RIVISTA POPOLARE 549 Le fortune . . c1nes1 La lotta tra il capitalisn10 occcidentale e la cooperazione cinese (1) Il panmongolismo giapponese non è che un episodio nello sviluppo della 1·azza gialla. Quelli che parlano di un pericolo giallo politico s'ingannano e fanno il giuoco della Russia, che vuole prese11tan;i cotne il campione della 1·azza bianca. Il _panrnongolismo dei giapponesi è nna importazione occidentale e rassomiglia al panslavismo di Mosca. al pangermanismo di Berlino, al jingoismo di Londra. Il pe1·icolo giallo non è un pericolo di razza, ma economico e per l'Europa è perfettamente uguale al pe1·icolo ame1·icano. Il pericolo giallo sorge dalla povertà estrema della grande massa dei cinesi poverissimi, che sono i soli noti agli uomini della civiltà occidentale. Ma non tutta la Cina è composta di miserabili. Se la parte non povera della Cina è ignota all'Europa ciò deriva dal fatto che il Cinese che trova il suo posto nella organizza:i:;ione sociale del proprio paese non ha alcun bisogno degli Europei ed evita di mettersi in relazioni economiche con loro e non prova sinora che un debolissimo de3iderio di procedere a conquiste economiche fuori del proprio paese. Ora l'ingerenza europea e giapponese tende a dare a questi rappresentanti della Cina economica la coscienza della loro forza e il desiderio delle conquiste mettendo a loro disposizione i mezzi tecnici, la cui mancanza s; nora non ha impedito loro di tener testa vittoriosamente all'assalto occidentale. L'Europa o il Giappone portando la ci vilta tecnica in Cina commette un suicidio a I unga ::;cadenza, ma inevitabile. Sino all'arrivo della scadenza, gli occidentali non vedono che il lato utile dell'intrapresa; e la prospetti va di questa utilità mantiene la rivalità e la concorrenza delle potenze che vorrebbero arricchirsi colla fornitura dei mezzi tecnici, che più tardi saranno ad0perati contro gli europei. Intanto i credenti nella superiorita della razza bianca non arrivano a comprendere che oltre i coolies ci sia in Cina una organizzazione sociale sopra una base economica la più ±orte, se non la più perfetta del mondo. Le fortune cinesi non rassomigliano ai capitali europei , benchè la manifestazione esterna del loro impiego sembri spesso identica al lusso occidentale. La societa cinese si divide dal punto di vista delle risorse economiche in due categorie d'individui : la classe produttiva da un lato, la parassitaria dall'altro. Quest' ultima s'identifica spesso con quella dei funz10nan. Il segreto della ricchezza o piuttosto delle fortune cinesi risiede in d11e parole: associazione e credito. Il sistema viene caratterizzato dall'assenza dei tre principi che formano la base della vita economica occidentale: il fitto dei capitali, il salariato e il tipo mone- (1) Diamo quasi integra!mente questo interessante e suggestivo articolo che ha pubblic;ito La, llevue d, Jean Finot sicuri cli fare cosa gratissima ai nostri lettori. N. d. R. tario fisso non vi esistono nella forma enropea. Ii primo è sostitnito dall'associazione con collaborazione di chi· presta ; il secondo dalla partecipazione degli associati; il terzo dal credito. La produzione agricola, industriale o commerciale si fa in base all'associazione cooperativa o congregazione economica. I capitali o i mezzi di prod uzì.one sono forniti da tutti i membri. Tntti i memhri lavorano. E tutti partecipano agli utili. In queete associazioni la solidarietà è massima ed è il vero legame che mantiene uniti tutti i membri. La solidarieta è diven11ta un istinto tra i cinesi e fornisce la formidabile forza economica alla loro società. La negano gli europei perchè non la conoscono e non la pratìcano tra loro. Le fortune cinesi non sono che jl credito solidale delle associazioni, liberamente dirette e adoperate in nome di tutti i membri da un amministratore delegato, il quale agisce come se fosse il proprietario delle forze economiche che amministra. L'istinto gregario tanto potente presso i cinesi può rid11rre i fenomeni sociali in generale ad un problema di psicologia o di biologia, Ma l' intersuggestione da sola, per quanto millenaria, non basterebbe ad imporre la solidari eta in materia economica ad ogni individuo con una forza che supera quella delle leggi codificate degli occidentali. Questa solidarietà è il risultato naturale di una lunga evolu~ione delle condizioni materiali dello scambio. Alla base di questa evoluzione si trova un principio curiosamente individualista. Mentre da noi l'autorità forza tutti ad accettare c0me valori fissi certi pezzi di n.1etallo o di carta wonetata, il cinese si rifiuta di accordare a qualsiasi oggetto un valore stabile. Egli è convinto che tra tutte le cose il solo prodotto del lavoro p11ò avere 1m valore reale e che l' equivalente di questo prodotto del lavoro non può essere un oggetto determinato, ma il riconos.::imento pubblico del fatto che un tale ha prodotto la tale cosa e che per questo fatto egli ha diritto ad altri prodotti che il pubblico stima eguali in valore ai suoi. In altri termini l'equivalente del prodotto è il credito; e in realtà il denaro si trova rimpiazzato dal credito, il numerario dalla parola o dallo scritto e il capitale dal credito accumulato. Perciò si potrebbe arrischiare questo aforisma : il tipo monetario cinese è il lavoro. Ammesso il pri·ncipio la perfezione del sistema doveva essere raggiunta sopprimendo anche le prova della realtà del credito. L'impegno verbale è divenuto la forma ordinaria dello scambio: vi sono delle tratte in parole. ,.- È evidente che in questo sistema, il denaro a tipo garantito è divenuto inutile. La pretesa unità mone• taria della Cina , il tael, è un peso e non un valore. Il denaro rimane una mercanzia, che si vende à peso come la farina o il sale e il cui valore cambia di villaggio in villaggio, di giorno in giorno. Il credito, perciò, è tutto· e non c'è bisogno che sia fondato sugli · oggetti reali : basta l' estimazione della sua capacità di lavoro. C'è quindi una specie di costrizione morale nell'osservare la solidarieta economica, ch'è divenuta impercettibile attraverso ai secoli e si è trasformata in
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