348 LA RIVISTA POPOLARE Fino allora, un po' per il sospetto delle tendenze separatiste dei Siciliani eh' egli esagerava e per il fatto che i Napoletani, -- per lo più pronti ad agitarsi per la rivendicazione della costituzione accordata, poi violata dal Re nel 1849, - non si erano chiariti fautori dell'Unità dell'Italia tutta, egli aveva concentrato i suoi sforzi nell'aiutare i tentativi nel centro e nel settentrione. Colui che veramente credeva nell'iniziativa Siciliana era Nicola Fabrizi, il quale da Malta teneva costanti corrispondenze eoll' Isola e col continente, che in lui affidarono tutte le loro speranze, attendendone aiuto e cooperazione. E -nel 1856 pareva che tanto la Sicilia quanto il Napolitano fossero pronti a forti fatti. Garibaldi sarebbe sceso in Napoli con Cosenz, Pisacane e gli altri esuli; mentre Fabrizi, Crispi, Rosalino Pilo e seguaci si sarebbero mossi per la Sicilia: tutti, s'intende, in· nome del1' Unità. Quest'idea era minacciata dalle mene dei Murà.tisti, sostenuti da Napoleone lll, e punto osteggiati da Cavour, nel cui cervello la possibilità di un' <e Italia Una e Indipendente » da ogni straniero, non aveva fatto ancora capolino (1). Luciano Murat aveva guadagnato a sè il Saliceti a cui la miseria aveva indebolito le forze morali. A lui avevano aderito in seguito Giuseppe Montanelli, federalista, certo Trincher2 ed i fratelli Mezzacapo. Ma la magnanima protesta di Poerio, Spaventa, Mauri, Bianchi e altri incarcerati dal Borbone di « preferire di morire in carcere che stendere le loro mani puré a quel!'avventuriero straniero >> mise gli incauti in guardia. La protesta a.egli esuli contro ro, o rimarrebbe alla Casa Austriaca. Roma doveva restare aÌ Papa salvo le province troppo ribelli, che, unite alla Toscana, formerebbero uri regno da destinarsi a qualche membro o partigiano del Bonaparte. La Sicilia, che probabilmente non vorrebbe saperne di Murat, verrebbe offerta al Duca di Genova come nel 1848. « Questo il piano dell'Imperatore »,-egli scrisse.-L'Inghilterra secondo lui, non si opporrebbe, perchè con tutta la sua simpatia per i prigionieri del Borbone , e in generale per gli Italiani oppressi, nessuno dei suoi uomini di Stato intendeva la necessità, nè credeva possibile la creazione di una Nazione Italiana indipt:ndente e libera. E per dare scacco a questi progetti v'era secondo lui, un solo mezzo; quello di in'ziare la rivoluzione popolare in nome nell'Unità, necessità suprema e ineluttabile. L' iniziativa verrebbe probabilmente dal Sud. Garibaldi era allora in Inghilterra e Mazzini disse a lui e a tutti ehe il suo posto era nel Sud, ove le popolazioni lo chiamavano, memori delle sue prodezze a Velletri, e nel Napolitano nel 1849. Altri movimenti simultanei avrebbero luogo nel centro e nel settentrione. Per il Sud abbisognava denaro assai, e egli raccomanda agli amici e alle amiche di trovare dieci persone pronte a prendere per cento lire (sterline) di biglietti del prestito nazionale , o venti pronte a prenderne per lire cinquanta. Ma Garibaldi non andò in Sicilia, nonostante che ivi fosse desiderato. E Cavour ne era consapevole e fece quanto era in lui per impedire i moti ivi preparati, e avvisò Sir James Hudson , ministro inglese a Torino pregandolo di far stare sul c/iz vive il governatore .di Malta , e anzi di farne cenno a Lord Clarendon. ( 1) Mentre i sei volumi delle lettere di Cavour pubblicati dal Chiala sembrava avessero esaurita la sua corrispondenza vennero fuori altre lettere importantissime, nel 1895, con prefazione e note di Edmondo Mayor (L. Roux e C. Editori). Molto scarse sembrarono allora quelle pubblicate dal Chiala per l'anno 1857. I moti di Giugno di quell'anno sono aprena accennati. Si direbbe che il Chiala o ignorasse l'esistt:nza di altre lettere; oppure il suo coraggio, nel dare al pubblico tutte le opinioni e i disegni del suo protagonista con imparzialità, gli venisse meno leggendo le lettere del Conte al rappresentante del Piemonte in Parigi, nelle quali egli faceva fervidi voti per la cattura e la impiccagione dell'Apostolo dell'Unità. Questo coraggio ebbe il Mayor, ma la sua pubblicazione non ha avuto quella pubblicità che ebbe semore quella del Chiala, per cui citiamo le lettere più importanti intorno al nostro argomento. · le pretese del cc figlio di Gioacchino Murat, il cui governo avrebbe trasformato il regno in una provincia francese )) 1 diede il colpo finale al complotto; e allora, più che mai, i patriotti si dedicarono a promuovere una vera insurrezione. Sventuratamente il giovane barone Francesco Bentivegna di Corleone, riuscito a formare un forte nucleo di valorosi a Termini, mentre Guarnieri sorprendeva la città di Cefalù, fu arrestato e condotto a Palermo. Condannato a morte, con giudizio sommario, fu fucilato il 23 dicembre a Mezzoiuso, mentre giungeva la commutazione della pena, per avere i giudici supremi riconosciuta illegale la. condanna. Fu fucilato anche Spinuzzi, liberato prima con altri prigionieri da Guarnieri. I seguaci si dispersero, tenendosi però pronti ed armati. Finalmente Napoli si scosse. Fu fatta saltare in aria la fregata Carlo III mentre salpava dal porto di Napoli, carica d'armi per domare i Siciliani. Cinquanta uomini morirono; altrettanti furono feriti. La famiglia reale si preparava a fuggire. L' 8 dicembre Agesilao Milano, uno dei più audaci cospiratori napolitani, trovandosi ad una rivista faccia a faccia col Re aborrito, gli si scagliò addosso con la baionetta in canna; ma il ferro si ruppe contro la corazza d'acciaio che portava il Bomba (1). L'audace, arrestato, fu fucilato il 10 gennaio 1857. Furono fatti numerosi arresti. Giovanni Falcone, uno, tra i più compromessi, riuscì a rifugiarsi a Malta presso Nicola Fabrizi, a cui dipinse l'intenso fermento tra la gioventù inci tandolo a procurare poi aiuto pronto ed efficace. Fabrizi, dalla difesa di Roma, aveva stretto rapporti con un giovane Fanelli, che combattè valorosamente sotto Medici al Vascello, e, caduta la Repubblica, dopo aver passato alcun tempo seco lui in Corsica, l'incoraggiò a tentare il suo ritorno in Patria, per ordinare il partito unitario e trovare modo di stabilire i mezzi di comunicazione tra l'interno e l'estero. E Fanelli non molestato al ritorno, riuscì ad intendersi con Nicola Mignogna, il quale teneva le fila della Cospirazione cc Uni tari a >> senza dare sospetto alle autorità. Giovanni Mattina e Giacinto Albini lo misero in relazione coi patriotti più influenti nelle loro provincie di Salerno e di Basilicata, tra cui primeggiavano i fratelli Magnone, Padula e Matera, mentre in Napoli stesso egli trovò dei cittadini , avendo molta influenza coi popolani. Formato un comitato di cui erano a capo il Fanelli, (che firmava ora Kilburn ora Wilson) e Luigi Dragone detto Socio, cognato di Morici, le cose procedevano bene, quando Nicola Mignogna fu arrestato dietro accusa di cospirazione Unitaria Repubblicana. Dopo lungo processo fu condannato al ccbando perpetuo ))' onde potè giungere a Genova e continuare là i preparativi per la riscossa dopo aver lasciato in mano di Fanelli e di Dragone le fila ininterrotte delle sue relazioni con le provincie e con molti uomini insigni, giacenti nelle varie prigioni del regno. 11 loro lavoro fu contrastato dai moderati, che fondavano tutte le loro speranze sulla diplomazia, sugli alleati inglesi e francesi, che - indispettì ti col Re di Napoli, perchè partigiano della Russia durante la guerra di Cr~- mea, si era poi mostrato renitente a tutte le rimostranze da essi fattegli sul modo di governare 1 suoi sudditi -- ne avevano richiamato i loro amba- ( 1) Una stampa che si conserva nel Museo Nazionale di San Martino ha questa iscrizione: (( Il giorno 8 dicembre 1856 al Campo di Marte in Napoli Ferdinando II di Borbone passa in rassegna le milizie. Dalle fila dt:i Cacciatori si parte un soldato, Agesilao Milano e vibra un colpo di baionetta al Re , ma il colpo vien frastornato dal cavallo ». E' la versione più esatta. N. C.
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