Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XI - n. 4 - 28 febbraio 1905

RlVlSTA POPOLAR~ 107 zione è in rivolta; sono_ io rivolta gli studenti contro i maestri, gli op~rai contro i padroni, gli impiegati contro Io Stato i soldati contro gli ufficiali ! Ora innanzi ai progressi di questa politica e all' appat·izioue de' suoi effetti più vi,,ibili, il re sembra raccogliersi in una neutralità rigidamente imparziale, che attua per la prima volta qu·ella finzione giuridica, di solito cosi chimerica, del re costituzionale che regna senza governare. Non è venuto a cognizione del pubblico-pet· quanto almeno so iones_sun atto, che mostri l'intenzione nè di frenare nè di incoraggiare questa politica. Ma questa neutralità imparziale potrà prolungarsi inde.fini ti yamente ! Io non lo credo. La forza delle cose è troppo grande. Gli effetti di questo universale dissolvimento hanno già incominciato a ripercuotersi anche sulla monarchia. Il re aveva, ad esempio, accennato da principio alle linee di una nuova politica. estera, alla quale non erano estranei propositi dt espansione o almeno di più attiva inframmettenza. nei Balcani e nella Alri9a settentrionale ... Ma ha dl)vuto r10unciare a tutto negli ultimi tempi. Come può tma nazione che si tt·ova nelle condizioni di disot·diue interno, in cui noi ci troviamo, impegnarsi in qualche imprusa estera che richieda tempo e perseveranza 'I D'altra parte la diuoluzioue evidente dell'esercito deve risvegli:lre nel suo capo supt•emo preoccupazioni singo!armentu gravi. Inoltre questa neutrniità, se in CtJrte questioni è facilmente capita dal pubblico, in allt·e diventa quasi i~esplicabile ai più. E' possibile, ad esempio, che a tutte le questioni personali, politiche, g,ur,diche ed amministt·ative, a cui ha dato luogo la lotta per la inchiesta sulla marina, continui a restat· estraneo chi è il sommo monarca f Questa neutralità dovrà presto o lardi finire, mostrando ancora uua volta la va,;1,ità delle for,nult! costil·r,1,zional·i. E allora la monarchia pott·à scegliere t.ra tre politiche. Pott·ebbe, come fece Umberto agli ultimi tempi, sostenere con la sua iufluenza preponderante una politica più dichiaratamente conset·vatrice, appigliandosi ad un partito molto pericoloso. Pot1·ebbe cercat· di frenard la forza di questi interessi oligarchici, tendendo la mano davvero alla opposizione popolare, e appigliandosi a un portito ancor più temerario del primo, che richiederebbe una energia, un coraggio, un ingegno veramente grandissimo e il favore di circostanze propizie. Potrebbe infine favorire con 11 suo influsso questa politica del dissolvimento universalt,, aiutando gli uomini e i ministeri che li rappresentano a superare le difficoltà che prosto o tardi incontreranno: impresa più facilti e in apparenza rneno pericolosa, se pure in realtà più pericolosa di tutte. Quando il disgusto e il malcontento che sono l'effetto naturale di una politica di cosi continue e audaci mistificazioni, genereranno la prima grande crisi di questa politica; quando parrà imporsi il dilemma - o politica più schiettamente reazionaria o politica schiettamente popolare - sarà venuto il primo momento ct·itico del nuovo regno. Il re si troverà a un cime~to _grave e decisivo. Disgraziatamente a un cimento ancor più grave si troverà la nazione; perché se ora si può nutrire ancora- qualche speranza di interrompere i progressi di questa politica, prima che abbia ridotta la nazione nelle condizioni della Cina, ogni speranza sarà perduta se la monarchia appoggerà •!On tutta la sua influenza questa politica. I difetti e gli et·rori della nazi,,ne hanno posta la dinastia in condizione di non poter fare che con grande difficoltà una diversa politica; ma questo a sua vJlta toglierebbe per lunghi anni alla nazione ogni speranza di rigenerazione. La situazione contiene in sè qualche cosa di tragico, che gli eventi esplicheranno. (Divenire Soc.iale, 15 feburaio). ♦ Conte Okuma, ex primo ministro del Giappone: ProbJeml g:tapponest. - Gli st1·anieri cadono spessissimo nell'errore di credere che la civilizzazione del Giappone sia cominciata solo quando il paese fu aperto alle inliuenze delle idee e delle istill~zioni occidentali. fo altri termini, essi immaginano che il Giappone abbia solo quarant'anni di vita, e che il progresso fatto durante questo pet·iodo non trovi. uasi più profonde ed antiche. Movendo da questo punto di vista, essi credono, e non a torto, che il processo di civilizzazione sia stato troppo rapido per potsr essere stabile e pet·manete. Credo, però, che essi cadano in errore, perchè la vera civilizzazione del Giappone è comiociala mille e cinquecento anni or sono. Qnindi l'apertura del paese alle idee straniere trovò il Giapp_one in uno stato intellettuale, già maturo ad accogliere le istituzioni occidentali. Prima di mille e cinquecento anni or sono, cominciarono ad infiltrarsi nel Giappone gli elementi della civ;ltà Indiana e Cinese. B notevole, però, che tutto quanto il Giappone asso1·bi da qut!sta civiltà divenne poi essenzialmente giapponese. La religione e l'at•te delta Cina e dell'India assunsero caratteri particolari importate nel Giapponese. Come tutte le altre nazioni isolate, quando son venute a contatto con il mondo esterno, il Giappone resistette dapprima strenuamente contro qualsiasi tentativo di inget·enza straniera. I suoi primi sforzi furono diretti naturalmente ad impedire la entrata degli stranil:lri nel Giappone. Dopo la spedizione del Nord-Americano Contrammiraglio Perry i giapponesi si convinset·o che era inutile cercare di espellere gli stranieri con la forza. Rinunziarono, quindi, ai primitivi metodi di lotta, e volsero tutti i loro sforzi a cercare di prevenire la distruzione del paesp e della civiltà loro in altro modo. Si sottomisero a ciò che era inevitabile; ma, in pari tempo, cominciarono a cercare tutto quanto vi fosse di meglio nella civiltà occidentale allo scopo di farlo proprio, comprendendo chiaran,ente che, solo col comb:,ttere gli stranieri sul loro stesso terreno, potevano sperare di tener loro fronte. L'intensità con cui i ·giapponesi si dedicarono ai nuovi metodi di lotta fu il risultato del loro patriottismo ardente e del desiderio vivissimo di far acquistare al paese una posizione rilevante: desiderio, cagionato appunto dall'amor di patria e quindi essenzialmente analago a quello, che li aveva nei primi tempi eccitati alle ostilità contro gli stranieri. Essi non agi rono per motivi individuali di odio, ma come una sol forza collettiva e compatta contro un male, che minacciava la loro patria e il loro suolo. L'ordinamento militare straniero fu la prima cosa, che essi giudicarono superiore all' ordil'lamento loro proprio;· e subito le lancie e le spade cedettero il posto ai fucili e ai cannoni. Anche rispetto alla navigazione i giapponosi fecero molti sforzi per rendersi marinai p1·ovetti ed abili navigatori, ed anche nel campo della medicrna, avendo riconosciuto la superiorità delle idee occidentali sulle loro, si avvalsero di molte conquiste della scienza moderna. Dopo la venuta degli .stranieri la necessità di un riordinamento e di un miglioramento nei metodi di governo divenne evidente: fu accentrata, quindi, la autorità suprema nell'Imperatore, e lo Sciogunato ed il feudali.,mo vennero abbattuti. Tutti questi mutamenti, radicali e profondi, furono dovuti unicamente al patriottismo del popolo e al desiderio ardente di fare tutto quello che riuscisse più opportuno al benessere del paese. La det~rminazione di eccellere su tutte le altre nazioni fu anzi solennemente enunciata in uno dei primi resct·itti dell'imperatore. Lo stesso proclamò la libertà dei culti; e quindi, il cristianesimo, che, antica mente non era stato in alcun modo tollerato, fu da quel momento permesso. Si introdussero i sisten:i educativi stranieri, e l'istruzione venne resa obbligatoria per 1 agazzi e ragazze: al di là. dei sei anni, tutti, senza riguat·do a classi o distinzioni, turono obbligati di frequentare le scuole. Nell'ordinamento militare fu introdotta la leva, che ebbe anche il risultato di stabilire una certa uguaglianza fra gli uomini : anticamente, infatti, il servizio militare era permesso solamente ai cavalieri e ai samurai. Nello stesso tempo le poste, i telegrafi, i telefoni, le ferrovie, la navigazione a vapore, l'illuminazione furono introdotte nel paese e accolte con grande entusiasmo. L'uuiftcazione dei tipi di monete produsse effetti veramente benefici, perché anticamente, quando ciascun feudatario aveva diritto di coniar monete per proprio conto e meltel'le in circolazione, era a deplorarsi un vero caos monetario. Il Giappone importò tutte q11este istituzioni dall' otitet·o, e le attuò con entusiasmo, gui-

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