgioni della separazione ri - siedono in molte ed altre questioni , oltre che in una innata antipatia del popolo norvegese per il popolo svedese: antipatia rhe può essere cancellata dai buoni rapporti come vicini; ma che cresceva a dismisura fino che i due popoli erano obbligati a vivere insieme. E' naturale come il distacco è avvenuto e come la separazione ha avuto luogo senza tumnlti e senza scatti di gioia. Un bel giorno i rappresentanti d' un popolo dicono a quelli dell'altro: « Noi siamo stufi di voi, noi d'ora innanzi procederemo per la nostra via, voi per la vostra>. 0' è stato un pò di sorpresa; qualche rimprovero di qnà e di là. Il re Oscar, tanto per non parere ha protestato; il parlamento svedese ha votato un vib1·atis· simo ordjne del giorno, eppoi una bella e serena calma è subentrata al piccolo rumore. Bisogna notare che nella Scandinavia vige il divorzio. Il ragionamento che va bene per giustificare la separazione dei coniugi é andato bene per fare trovare logica quella dei popoli: « Non andiamo più d'accordo - separiamoci. - Cosi sia >. E ognun procede ora per la sua strada. Naturalmente bisogna tenere conto del!' indole dei due popoli. Essi sono è vero, i discendenti di quei Wikings, che corsero, prima del 1000, le coste della Bretagna, che signoreggiarono il mare, che si resero indipendenti dalla Danimarca, che sotto Gustavo Adolfo guerreggiarono con la Russia e la Polonia e sotto Carlo XII scesero fino in Turchia ; ma il loro umore bellicoso si è oggi grandemente attenuato e norvegesi e svedesi amano molto più lo studio e la pace , che non le armi ed i campi di battaglia. Popoli riflessivi, silenziosi, determinati; più atti a vivere d'una intensa vita di pensiero, che della vita attiva e fattiva che conosciamo e che viviamo noi, popoli del Sud, essi hanno potuto compiere pacificamente un atto che fra noi, sarebbe stato conquistato e pagato fra gli orrori della guerra ci vile. Popolo saggio·, e, bisogna riconoscerlo, anche saggio re. Ora però stà svolgendosi un fenomeno, simile nei suoi caratteri generali, ma a.ssolutamen te di verso nel suo svolgimento, in cui i] diverso carattere dei due popoli e la diversa saggezza dei due re sono in mostra e vi si offrono quasi a studio comparativo. L'Ungheria accampa contro l'Austria le stesse ragioni che la Norvegia ha accampato contro la Svezia. Quistioni di lingua, di dogane , di riconoscimento di diritti, e sotto tutto questo, nou confessato, ma agente energicamente, l'antipatia del popolo ungherese per il popolo austriaco. Attraverso una lotta che dura ormai da parecchi anni, e dnrante la quale il dissidio è venuto inacerbendosi sempre di più, l'Ungheria s'è avviata. alla separazione dall'Austria. I partiti politici ungheresi e le classi tutte dei cittadini , nobili, borghesi, proletari, agricoltori, tutti sono ormai contro il governo austriaco e contro i suoi rappresentanti. Fino ad un certo tempo fa si usava dire - ed era la constata~ione di un fatto vero - « Chi tiene unite le diverse popolazioni dell'Austria, è il rispetto che i popoli portano al vecchio Imperatore>. - Oggi non più. La corona è nscita dai confini della Costitnzione. Il governo del Fejervary, nominato dall'Imperatore contro · ogni norma costituzionale, è stato accolto da fischi da invet-tive, da manifesti segni di dispetto e di disprezzo. Non era facile che il Fijervary riuscisse; ed è asso1 utamente impossibile che altri riesca a comporre il disRidio. Di quà si chiede una cosa che dall'altra parte non si vuo.le neppure discutere: il riconoscimento della lin-- gua ungherese nei comandi dell'esercito un~herese. La cosa apparrebbe, ed è , ragionevole; ma l'Imperatore non vuol neppure sentirne parlare. e La lingua di comando ungherese è esci usa per sempre• egli ha detto; e Viva la N01·vegia • gli è · stato risposto dal parlamento ungherese. Il grido è significativo. Mai con tanta chiarezza, nel parlamento ungherese si era alluso alla separazione. Senonchè, mentre in Norvegia le cose si sono passate pacificamente, secondo i dettami del buon semio; l'Imperatore d'Austria minaccia di obbligare il popolo ungherese a discntere non più col Fejervary ministro ma col Fejervary generale d'artiglieria; e capo di militari. Potrebbe darsi che qneste parole fossero dette soltanto per cercare d'intimidire l'opposizione ungherese; poichè se veramente esprimessero il pensiero del1' Imperatore, bisognerebbe supporre che egli ha dimenticato che se in Ungheria il popolo gli resiste per un conto in Slavonia, nel Trentino, in Croazia gli resistono per un'altra, e sarebbe atto sommamente illlpolitico ricorrere in questo momento alle armi. Meglio sarebbe seguire l'esempio della Norvegia e del re Oscar: separarsi da buoni amici, poichè non c'è più verso di andare d'accordo. Ma il popolo ungherese e l' imperatore d'Austria avranno questo pacifico e solido buon se11::10?C' è da temere che no, ma bisogna sperarlo. ♦ Mazzini a Napoli nel 1870. - Al Prof. Spinazzola, il chiarissimo direttore del Museo di S. Martino, è stata indirizzata questa lettera, che a nostra prt-ghiera, egli ha consentito che venga pubblicata nella Rivista. Napoli, 21 Giugno 1905 Illustrissimo Prof. Spinazzola, << Ho un ritratto su tela del Grande Pensatore Giu seppe Mazzini , opera del defunto ritrattista Trotta, allievo del De Vivo. Per desiderio del mio padrino Deputato Giorgio Asproni di rispettata memoria, amicissimo del Grande, le prime linee di questo ritratto furono prese di persona quando Mazzini si trovava a Napoli, nascosto in casa di.Pasquale Ioele (calabrese) che abitava un quartierino al Palazzo Cariati I pochi giorni prima che partisse per Palermo ove fu arrestato e condotto alla fortezza di Gaeta. e Il ritratto da molti è stato giudicato perfetto forse l' unico in Italia, per cui mi credo in _dovere di of-

RIVISTA POPOLARE 381 frirlo al Museo di S. Martino, cosi intellettualmente e artisticamente da Lei diretto. « Gradisca intanto , illustre Professore la più pro• fonda stima ed ossorvanza dal devotissimo Giuseppe Scaletta Abbiamo pubblicato questa lettera non solo per la notizia del ritratto eh' è realmente bello, ma anche µer chè incidentalmente corregge un lieve errore in cui è caduta la illustre nost.ra arnica J essie White Mario nel sno magnifico articolo pubblicato nel nostro nn1llero unico dedicato a Mazzini. Realmente a noi consta che il Grande genovese fu ospite in casa Ioele -- 1111vecchio amico di Nicotera - nel 1870 quando passò da Napoli per imbarcarsi per Palermo. ♦ Le .incognite della Questione Marocchina.-Nat,:- ralmente il capro espiatorio della faccenda Marocdiina è stato Delcassé. Visto che non è oossibile mandare a spasso l'Eterno viaggiatore, si ·è mandato via, e anche con poca grazia, quello che aveva men di tutti colpa nella faccenda. Ora 8i dice 4: grazie al sangue freddo o all'abilità di Houvier le cose si avviarono verso un accomodamento pacifico. ~ Questo solletica 11 amor proprio <lei Francesi e non fa male a nessuno. La verità però è un po'· diversa. L'intervento, delicato si e cortese, non formi8simo dell'Inghilterra ha fatto molto più della caduta di Delcassè e della abilità <leiRouvier. L' Imperatore di Germania mira al .Mediterraneo (noi Italiani dobbiamo sempre pensare a questo bisogno della nazione Tedesca di uno sbocco sul Mediterraneo) e non si è lasciato sfuggire ·l'occasione, appena gli è parso opportuno, di giocare il suo colpo. La Russia impicciata troppo -a casa sua e fuori , il prestigio della Russia ridotto a zero , la sua flotta emigrata al Giappone o in fondo al mare; il suo esercito marcio tanto da non offrire nessuna garenzia di lotta hanno lasciato 1:mlala !!..,rancia. C'era si, e c'è, l'entente cordiale Franco-Inglese ma fino a qual punto giungeva? L'occasiono era bnona percbè iu ogni modo avrebbe dato un risultato utile a Guglielmo, il quale è ~rtamente un cattivo discotitore di filosofia biblica. , 111a è certa•,iente un astuto uomo politico. Dunque il risultato dell'occasione poteva essere o il porto snl mediterraneo, o il riconoscimento dell'esatto valore dell'entente cordiale. Ottima la prima cosa, non spregevole la seconda. Ed ba ottenuto ap• punto quest'ultimo risultato. Guglielmo non ha spinto le cose a fondo. Da fine politico quale egli è; egli sa che la flotta Tedesca, ed il s110costante aumento sono un bruscolo negli occhi ali' Inghilterra. Sa che volentieri l'Inghilterra demolirebbe, se le capi tasse il destro, quella sua flotta; sa anche che, per ora, una lotta sul mare contro l' Inghilterra riuscirebbe vantaggiosa a q11est' ultima, quindi egli ha allungato la mano; ha avuto la prova che la Francia non sarebbe assolutamente sola , malgrado lo sfacelo della Russia, e l' ha ritira. ta a tempo. In questa faccenda anche la Francia ha acquistato la c~rtezza di due fatti: 1 ° che l'Imperatore Guglielmo non è uomo da non danneggiarla tutte le volte, che lo possa fare impunemente o quasi: 2° che l'alleanza con la RuRsia non le è stata ntile àd altro che farle presti ti per 12 miliardi e mezzo, e a farle subire un solenne smacco, che sarebbe stato ancue peggiore 8e I' Inghilterra non avesse, es::ia pure nel Mediterraneo, degli interessi che le stanno a cuore. Ora, certamente, la conferenza risolverà- per ora-- le cose all'amichevole; ma la questione Marocchina . non sarà chiusa definitivamente. 'I1utt'altro. Prima di tutto i Marocchini-e inutile stare a farsi delle ili usi on i - non vogliono intervento di Europei sieno essi Francesi , o Inglesi , o Tedeschi nel loro paese; poi il bisogno dell' Iruperatore Guglielmo d'un porto nel mediterraneo rimarrà invariato. Ora q uesii due fatti portano parecchi gravi mco- ~nite con se. L'Inghilterra non vuole avere nel Mediterraneo un concorrente di più ; concorrente che le è anche cordialmente neu1ico; la Francia non è, ora, abbastanza forte da sola per bilanciare il potere della Germania. La questione Marocchina è e rimarrà aperta. E' un pericolo grave; ma non sarà eliminato dalla conferenza; la quale - dato questo stato di fatti - è destinata a far l'effetto d'un impiastro su una gamba di legno. E l'orizoute si oscura ogni giorno di più! Nor 11111111111111111111111111111111111111111111111111 t 111111111111111111111111111111111111111 Per Giuseppe Mazzini Le onoranze che l'Italia h_arese a Giuseppe Mazzini han no un significato straordinario. Non parliamo delle Feste di Genova: era facile immaginare che la città che ebbe b fortuna di dargli i natali avreb_be fatto di tutto per festeggiare degnamente il Grande, che riposa a Staglieno; e il popolo con rara spontaneità e con calore davvero insolito si riversò nelle piazze , al Politeama, al Camposanto, nelle strade, dapertutto dov.e si cercava un modo qualsiasi per manifestare i propri sentimenti di riconoscenza e di ammirazione per il concittadino, da cui potrebbe prender nome il secolo XIX, che lo vide nascere e morire. La parte diremo così, coreografica, però, sarebbe riµscita più imponente se ci fosse stata intesa tra il Comitato per le feste , il Municipio e le varie associazioni, che vollero rendere omaggio al vero Padre della patria italiana. Cosi avvenne che mentre l' immenso corteo popolare, - dov'erano un migliaio di bandiere e parecchie migliaia di rappresentanti dei sodalizi convenuti dalle · varie parti d' ltali,1 , dall' estrema Sicilia all'estremo lembo alpino del Veneto, sfilava per le strade di Genova in pellegrinaggio per Staglieno, il giorno 22, nella stessa ora il Deputato Graftagni innanzi alla Genova bancaritt, navale e borghese lo commemorava nel Teatro Carlo Felice: e l'indomani mentre l' on. Colajanni dimostrava nel Teatro nazionale, suscitando indicibile entusiasmo, che Giuseppe Mazzini non fu sinora sorpassato , in Piazza delle Fontane Morose c' era la cantata di quattrocento alunni delle scuole Comunali e la Massoneria riunivasi ad un banchetto di circa quattrocento fratelli. Ma questi disappunti si può dire, che quasi furono provvidenziali, perchè divisero la folla in vari ambi enti; i quali non avrebbero potuto contenerla se in un solo contemporaneamente avesse dovuto riversarsi e produssero animazione insolita in tutti i punti della città nella stessa ora. L' intesa del resto tra il Comitato e il Municipio non era possibile : l'uno era composto di repubblicani e di liberi pensatori; l'altro è in mano di monarchici clericali. Nè Genova sola, nè la sola Liguria festeggiarono il centesimo anniversario della nascita di Giuseppe Mazzini nel giorno 22 Giugno; ma senza decreti reali e senza leggi del Parlamento in ogni angolo d'Italia, nei più grandi come nei più piccoli centri, il pensiero si volse nello stesso momento al Gigante del risorgimento nazionale. E festeggiollo il mondo ufficiale in Roma, dove la sinceritd delle manifestazioni venne sottolineata da una stolta ordinanza del Questore che proibiva

382 RIVISTA POPOLARE la processione popolare e che fu dovuta togliere di fronte al ridicolo cbe ricadeva sul governo prèsieduto - vedi strana e fatale coincidenza ! - tLdl' ex mazziniano Fortis; il quale prendeva l'iniziativa di togliere la seduta della Camera ed invitava i deputati ad accorrere al Collegio Romano dove Ernesto Nathan faceva la glaciale commemorazione alia. presenza di Vittorio Emmanuele 3. 0 Re d' Italia discendente da quel Carlo Alberto e da quel Vittorio Emmanuele 2.0 che due sentenze di morte contro Mazzini avevano sottoscritto ... , sentenze di morte che poterono soltanto essere lacerate per volontà irremovibile di quella eroica Messina, che per tre volte di seguito lo elesse deputato. Ci furono vari discorsi alla Camera : ricordiamo quello sinceramente entusiastico di Edoardo Pantano· l'altro elevato ma imb:1razzato di Giuseppe Marcora; un terzo sconveniente di Gianturco, che volle associare nella stessa ammirazione la vittima e il per- . seguitato coi carnefici e col Co~te di Cavour abbiettamente persecutore di Mauini; e un ultimo caldo, ma ingiusto, di Andrea Costa. che non volle lasciarsi sfuggire l' occasione di tirare l' acqua al mulino del proprio partito affermando che Mazzini preconizzò la repubblica e che i discepoli di Marx la riaffermano sociale: affermazione audace, sincera per chi la pronunziava, ma che nascondeva un errore ed una menzogna. L'errore: non v'era bisogno che ven~ssero i socialisti per affermare sociale la repubblica; quella di Mazzini, nella te'oria e nella pratica fu sempre tale. La menzogna: i socialisti italiani, in grandissima maggioranza furono e sono o nemici della repubblica o suoi dispregia tori. E in seguito a unti, diversi discorsi quella stessa Camera dei Deputati che nel 1872 all'annunzio della morte di Giuseppe Mazzini con viltù suprema seguito a discutere, come se fosse tramontato un qualsiasi omuncolo della Monarchia, a trentatre anni di distanza senti il dovere di togliere la seduta ! Dicono i maligni che la seduta della Camera dei Deputati sia stata tolta il giorno 22 Giugno, perchè così impose la cortigianeria ai ministri e ai Deputati: sarebbe stata cosa sconveniente che i rappresentanti del popolo fossero stati trattenuti a Montecitorio quando Sua Maesta il Re scendeva dal Quirinale circondato dai suoi cortigiani e dai suoi corazzieri per andare ad ascoltare la commemorazione di Ernesto Nathan al Collegio Romano ..... Che diremo noi di questa partecipazione del_Re alle feste per Giuseppe Mazzini? Tutto ciò che vorremmo dire il Regio Fisco non ce lo lascerebbe dire. Notiamo soltanto che l'atto del Capo dello Stato volle essere abile tentando col medesimo di togliere alla manifestazione ogni cara.ti ere repu bblicano, per rilevarne quello più grandioso e più generale nazionale. Ma quali che siano stati i moventi dell'atto stesso, e supponendoli anche elevati e sinceri, non si può fare a meno di constatare - e noi lo facciamo con grande e legittima soddisfazione - che esso equivale alla condanna esplicita .degli antenati di Vittorio Emmanuele 3.0 che criminosamer _e lo perseguitarono come una belva feroce per oltre quarant'anni e rappresenta la tarda, ma doverosa resipiscenza della monarchia italiana. E conchiudiamo queste note afrrettate tumultuarie rammentando che in questa occasione del l. 0 centenario della nascita di Giuseppe Mazzini , tutti i giornali e tutte le riviste della penisola, dalla grave Nuova Antologia al più modesto e sdpigliato giornaletto settimanale, consacrarono studi e articoli al · sommo italiano e che ad esso vennero consacrate alcune speci;di pubblicazioni. Fra le qu;di segnaliamo con particolarita: 1.0 Aneddoti ignorati ed ·importanti (Brevi ricordi Mazziniani dal 1848 al 1872) di Andrea Giannelli. (Nerbini, Firenze). Con questi aneddoti il vecchio e intransigente mazziniano non ci mostra sempre più e meglio qualc sia stata l'opera politica grnndiosa del M:1estro, ma ne mette in evidenza, sbugiardando le svergognate leggende create dalla polizia sabauda, la sua grande mitezza, l'inesaùribile bontà dell'animo. 2.0 Il pensiero filosoficodi GiuseppeMazzini di Filippo . Masci (Napoli, Tipografia dell'Università). E' questa la riproduzione della commemorazione fatta dall'illustre professore dell'Ateneo Partenopeo nella Regia Accademia delle Scienze morali. Il pensiero filosofico ed estetico di Mazzini vi è acutamente esaminato e si deve ammirare il critico anche quando se ne dissente. 3.0 Il pensiero religioso, politico, sociale di Giuseppe lvlazz.ini di Gaetano ·Salvem;ni. (Messina Libreria Trimarch_i). Non abbiamo bisogno di segnalare ai nostri lettori la importanza eccezionale di questa pubblicazione: la conoscono dai brani che ne abbiamo riprodotto nel nostro numero unico. Dovrebbero leggerla i socialisti italiani che di Mazzini parlano spesso senza sapere chi esso sia. Lodiamo il Trirnarchi ehe ha messo in cirèolazione pel gran pubblico il discorso pronunziato dall'eminente sto• rico socialista nella inaugurazione del!' anno scolastico 1904-905 della Università di Messina. 4. 0 Giuseppe 5\-Cazzini.Conferenzaconnote e documentiinediti di Aless,indro Luzio (Milano. Fratelli Treves). Confessiamo eh' è il volume dedicato a Mazzini, che abbiamo letto con maggiore, con ineffabile compiacimento. Non ci commossero e non ci fecero esultare soltanto le cose, che vi abbiamo lette; ma la nostra sensazione era resa più viva e più gradita pensando alla persona, che le aveva dette e scritte: il Luzio (Direttore dell'Archivio di Stato di Mantovct) è un conservatore, un mode~~to; appartiene a quel partito politico che maggiormente, sistematicamente, crudelmente perseguitò e calunniò Mazzini. Eppure nel libro del Luzio tutte, tutte le calunnie vengono irrefragabilmente distrutte e 1a figura dell'uomo esce circonfusa di luce di amore; e quella del politico , del creatore della unità e della indipendenza d'Italia si erge gigantesca e s'impone al rispetto ed all' ammirazione dei liiscepoli, degli indifferenti, degli avversari del grande genovese. 5. 0 Segnaliamo, infine, l'audace e nobile tentativo di Ro• dolfo Rispoli, che si è messo a capo in Napoli di un Comitato per la pubblicazione popo1are degli Scritti di Giuseppt Mazzini e che in questa solenne occasione ha pubblicato il 1.0 volume al prezzo veramente irrisorio di L. 1,50 (un elegante volume di circa 400 pagine). Noi gli auguriamo di gran cuore tutto il successo, che merita . Ed ora ci sia lecito ricordare che il nostro numero unico - il primo e l'ultimo che avrà pubbli• cno la Rivista che odia i Numeri unici! - ha ottenuto un successo veramente eccezionale quale noi non l' avremmo sperato, eh' è stato constatato da tutti i giornali politici e letterari di ogni colore, dal Marzocco alla Tribuna al Giornale d' Italia.

RI V I ST A PO P O·LARE 383 Il merito nostro nel successo e piccolo assai: noi del nostrn non vi abbiamo messo che la fede negli ideali di Giuseppe Mazzini, la venerazione per l'uomo, l'amore per la verita, che mettiamo in tutte le cose nostre. E dei non piccoli sacrifìzi incontrati per rendere l'omaggio, che per noi si poteva migliore, al Grande c_he riposa a Staglìeno, ci sentiamo largamente compensati dal plauso che ci è venuto d,1gli amici e dagli avversari. La Rivista 111111111111111111111111111111111111111111111 li lii llllllllll lllll 11111 li lii 111111111111111 Constatazioni ed insegnan1enti L'elezione di Piazza Armerina ha dato luogo ad. una vivace discussione_ alla C:1mera ed ha provocato in ultimo le mie dimissioni da deputato. Essa induce a fare delle non inutili constatazioni ed a trarne degli insegnamenti. · Una prima constatazione per me· umiliante e dolorosa. In verità dopo 43 anni di vita politica, che rappresenta una linea retta, quale pochissimi tra i viventi possono vantare e che ho il diritto di rievocare in questa ora grigia per me , non mi sarei aspettato di vedermi richiamato alla correttezza ... da un Michele Torraca. Se ho commesso degli errori, se ho sulla coscienza dei peccati, di cui non mi sono accorto sinora, credo di dovermi ritenere troppo sproporzionatamente, troppo iniquamente punito pel fatto che la parola ammonitrice in Montecitorio sia partita ... da Michele Torraca. - Quali le colpe gravi mie, che suscitarono la sua indignazione e lo eressero a mio giudice severo ? Queste: ho assicurato ad un giornalista che il nuovo Prefetto di Caltanissetta, che volte mostrarsi molto cortese a mio riguardo, non avrebbe mutato la linea di condotta del suo predecessore, il compianto Comm. Bondi ; di più: ho mandato un telegramma ad alcuni deputati, che credevo miei amici, per pregarli di trovarsi a Montecitorio nel giorno della discussione della elezione di Piazza Armerina. Poche paro~e sul primo fatto. Da venticinque anni combatto nella provincia di Caltanissetta per sot• trarla a quella che localmente viene chiamata la cricca dei commendatori e che la ridussero a mal partito politicamente, moralmente ed economicamente. Tutta la stampa liberale, dalla monarchica alla sociaìista , nell' isola ha fatto plauso all' opera mia di vera r-igenerazione ; quest' opera mia dalla morte del Comm. Bondi parve messa in forse. Perciò quando potei essere sicuro che il nuovo Prefetto avrebbe continuato sulle orme del primo, richiestone d:1i corrispondenti dei giornali di Palermo, feci le incriminate dichiarazioni. · Il farle era necessario per rassicurare la cittadinanza avvezza da oltre quarant'anni a vedere i successivi Prefetti maneggiati come ciechi strumenti dalla disonesta ed infausta cricca dei commendatori; era indispensabile il farle quando gli uomini che a questa fac:evano capo si vantavano già di avere di nuovo nelle loro mani il Prefetto; era assoluta-· mente necessario il farle per assicurare i cittadini, che a centinaia erano stati processati ed ~rrestati solo perchè volevano esercitare il diritto elettorale e perchè militavano in un partito. avverso, a non temere le antiche soprafl.~izioni. La seconda_ accusa è solamente adatta a suscitare l' indignazione di ... Michele Torraca. Egli mostrò alla Camera il corpo del reato, cioè il teleo-ramma ai nne1 amici , commentandolo con queste O parole : Credete che sia firmato dal Sottosegretarioper gl' interni, on. 1.\iarsengo-'Bastia ? Oh ! no : è firmato da Napoleone Cola.janni. In questo commento c'è tutta la psicologia politico-morale di Michele Torrac.-1.Egli non si sarebbe meravigliato e indignato se il telegramma portasse la firma del sottosegretario agli interni : ne ha ricevuti tanti! Ma con logica nuova rimane sbalordito perchè un deputato si rivolga a colleghi, che, a torto o a ragione, crede suoi amici ! Dove il male ; dove la scorrettezza ? Ma chi è questo Torraca che si sc;mdalizza di siffatte enarmità e che trova ancora da indignarsi per gli episodi della lotta elettorale del 6 novembre in Piazza Arm.erina? e scorgere nei medesimi la sfacciata ingerenza del governo in favore di un candidato monarchico-radicale contro un altro candidato monarchico-omnibus? Per un momento concederò che siano veri e rettamente interpretati tali episodii e tre brevi note dell'avv. Albano li hanno·dimostrati assolutamentefalsi o f arisaicarnenteinterpretati. Ma non c'è da rimanere sbalorditi vedendo che se ne sorprende e se ne indegna Michele Torraca, che li denunzia nel CorrieredellaSera come Costumi elettorali straordinari ? Se ne sorprende e se ne indigna chi approvò e lodò le più spaventevoli infamie elettorali che sotto tutti i ministeri ridussero il Mezzogiorno e la Sicilia ad un vasto borgo putrido, in cui l'azione perver...,. titrice della corruzione fu completata da quella della violenza brutale! Torraca, come rilevai nella Tribuna, non trovò una parola per stigmatizzare i processi vergognosi contro i cittadini che voìevano godere del diritto elettorale e che avevano (:Ommesso la sola colpa di essere con tra rii ~1 candidato da lui prediletto; Torraca non ebbe uncl parola d'indignazione contro l' arresto di cento e più lavoratori, mantenuti in carcere per un anno circa, rei soltanto di essere contrari al candidato da lui difeso ; Torraca non si ribella, anii ti difende, contro quei magistrati che amministrano giustizia in guisa· da autorizzare il sospetto che essi stiano ai servizi del candidato a lui gradito; Torraca non si levò quando un Ministro ordinò il sequestro di persona degli impiegati che non volev:rno votare secondo il volere del governo; Torraca non protestò quando il Generale Mirri scrisse al caro Venturini - il Procuratore Generale di Palermo - e domandò la libertà provvisoria di un rinviato alle Assise per omicidio, furti , ecc. perchè ne aveva bisogno elettorale nel Collegio di Alcamo ; Torn-ica non s'indignò quando i prefetti della Sicilia misero in libertà i detenuti e dettero ampia libertà di azione agli ammoniti pur di favorire l' elezione dei candidati del governo; Torraca non ha fiatato sulle porcheriole recentissime . commesse nel Collegio di Acerenza nella sua Basi- /licata e molto meno ha trovato a ridire su quelle P.più grosse e più vergognose commesse a Castellammare di Stabia in favore di un Sottosegretario di Stato; e Torraca, infine, non si sarebbe sognato di fare la controrelazione per la elezione di Piazza Armerina, avvenuta sotto l' on. GioUtti, se questo

384 RIVl$T A POPOLARE osse stato ancora al governo, perchè egli da umile e docile staffiere di tutti i governi e di tutti i ministeri, specialmente dei più reazionari , ha atteso l' arrivo. al potere dell' on. Fortis per atteggiarsi a campione della correttezza politica e della indipendenza elettorale ..... Un ultimo tratto di Michele Torrac;1 : egli ha subito una triplice incarnazione per giovare alla causa, di cui ha assunto , per ragioni imperscrutabili, la difesa. Torraca giornalista si è servito della autorità di Torraca relatore per denunziare i costu• mi straordinari elettorali; e Torraca relatore si è valso dell' autorità di Torraca Consiglieredi Stato per fare credere quello che ... non è. Torraca relatore, infatti - impudenza unica piuttosto che rara - per dimostr:1re la realtà di uno dei pretesi abusi commessi nel Collegio di Piazza Armerina a danno del çandi<lato a lui caro, citò una decisione sua della IV Sezione del Consiglio di Stato del 1 ° Luglio 1904; ma dimenticò, egli così diligente giornalista-relatore , una bazzeccola : la Corte di Cassazione di Roma, a Sezioni riunite, con decisione 19 Dicembre 1904 annullò senza rinvio quella decisione del Consiglio di Stato, di cui con onestà e lealtà eccezionalissima si valse il relatore ! Se Silvio Spaventa tornasse in vita vedendo in quali mani ignominiose è caduta la 'sua prediletta istituzionela IV Sezione del Consiglio di Stato - non si pentirebbe di avere pronunziato il suo•· famoso discorso di Bergamo? E basta di questo giallo f arceur della politica, che conobbi arrabbiato internazionalista nel 1867 e ch'è divenuto tout-court il Michele Torraca ai seryizi di tutte le reazioni nella sua triplice qualità di Consigliere di Stato, di relatore e di giornalista. ♦ Veniamo agli insegnamenti. Li avevo formulati da qualche tempo ; li avevo annunziati ai miei ~unici Pantano, Fortunato, Nitti ed altri poche ore dopo il voto della C;lmera, che rappresentò l'ultima spinta alle mie <limi .,ni da Deputato; li ha esposti in tono ironico, per rendermeli doloro--i, Ettore Ciccotti in un breve articolo pubblicato nell'Avanti! del primo L 1:'lio. Le sue parole rincalzano gli argomenti addotti per le mie dimissioni , mi danno agio a completare il capitolo - in senso più largo e più generale - degli insegnamenti e perciò li riproduco quasi integralmente. Scrive il Ciccotti : ((Napoleone Colajanni si decreta da sè, esule da Montecitorio, la sua Sant' Elena. Non lo constato per turbare la pace de' vivi, mentre non voglio turbare quella dei morti: lo faccio per una constatazione di carattere storico e perchè non vada perduto lo insegnamento di un esempio. Almeno per gli altri; perchè Napoleone Colajanni si è dimesso, vedrà respinta la sua dimissione, la ripeterà magari, sarà rieletto, ma non si ridurrà a darsi per vinto e riconoscere un errore. n << Neppure voglio parlare de' fatti di Piazza Armerina, che non conosco; e so come queste _iraconde e ingarbugliate e ordinariamente sterili lotte locali hanno per lo più un' eco così deformata fuori del loro ambiente, che _è_difficile assai per chi non le conosca a fondo farsene un'idea giusta; e son persuaso che, per quanto sia stizzoso il suo ,:arattere, l'on. Colajanni non si sarà lasciato trascinare, egli, a nulla di non corretto. >> << E' dell'esperienza politica fatta da lui e mediante lui, che -voglio occuparmi. 1) << L'on. Colajanni ha avuto il suo quarto d'ora in cui è stato l'enfant gdte de' reazionari, specialmente quando con tanta furia si mise contro i ferrovieri. Aveva torto; ma, avesse avuto ragione, non era quello il modo di dire ciò che un altro avrebbe detto, al più, con l'affetto anche amareggiato di un fratello maggiore che vede il fratello andare fuori di strada. Ma non c'era verso: Colajanni tirava a dritta e a manca come un ossesso; i reaziona1 i quanto più lo vedevano tirar sassi in colombaia, più lo riproducevano e l'applaudivano; ed egli ad incalzare, a infuriare, a trascendere eh' era un piacere. n << E' trascorso appena qualche mese, e il Colajanni, che aveva visto già raffreddare gli ardori a misura che il movimento de' ferrovieri declinava, non ha più trovato tra i reazionari un cane che parlasse delle sue rivelazioni sulla magistratura siciliana, non ha trovato modo di andare in fine al suo discorso nella discussione sulla marina. E ·ora gli tocca sentirsi la lezioncina di buon contegno elettorale da quel Torraca che giunse alla Camera candidato designato e voluto dall'ex-prete Andretta; e come magggior fatto della sua vita politica pescò nell' au-bout-de fourchette del pandemonio parlamentare un posto al Consiglio di Stato, che doveva essere il surrogato e coesiste invece sempre con il suo vecchio ufficio _di corrispondente di giornali; e conforta del suo voto nella Giunta l'elezione di Acerenza e alla Camera il Gabinetto sotto cui si sarebbero compiuti i brogli di Piazza A1 merina; e si scandalizza delle chiamate a raccolta di Colajanni senza ricordarsi delle sue circolari per fare andare un ponte elettorale appaltato prima che si stanziassero i fondi in bilancio. » << Dura lezione per l' on. Colajanni quella di passare per le mani dei reazionari come il tradizionale limone spremuto ; ma meritata. n << E, se l' on. Colajanni fosse uomo capace di riconoscersi in errore, vedrepbe che sugo c'è - non dico a civettar!:! con i reazionari ma a perdere di vista il valore sintetico dei fatti politici , e ad attaccare di fianco il movimento di rt!sistenza operaia, e a minare, per quel clie tanto che può un individuo, la forza del proletariato organizzato, il solo che pòssa all'occasione emendare la vita pubblica. n << I fondi dovuti, ch'egli contendeva ai fei-rovieri per darli a non so quali altri lavoratori, vanno a finire nel pozzo di S. Patrizio della Guerra e della Marina, e virtualmente nelle· 13orsc e negli scagni dove si negoziano i titoli più o meno ternaiuoli. >) (< Ed egli è costretto a non poter parlare alla Camera, e ad uscirne. 11 . Ettore Cic~otti se si darà la pena di leggere la mia lettera agli elettori di Castrogiovanni vedrà per quanta parte siamo di accordo. Non è il caso di ritornare ora sulla questione dei ferrovieri : sostenni il mio modo di vedere non per nuocere a Tizio o per fare cosa gradita a Filano, ma perchè la coscienza me lo imponeva ; la sostenni nei modi che mi sono naturali, che possono piacere o dispiacere ma che non riesco a modificare, perchè non riesco ad affermare che i fatti e le cifre dicano bianco quando essi dicono nero; tornerei a sostenerla negli stessi modi se l'occasione si ripresentasse, poco importandomi della lode o del biasimo dei reazionari, della loro gratitudine o ingrat1tudine, quando agirei per senti.mento di dovere e colla coscienza di difendere gl'interessi collettivi. Nè discuto, perchè non non ci sarebbe serieta , l' ipotesi da lui vagamente enunciata e cioè: che non si sarebbero votate le nùove spese militari se si fossero dati ai ferrovkri i milioni che domandano. Ettore Ciccotti, però, mi permetterà che io metta in luce tutti gl' insegnamenti che scaturiscono dagli ultimi avveninementi. Sì, io sono esule da Montecitorio ; ma volontariamente o meglio per colpa degli altri. L' on. Ciccotti è invece esule forzato dallo stesso Montecitorio per colpa se non propria almeno del proprio partito : e i suoi amici che restano a Montecitorio si vedono condannati ad una inerzia che è peggiore dell'esilio, sempre per colpe se non proprie, del pro;>rio partito. La condotta degli avversari indusse me a prendere la via dello esilio ; la condotta dei socialisti - sopratutto gli errori gravissimi commessi nello sciopero generale · nella questione dei ferrovieri, nella quale riuscirono

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