352 LA RIVlSTA POPOLARE superate, che sbarcherebbero a Ponza il Venerdì, a Sapri il Sabato; che Cosenz rimaneva per condurre la corrispondenza da Genova sostituendo un altro capo. <e E voi - concluse - voi tutti accettate le mie proteste verso di voi, della più grande stima ed atfetto, ed io spero di meritare eguale .stima da voi. Salute. Cosenz si dirigerà al socio (Dragone) in Napoli ». Ahimè! La sera stessa del 9 Giugno la barca a vela carica d'armi e di munizioni, sorpresa da burrasca, gettò in mare l'abbondante armamento e le provvigioni di guerra, e così nel momento supremo del giorno stesso in cui si doveva partire, tutto fu rovinato. Mazzini e Pisacane si sgomentarono pensando alla situazione degli amici, che si sarebbero trovati ai vari punti fissati, e che essi non avevano modo di avvertire in tempo, non disponendo di mezzi sicuri per la trasmissione segreta della notizia. Pisacane sapendo che quella sera sarebbe salpato un vapore per Napoli, decise di partire con esso, dicendo: <e Rischio per rischio. Se sarò preso « risparmierò altre sciagure. Pilo, Cosenz, Nicotera <e mi rimpiazzeranno. Del resto credo che non mi « piglieranno questa volta ». Mazzini era angosciato al vederlo non ad affrontare la lotta armata assieme ad altri intrepidi ma rischiare di cadere solo nelle mani degli sgherri del Borbone. Ripensando a quella notte egli scriveva: « Chi vide Carlo in quelfora avrebbe detto ch'egli « s'avviava a diporto. Era ,tanta in lui la religione « del dovere, che la coscienza di compierlo bastava « ad infiorargli la vita ». Ma quel disastro era intanto foriere di ben altre sciagure. Molti genovesi, i popolani specialmente, sapendo in generale che la rivoluzione si preparava in l apoli si accingevano a cooperarvi con ogm mezzo possibile e, pensando che nelle fortezze e negli arsenali dello Stato esistevano cannoni, armi e monizioni, si credev2no giustificati d' impossessarsi di una discreta quantità di quel materiale per imbarcarla sopra un vapore e spedirla in aiuto ai fratelli ribelli dell'odiato Re Bomba. Altri si opponevano a qualsiasi tentativo di un tal genere, ciò tino a tanto almeno che la rivoluzione non fosse scoppiata al Sud. L'emigrazione Lombarda, quasi senza eccezione, osteggiava ogni movimento che avesse potuto mettere il governo Piemontese in qualche imbarazzo; visto che la sua condotta verso l'Austria rassicurava dell2 sua intenzione di non transigere, e di mantenere incolumi i diritti dello stato costituzionale, donde la rottura delle relazioni diplomatiche col richiamo dell'ambasciatore Paar della legazione austriaca di 'forino, e del Marchese Cantone, e tutta la legazione Sarda da Vienna. Nel Maggio 1857 Mazzini, fiero dei suoi concittadini desiderosi che « i loro mezzi d'azione e i loro m2teriali da guerra fossero mobilizzati 2 pro dell'impresa e della patria comune ii mentre ascoltava tutti i consenzienti e dissidenti genovesi, valendosi dei primi, che organizzava, dava poco peso ai consigli Lombardi, che, a vero dire, mentre biasimavano il fatto del 6 Febbraio, nulla avevano fatto o tentato per promuovere altri fatti, che secondo loro, avessero avuto probabilità di successo. E a me, che vedevo molti d1 questi emigrati e fra essi sempre Medici, scriveva: << Fate pur sentire a tutti - inJendo gli esuli ma non quelli che lavorano - che non vi sarà mai un moto in Genova, se non alla hne dei secoli. Pure, se non volete diventar matta com'io incomincio ad esserlo non fate alcuna propaganda - eccettuato per denaro pel Sud - con alcuno, buono o no. Fatevi un concetto chiaro della ituazione: se p1a1 io mi risolvo ad agire qu_1;non ~ ho bisogno d' alcuno, fuori di quelli che ho. Dopo vedremo. ii cc Se vi chiedono delle mie opinioni, dite dopo un certo tempo, tanto che credano almeno eh' io sono fuori di Genova, alla distanza di un giorno o un giorno e mezzo, le seguenti cose da parte mia, a meno che preferiate non dirle: <e Che io non ricevo consigli da chi non fa nulla : soli consiglieri non li voglio : cc Che se mai , com:.: essi suppongono io dovessi agire in Genova, lo farl!i evidentemente col consenso dei Genovesi, e che non chiederei il consenso dei signori Lombardi, che ora sono qui_: cc Che io mi sento preso da rossore e da sdegno nel vedere Italiani, i quaii otto o nove anni fa gettarono il guanto di sfida all'Austria e giurarono di fare la nazione, così abbietti e privi di ogni senso dell'Unità d'Italia, da dichiarare che l'unico terreno sul quale non possa innalzarsi il vessillo d'Italia sia quello al quale, appunto perchè possiede iibertà e mezzi d'azione, incombono eminentemente ed eccezionalmente maggiori doveri i>. Tra gli esuli che lavoravano v'era Alberto Mario, allora mio fidanzato. Da lui sapevo i pro e i contro nel dissidio. Neppure egli era molto convinto della riuscita del piano Genovese. Tuttavia era deciso a partire con la prima spedizione che avesse seguito quella <li Pisacane, non avendo questi voluto con sè altri all'infuori dei capi prestabiliti, dicendo che « toccava ai Napoli tani e ai Siciliani di iniziare; ai fratelli a secondarli, seguendo i consigli della propria coscienza ii. In quanto al momento attuale egli avev 1 accettato la parte assegnatagli. Il ritardo causato dal disastro della barca lo metteva in grave apprensione per il mantenimento del segreto. Ma si mirabile era la condotta di tutti che, nonostante un migliaio di popolani fossero arruolati sotti i vari capi. borghesi, per la prudenza d'ognuno, nulla riusciva a trapelare, al punto che avvisi arrivati al governo da Parigi - dove. la polizia apriva le Iettere tra Genova e Londra - furono derisi tanto da Cavour quanto da Rattazzi, allora Ministro dell'interno. (1) E ad onore dei dissidenti sia detto che, pur avendo inteso, senza venire a conoscenza dei particolari, che qualche cosa si stava preparando in Genova, non diedero il minimo cenno alle autorità di stare al1' erta. Intanto Mazzini e quanti lavoravano con lui moltiplicarono i loro sforzi per provvedere armi e munizioni onde rimpiazzare il perduto ; e Adriano (1) Così Cavour scriveva a Villamarina il 13 Giugno: << Je ne vous ai plus écrit, fautes d ·occasions, depuis votre dipèche télégraphique qui m'annonçait une rc:volution prochaine à Gènes. Comme l'avis venait de l'Empereur, il fallait s'en montrer très rcconnaissant, quoique, au fond, j'eusse la certitude que cette nouvelle était dénuie dc tout fondement En etfot, non seulement l' ordre n' a pas ét-: trou blé à Gènes, mais la Police, mise en évcil, n'a pu saisir aucun indice d'un mouvement quekonque. Tàchez ,k persuader l'Empereur et son Gouverment que notre pays <:st à l'ab1·i dc tout mouv~- ment révolutionnaire; il n 'aurait aucune diance de réussite, ks agitateurs le savent. lls savent égalemcnt que k Gouvernement est d.c:cidé à reprimer la moinJre tentative de désordrc, et cda de;:la man:ère la plus énergique. Personne mème parmi nos ennemis, ne met en doute la fermeté du Mini$tère et la ferme volont.c: de l"immense majorité Ju pays de ne pas permettre une;: infraction quelconque à l'ordre légal. De temps en tt:mps les réfugiés et ks quelques Mazziniens qui existent à G-!nes se remuent et s'agitent sur des nouvelles et des excitations de;:déhors, non dans le but d'opérer un mouvement en Piémont, mais pour st: préparer à un mouvement qu'on leur dit prèt à édater en France ou ailleurs. Tant que l'Empereur vivra et contiendra Ja révolution ea France, nous pouvons dormir sur nos de;:ux oreilles , sans craindre;: que notre sommeil sera troubli par Mazzini ou Se$ adhcfrents ». Lette;:re inedite di Cavour- EdmondoMayor (p. 530),
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