" 276 RIVISTA POPOLARE indifesa, ed ottenere invece il primato nell' emigrazione , nello analfabetismo e nella miseria della produzione. Dal 1870 ad oggi noi abbiamo speso: 9 miliardi per l'esercito, 3 miliardi e 500 milioni per la marina e appena 150 milioni per l' agricoltura. E siamo al punto che ogni giorno si sente gridare dai tecnici e si legge nelle relazioni sui bilanci, che noi non abbiamo nè c;nnoni moderni, nè le 46 navi da battaglia - oltre il naviglio onerario, sussidiario e d'uso locale - promessoci nel 1877 dallo Brin. Si sono spesi 3 miliardi e 500 milioni per la marina, per sentirci ripetere che oggi ben 40 navi da battaglia che sono sparse per gli arsenali, non valgano un fico secco, anzi rappresentano un inciampo militare; che 90 torpediniere d' alto mare, aventi una velocità di 9 a 16 nodi, sono di scarsissima efficienza guerresca, e che infine per potere ricostruire la nostra flotta, e questa volta sul serio dice l' on. Mirabella, si chiedono al Parlamento altri 152 milioni da ripartirsi nei bilanci degli anni 1908 al 1917. I giornali ogni giorno ci portano notizie gravi di disastro, di distruzioni di prodotti a causa di piene, di straripamenti di fiumi; di allagamenti e di frane che seppel-liscono villaggi. Ogni anno 1 e regioni dell' Italia settentrionale sono devastate dalla grandine, mentre quelle dell'Italia meridionale sono colpite dalla siccità persistente. La nostra terra si va continuamente ister ilendosi, gli agricoltori emigrano, la crisi si accentua, e da tutte le parti intanto, non si richiedono che milioni per l'armata e la marina. Ma pertanto come si può pensare alla ri9.uzione delle spese militari, quando esiste il pericolo di un' invasione straniera? Quando il bisogno di espanderci nelle colonie è universalmente riconosciuto ? Quando la flotta ci è necessaria per tutelare il nostro commercio ? Anzitutto il pericolo dell'invasione straniera non è che nelle menti di alcuni giornalisti al servizio di speculatori, dei più grassi fornitori, e degli azionisti della Terni e dei cantieri navali. Ma quando anche un'invasione dovesse venire, questa sarebbe certamente respinta e dall'esercito che non verrebbe distrutto dalla riduzione del bilancio, e dai cittadini tutti i quali occorrerebbero con lo slancio spiegato altre volte , in difesa della patria. Oramai la nuova arte della guerra , ed i mezzi stessi di combattimento hanno reso quasi chè inefficace l' offensiva, anche con eserciti colossali e bene agguerriti, come del resto ce lo ha dimostrato la guerra russo-giapponese. La difensiva invece è quella che rivela la maggiore forza nei mezzi di cui disi~one l'arte della guerra moderna. Stando sulla difensiva quindi noi ci troverem1~,o in posizioni così vantaggiose da renderci sicuri nel respingere qualsiasi attaccò. E questo giudizio non è nostro, ma fu il giudizio dei generali Ricci, Da Bormida e Perrucchetti, i quali ammisero la difesa dell' intiera catena delle Alpi con 300 a 400 mila uomini. Contro l'ostentazione di una grande flotta prottetrice del commercio, potremmo addurre gli esempi del Belgio, della Svezia e Norvegia, dell'Olanda, che fanno un commercio marittimo eguale, e il doppio del nostro, senza o con pochissima flotta militare; potremmo citare l'esempio della Germania, la quale prima di pensare alla flotta militare aveva creato una potentissima flotta commerciale di oltre un milione e 600 mila di tonnellate, e raggiunto un commercio di sei miliardi di lire. Ma volendo accettare anche questo principio e raffrontare le nostre esigenze con quelle dell'estero, troviamo: che l' Inghilterra· con_ un commercio marittimo di 30 miliardi compreso quello delle colonie, e con 11 milioni di tonnellate di piroscafi ~ommerciali, ha una flotta militare che stazza 2 milioni di tonnellate; l'Italia inve..:e con un commercio di 1800 milioni e con 450 mila tonnellate di piroscafi commerciali, ha una flotta militare che stazza 400 mila tonnellate. Il rapporto quindi, fra questi termini è il seguente: l' [nghilterra ha 66 tonnellate di flotta per ogni milione di commercio; l' Italia ha 270 tonnellate di flotta per ogni milione di commercio. L'Inghilterra ha 18 tonnellate di flotta per ogni 100 tonnellate di piroscafi: 1' Italia ha 88 tonnellate di flotta per ogni 1oo tonnellate di piroscafi. Dal che si desume quello che abbiamo dimostrato nel corso di questo studio; che cioè l'Italia ha proceduto sempre all'inverso delle altre nazioni. Ha pensato prima alla flotta militare anzichè alla flotta commerciale; prima alla grande armata anzichè alle industrie, all'agricoltura e all'alfabetismo. Di espanzioni coloniali poi è semplicemente un'utopia il parlarne. L'elemento primo dell'espansione coloniale è il capitale, senza di che la colonia non potrebbe dare ricchezza. La stessa Australia, 1,, quale nonostante si trovi così bene avviata nella via del progresso, cadrebbe subito in uno stato di languore e di paralisi, e così tutte le ..::olonie inglesi, se l'Inghilterra sop - primesse gli invii di capitali, che sotto forma di prestiti vanno ai Governi coloniali, ai Comuni , alle intraprese , ai commercianti, agli allevatori, agli agricoltori in genere. È un' illusione il credere che il capitale si possa produrre nei paesi nuovi; esso al contrario vi deve arrivare dal difuori. E che così sia lo dimostrano le crisi gravissime in cui sono piombate la Repubblica Argentina ed il Brasile, non appena i paesi vecchi e ricchi hanno cessato di prestare loro dei capitali. L'Italia quindi che è così deficiente di capitali; che ha tante terre e tante regioni da redimere , non può per ora pensare alla colonizzazione o conquista di paesi nuovi. E l'avervi di già pensato, avere sottratto di già ali' economia nazionale la ingente somma di 600 milioni di lire, sperduta completamente nelle sabbie africane, non è che I' effetto di quella disastrosa politica che il Paese ha permesso si fosse seguita da gente che ha portato alla rovina un' intiera nazione. Occorre quindi che si cambi rotta se realmente non si vuol rimanere schiacciati dalla concon-enza delle nazioni civili. Occorre dedicare i maggiori sforzi, le maggiori sorgenti del nostro bilancio nelle bonifiche delle nostre terre, nelle opere idrauliche che oltre fertilizzare la terra daranno sviluppo alle industrie, nell'istruzione agraria, nello sviluppo delle vie di campagne, e nell'istituzione del vero credito agrario e fondiario. Questo, lo ha detto il Nitti , è la vera politica di lavoro , la vera opera di rinnovazione; il resto non è che inganno , non prepara se non future delusioni , non fa che imp0verire più ancora· il paese. DOTT. ANTONIOV ACIRCA lllll llllllllll 111111111111111 IUll lii 1111111111111111111111111111111111111111111111111111 LE N\JOVE Sl'ESE STKAOKt)INARIE PER LA MARINA DA GUERRA ( dalla NuovA ANTOLOGIA del 16 maggio) L'on. ministro della marina ha presentato alla Camera l' 11 corrente un di,egno di legge (n. 158) per (< Maggiori assegnamenti per la marina militare >> per l'ammontare di 150 milioni di lire. In linguaggio comune è questo un progetto di legge di (( nuovi crediti », se nella sua intricata struttura finanziaria non sorgesse il dubbio che si tratti piuttosto di un disegno di « nuovi debiti n. Il disegno di legge, testè distribuito, presenta un nuovo assetto finanziario del bilancio della marina dall'esercizio 1904-905 all'esercizio 19ì6-917. Esso quindi non rispetta Ja legge del consolidamentc per i due anni per i quali essa sarebbe tuttora in vigore. Il che fa sorgere due domande logiche e naturali. La prima si è, a che cosa giovino siffatte leggi di consolidamento di bilancio, se poi vengono alterate e sconvolte persino due anni prima della loro scadenza. In secondo luogo è
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