Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno X - n. 19 - 15 ottobre 1904

526 RIVISTA POPOLARE presto uno dei maggiori coefficienti del lavoro rapido, sicuro e proficuo nelle miniere. A. AGRESTI 1111111111111111111111111111111111111111111111111111111 11111111111111111111111111111111111 ~IVIST A DELLE ~IVISTE ----~:---~ Sdopero o Rivoluzione? (1):- Discorrendo i fatti che dal 16 al 20 di questo mese hanno funestato Milano e le principali terre_ d' Italia , non sarà difficile a noi di conservare, pnr nell'amarezza dell' ora , la dovuta serenità cl i giudizio, liberi come siamo da ogni vincolo con fazioni poiitiche o con interessi di classe e di ceto. E diremo per primo il senso d'infinito disgusto suscitato in noi - e certo in moltissimi - dalle non imparziali relazioni e dai commenti che i giornali politici, d' ogni parte , vanno pubblicando di quei fatti, dalle recriminazioni reciproche, dalle irose polemiche, dalle pazzesche infatuazioni postume intorno ad avvenimenti , che - e per sè e per le prevedibili conseguenze prossi mc e lontane - dovrebbero richiamar tutti e ciascuno a<l un più vivo senso delle proprie responsabilità e far pensosi, conservatori ed innovatori, d'interessi comuni ben più alti che ùon siano quelli di clientele politiche o amministrative, circa la permanenza al potere di una Giunta municipale o di un capo _di Governo. Una prima ed onesta confessione dovremmo fare noi tutti, che scrivendo nei giornali ci diamo l'aria di rispecchiare e d'illuminare e dirigere l'opinione pubblica: ed è che mentre stavamo baloccandoci intorno alla possibilità ed efficacia dello sciopero generale;_ e i più saputi e arguti di noi le negavano - Tribuna, Secolo, Corriere ecc., •·persino il Tempo e, in parte, l'Avanti I rivoluzionario; - ci siamo trovati, da un momento all'altro, per solo atto d'un proclama della Camera del Lavoro di Milano , innanzi alla realtà terribile dello « sciopero generale >>; che di qui si è diffuso senza anteriore preparazione, senza che neppure adesso i peggio reazionari, usi a vedere cospirazioni sapientemente condotte in ogni più tenue commozione di popolo, si sentano di denunciare i sobillatori e i soliti capri espiatori dei peccati di tutta la tribù. Vuol dire che la gran parte di noi non sapevamo o non volevamo vedere quella gran torza attiva (e più spesso distruttiva) sprigionantesi dalle plebi anonime, di cui ci ostiniamo a ritener esponenti questo o quel politicante o, come dicono, organizzatore (con bellissimo vocabolo i Greci dicevano demagogo): Turati , Lazzari, Ferri, Ca brini, Labriola, Mocchi, Scaramuccia e compagni. Che se lo sciopero ebbe la mossa dalla Camera del Lavoro di Milano, cui si unirono il Partito socialis~a e il repubblicano, - e qualche anarchico parolaio; - e se fu capeggiato da questo o q11ell'uomo politico od organizzatore del proletariato, dopo breve ora sfuggi alla direzione degli ini;i;iatori, e i capi furono tratti a rimorchio dalla massa incomposta; e quello che doveva essere un nuovo modo di protesta contro i troppo frequenti eccidii di lavoratori scioperanti , finì in una gazzarra talora non incruenta, cui presero parte in prevalenza tutti i fondacci sociali, estranei ad ogni organizzazione politica od economica, incapaci assolutamente di comprendere il senso morale, certo non ignobile. della protesta contro la effusione di sangue fraterno. Su questo punto, cioè sulla sfuggita direzione dello sciopero dalle mani degli iniziatori e dei capi - più che altro decorativi - a noi pare non ci sia da discutere. E ne sono prova le proteste di quei capi stessi, in Milano e nelle altre -------- ( 1) Riproduciamo con vivo compiacimento questo articolo della Vita Tnterffll,{ionale, che collima col nostro: L' Est,·emn mli' i111bara,,o. I fatti hanno condotto la nostra e la rivist, di Milano alle ièentiche conside razioni l'una all'insaputa dell'altra. N. d. R. città contro gli atti di violenza e di vandalismo che pur troppo, dove più dove meno, si verificarono ovunque. Questa degenerazione dello sciopero, proclamato con l'intento, certamente generoso , di richiarnar il governo ad un maggior rispetto all'incolumità della vita umana, si dovette anche alla improntitudine - per non adoperare anche più g_rave _pa_rola ~ di alcuni fra i condottieri dei partiti rivoluz10n~n, 1 qua_h vollero servirsi << per più ampi fini, » di quel n_10v1mento d1 protesta popolare, dandogli un indirizzo politico, eh-e ne ~minuì la importanza morale e ne falsò la sostanza. Lo sciopero, per tal modo, fini con apparire uo:i rassegna delle forze rivoluzionarie , un « esperimento eroico p~polare, » com' ebbe a stampare il giornale repubblicano milanese. Di qui, anche, l' assurda domanda delle (< dimissioni del ministro GioliLti » - presentata il secondo o-iorno dello sciopero - e la imposizione fatta ai deputatt della e~trema sinistra di proseguire in parlamento la campagna rivoluzionaria iniziata dalla piazza. Certamente, i primi a riconoscere l'assurdità di quella domanda di dimissioni erano coloro che la propoaevano , all' unico scopo di dare espressi_one e contenuto rivoluzionario allo sciopero. Ness.un capo eh Stato, senza abdicare più ancora che ai suoi diritti ai suoi precisi doveri costituzionali, può accogliere, per volere dei meneurs della folla, le dimissioni d'un ministro che ha, come l'on. Giolitti, la maggioranza, e quale maggioranza I, in parlamento. Per altro verso, si può essere avversissimi ali' on. Giolitti e alla sua politica, ma gli ultimi a domandarne la fine dovevano essere coloro ai quali era dal ministro consentita in quei giorni cosi larga libertà, persino di malfare, e che senza perder la testa , riafferma va col telegramma a l sindaco di Torino e il colloquio col sindaco di Milano, la sua fede nella libertà, che in quei giorni era di continuo violata nùn certo da lui. Non era infatti l' on. Giolitti ad imporre la sospensione dei giornali, la chiusura dei negozii, ad occupare le vie e le piazze con la pubbl~ca forza, a imporre la cessazione di ogni attività industriale e commerciale, come in regime di stato d' assedio, ma erano precisamente coloro che ne pretendevano, in nome della libertà, le dimissioni. L' on. Giolitti, trattosi da cosi mal frangente senza prodamare la legge 111arziale, se_nza le cruente repressioni del 1898 , ha mostrato - è doveroso confessarlo - di avere la testa infinitamente più solida e , dopo tutto , un radicato concetto della democrazia , superiore agli arruffapopolo, che per alcuni giorni si atteggiarono a padroni di Milano. Che gli si mostrassero avversi i conservatori e tutti quelli che dal prolungato sciopero ebbero offese e danni non trascurabili, s'intende; ma oranui, a cose passate, pur questi finiranno con ammettere che la condotta del ministro fo tale da evitatare masgiori guai e danni ben più gravi , s0lo che ripensino le terribili conseguenze - anche nel riguardo degli interessi economici - delle repressioni del 1898. Tutto sommato, il Governo esce più forte che mai da questo sciopero. E di ciò è anche prova la stracca deliberazione dei deputati di estrema sinistra , che per un momento si las-:iarono reggere dalle imposizioni degli ultrarÌ\·oluzionari , e credettero poi di trovare in un'azione energica contro il Governo, la loro comune piattaforma elettorale. Neppur su questo han potuto accordarsi: sono, ormai, più divisi che prima. Tralignato rapidamente lo sciopero, dal concetto di umana protesta contro gli cecidi di lavoratori, in dimostrazione politica degli elementi rivoluzionari e in un moto incomposto di masse; sfuggito alla direzione degl' iniziatori e contaminalo qui e là di fatti vandalici e delittuosi ;- esauritosi poi fra i l tedio dei lavoratori seri e fra l'ira dei direttamente danneo-- • I) giati nell' interesse od offesi nella loro dignità e libertà ; a noi pare doverne trarre, a comune beneficio, questo supremo insegnamento: che esiste realmente nelle masseun lievito

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