A GIUSEPPE MAZZINI 323 MAZZINI E LAMENNAIS Nel corso dei più lunghi anni di esilio Mazzini che non poteva, come gli ambasciatori veneziani o fiorentini del 7?Jnascimento, ottooere l' aiuto delle Corti in favore della sua patria, c<,mprese in compenso tutto il partito , che poteva trarre da una forza nata ieri e chiamata a cambiare non solo I.afaccia dell'Italia, ma quella del n:ondo ; alludo a11a forza dell'opinione, di quella soprattutto che si forma nella coscienza del popolo meglio illuminato. Nel dominio dell'educazione popolare egli sapeva che i suoi più prei.iosi ausiliari non sarebbero i re - nè anche quel papato abbastanza cieco per subordinare, se non -per sacrificare il suo potere spirituale al temporale - -ma i pensatori che non esitano a gettarsi nella mischia delle passioni egoiste per predicare alle folle un nuovo evangelo. Egli riscontrò un campione perfetto di questi uomini di fede e di coraggio nella persona di Lamennais. Cosi si spiega la specie di fascino che esercitò sulla sua persona la parola eloquente del prete bretone. Egli profe sò apertamente per quest' ultimo un'ammirazione che sembra quella di un discepolo pel suo maestro. Noi vogliamo ricordare breve-mente i punti di contatto che esistettero tra questi due grandi uomini partiti da due poli opposti, ma fatti per comprendersi sin dal primo momento, in cui si sarebbero incontrati. In un recente articolo della Stampa (29 Dicembre 1904) Giovanni Faldella ha definito il carattere del grande patriota italiano, l-hiamaudolo il teologo del Risorgimento. Noi potremmo dire invertendo i termini di questa ddìzione per applicarla a Lamennais, che questo qui lavorò pel risorgimento della teologia. Essi hanno adottato in politica un credo comune che si riassume nelle due parole « Dio e popolo », che Mazzini ha dato per epigrafe al suo libro di Doveri, evidentemente inspirato al Libro del popolo di Lamennais. Il grande genovese, molto più giovane di Lamennais, ed assai ricco del suo, non ha mai pensato a negare ciò che doveva ad un tale maestro. Egli se ne fece in ogni occasione un titolo di gloria. Egli ha ricordato con compiacimento in un articolo dedicato a Lamennais (Monthly Chronicle. Aprile 1839) certe date della vita di quest'ultimo, nelle quali si sente che i. loro pensieri hanno dovuto comunicare e fondersi in una comunione più o meno stretta. In Giugno 1824, Lamennais passa le Alpi; egli è l'autore già celebre dell' Indifference en matière de religion « e riceve una accoglienza lusinghiera da papa Leone XII, la cui sincerità a suo riguardo fu, dopo, messa in dubbio con qualche apparenza di ragione. Mazzini di già affiliato al carbonarismo traversava allora una specie <li crisi morale che lo distaccò dalle forme del culto, che rivestono le religioni. Egli non er,l meno attento a tutto ciò che da vicino o da lontano poteva interessare la potenza romana e non sembra temerario il supporre che il nome di Lamennais in quest'epoca risuonò alle sue orecchie. Egli lo senti certamente pronunziare otto anni più tardi, in mezzo :1g_l5.}pplausio agli urli, quando i redattcri dell'Avvenire andarono a presentare la loro difesa a Gregorio XVI, che, dopo avere rifiutato di ascoltarli, fulminò contro <li loro b famosa enciclica del 15 aprile 1832. Questo colpo dissipò tutte le illusioni di Lamennais sulla parte riservata alla religione e al suo capo spirituale ; egli si vide rinnegato, calunniato, scomunicato, dal potere decaduto nel quale aveva voluto infondere una <( goccia del sangue dell'umanità ». Abbandonò Roma; convinto di non lasciarsi dietro che un cadavere. Da questo giorno in poi egli fu acquisito , corpo ed anima, alla causa democratica per la quale Mazzini aveva già sofferto la prigione e l'esilio. Ritirato nella solitudine di Chenane, egli medita sin dal 1833 il libro « Les paroles d'un croyant » che contiene una protesta fiammeggiante contro le iniquità sociali e nello stesso tempo un appello veramente evangelico alla so1idarietà tra gli uomini e tra i popoli. « Tutto ciò che c'era nella sua anima « di passione concentrata, disse Renan, di tempeste « da lungo tempo padroneggiate, di tenerezza e di « pietà, gli montò al cervello come uri' ebbrezza e « si esalò in una apocalisse sublime, vero sabato « di collera e Ji amore ». L' opera com parve nel 1834 e suscitò un immenso rumore; essa trovò un'eco in tutti i cuori inquieti e tormentati. Non ce ne fu uno più sensibile di quello di Mazzini. Questo appello alla giustizia, alla pietà, alla fraternità umana doveva profondamente commuovere l'anima del giovane proscritto. Tre anni di esilio e di persecuiioni, tanti sforzi inutili già tentati per la liberazione della sua patria non avevano potuto vincere la fede nell'avvenire. Egli riconosceva negli accenti di questa aspra eloquenza la voce di un fratello, che sarebbe forse meglio ascoltata che la propria. Egli n'ebbe un potente conforto in fondo alla Svizzera, dove conduceva una vita errante e dolorosa, incessante men te perseguitato dalla polizia europea che non perdonava nè la sua lettera a Carlo Alberto, nè la spedizione di Savoia, nè l'attiva propaganda della Giovane Italia. Egli manifestò la propria riconoscenza a Lamennais , b cui risposta ci fornisce una preziosa testimonianza della conformità di idee. di sentimenti e Ji principì, che avvidnava quelle due anime. « Voi volete , diceva l' autore delle parole di un « credente, l' unione della religione e della scienza, « dell'ordine e della libertà; e ciò che voglio anche « io. Voi date alla società l'eguaglianza per base; è « ciò che ugual mente io lodo , o per meglio dire : cc ciò che il Cristianesimo le ha dato. Voi credete cc alla rigenerazione progressiva del genere umano « per mezzo di Gesù Cristo; io vi credo come voi. cc Voi invocate con tutte le vostre forze l'alleanza « fraterna dei popoli; io la chiam8 con tutte le mie. cc Noi abbiamo la stessa fede , le stesse speranze , lo cc stesso amore ». I due apostoli sembra che sin d'allora marcino, colle mani serrate tra loro , verso la conquista del medesimo ideale. Mazzini fu infinitamente grato a Lamennais di avergli prestato un concorso tanto disinteressato quanto imprevisto per l'opera di cui egli perseguiva il compimento attraverso a tante difficoltà e a tante prove. Egli ci dice la sua ammirazione profonda per questo prete filosofo che « respira l'amore e la bon- « tà, che piange come un fanciullo ascoltando una « sinfonia di Beethoven, che dà la sua ultima lira « al povero, che mostra una tenerezza di donna per
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