214 RIVISTA POPOLARE Facciamo propaganda della lingua! E butta quattrini, per far fiasco. Scuole e imprese sono fattori della colonizzazione, e debbono essere opportuni e adatti. Ma non si farà nulla di organico. Il primo male è la < carriera interna > al Ministero degli Esteri. Affari, in ultima analisi, affidati a gente che non ha mai viaggiato e non sa niente di niente. I Malva.no, i Barilari, i Vaccai, gli Scalabrini, sono la peste del Ministero degli Esteri. X ..... ha viaggiato, rua io non intendo dire, per viag giare, moversi da un luogo ad un altro, ma impm·are. Egli è il peggiore di tutti. Bugiardo sempre; col ministro, coi deputati coi maestri, coi consoli ; bugiardo · nei rapporti, e nel!' annuario. Da pag. 63- alla 72 del sno discorso. Lei dice chiaramente che non crede ai dati che riporta. Quelli del sud del Brasile sono ributtanti: perchè basterebbe un poco di buona volontà e di onestà per dire cose sopportabili. Ma lo Scalabrini è semplicemente un uomo che non fa altro che servire come può alla Santa Madre Chiesa. La miseria della e Carriera Interna • apporta la miseria della e Carriera Consolare >. Gli inetti e gli idioti della Carriera interna corrispondono, in nome di Sua E. il ministro, coi regi Consoli, i quali , per andare avanti debbono secondare e obbedire alla Eccellente inettitudine e cretineria di quei signori della Consulta. Pessimo il lavoro del ministero degli Esteri: pessimo il lavoro del Co:nmissariato. Pessima la direzione delle Scuole all' Estero, pessima l'attitudine dei consoli ver le scuole - Vanità e nient' altro - Tutta roba inutile. Quando concepirete organicamente la Uolonizzazione? Quando avrete mandato a far friggere Malvano e Barilari e i Vaccai e gli Scalabrini ecc. ecc.? Allora ne riparlaremo. Per intanto converrebbe impedire che il Commissariato desse un soldo a chicchessia e bisognerebbe provvedere perchè fondasse, dove crede, e come può, da sè, qualche scuola degna del nome. E bisognerebbe che sorgesse un bel Banco di Credito per la Colonizzazione. Sede a Roma. Filiali dove sia necessario. Le imprese non servono a niente o, se mai , al profitto dei capitalisti. E poi, non sono possibili, nè convenienti. I resoconti del Consiglio di Emigrazione mi han fatto cadei-e le braccia. Non avrei immaginato possibile una. tanto incommensurabile incompetenza negli onorevoli membri - nessuno escluso. Ed anche i migliori uomini politici sono fuori strada, e dilettanteggiano ! Voglfono le scuole ! Vogliono le imprese di Colonizzazione! Vedrà ! Le avranno I Intanto gl'Italiani all"estero aspetteranno i benefizi che non verranno e si dovranno accontenta.re di possedere in America. qualche centinaio di ettari di terre, molte pecore, galline, porci, e vivere di agricoltura, e vi aspetteranno tranquillamente, che i ferrovieri sommuovano continuamente la vita italiana; e che i Giolitti appaiano i più grandi parlamentari d'Italia dopo Camillo Benso; e, ~i tanto in tanto, il prof. Colajanni parlerà anche lui della lingua e della coltura di Dante! Non importa. Le voglio bene sempre lo stesso, e, con tutta la vecchia devozione che sa. Facciamo pace, malgrado Dante, e si pigli il mio più forte abbraccio. Suo X. 1111111111111111111111111,1111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111 Il Bilancio di Agricoltura iR rapporto aibilanciesteriedaliecondizioni economiche delpaese (cont. v. num. 7, anno XI) Commercio della produzione Ed ora per completare il quadro riassuntivo delle condizioni della nostra agricoltura, non ci rimane che dire qualche cosa del commercio della nostra produzione. S'intende che parlando di commercio di produzione noi vogliamo esclusivamente riferirci alle merci che superano il consumo interno e che sono oggetto di richiesta da parte degli altri paesi. Il vino è uno dei prodotti principali che forma oggetto del nostro commercio. Fin' ora non si è badato che al commercio con l' estero, fosse perchè le richieste di vino da parte dei mercati esteri avendo coperto per lo passato l'eccesso del nostro consumo, aveva distolto i nostri produttori dall' occuparsi del mercato interno. Prima del r 888 il commercio vinario italiano si diriggeva quasi tutto in Francia, la quale ne importava dal!' [talia oltre 2,730,000 di ettolitri. Oggi invece il mercato francese è completamente perduto, non solo, ma la Francia è diventata nostra concorrente sui mercati svizzeri e tedeschi. Però al mercato francese che c' era sfuggito ne avevamo sostituito un altro; quello Austro-Ungarico, oggi anche questo perduto. Nel 1892 dopo la stipulazione del trattato commerciale e l'applicazione della nota clausola, l'esportazione italiana era salita da quintali 30,000 a quintali 473,415 per arrivare a quintali 1,505,203 nel 1898. Ma nello stesso tempo l'Ungheria andava rapidamente ricostituendo i suoi vigneti e per la nostra esportazione incominciò il periodo decrescente fino a dover perdere quel mercato anche per l'abolizione della clausola, in seguito alla pressione dei viticultori indigeni verso il proprio governo, Adesso ci rimangono, in linea assai limitata, i mercati svizzero, tedesco e americano che non possono supplire al di più del consumo interno. Ma anche in questi mercati la nostra esportazione è sempre in diminuzione per la concorrenza dei vini spagnuoli e francesi, che vengono ofterti ad un prezzo più basso dei nostri, e per l'impianto di estesi vigneti in California. Anche il commercio dei nostri agrumi si trova nelle identiche condizioni del prodotto precedente. ·Era il mercato degli Stati Uniti che prima assorbiva la grande maggioranza del nostro prodotto; ed oggi non solo quel mercato c'è venuto meno, ma minaccia d' invadere con i prodotti propri i mercati europei. Però abbia111.oconquistato il mercato austro-ungarico ove la nostra esportazione è sempre in aumento e potremmo non solo mantenere ma invadere addirittura i mercati della Germania ove il solo consumo degli aranci si calcola adesso a 412,846 quintali, vuol dire a 330,276,800 frutti, mentre la nostra esportazione complessiva di aranci e limoni non è che di quintali 227,000 circa. Potremmo ancora conquistare il mercato inglese, ove il consumo degli aranci e del!' agro è in aumento continuo; anzi dal 1885 al 1899 la importazione è raddoppiata, arrivando nel 1899 a 10,238,429 bushels, cioè a 18,500,000 centinaia di frutti; vuol dire alla metà circa del1' intera p1·oduzione italiana.
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