RIVISTA POPOLARE 143 in questo paese gran numero di emigranti della buona specie, da qualunque paese essi provengano. Ma noi-_ questo si desidera, e chi non lo desidererebbe?-li voglia1uo sani di co1-po e di mente e sopratutto di carattere quieto , in maniera da mantenersi buoni cittadini e da potere inculcare ai loro figli e nipoti sentimenti di giustizia, di equità e di dovere. > Nessuno può dire che Roosevelt abbia torto se vuole gl' immigrati sani di c01-poe di mente e SOp?'atutto di caratte·re quieto in manie1·a da mantenersi buoni cittadin1'.; ma è certo che lo scopo principale del regolamento della immigrazione è quello di diminuire la concorre11za che gl'immigrati fanno agli oµerai urbani e delle industrie. Se gl'immigrati potessero essere diretti verso le terre ancora incolte del vaRt.issimo territorio della. repubblica gl' inconvenienti sarebbero in gran parte evitati e cesserebbero, ne siamo sicuri, gli allarmi e le preoc~upazioni di Roo!'levelt e di tanti altri nord-americani. Intanto non dobbiamo nasconderci che i governanti italiani devono far di tutto per rendere migliore l'emigrazione ; e cure speciali si devono sempre rivolgere alla lotta contro l' analfabetismo, eh' è il maggior nemico della nostra emigrazione. Su questo proposito abbiamo letto con interesse un articolo vibrante di patriottismo sanò di O Dondero nella Rassegna Commerciale di San Francisco di California, nel quale s'insiste energi . :amente ::rnlla assoluta necessità di diffondere l'istruzione tra gli emigrati italiani, per non farli perdere completamente alla seconda generazione alla patria italiana e della civiltà latina. Ed è questo il tema svolto ampiamente nella pubblicazione di Oolajanni : La Dante Alighieri e gli emigrati. E ra~comanda con grande calore il Dondero di assistere all'arrivo in America gli emigrati italiani e d'illuminarli e di renderli meno diffidenti , specialmente se passerà la legge 8immons per lo stabilimento di un Ufficio nazionale d' i nformazinni , con ramificazioni in ogni Stato, onde tenta.re di far distribuire l'immigrazione nei distretti rurali dell'Unione. In questo senso dovrebbe anche spiegarsi energica ed oculata l' azione del Commissariato per l'Emigrazione, che non ha trovato ancora il suo nomo, cioè. il suo direttore definitivo. Tale certamente non può con• siderarsi il Vice-Ammiraglio Reynaudi , che sarà un gran galantuomo, come assicurò il ministI\• Tittoni in risposta a Bissolati, che aveva deplorato la sua nomina a direttore p1·ovvisorio; ma che certamente por. terà in quell' ufficio tutta la r,esantezza- e la rigidità della burocrazia e del militarismo. ♦ Le palle umanitarie ....- Si sa che la maggior parte delle nazioni civili col trattato del 1868 sottoscritto .... a Pietroburgo si obbligarouo in caso di guerra tra loro a non adoperare le così dette palle esplosive riconoscendo che l'obbiettivo dell'arte della guerra si deve limitare a quello di mettere l'avversario fuori combattimento colla minor perdita possibile di vite umane. La convenzione di Pietroburgo forse non è stata sempre scrupolosamente rispettata; i B'.)eri, ad esempio, nella loro guerra coHtro l'Inghilterra accusarono ripetutamente la loro avversaria di fare adoperare dai suoi soldati le palle dum-du,n , che facevano orribili deformanti ferite. I Russi anch'essi banno rimproverato ai Giapponesi di aver adoperato nella guerra presente delle palle esplosive ; ma nn inchiesta fatta e le dichiarazioni raccolte dal Voienno medicinsky Joiwnal ( Gio1'nale d'i medicina militm·e, N. 0 di febbraio 1905) esclude il fatto. Si è assodato anzi dai medici militari russi che i feriti dalle palle giapponesi dei fucili a piccolissimo calibro guarivano rapidamente e in grande numero anche quando vi fossero perforazioni del torace ed altre ferite gravi. Queste palle perciò meritano, dice il Oom·ier Europèen il nomignolo paradossale di ..... palle umanitarie. Se le palle giapponesi non mietono molte vite umane però, ci sono la miseria e la ca.ngrena di ospedale, eh~ uccidono a decine di migliaia i poveri feriti russi. La descrizione che fa Barzini delle loro sofferenze e della moria nelle corrispondenze al 001·rieredella Se1·a desta orrore. La ferma di due anni in Francia. - Nella v1cma repubblica , senza che ci 8ia.no state vive opposizioni, la Camera dei Deputati ha approvato la riduzione della ferma a due anni, che era stata già approvata dal Senato. Questa riforma, in una al reclutamento ed ali' organizzazione territoriale, viene domandnta. da molto tempo anche tra noi dalla parte democratica del paese, che vi scorge un primo passo verso il sistema della ncizione m·mata, col quale, come disse Carlo Cattaneo, tutti dovrevbe1·0essere militi, nessuno soldato. L'adozione della ferma biennale in Francia siamo sicuri , che farà fare un gran passo alla quistione in Italia; poichè è evidente che se potè essere accettata. senza pericolo al di là delle Alpi, dove molto o poco, con sincerità o con mire partigiane di politica interna si parla di revanche contro la Germania, a fo1·t·iori potrà essere introdotta tra noi. E in Francia alla riduzjone della ferma si è venuti nel momento in cui il Reichstag, non ostante il brillante e vigoroso discorso contrario di Bebel , votava nuove spese militari, specialmente in pro dell' aumento della cavalleria e della ai-t,iglieria, che renderanno ancora più formidabili gli armamenti , di già preponderanti su quelli francesi, dell'Impero Germanico. E il discorso Bebel è venuto in momento opport11no µn sfatare i moderati francesi che astutamente esaltavano il patriottismo del socialista tedesco per combattere J aurès. La riduzione della ferma a due anni in Italia, infine, · s' impone per mettere in armonia i fatti colle leggi. Chi non sa che in realtà con licenziamenti anticipati o con ritardati arr,wlamenti alla fer ua legale si fa una riduzione , che viene imposta dalla nece:;si tà di provvedere al mantenimento dei dodici corpi di armata col cosi detto bilancio consolidato, che serve soltanto a consolidare la nostra debolezza? Noi ci auguriamo , perciò , che b proposta risorga vigorosa nel paese e nella Camera aiutata da quei militari, i quali, come il generale Ma.razzi, sono animati dallo spirito moderno e non da q11ello che animava i vecchi froupiers, che nella caserma credevano formare i buoni soldati. I buon i solda ti sono quelli capaci di grandi sacrifizi e che si battono valorosamente. La guerra boera e quella russa-giapponese sono state più che bastevoli per dimostra.re come si formino i buoni soldati. ♦ In difesa della Calabria. - Nel Resto del Oa1·lino di Bologna troviamo questa lettera del Prof. Bernardino Alimena , valoroso insegnante di diritt-o penale, che ci dispensa da ogni commento e al CPÌ significato questa Rivista, che a suo tempo prote~tò vigorosamente contro gli errori diffamatori del cultore massimo del1' antr0pologia criminale, si associa. Aggiungiamo soltanto che la frase dev'essere sfoggita inavvertitamente all'on. Fortis poichè se vi avesse postP mente egli, che di un calabrese, l'on. Colosimo, è amico intimissimo non l' avrebbe pronunziata. La facilità colla quale , però, viene pronunziata tale frase dimostra la necessità di distrnggere i pregiudizi, che corrono ancora in Italia per talune regioni del mezzogiorno. Per tale motivo uoi riproduciamo la lettera dell'Alimena:
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