Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XI - n. 9 - 15 maggio 1905

248 RIVISTA POPOLARE Ma questa linea di condotta non ci sembra che sia sempre nella visione e nella pratica di parecchi compagni nostri. Punto primo, di, tumulti, di resistenze violente, di confitti, di stragi, si parla un po' troppo facilmente e leggermente, con una certa crescente famigliarità di linguaggio e di pensiero che riesce, già per sè stessa, un pericolo. In secondo luogo è divenuto ormai di prammatica il buttare addirittura tutta la broda addosso alla poli 1ia, alla truppa magari apriori, in linea di previsione, prima ancora che il fatto sia avvenuto. Si è ormai così avvezzi a sentirè da parte nostra, dopo ogni sanguinoso conflitto tra forza annata e lavoratori, accentuare specialmente o unicamente le responsabilità e le colpe di poliziotti o di comandanti di soldati, che appena un nuovo conflitto si preveda, moltissimi, in piena buona fede, dicono senz' altro: - Vedrete che la polizia provocherà, che la truppa assalirà, e· che vi sarà spargimento di sangue. Ebbene, qui bisogna che tra noi ci parliamo chiaro. E' ormai tempo. La polizia può provocare, lo sappiamo; anzi provoca molte volte; e la truppa può eccedere nel suo contegno non mantenendo la temperanza e pazienza che sarebbe necessaria. Ma - oltrechè questo non sempre succede - oltrcchè non di rado (e agitatori di professione, il Morgari p. e., ce lo confossarono) ci sono delegati di P. S. marescialli di carabinieri, tt!nenti del1'esercito, che, tr_ovandosi di fronte a folle tumultuanti, sanno essere veri modelli di coraggiosa abnegazione nel raccomandare e nell'imporre, anche con proprio sacrifizio , il mantenimento della calma e l' uso di mezzi civili -, oltne a tutto questo, dato pure che provocazioni ci siano, dipende un pochino anche d~ noi il lasciarci .provocare o no, dipende un pochino anche da noi il reagire, o no , violentemente e selvaggiamente alle !'rovocazioni. E specialmente l'opera nostra di freno, di disciplina, di ini1·izione, deve esercitarsi pr:ma che le folle si addensino e che "i sviluppino in loro quei noti contagi psicologici e delirii coli ·.tivi che nessun consiglio può più domare e di cui solo la '0rza brutale e il terrore possono aver ragione. Bisogna provvedert! in tempo a fare il dover nostro. E si 1-uò. E si deve. Occorre aver del coraggio nelle riunioni ed :•ssemblee preparatorie a parlar alto e chiaro. E quando, come ,· proprio di molti operai o contadini (ed è naturale che sia, , : lta la fase arretrata di sviluppo morale di questi poveri no- ,:ri compagni), quando si sente da parecchi parlare, con manifesta compiacenza , di dar addosso a guardie e carabinieri, di pesta1· sodo, di tirar legnate, difar la sassaiuola, bisogna saper affrontare questa gente e dire a loro e a tutti - ma sul serio e con risolutezza - che queste cose barbare e disonoranti non si devono fare , che non si lasceranno fare , che si deve esser uomini e non bruti, esseri civili e non selvaggi. E, quando sia necessario, alle selvaggerie ci si deve opporre non solo còn le parole fiere, ma anche con la resistenza materiale e personale. Pochi uomini decisi , risoluti , animati da virili propositi , possono riuscire un argine o un baluardo anchè di fronte a una moltitudine, specialmente se opereranno in tempo. E ora tornando alla lettera che ha dato occasione a queste nostre parole, domandiamo: - come si può, unicamente p~rchè un prefetto - per una delle solitt! comunissime preoccupazioni poliziesche - ha creduto proibire un corteo in occasione del primo maggio, come si può" parlare addirittura di strage, quasi fosse una conseguenza inevitabile della proibizione? Ma se se ne parla sul serio, vuol dire che quella è una popolazione di dimostrazioni - quando si ha la capacità di farli civilmente, quando si ha la forza - pazientemente acquistata - di imporli al rispetto delle autorità t! del Governo, non trovano più opposizione nè molestia da alcuna parte. Ma finchè questo non avvenga, bisogna sapersi prepare l' a1n1enire: l'abbandonarsi alle violenze o il non far di tutto pe: impedirle, non lo prepara, ma lo allontana (A 1 ione socialista, 7 Maggio). ♦ Francis G. Newlands: La questione fe1·rovlaria negli Stati Uniti. -11 problema dell'ora presente è quello del monopolio dei mezzi essenziali per il comfort generale e per la generale prosperità. Fra questi monopoli il primo da trattarsi è quello dei mezzi di trasporto, sul quale ci sono tre opinioni correnti. I grandi finanzieri e i proprietari di ferrovia sono nemici dello intervento dello Stato. Il Prt!sidente e gran pa.rte dei Deputati credono che la Commissione pel Commercio tra gli Stati de! l' Unione deve ricevere i poteri di modificare le tariffe specialmente per le brevi percorrenze : un bili venne votato da recente in tale senso. Una tt!rza corrente, che acquista forza continuamente, vuole che le ferrovie passino nelle mani dello Stato. Non consento sulla opinione dei banchieri e dei capitalisti essendo troppo grande, anzi tremendo, il potere di influire colle tariffe, sullo standard (sul tenore di vita) del popolo. La legge passata con 3 2 6 contro r 7 per regolare le tariffe incontrerà grandi difficoltà per la grande differenza di condizioni tra i diversi Stati e finirà col non dare i risultati sperati. L' obbiezione principale che si fa contro il passaggio delle ferrovie allo Stato è questa : si metterebbero I ,300,000 di lire impiegate alla dipendenza del potere politico , mentre questo non potrebbe- mai esattamentt! controllare così vasta azienda. In Gennaio ultimo presentai al senato una mozione per la nomina di una Commissione che deve studiare l'unificazione e la semplificazione dell'amministrazione ferroviaria del paesè; riconoscere l'evoluzione ferroviaria; porre t;Jtti i diversi sistemi di amministrazione sotto il controllo di una leggt! nazionale ; rendere le tariffe fisse e eerte ; fissare i dividendi, in guisa che ogni incremento degli affari tenda matematicamente o a1 miglioramento delle ferrovie, o all' elevazione dei salari o alla diminuzione delle tariffe. Tali fini si devono raggiungere con i seguenti metodi: 1° Rmnione sotto unica legge nazionale di _tutte le ferrovie che esercitano il commercio tra diversi Stati. 2° Valutazione e capitalizzazione per mezzo della Commissione suddetta di tali ferrovie. 3° Revisione delle Tariffe in guisa che la loro applicazione assicuri al capitale un interesse non minore del 4 °lo· 4° Esenzione di ogni specie di proprietà ferroviaria da ogni imposta eccettuata quella sul reddito, che deve cominciare al 3 °lo e crescere progressi vamen te sino al 5 °/ 0 • Il prodotto della tassa deve essere ripartito dal Governo tra gli Stati e i territori equamente. 5° Creazione di un fondo di pensione per gl' impiegati resi inabili al servizio dall'età o da infortuni. 6° Costituzione dell'arbitrato tra le Compagnie férroviarie e i loro impiegati. Negli Stati Uniti vi sono 200,000 miglia (oltre 320,000 eh.) di ferrovie che appartegono a 2000 società ed esercitate da 600 compagnie. Ma queste sono effettivamente nelle mani di sei grandi gruppi di proprietari : Gruppo Morgan , Gould-Rockfeller, Harriman,. Vanderbilt, Pennsylvania è Moore. Le leggi degli Stati e quelle federali mirano a sviluppare la concorrenza; in realtà le compagnie sono riuscite ad eliminarla. Difatti la ferrovia o nelle mani dello Stato o in quella della istinti primitivi affatto, che ad ogni contrasto reagisce sempre private società è un monopolio naturale. Tale monopolio nello e soltanto con la violenza, una popolazione di forsennati. E si , interesse ddla generalità dev'essere regolato e sottoposto allo viene, senza volerlo, a dar ragione al prefetto che saggiamente~ j" Stato nei modi e nel senso che ho esposto e che eliminerebbero ha suputo prevenire. I i contrasti e gli ostacoli che vengono da 45 legislazioni diverse La verità è questa : che i cortei - e tutte le altre possibili' è da 45 diversi sistemi d'imposta.

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