Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XI - n. 9 - 15 maggio 1905

RIVISTA POPOLARE 231 a) Nella riunione del 7 maggio 1898 - io non fui consenziente con Arturo Labriola. Invece tutti i presenti rneno uno , ritenemmo un moto rivoluzionario impossibile. Ed 'è questa premessa che giustifica come - ridotta la cosa ad una semplice dimostrazione - e conseguenzial.e repressione sanguinosa - io dissi che per una semplice dimostrazione (e non per un moto rivoluzionario in cui fossi consenziente) non credevo di esporre la vita-· E d'altra parte credevo indegno e disonesto provocare quelle gravi conseguenze senza pagare di persona. Il che ammonii non tanto· per me - che modestamente di persona ho sempre pagato - ma perchè conoscevo il mio ... discepolo e volevo fargli intendere quel che io pensavo dello invocato battesimodi sangue... altrui. b) Fu come parlare a un sordo. L'indomani, provocata da un discorso di quell'uno - la dimostrazione avvenne colle previste conseguenze: fucilate, un morto, molti feriti, centinaia di arresti, di processi, di condanne, stato di assedio. c) E quell'uno non pagò di persona. Di fronte alle fucilate si nascose - di fronte al processo scappò in !svizzera. Sono parole crude. Invece di: si nascose potra dirsi si ritirò , si appartò, e simili eufemismi - ma, insomma, dove avvennero le fucilate, da tutti previste e da lui provocate, egli non c'era. È chiaro? 3.0 Sul giury. - Arturo Labriola, che ha ragione riconoscendosi in q nell'uno, invoca un giury e minaccia qualchealtra via. Un giury su che cosa ? Sulla verità dei fatti che io ricordai? Ho la sicurezza, che la mia affermazione basta. Di un giury a conforto della mia autorità morale non ebbi bisogno.mai - quando fui atrocemente calunniato. - Nè mi occorre ora. Un giury sulle possibili spiegazioni dei fatti stessi? Se ciò serve ad Arturo, si accomodi. Troverà amici indulgenti per la pietosa bisogna. Ma non pretenda che io gli faccia da compare. Non sono adatto, ed egli non lo merita. . Resta la minaccia di qualchealtra via. E su quella ci faccio una allegra risata. DoTT. NAPOLEONE CoLAlANNI llllllll lllll li lii li 1111111111111111111111111;11111111111111111111111111111111111111111111 11 pìYobletnél giadiziat'io (r) ----}{}{---- L'opportunità di insistere con costante proposito per una. congrua soluzione del problema giudiziario rinverdisce di continuo al perenne rinnovarsi di attacchi, di critiche, di agitazioni interne, pi Ll o meno larvate, di solenni manifestazioni di alti corpi dello Stato , di tentativi di riforma , che nel loro complesso sono gli esponenti e i sintomi chiari e prementi de.lla profonda crisi, che attraversa la 1llagi::1tra.tura, e del multiforme malessere, che travaglia e corrode l'organismo dell'amministra~ione della giustizia in Ita I ia. Gli articoli , i discorsi, i libri, che trattano dell'argomento, sono numerosi come le stelle del cielo, pm· adoperare l' imma• ginosa espressione dell' On. Oolajanni nel suo recente (1) Questo articolo è di un oLtimo magistrato, che per motivi suoi, facilmente spiegabili, vuol mantenere l'incognito. N. d. R e coraggioso opuscolo : Come si amministra la Giustizia in Italia. Di fronte a cosi notevole elaborazione politica .e scientifica non si può aver la pretesa di presentare il problema sotto aspetti completamente nuovi o di considerarlo sotto altri particolari punti di vista. Tuttavia, data la desolante stazionarietà delle cose , è sempre opera buona ed utile tentar di svegliare l' opinione pubblica. eccitarla a rendersi conto delle cause perma• nenti, che rendono possibili gli inconvenienti, interessarla alla sistemazione razionale di questo grande servizio da.Ilaquale promanerebbe la più potente e benefica azione moralizzatrice in tutte le manifestazione del nostro vivere civile. Approfondire l'analisi delle cause, che nel pubblico hanno ingenerato un profondo scetticismo intorno alle cose della giustizia , sarebbe impresa ponderosa ed eccederebbe i limiti, che la cortesia di questa Rivista potrebbe consentire. Fattori di tale sfiducia sono non solo il cattivo ordinamento giudiziario, ma, per accennarne semplicemente alcuni, la farraginosa complicazione dei congegni delle procedure, atte troppe volte a far trionfare più che il diritto le astuzie e gl' intrighi, la spietata :finalità, che accompagna tutti gli atti e che spesso assicura la vittoria al litigante di maggior resistenza , l' imperfetta organizzazione dell'istituto del gratuito patrocinio, e non ultimo l'inquinamento dell'ambiente. L'ambiente sano preme con siffatta tenacia sul giudice da fortificarlo nel giu• sto indirizzo, o da impedirgli addirittura di divergerne. Da noi, in troppi luoghi occorrono qualità veramente eccezionali di intelletto e di carattere per vincere, ol• tre le difficoltà inerenti alla funzione, quelle, che provengano dell'ambiente e dalle tradizioni. In questo mondo, notava il Turati, « è ritenuto lecito - quasi diremmo è artificio di buona guerra - il contestare se non risultino da scritti, le verità più palmari , il trincerarsi dietro cavilli di procedura, per ricusare il soddisfacimento di debiti contratti con la precisa intenzione di scroccare, o il rifugiarsi dietro presunzioni legali, per sottrarsi alle obbligazioni naturali più elementari. E' lecito insomma mentire, imposturare, truffare, assassinare altrui impunemente nel patrimonio e nella vita morale. L'avvocato, che vi si presta, fa quattrini all'ombra delle immunità, che la legge gli accorda, e qualche volta il patrocina tor e onesto dee domandarsi se ha diritto di tinunciare, per egoistico omaggio alla sua coscienza e in danno del cliente, all' iniquo sistema di difesa che la legge autorizza ». Come molteplici sono le cause dei mali , molteplici dovrebbero essere i provvedimenti. Il più maturo , il più urgente è quello, senza cui ogni altra riforma riuscirebbe vana, è il rimaneggiamento degli ordini giudiziari. Una buona costituzione di essi vale più ancora di un'ottima legislazione. Una legge di progresso non riceve lo svolgimento, di cni è capace, se chi è deputato ad applicarla non ne domini lo spirito e non sia penetrato dei bisogni, che essa è destinata a soddisfare e, d'altro lato, se non abbia l'autorità morale e la libertà per imporne l'osservanza. All'incontro una legge mediocre, in mano di una magistratura indipendente ed illumi.o.ata, che sappia adattarla con interpretazione prndentemente progressiva ed evolutiva. alle varie e rinnovantisi condizioni del vivere ..;ivile, appaga le esigenze della collettività e non fa neppure sentire il bisogno di un intervento continuo del potere legislativo. « La legge, diceva il compianto on. Pellegrini, è una muta chimera, è una sfinge, la quale parla secondo gli interroganti. Col medesimo corpo di leggi, seco11dol'animo del giudice, voi fate il medio evo e Fetà nuova ». ♦ E' noto che il nostro ordinamento, effigiato nelle sue somme linee su quello francese del 1808 e del 1810, ebbe nella sua genesi carattere di un adattamento meramente provvisorio, suggerito dalla fretta dell'unifica-

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