Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno X - n. 23 - 15 dicembre 1904

632 RIVISTA POPOLARE. Chiamato alle urne, il popolo aveva detto chiaramente quanto soffriva e quanto voleva. Ma non fu inteso ! La situazione politica e ·1ociale del paese, dopo le elezioni del 1900 ed il largo movimento degli scioiieri che vi tenne dietro, lucidamente fu esposta dall'on. Giolitti, ministro degli interni, nella seduta della Camera del 14 marzo H)02. . Ma data la situazione di cose, è nostro fermo convincin.ento che a superarla, occorra da parte dello Stato un'azione riformatrice, a vantaggio delle classi lavoratrici, ben più operosa e benefica di quella avutasi sino ad oggi. Assicurare, colla conquista morale, la vittoria delle istituzioni sul malcontento era il cbmpito alto. nobile e forte della passata Legislatura , dopo la voce ammonitrice delle elezioni del 1900. Ma essa visse sterile, infeconda ed ingloriosa e cessò fra i movimenti della piazza, lasciando inademriuto l'ufficio auo alla nuova Camera. che lotta, combatte ed ubbidisce; il proletariato intellettuale, che è più pericolos0 dell'altro, e che spesso dirige. Lo Stato italiano nella sua politica economica e sociale ha finora ciecamente ignorata l'esistenza e la forza di questo stato sociale, di queste ingenti falangi proletarie, ed ? percib che esso è indietro di un quarto di secolo nel governo del paest:l. Il proletariato italiano è facile alla rivolta. Esso non comprende e non aspetta il socialismo collettivista di Marx e della scuola tedesca: ma è contro la monarchia, contro lo Stato, contro la borghesia, contro l'ordine sociale. La prova della rivolta che alla parola d'ordine partita da Milano, si è svolta in tutti i maggiori centri della vita italiana, fino a Napoli, non ebbe fortunatamente maggiori conseguenze, per alcune fortunate circostanze, quali: 1° L'astensione delle campagne dal moto; 2° La quiete del Mezzogiorno ; 3° La Assicurare la vittoria delle istituzioni sul male mtento, ecco il còmpito e la mi1:1sionedella nuova Legislatura! Morltuiri te salutant, Mikado ! non partecipazidne dei ferrovieri, tranne poche eccezioni; 4° Il risveglio della coscienza c iv i 1 e delle classi popolari e medie. La crisi sociale. Non v' ha dubbio che l 'I tali a attraversa da oltre un decennio una crisi sociale , persistente, insidiosa e quasi latente. Essa è economica e mo raie ad un tempo. La crisi economica é sostanzialmente prodotta. dall'aumento della popo lazione, troppo rapido in. confronto dello sviluppo, della ricchezza. Dal 1871 al 1904, la popolazione crebbe da 26.8 milioni di. abitanti a 33 milioni, ossia del 22 per cento, mentre lo sviluppo della ricchezza nazionale ebbe un. grave arresto nel periodo di crisi dal 1886 al 1894 e solo coniinciò a riprendere dopo la vigorosa ricostituzione della finanza e del credito pubblico attuata dal Ministero Crispi nel 1894-96. I moti del 1898 ebbero estensione ed intensità assai maggiori , perchè in allora si mossero i contadini. Eravamo nel maggio, nel mese - secondo un detto campagnuolo - dei tre f: feste, fiori e fame. Allarmati dalla scarsità e dall'alto prezzo del grano. astenuati dalle sofferenze del1' inverno, eccitati dalla mancanza di lavoro e dalla miseria i contadini scese1·0 in piazza, nel 1898, tumultuanti e riottosi, senza volerlo e senza saperne il· perchè. Ciò accrebbe di molto le difficoltà critiche del momento. La crisi morale dipende sopratutto dal fatto, che nelle varie classi sociali i bisogni sono cresciuti più rapidamente dei mez• Pel giorno natalizio del Mikad() devono essergli offerti m sacrificio 20,000 giapponesi. Il contrario avvenne nel settembre scorso. I contadini stavano immagazzinando i raccolti del grano, del granturco e del riso , oppure attendendo alla vendemmia ed alle semine: avevano cibo, lavoro e salario e perciò non tum1,1ltuarono. zi atti a soddisfarli. Ne è quindi nato una specie di squilibrio d'ogni azienda privata, d'ogni individuo, che si trasforma in malcontento collettivo e generale. Ma la causa vera, determinante della crisi che agita attuai- . m ente l'Italia è il so,·gere del proletariato. La costituzione del corpo sociale e politico della nazione ai è profondamente modificata nel corso della nostra generazione. Col nome di proletariato è sorta in Italia una nuova classe , numerosa, risoluta, talvolta anche disciplinata e cosciente , che ogni giorno di pitt si va organizzande e stringendo delle Leghe di resistenza e nelJe Camere di lavoro. Questo nuovo quarto stato sociale è assai più numeroso di quanto si creda: abbonda di preferenza nei grandi centri operai, da Milano a Genova ed a Torino, ma è pure largamente disseminato nelle cittadine industriali e manifatturiere, nelle modeste borgate di provincia e persino nelle campagne. Esso ai divide in due grandi categorie: il proletariato manuale ( Wahre Jacob) Anzi, appena le stazioni ferroviarie sospesero l' accettazione ed il trasporto delle uve, per le difficoltà opposte al servizio dai rivoltosi o dai teppisti, le campagne minacciarono una terribile reazione, che sarebbe scoppiata con molta violenza, se la rivolta avesse più a lungo durato. Da ciò due g1•andi insegnamenti : 11 primo, che lo stesso proletariato non insorge quando ha lavoro e salario, e che il solo modo di evitare le rivoluzioni è di prevenirle dando alle popolazioni i mezzi dì lavorare e di guadagnare. La seconda conseguenza si è che, atteso lo spirito di rivolta che fermenta nelle città e dovere u1gente ed imprescindibile dello Stato di rafforzare e migliorare· la costituzione sociale delle campagne, ora abbandonate alle sofferenze, all'usura ed alla disorganizzazione economica. Inutile dire che di questo dovere, che forma la base della politica agraria d'ogni grande paeae civile, poco ha compreso ~ poco comprenùe finora lo Stato italiano.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==