RIVISTA POPOLARE 543 « è la protezione dei suoi peggiori latifondisti sfrut- « tatori. » « Ma il Governo ha dovuto cedere ancora una « volta agl' interessi monopolistici e affaristici di << una plutocrazia che cerca nella protezione un ex- « tn-:.-reddito alla propria neghittosita produttrice, e « la quistione meridionale resta soffocata e tenuta « in dispregio proprio nel momento in cui il potere « politico •,è riconosce tutta la gr,:1vita ! >> « E il Mezzogiorno, lacerato dai morsi della crisi « fondiaria e della più squallida disoccupazione, « viene così inconsultamente gettato nelle convul- « sioni del le ristrette e del bisogno più acuto, senza « che il potere unitario abbia saputo profittare dei << tratt.ni commerciali per concòrrere ad attenuare « la sua inferiorità economica verso il Nord , e « senza essersi in niun modo mostrato sollecito « delle sue richieste ! » Passo sopra alla solita asserzior:e che il dazio sul grano rappresenti un i~teresse dei peggiori latifondisti del Mezzogiorno. Ho dimostrato che tale specie di aforisma creato ad uso e consumo di alcuni industriali del Settentrione è assolutamente falso: quello del grano è 1rn interesse essenzialmente iuliano-del Veneto come della Sicilia, del Lazio e dell'Emilia ec. E' altrettanto falso, falsis imo , che nel Mezzoziorno si domandi il liberismo agrario. Non lo domandano che pochissimi fan,ltici della scuola liberista e i socialisti, che li seguono e che trovano qualche seguito tra gli oper;1i col miraggio del pane a buon mercato. Nel Mezzogiorno si vuole insistentemente protezione non solo pel gr:rno, ma anche pel vino e per ]'olio - i prodotti agricoli indigeni, che possono. subire concorrenza. A Lecce , or ora, si sono emessi voti di plauso per l' on. Chimienti, che si è interessato ad impedire l' invasione dei vini greci ; altra volta ricordai i voti della Carnera di Commercio della stessa Lecce in difesa <lell' olio. Sfido l' Avanti! a portare un solo fatto in senso contrario. C' e una sola parte di \·ero nelle aAermazioni dell' Avanti !: quella rei ativa al danno grave arrecato all' agricoltura e al mezzogiorno più che colle tariffo generali del 1887 , colla guerra economica , che da Crispi si volle impegnare contro la Francia. E qui entro parentesi bisogna ancora distinguere le responsabilita: la denunzia del trattato di Commercio colla Francia fu l' opera di Depretis; tutti i lavori e gli studi sulle tariffe generali furono fatte sotto lo ste~so Depretis, benchè siano state votate dopo la sua morte ; la politica doganale bellicosa contro .la Francia -- che non era una conseguenza necessaria delle tarifie generali del 1887 - fu l' opera di Crispi. Ma dal 1887 al giorno d'oggi l'orientazione doganale italiana non dipende dalla buona volontà ?el governo italiano. D'altra parte la stessa gran pttura subita per l' agricoltura e dal mezzogiorno in un primo tempo per l'adozione del protezionismo industriale è stata in gran parte riparata dal compenso che l' una e l'altra hanno trovato nello sviluppo del mercato interno. Infine, oggi siamo in questa situazione internazionale: il ritorno al liberismo industriale , sarebbe unilaterale e non troverebbe com penso riel reciproco ritorno al liberismo agrario delle altre nazioni e non potrebbe essere considerato, che come un atto di follia disastrosa in omaggio alle fantasie dei teorici. La dimostrazione di questi assunti e le risposte alle critiche cht si muovono ai nuovi trattati e ai lor◊- negozi,1tori si avranno esaminando alcuni capisaldi della discussione doganale , sui quali teoricamente non solo convengono liberisti e protezionisti, che portano la testa sulle spalle e non sotto i piedi; ma sono tanto evidente che sern brano delle verità degne di Monsieur de la Patisse e ci si dovrebbe vergognare di discuterli. I capisaldi sono i seguenti: _1.0 I trattati di commercio non sono conchiusi per volond di un solo contraente: 2.0 In tutti i trattati di commercio odierni si èonsacra la cosi<letta clausola della nazione più favorita. 3.0 Ogni trattato di commercio deve guardare ali' insieme della produzione e della esportazione nazionale e non puo essere subordinato all' interesse di un solo prodotto, di una sola regione o di una sola provincia; 4.0 Vi si devono contemperare equamente gl'interessi dell'industria e quelli dell' agricoltura. 1 ° socialisti, liberisti e protezionisti discutono spesso e specialmente nel caso presente come se un trattato potesse conchiudersi per volon ta di un solo contraente; per cio giudicano e mandano con una sicumera, con un assolutismo da sbalordire e senza misericordia sentenziano che il governo, che Pantano - l'uomo politico, che il ministero abilmente mise tra i negoziatori hanno tradito gli interessi economici del Mezzogiorno nel nuovo trattato coll'Austria-Ungheria, mentre per quello colla Svizzera aìtri socialisti protezionisti li accusano di avere traditi gli interessi del Settentrione. Per ora occupiamoci del primo tra dimento. In che cosa consiste? Nel non avere saputo e potuto ottenere dal!' Austria-Ungheria la rinnovazione della clausola di favore pel vino in botti, che costituiva una posizione privilegiata ali' Italia nel vicino impero e che le servi per dodici anni - dal 1892 al 1903 - di sbocco, in sostituzione di quello francese. Era possibile ottenere tale rinnovazione? I voti del parlamento austriaco ed ungherese - senza distinzione di partiti e di nazionalità - ; quelli delle Camere di Commercio e delle associazioni agricole ed economiche; il linguaggio della stampa - sempre senza distinzione di oartiti e di nazionalità - del- !' Impero da alcuni a'nni in qua erano talmente unanimi, recisi, insistenti eh' era semplicemente una strana illusione sperare in siffatta rinnovazione; e l' on. Luzzatti, cui si rivolgono i più amari rimproveri li merita solt:rnto in quanto nel suo viaggio in Puglia nel 1901 mostro di essere tra gli illusi, che credevano nella possibilità di ottenerla; e perchè si ottenesse manifesto, da deputato , facili e fieri propositi. In Austria-Ungheria e' è stata e e' è una vera ossessione contro il vino italiano e e' è qualche malumore solo per la concessione, che mi pare abbastanza illusoria - e qui dissento dall'amico Pantano - della importazione per via terra di 450 mila ettolitri di vino prodotto nel solo anno in corso. Del malumore s'è fatto interpetre il deputato Apponyi - già primo ministro - che ha attaccato nella Camera dei deputati ungherese il nuovo trattato per questa sola concessione di durata tanto limitata ! Hanno torto , hanno ragione gli austro-unganc1
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