Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XI - n. 11-12 - 22 giugno 1905

A GIUSEPPE MAZZINI 325 causa dell' umanità; il primo gli sembra molto più prossimo e più facile a raggiungere. E a questo che tende con tutte le forze sue e coi mezzi più diretti. Come tutti i grandi politici egli sa dare la sua parte all'ideale e scorgere un lont:rno orizzonte al di là di un campo d'azione perfettamente determinato. Mazzini aveva ben più del Lamennais il senso delle realtà immediate. L'esperienza acquistata nella direzione degli affari e degli uomini aveva maturato il suo genio. Così non c'è da meravigliarsi di trovare nel suo trattato dei doveri una scienza politica ed una << italianità >> che si cercherebbe invano, malgrado la sorprendente analogia della forma e dell' ispirazione nel libro del pvpol:J. Il sogno carezzato e più o meno chiaramente intraveduto da quei precursori , oggi si trova in parte realizzato. I fatti hanno loro dato ragione contro i pregiudizii che essi combattevano e che l'irresistibile impulso delle loro idee ha costretto a retrocedere. Noi possiamo di già misurare il cammino segnato da loro nel dominio religioso e politico, e che è stato percorso. L'Italia si è liberata dal giogo che l'opprimeva; la sua unità si è compiuta altrimenti, è vero, di come se la era augurata Mazzini, ma nessuno può dire se un giorno il lento lavoro dell'evoluzione sociale non condurrà l'Italia ai termini che il genio del grande genovese aveva previsto e segnato. Gli avvenimenti già compiuti sembrano più conformi alle sue vedute che ai calcoli di abili politici che suscitarono tanti dubbi sull'energica azione dei comitati mazziniani. D' altra parte se il papato difende ancora molto debolmente l'ombra che gli resta del suo potere temporale, non si può negare che sembra costretto dalb forza delle cose a distaccarsi dalle alleanze monarchiche che non hanno più la coesione della Santa Alleanza; una parte del clero si è volto alle teorie ultramontane e democratiche che Lamennais ha difeso esponendosi alle folgori pontificali. Infine b unione fraterna dei popoli che essi invocavano, gia non è più considerata come pura utopia. I due nomi di Mazzini e Lamennais resteranno cosi associati nella storia del pensiero umano e della vit:1 delle nazioni; è giusto lo evocarli insieme nel momento in cui l'Italia si appresta a celebrare il centenario di colui che tra questi grandi uomini essa è fiera di contare tra i suoi figli e i suoi benefattori. Chaumont, 26 maggio 1905. J UL1EN DuB01s Fate meglio, ma fate (1840) « Consigliamoci,discutiamo,operiamofraternamente. E se vi pare che le vie da noi scelte non sieno le buone, fate meglio, ma fate » (MAZZINI, V, 2 36). La forza di un Partito (1871) Teoricamente, la forza di un- Partito non risiede tanto nell'estensione numerica quanto nella coesione, nella compattezza, nell'intima unione degli elementi che la compongono. (MAZZINI,Opere complete - Voi. XVII pag. 167). Gioberti e Mazzini Questi due nomi congiungeva il compianto amico mio Nicola M:1meli,inaugurando l'università di Genov:1 nel 1886 un busto al fratello di lui Goffredo. « Noi dobbiamo - così si esprimeva - circondare di una uguale venerazione il grande apostolo ligure e il filosofo piemontese, che in un volume imperituro convertiva la monarchia alla patria; poichè così Giuseppe Mazzini come Vincenzo Gioberti crearono la coscienza nazionale, l' uno parlando al popolo, l'altro parlando ai re, l' uno :1ccendendo nei petti degli Italiani b santa febbre dell:1 ribellione, l'altro educandoli all'idea organica del nostro risorgimento. » Torni:11110un momento su questo parallelo nell'occasione del centenario mazziniano. Vincenzo Gioberti fu il più grande pensatore della parte regia in Italia, come Giuseppe Maz;dni della parte repubblicana. Il Gioberti dalla idolegoiata foderazione di principi presieduta dal Papa (per non dire del suo breve en_tusiasn~ogiovani~e repubblicano) passò _alla concez1?ne .d1. una I~a!1a unita con Roma capitale sotto 11 pnnc1p:1to C1v1le dei S:1voja: dal Primato :il 7{jnnovamento. La _r~pubhlica italiana fu l'ideale cost:rnte del Mazzrn1 dal forte di Savona a quello di Gaeta, daIla Giovine Italia alla Ro111adel popolo. Dei due profeti ì'evento ha sinora dato ragione al profeta delb mon:m.:hia. Al Campido~!io, stra~- pato dalla reazione europea alla repubblica mazziniana e riconseo-nato al pontefice, ascese, con la caduta novissim/ del temporale, 11011 la repubblica da tanti anni predicata dal Mazzini~ bensì ~ittori? Emanuele, il re preconizzato Jall ab:ite G10bert1. L'unità italiana si attuò mercè l'egemonia piemontese. L'abate subalpino aveva dunque letto nei destini d'Italia meglio che l'agitatore genovese. Fu così sinora. Eppure che cosa significa questa grande diversit~ fra il centenario del Gioberti, celebr:no quattro :mm fa in Torino tanto modestaJT,ente e senza partecipazione del popolo; a lume spento, e il ce?tenario mazziniano a cui partecipano tutte le fotze vive della nazione? Donde avviene che il. nome del filosofo ide:dista torinese è quasi dimenticato e le opere, pure degnissime d'essere studiate e il Rinnovamento stesso così pieno di nobili sensi, rimangono conoscenza dei soli dotti; men tre il nome dell'idealista oenovese è sempre più chiaro nel mondo delle na- ~ioni, e i suoi scritti sono sempre più conosciuti studiati illustrati? Ciò sio-nifica che al pensiero al sistema rappresentato i~npersonato dal Gioberti, se fu assicurato il prossimo trionfo, non è serbata la vittoria definitiva dell'avvenire. L'avvenire è per l'ideale di Giuseppe Mazzini. L'accorgimento politico <liVincenzo Gioberti lascia ormai freddi gli Italiani, come il suo ontologismo. Suscitano ammirazione sempre maggiore la fede invitta di Giuseppe Mazzini, il carattere, la sua dottrina morale. Se ooo-i prevale presso i monarchici un ccletismo che li f.1b ammettere il Mazzini tra i fattori massimi dell'indipendenza nazionale, non cosi la intese Vincenzo Gioberti. Questi, per una specie di gelosia intellettuale verso il genovese, concepi un odio veramente teologico contro quelli che prese a chiamare

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