638 R I V I S T .A P O P O L A R E di regola arrestare le rifo1;me indispensabili al progresso economico, al benessere popolare ed alla pace sociale. L'ufficio dell'uomo di Stato non è quello di subordinare le riforme al bilancio, ma ·di trovare e di creare nel sistema finanziario di un paese le riso1·se necessarie all'attuazione delle riforme più urgenti. Se così non fosse, non sarebbe il caso di chiamare uomini superiori alla direzione della politica economica e finanziaria della nazione: basterebbe il più modesto contabile. Peel, Gladstone e Cavour riformarono il regime economico e fiscale dell'Inghilterra e del Piemonte, non sempre in tempi di larghe risorse, ma spesso lottando contro il disavanzo, che le loro stesse riforme é3 i utarono a vincere. Per buona fortuna, la situazione del bilancio italiano è ben diversa, come lo attestano le seguenti cifre, accertate dai conti consuntivi dello Stato: Avanzi di bilancio fra le Entrate· Anni milioni 1898-99 1658.8 1899-900 1671.5 1900-901 1720.7 1901-902 1743.4 1902-903 1794.7 entrate e le spefe elfett ive. Spese Avanzo milioni 1626.1 1633.1 1652.3 1679.8 1695.9 annuale + 32.6 + 38.4 + 68.3 + 63.6 + 98.7 L'avanzo che nel 1902-903 toccò quasi 1 100 milioni presenterà d'ora innanzi un po' di regresso, a causa di alcune circostanze : 1° nel 1903-904, abbiamo modificata la regist,·azione del 1·eddito finanziario dello zucchero, sostituendo al conto delia competenza quello di cassa. Dapprima si conteggiava il reddito dello zucchero sulla quantità pl'Odotta dalle fabbriche : ora si intende conteggiarlo sulla quantità ,effettivamente passata al consumo in paese. In apparenza ciò segna una forte diminttzione di entrate: in realtà non vi è perdita alcuna, ma un semplice spostamento di cifre da un esercizio all'altro; 2° nel 1903-ò04, in vista soprattutto delle elezioni, si presentarono e si , otarono spese inconsiderate, che non sempre hanno attinenza col progresso economico del paese. Esse graveranno pure i nuovi esercizi dal 1904 905 in pci. Per buona fortuna, l'aumento costante delle entrate fa sperat·e che anche queste spese saranno in breve assorbite, cosicchè l'avanzo riprenderà la sua marcia afcendentale, se faremo giudizio. 3° il 1~eddito del grano, che toccò il suo punto culminante 190.2-903, prese rapidamente a discendere nell'esercizio succes~ sivo ed è ancora in diminuzione nell'anno in corso, Un Governo giudizioso, che sappia mettere un giusto freno alle spese, e soprattutto alle piccole spese che non rispondono ad alti fini economici . e che segnatamente riveda con mano ferma le crescenti spese di antichi e costosi organismi, non può avere alcLrna difficoltà ad elevare l'avanzo verso maggiori vette. Questo avanzo tenderà a crescere d1 anno in anno, se, corne è dovere, sapremo ogni anno mantenere r incremento _delle spese in i I miti più modesti di qnello delle entrate, cosicché andrà semprtl piil allargandosi il margine disponibile per tl Tesoro. I nosti·i contraddittori , in mancanza di argomenti, vanno ripetendo che il miglioramento della finanza è dovuto alle maggiori importazioni di grano e che quindi _non ha alcuna solidità: ma è questo un doppio errore. Anzitutto l' entrata del. grano costituisce un reddito al pari degli altri e non sap• piamo perché, dal punto di vista puramente fiscale ; non lo si possa t:onsiderare alla stregua di altri cespiti, come il sale ed il lotto. In secondo 1uogo la finanza italiana è in via di continuo e deciso miglioramento, attche senza, il grano. Senza il grano le entrate generali dello Stato crebbero in due esercizi di 27 milioni all'anno, ed è questa la vera base della solidità della finanza italiana. 11 programma delle riforme può quindi trovare nel prossimo decennio la sua pratica attuazione nelle risorse seguenti: 1° L'avanzo effettivo annuale, che tenderà di nuovo a salire, non appena cessate le cause transitorie , sovra esposte, che poscono temporaneameante deprimerlo; 2° L'incremenlo annuale delle entrate,, che in tempi normali si pùò calcolare con prudenza a· 25 milioni l'anno per il prossimo decennio. Basti ricordare che dal 1895 - 96- dopo i salutari provvedimenti dell'on. Sonnino del 1894-95-le entrate dello Stato crebbero, in sette ann-, da 1233.._milioni a 1794 milion,, con un aumento totale di 161 milioni, ed una media di .23 milioni affanno. Ma in allora il paese uscivaJda un_ grave periodo d1 crisi e dalla guerra d'Africa; 3° L'economia di circa 35 milioni all'anno , che~potremo derivare dalla conversione della rendita , se avremo la calma e la fermezza di attendere che sia resa possibile dall'andamento generale dei mercati e dal progresso normale dell' economia nazionale. Con queste risorse dovremo fronteggiare nel decennio: 1 ° L'aumento normale delle spese, che conviene tenere nei minori limiti possibili, sia con maggiore fermezza da parte del Governo, sia instituendo un sindacato parlamentare delle spese che ora non esiste affatto ; 2° Il miglioramento di alcuni organici, come i ferrovieri, gli insegnanti delle scuole secondarie, ecc., giovandoci pure, a tal uopo, di economie che è necessario introdurre nei varii servizi e di un'opp0rtuna riforma delle tasse scolastiche · ' 3° Le annualità per il servizio dei larghi capitali occorrenti a l!listemare e perfezionare i nostri servizi pubblici e specialmente le ferrovie, la viabilità, gli edifici scolasti e i ecc. ; 4° Le maggiori spese per l'istruzione popolare e professionale, pe1 riformatorii e per i recidivi, essendo impossibile non provYevere a queste necessità urgenti della pubblica ricurezza e dell'educazione sociale. Noi siamo persuasi che un piano organico e sistematico di finanza non troverà difficoltà a provvedere colle risorse attuali del bilancio a codeste emergenze, lascia;do ogni anno un margine di entrate dispombtli. Questa eccedenza d' entrata deve, a nostro avviso , essere subito e .fermamente dedicata alla, 1"iduzione graduale delle tasse dei pubblici servizi - posta, telegrafo e ferrovie - ed alla diminuzione pure graduale dèlle imposte di consumo , relative a,l petrolio, allo zucchero, al caffè, al sale, ecc. In dieci anni di pace e di progresso nazionale conseguiremo dei resultati oltremodo consolanti. Quanto poi all'organizzazione del credito, che pure consideriamo co rne uno dei perni fondamentali di una vera politica riformatrice, nulla crediamo di dover portare in conto, perchè come più volte abbiamo dichiarato, noi intendiamo che lo Stato ricavi il giusto interesse dai capitali eh' esso accorda per l'organizzazione del credito agrario, ipotecario, per le case popolari , ecc., come accade in Prussia, dove il cre<lito dello Stato è diventat,) un potente fattore della trasformazione economica e sociale del paese, eenza alcun aggravio dei contribuenti. Per ultimo, per quanto concerne il dazio consumo , la cui tariffa è necessario sfrondare di ltn gran numero di voci, crediamo vi si debba procedere sostanzialmente con la riforma delle imposte locali, venendo_ soltanto in seconda linea il concorso dello Stato. Nel formulare queste proposte. poco ci siamo preoccupati di due grandi fallacie economiche e finànziarie, che conco1" rono ad isterilire la vita politica italiana: l'ammortamento del debito pubblico· e la costruzione delle ferrovie mediante le entrate annuali del bilancio. Esse costituiscono una finzione ed un errore. La vantata chiusura del Gran Libro e la relativa estinzione del debito pubblico col movimento dei capitali sono una pura e semplice finzione dell'attuale finanza italiana, perché mentre da un lato ammortizziamo a piccole goccia un debito pubblico di circa 14 miliardi, dall'altra ci siamo ogni anno largamente indebitati colle Società ferroviarie pe~· costruzioni di materiale mobile e di nuove linee, ed abbiamo fatto debiti, o siamo in procinto di farne, per lavori pubLlici strao·rdinari, per il porto di Genova, ecc. Si chiude una falla da un lato e la si apre più la1·ga dall'altro, e tutto si riduce ad un giuoco, non sincero, di parole. 11solo risultato vero e pratico che abbiamo ottenuto con i larghi avanzi del bilancio fu quello di sistemare la i.ituazione del Tesoro. In secondo luogo è superfluo dimostrare che di fronte agli ingenti progressi dell'economia sociale, un paese che non ri-
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