Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XI - n. 9 - 15 maggio 1905

250 RIVISTA POPOLARE anche sotto questo prezzo. Verranno poi sussidiati questi istituti che già ora si occupano delle incinte povere e delle puerpere. Questa nuova istituzione comincierà ora a funzionare. Quantunque essa rimanga ancor lontàna dagli scopi che i socialisti le vogliono attribuiti, va salutata come un passo innanzi nella direzione delle vedute socialistiche , e il gruppo socialista nel consiglio di Berlino provvederà a estenderne la portata in avvenire (Die Neue Zeit, 6 maggio). ♦ Gustav-Beckmann: La lotta storica per l'Ad.-iatlco. - Vi è già stata nel medioevo una questione adriatica e i concorrenti cl' allora erano parti delle potenze oggi rivali, la repubblica di Venezia e il regno d'Ungheria. Il rn are ha sempre tentato i popoli che abitano le sue rive a cercare k rive opposte, sopratutto se abitate da popoli arretrati, e a impadronirsene. In ogni parte del mondo può ve111r riscontrata questa tendenza a fare del mare libero un mare nazionale. nel Mediterraneo dai tempi più antichi insino ad oggi, greci, romani, fran cesi si sono annesse le rive dell' Asia e dell'Africa, interrotti tratto tratto nel loro movimento d'espansione da periodi in cni persiani, arabi, turchi dalle rive meditarranee dell'Asia e cieli' Africa s'impadronirono a loro volta o tentarono di impadronirsi delle coste greche , italiane, francesi e spagnuole. Per i mari nordici lo stesso fenomeno ci è offerto dalla storia dei rapporti tra Francia e fnghilterra, tra la Germania settentrionale e la Scandinavia. Popoli europei passarono l'Atlantico, ne occuparono le coste occidentali, facendone un mare europeo almeno sinchè su quelle coste non sorsero Stati indipendenti. E ora vediamo già ripètersi il fenomeno nel Pacifico. fl maggior còm. pito politico degli Stati Uniti è fare del Pacifico un mare americano. Noi siamo abituati a Jividere il mondo in grandi unità continentali; ma questa concezione va completata da un'altra; mc,lto spesso i mari con le loro popolazioni costiere formano delle unità molto più reali che non le popolazioni costiere con quelle del!' interno, del loro hinterland. Un esempio ci è dato dall'Ansa che formava tra le città costiere del Baltico e del mare del nord un legame molto più stretto che non esistesse fra queste e i paesi interni; così per gran tempo l'Atlantico nella sua parte superiore formò tra la costa europea e americana, e forma forse ancor oggi, un'unità più certa che non fra la costa americana e il suo enorme hinterland. Da questa regola non ha fatto davvero eccezione l'Adriatico. Da quando i greci si trapiantarono nell'Italia del sud sino a quando i turchi occuparono i Balcani, gli scambi dall'est al1'ovest e dall'ovest ali' est non sono mai cessati. Nel medioevo era l'ovest, era I' Italia che dirigeva il movimento sopra l' Adriatico ; ma il fenomeno divenne straordinariarnt:nte complicato pel fatto che esso non partiva da un' Italia unita, ma da due ben distinti Stati italiani, la repubblica di Venezia e il regno normanno di Napoli. I normanni cieli' Italia meridionale avevano sbarazzato il paese dai resti del movimento dall' est all'ovest cacciandone i greci, ed erano poi passati all'offensiva cercando di trapiantarsi nella riva orientale. In quattro intraprese , tra il 1080 e il 1 r 80 , essi tentarono da Vallona e da Dùrazzo - verso cui ancor oggi mirano gli italiani - di penetrare nella penisola balcanica, senza successo duraturo. I loro seguaci nel regno di Napoii, gli Hohenstaufen, i primi Angiò, e ancora alla metà del secolo .XV Alfonso d'Aragona, continuarono quella politica, anch'essi però senza fortuna. Fu una politica che contribuì a staccare durevolmente l'oriente europeo dall'occidente e a preparare la dominazione turca su terre europee. L'altra potenza italiana che guardava cupidamen.te alle coste orientali dell'Adriatico era Venezia. Venezia era diventata po- ,l: l ; ) Il ll ;, _;1 l ; con grandi interessi mercantili in tutto il Mediterraneo da Costantinopoli alle coste siriache e alt' Egitto. Per Venezia era questione vitale che l'uscita dall'Adriatico fosse sempre libera alle sue navi mercantili, come alle sue navi da guerra. Se ai re di Napoli fosse riuscito di impadronirsi della _costa orientale avrebbero potuto sempre chiudere quell'uscita, e l'Adriatico sarebbe stato un mare normanno o napoletano. Perciò la politica di Venezia aveva una traccia sicura : impedire ogni occupazione della costa orientale da parte d'un altro Stato. E infatti, salvo un'eccezione non ancora chiarita nel r 280, Venezia sostenne l'impero greco contro normanni, Hohenstaufen e Angiò e anche contro Alfonso V d'Aragona. La sola volta che Venezia partecipò a un' intrapresa comune dell'ovest contro l'est fu nella quarta crociata, ma questa volta proprio, Napoli non vi partecipò, sì che Venezia nulla poteva temere per la libertà dell'Adriatico. Per le stesse ragioni Venezia doveva anche opporsi a una espansione greca in Italia, e quando verso la metà del XI[ se colo l'imperatore greco Emanuele I tentò di riprendere verso l' Italia la politica di Giustiniano, Venezia s'affrettò a mutart: di tattica, lasciò i tradizionali alleati, i greci, e s'alleò col tradizionale avversario normanno. La riuscita della intrapresa greca in Italia avrebbe prodotto per Venezia gli stessi pericoli di>lla intrapresa normanna nei Balcani, cioè la chiusura dell'Adriatico. Le due rive dell'Adriatico non possono appartenere allo stesso Stato; questo era il maggior canone della politica veneziana - o questo Stato deve essere Venezia ste:,sa. L'applicazione di questo secondo canone pose Venezia in conflitto col regno d'Ungheria. Già intorno al 1000 il doge Pietro II Orseolo s'era chiamato duca di Dalmazia stabilendo una specit! d'alta sovranità sulle città e isole dalmatiche. Quando questa sovramtà nominale potè rendersi effettiva urtò contro i croati e poi contro i loro dominatori ungheresi. Questi volevano tenersi aperto il mare. Dopo un lungo e vario conflitto, a Venezia rimase Zara e all'Ungheria la Dalmazia meridionale. Ma la iotta risorst: quando , dal 13 ro al I 382 , due Angiò regnarono in Ungheria sì che le corone di Napoli e quella di Ungheria parvero dover cadere sotto la stessa casa, ciò che avrebbe reso a un tratto vana la secolare: politica di Venezia mirante a impedire lo stabilirsi d'una stessa potenza sulle rive dell'Adriatico. A parare il pericolo, Venezia estese rapidamente il suo dominio anche alle coste della Dalmazia meridionale. Ne seguirono quattro guèrre coll'Ungheria in cui Venezia ebbe la peggio e corse persin rischio di doversi assoggettare all'alta sovranità ungherese ; ma poi si rifece durante le guerre di successione per la corona cl' Ungheria tra gli Angiò di Napoli e Sigismondo di Lussemburgo , e nel 1420 riprese di fatto il possesso della Dalmazia che tenne s:no al giorno della sua caduta,'" sino al 1797. Venezia aveva così dopo quattro secoli di lotta raggiunto lo scopo, e per altri quattro secoli il leone 'di San Marco rimase a simboleggiare la signoria veneziana sulle coste orientali del- !' Adriatico. ♦ Ma qual prezzo dovette pagare l'Europa, dovette pagare Venezia stessa per quell'acquisto ! Giacchè fu la lotta per la Dalmazia che rese impossibile un procedimento energico e sistematico delle due potenze contro lo stabilirsi dei turchi in Europa. Re Sigismondo chiedeva che le operazioni di tt!rra delle sue truppe venissero rafforzate da una flotta veneziana nel Bosforo. Venezia rifiutò. Le pareva il suo interesse di lasciar l'Ungheria ali~ prese coi turchi; così non avrebbe avuto modo di occuparsi della Dalmazia. Pel momento la tattica riuscì; ma poco dopo le città della costa albanese, chè Venezia avea di recente acquistata, caddero in mano ai turchi ed è troppo noto come, a lungo andare, la potenza turca nel Mediterraneo, sopratutto in Egitto, abbia contribuito a scuotere le fondamenta della potenza veneziana.

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