Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XI - n. 8 - 30 aprile 1905

222 RIVISTA POPOLARE la minima idea della vera essenza della cosa, parla questo col tissimo giapoonese del meglio che la civiltà europea abbia prodotto, e con non minor disprezzo ma colpendo più giusto, contrappone al (< diabolico Nietzsche e ai suoi vani seguaci che alla ancor più vana gioventù promettono salvezza mediante l'edonismo n l' (< innato istinto d'onore n dei giapponesi. Speriamo che ciò dia un pò da pensare ai nostri entusiasti che non credono di far abbastanza presto a introdurre, fra noi l'arte e la letteratura giapponese. Insomma, l'azione europea non ha fatto che rendere le altre razze capaci di resistenza. Questo risultato è una buona lezione contro l'eccessiva valutazione , oggi di n1oda, della moderna civiltà meccanica, dell'americanismo in contrapposto al valore infinitamente più elevato della civiltà intesa come la somma dei beni morali. Nello stesso tempo s'apre la prospettiva della coesistenza di varie civiltà nel mondo. La forza interiore del cristianesimo non ne sarà tocca. Esso è infinitamente superiore alla schematica religione maometiana e allo snervante e pessimistico buddismo, e perciò destinata a vincere , ma non col frrro e col fuoco. Di fronte a tali prespettive deve rafforzarsi il senso di solidarietà fra i popoli di~cultura europea compresavi naturalmente l'America (Die Gren1,boten, 6 aprile). ♦ William Stead: Nell'Estremo Oriente. - Gli uomini di Stato russi prima di adottare nell'Estremo Oriente la politica della Guerra passiva devono considerare profondamente due cose : la possibilità che la crisi in Cina diventi acuta per la morte dell'Imperatrice, una resurrezione ~u più vasta scala del movimento dei Boxer, o una rivoluzione nel Sud. li Giappone naturalmente non dormirà. Se la Russia rifiuta la pace preferendo restare sulla difensiva, il Giappone può esser quasi certo che raggiungerà le sue ambizioni cinesi. Il suo prestigio a Pekino salirà al massimo grado , e una Cina giapponiuata diventerà possibilissima. Prima deila guerra il Feld-maresciallo Jamagata, avendo visitato la Cina espresse la sua opinione in proposito, come leggesi in un libro di Alfredo Stead, affermando che dato un forte Imperatore la trasformazione della Cina sarebbe più facile che non fu quella del Giappone, e che teoricamente ogni cosa è piuttosto avviata verso la trasformazione. I cinesi potrebbero pertanto diventare eccellenti soldati ·e, considerata l 'imrnensa risorsa d'uomini e di ricchezza che la Cina possiede, il supposto Imperatore potrebbe avere a sua disposizione la più potente armata. Ciò costituirebbe una minaccia ben grave per le nazioni vicine. - Il Feld-Maresciallo non vede ancora sull' orizzonte il forte Imperaiore da lui preconizzato; ma afferma che se la Cina _oggi non è capace di produrla ciò potrebbe accadere domani; e intanto un sostituto pro tempore potrebbe essere trovato nel Mikado. Secondo un riformatore cinese, Mr.~Sen, la Cina ~è sull' orlo della rivoluzione. Ora se il Giappone si porrà alla testa di essa che cosa accadrà ? Le··_vittorie giapponesi hanno convinto ora gli Europei dominanti nell'Asia che bisogna comportarsi ·con maggior prudenza verso i popoli soggetti. Gli Anglo-Indiani, specialmente, devono modificare la loro :condotta detestabile verso gl 'indigeni; •·e quasi per dare un segno visibile di questo cangiamento di condotta sarebbe necessario richiamar(urgentemente Lord Curzon. L'av-- vento di un ·,Governo liberale in Inghilterra deve essere immediatamente seguito :_dall'istallazione di un nuovo. Vicerè a Calcutta. - Lord Curzon cominciò bene; ma poi degenerò. Egli, contro il consiglio del suo supremo Comandante , avventurò l' r mpero :nella corsara spedizione del Tibet, e poco mancò non conducesse l'Inghilterra, in una disastrosa guerra contro l' Afgan. La sua recente spavalderia ha offeso gl 'Indiani, ed è a c~nsiderarsi come una fortuna che sia prossimo il giorno in cui sarà richiamato. Noi discorriamo con leggerezza dell'avvento del Giappone al grado di grande potenza. Diciamo semplicementt:: << Ora siamo sette potenze n poichè il Giappone è la settima. Eppure dimentichiamo un fatto grave, cioè che mentre nel mondo noi possiamo essere sette, nel Pacifico invece ve n' è una sola: il Giappone. La sovranità del Pacifico è OB@i passata interamente nelle mani del Giappone. Se questo decid6Sse di cacciare i tedeschi da Kiao-Chau o gl' [nglesi da Wei-Hai-Wei dovrebbe essere obbedito. Soltanto una alleanza Anglo-Americana potrebbe detronizzarlo. Ciò naturalmente suppone che la flotta russa del Baltico non vinca l'ammiraglio Togo. Ma la potenza navale non dipende soltanto dalla quantità delle navi guerresche; poichè la più forte flotta se non ha stazioni di carbone e basi di rifornimento è priva di potere. Il Giappone perciò ha un vantaggio , poichè nel Pacifico egli è a casa sua , mentre gli Europei vi sono stranieri. Sembra adunque che noi oggi rimaniamo nel Pacifico per tolleranza o buon volere. Ii Kaiser forse si compiace pensando al suo profetico appello personale alle Nazioni Cristiane per sollevarsi e armarsi contro il pericolo giallo. Ma ora ciò probabilmente è troppo tardi. L'ammalato di Stambul che sta sempre per morire, ma che non muore mai è una perenne sorgente d' inquietitudine per i Russi. Se almeno egli fosse abbastanza forte da sostenersi, quelli potrebbero sentirsi tranquilli. Ma chi sa che la 1ibellione degli Arabi non scoppi presto? Se il sultano non potesse più contare sui reggimenti arabi, verrebbe a crearsi una situazione per la quale la Russia sarebbe gravemente impacciata dal trovarsi in guena anche passiva nell' Estremo Oriente. La guerra con la Bulgaria può scoppiare da un momento al!' altro. E se i rivali della Russia approfittassero di una catastrofe per installare un principino germanico a Costantinopoli che cosa essa potrebbe fare? La situazione deve essere considerata con molta prudenza; e benchè la bilancia del vantagg;o sembri inclinare verso la resistenza passiva , tuttavia questa si presenta carica di pericoli formidabili (Review of reviews, Aprile). ♦ Siegmu11d Kaff: An~tr!a-Ungheria o Austria e Uug·beria. - Da quando l'industria austriaca s' è accorta che le correggie con cui l'Austria e l' Ungheria si vogliono tenere unite debbono esser tagliate sulla sua pelle, s'è fatta inquieta. Questa nuova prova di patriottismo supera i limiti del possibile, e la situazione è oltremodo tesa. L'unione austro-ungarica rovina perchè era costruita su tre menzogne : primo, la menzogna dello stato unitario, mentre in realtà si tratta di un conglomerato di frammenti di stati con le più grandi differenze d' interessi politici, economici, nazionali, tenuti insieme a mala pena da un pò di colla dinastica ; secondo, la menzogna della parità, mentre è chiaro per tutto il mondo che l' Ungheria era ed è la parte privilegiata; terzo la menzogna del b. costituzione che, per l'Austria almeno, non è che assolutismo mascherato. È un miracolo che la convenzione del 1867 su tali basi si sia tenuta dritta sinora. Oggi la sua forza di resistenza è esaurita. L'Ungheria chiede l'intera autonomia, la sostituzione delle antiche forme di unione con altre che diano maggiore indipendenza ai due stati. A ciò si oppongono in Austria i giallo-neri, corte ed aristocrazia. Temono un indebolimento della posizione di grande potenza della Monarchia e s'aggrappano perciò alla finzione dell'esercito comune. In realtà già oggi tutta la comunanza nell'esercito s'è ridotta alla lingua del comando, la tedesca ; la milizia tehitoriale ungherese è una truppa organizzata nazionalmente e sqttoposta al parlamento ungherese. Tanto più tenacemente va conservato quel resto di comunione. La dinastia è. pronta a sacrificarle l' industria austriaca. Cioè l' un•one doganale austro-ungarica

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