RIVISTA POPOLARE 185 Il Bilancio di Agricoltura inrappoartiobilanecsi teeridaliecondizeiocnoinomiche depl aese Le condizioni dell'agricoltnra italiana fl momento storico che attraversiamo non è certamente caratterizzato dalla pace e dalla floridezza economica : chè anzi noi ci troviamo oggi impegnati in una lotta faticosa contro alcuni fattori che , mentre da un canto , determinano un aumento prodigioso della potenza produttiva, cagionano, dall'altro, una grave depressione agricola ed industriale. Questo stato di cose, che viene comunemente espresso con le parole (< tempi critici n non è particolare ad una sola nazione, non opprime un dato popolo, ma pesa , triste e opprimente su tutti i paesi , sieno essi retti a regi~e teocratico o democratico , con grandi c:::sercitio con piccoli eserciti ; con sistemi liberisti o con protezionisti, con moneta cartacea o con moneta metallica. Una causa comune determina la manifestazione di tutti i disagi che affliggono il mondo civile, di tutti i disquilibri stridenti che:: travagliano la società; le classi lavoratrici, oppresse dalle sofferenze , dalla miseria, dalla mancanza di lavoro ; le classi ricche, agitate dalle difficoltà pecuniarie e dall'incertezza del domani; le classi industriali minacciate dall'instabilità della condizione; i capitali inattivi ,ammassati negli scrigni; le merci invendute giacenti nei magazzini. Questa contraddizione permanente con cui si svolgono presenti fenomeni sociali è il grande enigma dei nostri tempi. E per quanto grande sia l'attenzione degli uomini di Stato e feconào lo studio degli scienziati nel ricercarne le cause e nell'indicarne il rimedio, pme esso non ha finora ricevuto la giusta soluzione. Vi è chi attribuisce la crisi ad un eccesso di consumo, e chi invece ad un eccesso di produzione, chi ali' abbondanza e chi alla mancanza di capitali, chi agli orrori delle guerre e chi allo sviluppo delle vie di comunicazioni , ed alla cderità <.ki mezzi di trasporto , chi al manometallisrno e chi aIlo sviluppo Jel macchinismo. Pure l' azione deprimente non si mostra dapertutto con la stessa intensità , nè tutti i paesi ne rimangono ugualmente schiacciati. Là dove esiste una classe capace, non solo di resistere, ma di mettere in essere tutti i portati della civiltà per attenuare con l' attività, coli' industria, coll' agricoltura e col cornmercio, i danni della crisi, non può ivi manifestarsi alcuna tendenza verso una depressione maggiore. Non in Germania, non in Inghilterra , non in Danimarca, nè nel Belgio, nell' Olanda, nella Svizzera , nella Francia e negli Stati Uniti, ma è nella Spagna , nella Grecia , in Italia che la crisi si manifesta nella forma più acuta e più penosa. · E poichè la nostra Nazione è nazione prevalentem.ente agricola , perchè le industrie , qua e là fiorenti nel Setten_trionè, son ben poca cosa di fronte all'immenso suolo italiano favorito dal clima, e alla grande varietà dei prodotti_ , è appunto nelle condizioni dcli' agricoltura che dobbiamo ricercare le cause della nostra inferiorità di fronte alle nazioni più progredite. ~ La condizione <leg·ll ag·ricoltorl , In Italia, l'industria della seta , quella ciel cotone e della~ lan.a , industrie tutte accentrate in Lombardia , in Piemonte,\ nel Veneto, nella Liguria e nella Toscana, danno lavoro a circa 282 mila persone fra donné e maschi. Invece , escludendo i fanciulli sotto i nove anni, 9,500,000 uomini e donne vivono esclusivamente sull' agricoltura ; alla cui cifra aggiungendo i ragazzi , i vecchi, gl' inabili al lavoro e le donne che non prendono parte al lavoro, corrisponde una popolazione di r 5,500,000 cfi agricoltori. Di più essendovi ancora circa 4 milioni di proprietari di cui più di .1 ,400,000 coltiva.nti le loro terre, si può calcolare che oltre 19 milioni d'abitanti, il 65 °lo della popolazione, vivono quasi unicamente dei frutti della terra. È quindi nei colti~atori della terra che la Nazione italiana deve attingere la sua forza e prosperità; dalla ricchezza di essi dipende la floridezza del bilancio finanziario; dalla miseria di e~si invece ne scaturisce la meschinità delle risorse e la debolezza del paese. -- La pellagra e la malaria, malattie che colpiscono la popolazione rurale, sono il primo indice delle condizioni sanitarie della nostra popolazione agricola. La pellagr!1 infierisce nel Veneto, in Lombardia e nell'Emilia; la malaria nel Mezzogiorno d'Italia è nelle isole. Nel 1899 vi erano ancora in Italia oltre 72 mila pellagrosi, e in quell'anno 3835 morirono per questa malattia. Nel 1900 sono morti di malaria 14,820; e nel periodo dal 1888 al 1900 ne sono morti 132,671. Invece di diminuire, questa terribile malattia, tanta avversa ad ogni progresso agrario, è in alcune provincie in aumento, ed è causata dalle insufficienti sistemazioni di terreno, e resa più violenta dalla deficiente alimentazione dei coltivatori. La Svezia, la Norvegia e la Danimarca , nazioni piccole, prospere e felici non hanno che una mortalità media annua che varia eia 15 al 1 7 per ogni I ooo abitanti. Nella Gran Bretagna e nell'Irlanda dove così densa è la popolazione e così avverso il clima, la 111.ortalità si a1Testa a 18 per rooo. Nella Svizzera è del 19; in Francia ed in Germania del 22 per rnoo. Ma in Italia, nella nazione del clima dolce e della terra fertile, la mortalità raggiunge le cifre più alte, essendo del 24 per I ooo. - La emigrazione italiana, quasi tutta di agricoltori, è un altro indice delle tristi condizioni delle nostre popolazioni rurali. Nd 19or gli emigranti erano 352_,782, ma nel 1901 divennero 633,245. Di questi molti sono emigranti temporanei, e sono oli ao, icoltori dell'Italia settentrionale e centrale che cercano t, t, per pochi mesi dell'anno lavoro all'estero, ma molti altri sono emigranti permanenti e sono gli agricoltori del Mezzogiorno e della Sicilia che abbandonano per sempre la patria per andare nelle lontane Americhe , ove adesso si provvede con leggi ali' esclusione degli emigranti analfabeti. Poichè, disgraziatamente il nostro primato non si restringe alle pessime condizioni sanitarie, al numero degli emigranti, ma si allarga all'analfabetismo. I el 1900-1902 gl'italiani meridionali arri vati ai porti americani da vano una percentuale del 48 °/0 di analfabeti, essendo così i primi nell'ordine dell'analfabetismo, esclusi i pochissimi emigranti turchi. Deficientissima è poi l'alimentazione della nostra popolazione rurale, in prevalenza fat_ta con cibi vegetali. Il pane è cli gl'anturco nell'Italia settentrionale, centrale ed in alcune provincie della meridionale; è di frumento in Sicilia. Nel mentre in quasi tutte le nazioni il consumo annuo individuale di frumento è cresciuto enormemente, in Italia e nella Russia solamente è rimasto stazionario. In Inghilterra il consumo annuo individuale è calcolato ad ettolitri 2, 3; in Italia invece non è che di ettol. 1. 2 per anno. Il consumo invece di accrescere come è avvenuto nelle altre nazioni, è diminuito ie si deve prestar feJe alla statistica la quale calcolava il consumo medio : annuo di grano ad ettolitri 1.79 nel periodo 1870-74; 1.48 'nel periodo r 870-74. Il consumo complessivo di tutti i cereali •poi era calcolato ad ettolitri 3 per abitante nel 1870-74; discese ad ettol. 2.64 nel 1873-83; a 2.49 nel 1879-93. Ben misera cosa quando lo si paragona a quello ,kgli Stati Uniti, di ettol. 7. 1 o per abitante tra solo frumento e granturco. Fra gli 8258 comuni del Regno d'[talia, in 1700 circa il frumento è quasi sconosciuto. M~ggiore poi è il nostro contrasto con gli altri paesi, nell'alimentazione della carne. In Inghilterra il consumo medio per abitante è di K. 52, in Italia invece solo nelle grandi città il consumo raggiunge i Kg. 42, mentre in più di 4900 comuni l'uso della carne è scarsissimo o quasi nullo. Lo stesso deve dirsi del vino, alimento sconosciuto a mol-
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