Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XI - n. 8 - 30 aprile 1905

206 RIVISTA POPOLARE ed ai convinti sostenitori del materialismo storico. Nè difesa, nè condanna , nè chiarimento del pensiero proprio di Filippo Turati sul dibattito potei trovare nella Critica sociale ultima; dove non c' è che un'abiie schermaglia suìla responsabilità dell'ultimo sciopero ferroviario; e data l'autorità morale e intellettuale del rappresentante per Milano , cui non mancò mai il coraggio di affrontare l'impopolarità, sarebbe bene che egli facesse conoscere come la pensa , perchè la quistione sopita oggi ritengo, che risorgera. Nella stampa socialista , intanto, non si discute soltanto sulla giustizia della causa dei ferrovieri, sulla opportunità dello sciopero ec. ec. Ma si trova modo di punzecchiarmi o di vituperarmi con una audacia superata soltanto dalla malignità. Chi mi punzecchia, ad esempio, è il Tempo; chi tenta bassamente vituperarmi è l'Avanguardia socialista. Il Tempo con leggerezza rara in due numeri (22 e 26 aprile) afierma che mi sono costituito gran difensore dei banchieri, della moderateria, del capitalismo privato, del capitalismo di Stato ecc. Passi pel capitalismo di Stato, se per questo s'intende l'interesse dei contribuellti e delle collettività. Se in altro modo possa intendersi me lo spieghi Claudio Treves , e saprò regolarmi: mi difenderò o mi correggerò ... In quanto alla difesa del capitalismo privato, dei banchieri e delia rnoderateria so di non averla mai fatta; e l'accusa da un galantuomo dovrebbe essere documentata. Si difendono i banchieri e il capita-- lismo privato propugnando il p,1ssaggio delle ferrovie dalle Società private al lo 5tata ? Se cosi fosse sarei realmente colpevole perchè sostengo tale passaggio da ventun anno. In· questo caso non sarei io solo il colpevoJe, percbè tutto 11 gruppo parlamentare socialista è di accordo con me su questo. Nè dissente in modo alcuno per quanto io mi sappia, la stampa del partito. Il Tempo poi mi obbietta, che se le ferrovie rendono poco per colpa delle ladrerie commesse nelle costruzioni - e che più volte flagellai nella Ca mera, nella 'R._ivista e in opuscoli conosciuti - le conseguenze non devono sopportarle i ferrovieri. Chi lo ha mai preteso? L'obbiezione avrebbe qualche fondamento se ci fossero scrittori, deputati, ministri, che avessero proposto la riduzione dei salari e degli stipendi dei ferrovieri. Non ci sono, che nella mente di coloro che artificiosamente tentano la difesa della causa dei ferrovieri. Lo Stato a·girebbe incivilmente e odiosamente se tenesse i sabri e gli stipendi dei ferrovieri al di sotto di quelli delle corrispondenti categorie dei lavoratori liberi, per non aggravare le perdite dell'azienda propria, che sarebbe alia fin fine l'azienda di tutti. Ma ho dimostrato che ciò non è che i ferrovieri, oltre diversi altri vantaggi, non piccoli, godono di sa lari e di stipendi sensibilmente superiori a quelli delle rispettive categorie di lavoratori liberi. Nè , infine, occupandomi di questi ultimi intesi mai - e sfido Il Tempo a trovarmi in contraddizione - livellare i salari e gli stipendi Jei ferrovieri a quelli dei contadini. Paragonai i contadini soltanto coi cantoI1ieri; e pel paragone nessuno ha saputo darmi torto e tutti trovano che riesce a vantaggio dei secondi. Ed ora dal campo deila discussione entriamo, superando la nausea che mi desta la cosa, 11l quello del vitnperio. Chi ha tentato vituperarmi bassamente è stato Arturo Labriob; e tanto· stupidamente l'ha fatto, che mi crederei dispensato dal rispondere se egli alle sue laide espettorazioni con placards appositi non avesse fatto una larga rèclame. Leggo e rileggo l'articolo e non so darmi ragione del fatto , che pDsso spiegarmi con tre ipotesi: l. 0 bisogno e desiderio di rèclame parassitaria ; 2.0 bisogno di rinverdire in Mihno le sorti del rivoluzionarismo in ribasso e desiderio di farsi perdonare la campagna denigr:itoria contro Turati con un' ~ltra contro di me meridionale, neila vana e st:.1pida speranza di renderh :1ccetta ai settentrionali ; 3.0 perturbamento mentale transitorio da epilessia larvata. Delle tre preferisco l' ultima spiegazione ; e chi mi conosce da q uèsta ipotesi comprenderà, che io per un momento , per indulgere verso un antico amico, accetto le teorie lombrosiane per ispiegare i fenomeni morali o meglio immorali. Arturo Labriola con istudiato rammarico , per rendere più efficace il tentativo denigratorio, fa sapere ciò che sinora aveva tenuto nascosto : l'affetto e- la stima , di cui aveva circondato il nome e la persona mia. Ved·remo che si tratta di raffinata ipocrisia. Sui nostri rapporti t, verità è g uesta : egli lavorò per me e ptr Li Rivista e credo che l'affetto lo abbia misurato sempre dalla rimunerazione, pur troppo, sempre non lauta e di cui egli, faute de mieux, :--i contentava. Ne ammirai l'ingegno pronto; ma per vari motivi non mi mostrai mai ammiratore del suo orattere. Labriola dichiara essersi considerato come mio discepolo. Non me 11' ero mai accorto ; e se fosse sincera la dichiarazione attuale e non dovesse fare maia compagoi,1 a quelle sull'affetto e sulla stima, che mirano solo a dare maggior credito al tentativo di vituperazione, dovrei confessare che mi sono sinora ingannato sul suo ingegno. Solamente un imbecille , avendo spiccata tendenza anarchica, poteva illudersi di essere discepolo di chi ha combattuto sempre l'anarchia e che non ha mai nascosto la tendenza contraria che egli chiama autoritaria e che a me piace considerare semplicemente antianarchica. Arturo Labriola mi chiede se per la campagna fatta nella quistione ferroviaria nulla veramentt mi turbi e l' opera rnia 1ni soddisfi come un dovere compiuto. Ecco gu;ì: non turbamento, ma dolore ho provato per l'opera mia; percbè non ci si distacca da persont e da gruppi coi quali pr.r tanti anni si e stato insieme e di cui si sono difesi con si;:-;.cerità e con entusiasmo gl' interessi leciti senza provare una strett:l al cuore. Ma ia mia coscienza è tanto serena , che , anche se mi fosse mancato il plauso di tutta Italia, tornerei a compiere il mio dovere con la stessa sincerità e collo stesso ardore che metto nel combattere gli errori scientifici; che misi nel combattere gl> inizi dei Fasci e nel difenderli dalla iniqua repressione; nel denunziare i ladri della Banca Romana; nei con tra stare le follie militaresche e coloniali; nel denunziare le ingiustizie del Nord verso il Sud, nel propugnare l'avvicinamento colla repubblica francese; nel difendere il dazio sul grano ... Tornerei a porvi lo stesso ardore e la stessa shcerità perchè l' uno e i' altra sono il prodotto del

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