Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XI - n. 11-12 - 22 giugno 1905

358 LA RIVISTA POPOLARE Pallavicino a suo marito (3 luglio 1856) - « En me ccparlant de lui, il a aiouté: quand nous pourrons » faire quelque chose celui là doit ètre fusilé sans (( pitié )). E non potendo per il momento eseguire questo pietoso disegno nè contentare l'imperatore che pretendeva l'immediata soppressione dell'Italia del Popolo, non lasciava passare settimana senza che l' intendente di Genova ricevesse da lui incitamento per agire contro il coraggioso giornale, e ciò prima che l'attentato di Orsini <lasse colore all'accusa che gli Italiani miravano ad estinguere la vita dell'imperatore. ccIl governo francese - egli diceva - si lagna sulla tollc~anza che si accorda ai mazziniani ed alla loro stampa. Onde non perdere la sua amicizia, la sola sulla quale possiamo fare assegno nelle attuali condizioni dell'Europa è necessario fare qualche cosa a questo riguardo. Q_uello che p,iù gioverebbe sarebbe ridurre al silenzio il monitore di Mazzini l'Italia del Popolo. Per raggiungere questo scopo _io non esiterei ad impiegare tutti i mezzi in poter m10. La prego di occuparsene senza indugio concertandosi all'uopo coll'Avv. Genne onde vedere se questo alto funzionario credesse potere colpire quel giornale con frequenti e quasi quotidiani sequestr!. Se fra gli scrittori del giornale vi sono emigrati, bisogna dar loro immediatamente lo sfratto, q ialunque sia la natura degli articoli dovuti alla loro penna. Anche l'appendicista teatrale deve essere cacciato. Il solo fatto di scrivere in quello scellerato giornale, deve rendere l'emigrato indegno della nostra ospitalità. Esso è un'onta ed. un pericolo pella società; il distruggerlo è eminentemente patriottico. Se la S. V. può compierlo acquisterà titolo grande alla mia particolare riconoscenza ! >> E il degno fisco fece. quanto stette in lui per se- ~ondare le calde istanze dell'Intendente. Sequestrò << quasi quotidianamente »; mise in prigione un gerente dopo l'altro; ma ve n'erano sempre altri di pronti a prendere il loro posto. Il giornale pubblicava tutti gli articoli che Mazzini sempre nascosto in Genova scriveva. Gli sbirri non riuscirono mai a snidare nè Maurizio Quadrio nè Civinini, che scrivevano quotidianamente rivelando le mire di Napoleone, e avvertendo gli Italiani che ogni sua intromissione nelle cose loro, non avrebbe potuto riuscire se non a render l'Italia schiava di due stranieri; che il compimento dell' Unità sarebbe stato impossibile; e che il mi-. nistro Piemontese, nel secondare tali mire, non aveva in mente se non l'ingrandimento degli Stati Sardi, mentre avrebbe lasciato che il resto del paese rimanesse diviso tra i varì pretendenti. Quadrio trattava maestrevolmente la politica di tutti gli stati dell'Europa. Campanella, a cui sebbene cittadino Sardo,. era stato rifiutato il soggiorno in patria, teneva ilari i lettori con le sue argute appendici, or mettendo in ridicolo le pretese di Orsini << di demolire Mazzini e i suoi satelliti »; poi-sdegnato dalle corrispondenze del famigerato Gallenga, che deputato a Torino, aveva esposti alla berlina i patriotti denominandoli assassini e sicari - narrò con caustico sarcasmo i fasti e le gesta del fu Mariotti (nome assunto da Gallenga), giunto a Torino coll' intento di uccidere Carlo Alberto , fallendo all'intento soltanto perchè non potè sapere il numero della casa del Re ! E Mazzini che fino allora aveva taciuto intorno all'episodio, diede i particolari ampi e precisi di esso, nulla tacendo della propria opera e così il rinnegato dovette dimettersi da deputato e implorare perdono e oblio (1). (I) Egli riuscì nel suo intento. Cavour gli :.crive : (( Il Re ha ricevuto la sua lettera~e mi ha incaricato Ji fargli conoAd ogni modo non si riuscì ad uccidere il giornale. Gli abbonati persistevano a pagare le loro sottoscrizioni, nonostante che pochi rimanessero i numeri salvi dalle unghie del fisco: i giurati continuavano ad assolvere gli scrittori ed i gerenti. Cavour, non potendo soddisfare Napoleone colla << immediata soppressione dell'Italia del Popolo, ciò che-egli scrive al marchese di Villamarina:-cc co- « stituerait un véritable coup d'état qui nous met- « trait sur le dos cléricaux e libéraux et amènerait « infalliblement la chute du ministère »,continua: « comme une manifestation contre Mazzini elle n'est ccnullement nécessaire à ce qu' il me parait, puis << ce que dans le procès qui va s' ouvri r à Genes << dans quelgues iours, le ministère public deman- << dera tout simplement la condannation à mort de << Ma:rzini. On ne saurait nier que c'est là une ma- << nifestation bien autrement énergique qu'e la sup- << pressi on arbitraire d'un journal. Veuillez le fai re << observer a Walewksy. Jl est de la plus haute im- << oortance non seulement pour nous mais pour la << France ». Continua ad affermare che la << Cour de << GenC'Sdevait prononcer là condamnation de Maz- << zini; un fois Mazzini condanné nous aurons « meilleur jeu pour agir contre l' Italia del Popolo» (1). Sicchè non soltanto era deciso prima dell'apertura del processo che il pubblico ministero avrebbe domandato la condanna a morte del Mazzini, ma ancora che la Corte di Genova avrebbe pronunziata quella sentenza capitale! Dubitiamo che la storia offra un esempio simile in un paese qualsiasi dell'Europa. La corte del Bor- ' bone si mostrava, in confronto, onesta, legale, e perfino costituzionale! Il Conte però teme che non essendovi prove legali della complicità del Savi ccle ministére public ne se dissimule pas que sa tache sera difficile et le succés douteux l' assolution de Savi serait, je vous l'avert, excessivement .facheux >>. Ma nemmeno questo doveva succedere per guastare l'intera soddisfazione del Conte! Tale accanimento contro gli imputati da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri che non si tratteneva dal premere ~ull' Intendente e sul Pubblico Ministero, non potè a meno di riverberarsi sui Giudici•. Il pubblico dibattimento cominciò il 4 febbraio 1858. Il pubblico ministero accusava gl'imputati di avere con direzione, eccitamenti ed atti di esecuzione, preso parte alla cospirazione che si tentò di porre in atto ]a sera del 29 Giugno; e del quale attentato era scopo cambiare e distruggere il governo legittimo dello stato per sostituirne altro: reati previsti dagli articoli 185 e seguenti del Codice Penale. Gli imputati erano dunque accusati di alto tradimento punibile colla morte sul patibolo. Il processo durò 46 giorni. Ogni giorno le menzogne aell'accusa venivano sfatate. Fu chiarito che nessuna parte della città era stata minata; che invece di volere liberare i forzati erano stati adottati provvedimenti speciali per impedire ogni tentativo di foga; che gli ordini di saccheggio non erano mai esistiti, nè esistita mai una lista degli indirizzi domiciliari degli ufficiali ; che di bottino non si era mai tenuto parola; che invece di eccitamento di guerra Scere che approvando i sentimenti di pentimento e di devozione alla causa della Monarchia costituzionale e interpretando le intenzioni del suo magnanimo genitore Carlo Alberlo obblia e perdona i fatti >> - Cavour aggiunge una paternale (( sperando che l'avvenire gli ponga opportunità di dimostrare con nuovi fatti quanto sia sincero il suo ravvedimento ». ( r) Voi. VI. delle lettere inedite di Cavour pubblicate dal Chi ala pag. 137-8.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==