RIVISTA POPOLARE 49 assai gagliarda: muove le braccia ignude e le man nette; il latte sprizza dalle gonfie tette; volge il capo la mucca, e pia la guarda. Spumeggia il secchio lucido stagnato, ma più risplendon fra il cinabro i denti bi:lnchi, e sul capo il nimbo de la chioma. Leva essa gli occhi ove s'è il ciel specchiato, e mi saluta, fra l'erbe fiorenti, nel suo nativo e semplice idioma- O Italia, quei che ti mungono a Roma non han come costei nette le mani, nè siucere le lingue, nè i cuor sani; pur ti mungon da l'alba a notte tarda. A munger la Biondina è men gagliarda ». Nelle Poesie Romanesche, poi, di Giggi ZANAZZO,(Roma, Casa Editrice Nazionale), c'è da scegliere per tutti i gusti: roba sentimentale, roba verista, roba delicata, roba pepata, sospiri d'amore e parolacce d'osteria, tutto raccolto all? lettera dalla bocca del popolo, anzi del popolino, più di Trastevere, veramente, che di Roma. Cito, come singolarmente tipica, appunto questa i: Lezzione >>: « Io so' ttresteverina, bber zitello; so' 'na regazza onesta, e mme n'avanto; nun c'è bbisogno che cce rughi tanto; perchè tte fò ammansi ccom'un agnello. Vardateme sto petto de cardello I Ce vo rugà, cce vo I cche si l'agguanto, co' tutto ch'in saccoccia cià 'r cortello, je fo sputà li denti com'un santo I A mme vvienimm' a tfà ccerte preposte? A mme? I... Tie' : ppija su, bbrutto bbirbone. Impara a fà li conti senza l' oste I Vardateme carogne che cce stanno! ... Per oggi, port'a ccasa 'sta lezzione: e ringrazia er tu' Ddio si nun te scanno I••• >) Infine, annunzio due volumetti di versi di Vito MERCADANTE, Nostalgia (Frascati, Stabilimento Tipografico Italiano) e Castelluzzo (Palermo, Tipografia Sciaprino), nei quali, se il sentimento e la visione delle cose non fanno difetto, la tecnica è però decisamente immatura ed inadeguata. w Ho udito una volta parlare d'un pittore, che aveva in istudio da molti anni io venduto un suo quadro, iotit0lato « Foresta vergine », e che in un momento e in un luogo in cui era venuta di moda la pittura d'animali, trovò improvvisamente un buon compratore, solo per aver cambiato quel titolo ormai antiquato, in quest'altro: « Fiera di cavalli >>. Ebbene, esiste un soggetto d'arte, ch'é sempre in gran voga in ogni tempo ed in ogni luogo: e Giuseppe DE Rossr, che aveva un suo libro giovanile di i: Primi Ricordi », molto semplice e molto modesto, accatastato invano nei magazzini d'un tipografo di Roma, ebbe l'idea geniale di profittare più tardi di quella voga perenne ed universale, per lanciare e smaltire il suo libro: l'intitolò Baciami e poi... Ed il libro, sostanzialmente sempre lo stesso, semplice e modesto, sincero e giovanile, tutti ricordi intimi e gentili, niente piccante, niente scandaloso, andò a ruba, e vide la seconda, la terza. la quarta, ed ora, presso la Casa Editrice Nazionale, la quinta ristampa. Intendiamoci: non è mica che il solo titolo abbia prodotto questo miracolo: ma è un fatto, che senza il titolo nuovo l'autore fortunato di << Maschio e femmina » di « Eva novissima » di << Le due colpe », di « Mal d'amore », di « L'eterno fallo », di « Paradiso in terra ))1 e di non so quante altre cose tutte tirate a parecchie edizioni rapidamente esaurite, non avrebbe veduto campare e crescere e farsi nome anche questo suo figlio nato sotto cosi cattiva stella Eppure, il fascino vero di questo volume è proprio nella sua sostanza primitiva, la quale appunto nel titolo originario era esattamente significata: sostanza tutta giovanile, tutta viva, tutta fresca, ricordi reali d'infanzia, d'adolescenza, di « Marzocco » piemontese, cioè un periodico affatto originale, al di fuori e al di sopra d'ogni banalità: vi ho letto novelle, articoli, versi eccellenti, del Pica, dello Zùccoli, del Cesareo, del Melani, della Aganoor, del Giani, del Past0nchi, del Giorgieri-Contri, del Grai; e non occorre dir altro. prima giovinezza,• sent1t1ss1me pagine auto biografiche, prima vissute poi scritte, e nelle quali ognuno di noi, e più i sognatori, anzi, che i viveurs, più i nostalgici del lontano passato che sl'ingordi del lusinghiero avvenire, potranno trovare una parte di loro stessi, uu riflesso dell'anima propria. Non così nel romanzo del capitano Filippo ABIGNENTE,che i fratelli Drucker di Verona ristampano oggi dopo appena tre anni dalla sua prima comparsa: quèsto Taglione non é stato da noi, o almeno da me, vissuto in alcuna sua pagina; ma, per ragioni opposte a quelle notate pel libro del De Rossi, il libro dell'Abignente interessa e conquide nella stessa misura, precisamente perchè intrecciato a ba~e di pensieri e dì sentimenti eccezionali ed inusitati. fo una parola, questo i: Taglione» è un romanzo psicologico-filosofico-fantastico, in cui lo spiritismo, o meglio l'antica dottrina deUa reincarnazione successi va delle anime, e della lenta espiazione dei loro errori passati, attraverso stadi sempre più alti di purificazione, è contrapposta recisamente e coraggiosamente, eppure senza alcun fanatismo, a tutte le attuali religioni costistuite. Nè si creda per questo che sia un romanzo solo nella forma, e che una larva qualunque d'intreccio vi mascheri alla meglio l'impalcatura vuota e ingombrante di una qualunque teoria nebulosa. No: il romanzo è proprio anzitutto e sopratutto un romanzo, coi suoi personaggi ben vivi, con le loro vicende ben reali , con le loro passioni ben sentite: ma qualcuno dei protagonisti sente nel proprio destino, intuisce attorno ai suoi casi, avverte nel cupo recesso dell'io, qualcosa di più profondo, qualcosa di più grande, qualcosa di più permanente di tutte queste cose mutevoli e contingenti, e lo dice, e v'insiste, e ne trae la norma de] giudizio e della condotta. Ora io, naturalista di temperamento e di convinzione e di professione, non sono affatto nell'orJine d'idee di Valeria Venturi e dell'eretico prete Fiori; ma proprio per questo le loro idee m'interessano estremamente, come m'interessa ogui cosa sincera, ogni cosa diritta, ogni cosa attinta onestamente alla fonte perenne del gran sogno umano: e chi può dire, del resto, con sicurezza e con buona fede a~solute, che qualche lato vero e scientificamente dimostrabile in avvenire non ci sia pure in queste antichissime e sempre rinnovate ipotesi d'evoluzione psichica? w Ed ora, due commedie: una grande, in quattro atti, ed una piccola in uno. La grande è di Ettore STRINATI, e fu rappresentata dapprima a Torino dalla compasnia Andò-Di Lorenzo, poi da altre qua e là, poi anche recentemente a Napoli dal De Sanctis, con sempre crescente successo: equesti Apostoli, stampati ora a Napoli dall'editore Chiurazzi, ne sono infatti ben meritevoli, per quanto si può giudicarne dalla lettura a ta voi in..>; essi racchi udono una tesi, o, se volete, una << morale » ben chiara: che non bisogna lasciarsi scoraggiare dall'enorme spettacolo di corruzione, di violenza, di bestialità, che ci presenta la vita dei partiti militanti, dal clericale al socialista, la lotta turpe e senza scrupoli per la conquista dei municipii e delle opere pie, delle cariche pubbliche e delle aziende collettive, delle amministrazioni provinciali e dei seggi parlamentari; e che si deve e si può in-· vece, o dentro o fuori dei circoli e delle associazioni, fare ancora del bene e combattere a mani nette per la buona causa .•• Ma a questa tesi l'autore sembra non credere, in fondo. nemmeno lui: tanto che all'ultimo atto, che dopo se~ne drammaticissime e veramente assai forti godute nei tre precedenti, appare un po' debole, un po' incerto, uoi pure si resta non pienamente con vinti, e più che ad accoglier la tesi ideale e ottimista, disposti iuvece a concludere, eome lo Stockmaon di lbsen, che val molto meglio, se si vuol conservarsi
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