362 LA RIVISTA POPOLARE il permesso di spedire l'esercito italiano alle porte di Roma. E non volendo il rappresentante di Dio cedere il potere temporale, senza che vi fosse spargimento di sangue, essi entrarono per la breccia. I romani proclamarono Roma capitale dell'Italia Una. E gl'Italiani tutti quando videro la bandiera tricolore sventolare d 11 Campidoglio, acclamarono Vittorio Emanuele Re del!' Italia Una. Memore del supremo fato suo, nel cingere la corona del padre vinto 'l Novara - ove, combattendo per l'Indipenza Italiana aveva indarno cercato la morte per essa - il giovane Re innalzò in vista d'Itali'l e del mondo, la bandiera lacera e· calpestata raccolta sul campo della disfatta. E quella bandiera, simbolo della futura riscossa, mai abbassò nè pe('minaccia nè per sconfitta. E con essa mantenne incolume lo Statuto respingendo le lusinghe di Radetzki, il quale gli offriva in cambio dell'abolizione dello Statuto una pace vantaggiosa. Piuttosto che cangiare la bandiera dell' Italica indi pendenza o rinnegare il pegno di liber•à dato d3. suo padre al suo popolo - egli protestò: lascerebbe invadere la capitale, dove, se vinto, abdicherò io pure, prendendo come il padre la via dell' esiglio. E durante il resto del secolo, che vide compiuto il miracolo dei secoli, una Naziorre risorta a terza vita, i nomi di quel Re, di Cavour, di Garibaldi e anche di quanti fra la gloriosa . schiera di eroi, di martiri e di militi, conquistarono una Patria, furono glorificati e segnalati alle nascenti generazioni. Ma il nome di Colui che per il primo « vide La ter 1 a Italia; e con le luci jise A lei trasse per me11o un cimitero E ttn popol morto dietro· a lui si mise >> fu=proscritto. Colui che durante quarant'anni gridò, animò, costrinse quel popolo a seguirlo, vincendo ogni ostacolo, asserragliato da nemici perfidi, potenti, scaltri: nutrito di dolore, abbeverato di fiele, perseguitato da calu!1nie ed atroci ingiurie, abbandonato, reietto, deriso; colui, che con incrollabile fermezza era riuscito a condurre l'Italia nel porto di salvezza, fu messo al bando, in morte come in vita. Gli scritti suoi furono proibiti, banditi dalle scuole, dagli uffizi, dalle caserme. Perchè? Perchè egli che aveva indotta e condotta r Italia ad esse1·e, le aveva anche lasciato le norme per vivere nobilmente, degnamente compiendo i singoli doveri che le avrebbero dato il diritto a tutti i beneficì che la conquistata Unità le riserbava. Ma quei benefìcì i reggitori della Nuova Nazione non avevano voluto concedere al popolo, ritenendoli monopolio e privilegio delle classi agiate, delle classi così dette superiori. Perciò vollero tenerlo nell'ignoranza degli insegnamenti di Colui che per essi visse e morì. Incauti I Il senso del diritto quel popolo l'aveva, e, defraudatone, si risolse a volerlo conquistare anche con la violenza, anche con la minaccia di demolire quanto gli ostacola la via. Solo perciò si è pensato· che non potendo impedire la lotta, meglio C'ra di ricondurre il popolo agli insegnamenti del1 Apostolo del ctovere e dcll' amo, e. E Mazzini, in questi ultimi tempi, fu lodato, magnirìcato, contrapposto alle nuove guide, che si otfersero di condurre il popolo alla mèta prefissa con metodi diversi da quelli da ìui indicati. Meglio tardi che mai, purchè troppo tardi non sia. Possa questo primo centenario della nascita di Giuseppe Mazzini segnare una nuova èra, iniziare una nuova cr?ciata a pro della redenzione morale e s~ciale di tutti i nati sulla terra ove egli nacque il" 22 gi1tgno 1805, a pro della Patria ove (sebbene sotto nome non suo, che non volle contaminato da amnistia o da perdonò), pure morì il X marzo 1872 (1). JEssn: WmTE VEDOVA ALBERTO MARIO Nota. - Questo superbo studio dell'illustre e benemerita donna vic:ne pubblicato in ultimo perchè solo all'ultima ora mi pervenne il manoscritto. I lettori vedranno che ad esso spetta va il primo posto. N. C. ( 1) Così grr.dua}e , impercettibile fu il suo declinare verso la tomba, che nè lui nè altri s' avvidt! che la fine_ era così imminente. Non lasciò parola per gli amici inglesi, nè per Saffi, nè per Quadrio, l'lè per me. Eppure ci amava tutti e avrebbe certo voluto lasciare una parola d'addio. Nemmeno Bertani, che rid '67 e due altre volte l'aveva strappato alla ni.orte, fu chiamato in tempo. Giunse appena, in casa di Pellegrino· Rosselli che l'ospitava a Pisa, la Sarina Nathan e il figlio sub Ernesto, con Felice Dagnino, mentre Mazzini spirava tra le braccia di G·anetta Natban Rosselli e di Adriano Lemmi, bern:detti ambedue, degni di avere raccolto il suo ultimo sospiro. SentendzeallCaordteiAppedlliGo enova dopo il tentativo insurrezionale e la spedizione di Sapri (i). La Corte d'Appello in Genova sedente. Nella causa del R. fisco di Genova contro, ecc. Considerando che il risultato dd pubblico dibattimento, e per quanto concerne gl'i accusati che s1 resero contumaci il complesso dell' istrnttoria seguito nel processo scritto, av1·ebbero in modo evidente accertato : Come nella notte Jel 29 giugno 1857 si tentò di attuaye una cospirazione da lungo tempo prima macchinata e preordinata, ali' intento di distruggere la forma delle istituzioni che ci governano per preparare il trionfo del così nominato partito di azione formato, concitato e diretto da Giuseppe Mazzini, il quale, essendosi dichiarato in lotta, come risulta dai documenti letti all'udienza, con tutti i poteri costituiti, palesò sem: pre in modo esplicito e le sue intenzioni, di farsi un punto di leva di una città italiana importante, che bisognava compromettere con un colpo di mano per avere un centro direttivo d'azione ali' insurrezione generale d' ltalia, con abbattere i Governi che ne impediscono la unit~i. e primo fra questi la Monarchia Costituzionale del Regno Sardo rigu~1rdata dai Mazziniani , e rn:.issime dal giornale che in Genova ne promuove apertamente e ne diffonde le dottrine, come il principale ostacolo alla esecuzione dei loro disegni, e al prevalere delle teoriche repubblicane. ; Che infatti gli assembramenti armati, di cui si scop:::rsero le tracce recenti, seguiti nell:i notte tra il 29 e 30 giugno, lo arresto quasi simultaneo cli persone trovate in ora tardissima munite d'armi insidiose e cartuccie, la rottura del filo telegrafico che pone Genova in relazione colla capitale del Regno, i depositi d'armi da fuoco di ogni fatta, di pugnali e lime appuntate in gran num-:ro, di sacchi di polv--:re a miccia giudicati dai periti atti ad abbattere edifìcii, e ~1ltri strumenti di distruzione e di guerra , la concertata occupazione del forte dello Sperone con le scale atte a insalirlo, e b quasi c mternporanea invasione del forte Diamante , il tutto avveratosi in quella notte medesima, del che fecero fede i molteplici do-::umenti letti all'udienza e le deposizioni concordi di un gran numero di testimoni, dimostrarono non solo la esistenza della accennata cospirazione, ma come un attentato diretto allo scopo d'impadronirsi della somma delle cose e smrogarsi al potct:e costitutivo fosse già in parte compiuto, del che specialmente fornirnno prova le grida di viva_ la RepuZJJlica, innalzata Ja quelli che si introducevano nel forte, e i discorsi ivi tenuti sull'essersi già stabi ito in Geno\·a un Governo provvisorio; Considerando essere pure constatato come·, ad agevolare il riuscimento del nequitos1 disegno, si volle che aW unit:1 dello intento cooperasse unità d'impulso ecl dficace cooperazione di mezzi; e si ebbero prove dii-fatti come a ciuscuno delL varie ( 1) Que5to documento storico non è stato mai pubblicato per intero ed i11tegr:1 l.1 narrnzion<" originale in1en,ss:1ntissima dello stesso moto di Genova _·e della spedizione di Sapri, colla qu:ile Lt Jessie White Mario ha conni~t~ito 'a questa pubblicazione. 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