336 LA RIVISTA POPOLARE capi delle varie correnti, saranno stati educati da lui; ad ogni passo della sua vita Mazzini vedrà decimate le file; le defezioni non si contano ma gli sbandati e quelli stessi che si dichiareranno contro di lui dovranno riconoscere che uno dei capisaldi della dottrina, l'unità d'Italia, l'hanno appresa da lui. Con queste restrizione, l'Italia del '4-8 non è l'Italia di Gioberti che parlò dellél supremazia morale d'Italia dieci anni dopo che l'aveva proclamata il Genovese, nè di Pio IX, nè di Carlo Alberto; era l'Italia di Mazzini era la coscienza della nuova generazione che cercava di manifestarsi. Con istinto divinatorio, Mazzini aveva respinti dalla sua associazione gli uomini troppo innanzi cogli anni. Egli comprendeva che certe tendenze sotterranee non possono essere vinte che col tempo. Non aveva Mosè voluto che gli eorei errassero raminghi per quarant'anni nel deserto, doè fino alla totale estinzione della generazione cresciuta nella schiavitù d'Egitto prima di far entrare il popolo nella terra promessa ? Nutriva invece una fiducia illimitata nei giovani ai quali la voce della sua dottrina non inibita dalle antiche tendenze parlava ai cuori. Scriveva nel 1832: « Ogni di più mi convinco che se vi é da trarre scintilla è dalle anime giovani ». Era il sinite parvulos che ogni apostolo deve pronunziare quando torcendo lo sguardo da coloro che per idee preconcette ft~1intendono o p~r iattanza mista con invidia disprezzano la nuova parola, la confida ai sopravvenienti, ai figli loro i quali vergini ai spirito la comprenderanno e la tradurranno in azione. Le grandi anime si allietano del la presenza delle energie pure ed intatte. Le impazienze generose ed impronte chi:! gli furono rinfacciate erano dovute alla febbre di azione ed anche alla convinzione che a rinvigorire la coscienza degli italiani a trasformare la velleità per la indipendenza in passione tirannica ed invadente, era indispensaaile il sacrificio. Sarebbe troppo affermare che egli preferisse l'azione alla riuscita; è certo che la riuscita non è il suo pensiero predominate. Signemus ftdem sanguine; il martirio 11011 è mai sterile se compiange coloro che si votano al sacrificio non si lascia a lungo sopraffare dall'abbattimento: l'esaltazione apostolica risolleva lo spirito a magnanime speranze. Sanguis martyrum semenChristianorum diceva Tertulliano. La gioventù doveva disciplinarsi pei giorni prossimi, imminenti delle prove e<l uscire dal carcere del proprio egoismo, gettare la vita se ciò era necessario per un disegno più alto. I riformatori compiono le loro missioni appunto perchè rimangono ciechi a tutte le voci che dicono no e cedono alle voci <li sirene che dicono sì alle loro speranze. Gli eccessi dell' immaginazione, qualita che rnramente manca ai grandi italiani gli coloriva di roseo la realta; i milioni d'uomini insorgenti si riducevano a poche migliaia anche uel '48; 1' ltal ia all' infuori dello scroscio delle collere popolari di qualche città non contrappone tutta sè stessa all'Austriaco come la Spagna ai Francesi. Non cessava peraltro dal darsi conto del mutamento avvenuto molecola per molecola, nei sentimenti e nelle idee della nazione. A lui non isfuggiva che ogni giorno, ogni ota che passa porta via con sè un pò dell'anima antica di un popolo, e fa sbocciare nuovi germi; finchè quella somma di minimi, ,come già vedeva il vecchio Leibniz, si palesa come un tutto nuovo e costituisce un nuovo ambiente storico. Sono i mutamenti impercettibili che, nel corso di molti anni , sommati in milioni di uomini, determinano quei rivolgimenti che si chiamano rivoluzioni e crisi storiche. E l'ora della rivo I uzione scoccò e fu solenne e magnifica. 11 '48 italiano è torbido e caotico. Le due correnti principali: il movimento monarchico e il movimento Jemocratico (mazzinian1>-garibaldino) si urtarono, si confusero ma non si fusero; dal le sommosse popolari e dalla guerra regia si videro i danni delle passate dominazioni, ma il sentimento nazionale unitario era penetrato nelle coscienze. Erano i giovani la cui fanciullezza era stata sbigottita dal rombo delle fucilate del '30, che adolescenti avevano versate lacrime di dolore e di sdegno pel martirio dei Bandiera, quelli che salivano ie barricate nel '48. Il '48 trovò il popolo italiano pronto alle armi. Il vento rivoluzionario non ululò e rimbombò come a novembre fra le arcate cupe dei cimiteri; no . la · terra dei morti, q uì, è il caso di valerci dell'icastica frase carducciana esprimeva dal suo seno i propri figli. Il desiderio di essere nazione non si esauriva più in isterilì declamazioni accademiche, ma si concretava in volontà viva e operosa ; Mazzini aveva dato veramente alla folla un nuovo istinto. I capi, se vi si eccettuano Manin a Venezia e Mazzini a Roma non seppero disciplinare quella efflqrescenzJ primaverile Ji energie collettive. Troppi inni per la liberazione di ltal_ia si cantavano in quegli armi diceva sorridendo amaramente Camillo Cavour ed era vero. L'Ideale d'Italia era stato per troppo tempo ideale letterario sicchè uomini che avevano acquistata bella rinomanza coi loro scritti furono balzati all'improvviso all' apogeo delL1 potenza. Le doti indispensabili per gli uomini di Stato non sono i<lentiche a quelli che devono avere gli uom1m di penna: l'entusiasmo non venne meno mai nelle moltitudini; il tatto politico dei reggitori fece molto spesso difetto. Ma l'anima popolare ern rifatta, quel senso nuovo di cui dicemmo non si cancelled più. Gli italiani combatteranno per l'indipendenza e per l' unità. Dopo Omero, Eschilo. Alle ebbrezze del '48 succedono le catastrofi del '49. La repubbli~a romana potè parere l' incarnazione del sistema della Giovine Italia. Erano poeti che intendevano l'arte quale Mazzini l'aveva predicata quelli che cadevano sugli spalti di Roma tra un inno e una battaglia; erano adolescenti e giovàni e uomini maturi che procedevano sereni alla mischia , cioè al sacrifi~io , perchè avevano appreso dal Maestro che la vita è preziosa soltanto quando sia condizione dell'adempimento del dovere. Erano veramente i figli del suo pensiero e del suo cuore che egli sospingeva alla gloria e :1l martirio. Purtroppo quel biennio del '48 e del '49 illuminato da nobili atti di eroismo aveva mostrato molti difetti e molti mali; la tempesta era stata violenta l' edificio minacciava crolbre, ma le fondamenta erano salde e sfidavano ogni terremoto. Su quelle fondamenta, con altri intendimenti, si accingerà l'uomo politico, l'uomo che non ha illusioni, che non prètende iniziare! civild, perchè l'eroismo collettivo è pianta rara nella flora del secolo XIX, ma
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