RIVISTA POPOLARE 499 zioni del governo Russo in riguardo al Tibet, e che la politica del governo non aveva avuto. e non aveva altro scopo che quello di stabilirvi dei migliori rapporti commerciali. Il trattato ha l'aria di essere un. compromesso fra queste due politiche, in realtà sono le idee di Curzon che vi predominano. Provvede per la occupazione della vallata del Thumbi, crea nuovi mercati e distrugge i forti lungo la via del Iyantse. Provvede per l'indennità di 500000 sterline da pagare in tre anni e proibisce al Tibet di affittare o Yeodere territorio ad una potenza estera , senza previo consenso dell' Inghilterra. Inoltre il Tibet non può permettere a nessuna potenza estera d'intromettersi ne' suoi affari interni, nè che mandi rappresentanti o incaricati d' affari al Tibet , nè che costruisca strade, o compri o affitti terreni contenenti metalli o minerali preziosi. Questo trattato crea dunque dei rapporti politici , e crea quegli obblighi che Lord Curzon voleva e che il governo non voleva affatto. Le conseguenze potranno esserne molto serie. Il D:1lai Lama non ha parte in questo trattato, ed è fuori di dubbio che b nostra occupazione della vallata del Chumbi è una provocazione diretta e costante al sentimento Tibetiano di Indipendenza. IL Dalai Lama potrebbe facilmente suscitare una guerra santa. L' indennità che gli Inglesi non avevano nessun diritto di esigere; visto che erano gli aggressori, non è evidentemente che un pretesto per occupare la vallata finchè l'indennità sia pagata; e finchè la occuperemo c'è sempre il pericolo di trovarsi coinvolti nei medesimi tumulti che ebbero luogo tre anni fa nell' Afganistan. Ma questo non è il solo pericolo. Lord Ripon , disse alla Camera dei Lordi, lo scorso febbraio, che s' immaginava che « la politica Inglese consisteva nel mantenere la· integrità e indipendenza della Cina, e di opporci tanto quanto possiamo a chiunque la minaccia. Ora questo fatto di essere andati ad obbligare i Tibetiani alla nostra a1mc1z1a, e a controllare, e limitare. i loro rapporti non ci renderà più facile il mantenere e difendere l'integrità della Cina ». Ora questo trattato che è il resultato di un torto fatto ad un popolo col quale non avevamo alcuna seria querela ci pare che metta la pace dcll' India Britannica alla mercè del primo speculatore che voglia questionare col possessore di una miniera tibetiana, o di un qualsiasi profeta che voglia impedire i progressi del Cristianesimo invadente. (T/Je Speaker, 24 settembre 1904). ♦ Ca,·l Todt: Il viaggio di Lutero a Roma. - Questo viaggio che non rimase certo senza effetto sul futuro riformatore avvenne tra il 15 , IO e 1 I. La data è incerta com'è incerta la ragione del viaggio. Lutero non ha tenuto un diario e le sue impressioni vanno raccolte qua e là dalle sue lezioni e da' suoi « discorsi di tavola » ecc. Fece il viaggio a tappe da un convento all'altro; « starlo come la via di Roma >> si diceva allora. Dopo qualche accenno ai paesi tedeschi traversati, Lutero saluta la verde valle del Po (< un paese fertilissimo , buono e allegro è questa Lombardia; una valle larga venti miglia tedesche in mezzo alla quale scorre l'Eridano, una bell'acqua larga come da Vittemberga a Pratau » Indi scendendo loda la sobrietà degli italiani e cita un loro motto con cui beffeggiavano i tedeschi chiedendo come non si fossero ancora bevuta l' ugola. Loda anche la cortesia del popolo e interrompendosi a mezzo di una lezione ricorda a' suoi studenti i quali credono che l'essere cortesi sia mentire - Lutero li chiama porci - ricorda loro il tono amabile della conversazione in Italia ove si ode di continuo messer sì. Ma accenna anche ad impressioni meno favorevoli, la troppo libera vita della strada, la scorrettezza, la chiacchiera a fine di guadagno; lo colpisce e lo interessa il gestire, l'intendersi per segni, e ricorda questo mos italicus quando nel 1518· in Augusta il legato Urbano di Serralonga l'amico di Caetani, fece contro di lui prima di entrare in trattative un volgare gesto di sprezzo. È scandalizzato dall'ignoranza teologica e dall'orribile latino dei preti italiani. A Milano non potè dir messa non conoscendo il rito locale di cui si stupì ; ma gli risposero : nos .Ambrosiani sumus. Loda le case pei trovatelli, e la pulizia, l' ordine nei servizi, trovato ,1ell'ospedale di Firenze ove non si sa se fosse visitatore o paziente. (< Vengono , dice , alcune oneste matrone e donne, e col viso velato prestano servizio ai poveri, e rimangono sconosciute ». Certo, seguaci del Savonarola. Di lì proseguì per Siena verso Roma ove alloggiò nel convento degli agostiniani. Quali furono le sue impressioni ? Poco o nulla sappiamo delle impressioni su lui prodotte dalle grandi creazioni dell' arte del quattrocento e del cinquecento. Nessuna parola ci ha detto Lutero di Leonardo, nè di Bramante che proprio allora lavorava in San Pietro. E nemmeno di Michelangelo, a lui per certi rapporti affine, lo scolaro di Savonarola , che dipingeva allora la Cappella Sistina, e tutta Roma accorreva a vederla. E similmente nessun cenno è ±atto di Raffaello che proprio nel 1511 aveva finita la stanza della Segnatura e passava alla stauza d'Eliodoro. Solo una volta nei discorsi di tavola del 1539 Lutero parla dei pittori d'Italia che sanno riprodurre la natura con tanta verità da far parer vive le figure riprodotte. Vero senso d' arte Lutero ebbe solo per la musica. Quanto alla pittura la trovava utile per adornare le chiese e illustrare la sua Bibbia o mettere in caricatura il papato come nei disegni di Luca Krauach da lui spiegati in s1tiriche rime. Cosi è certo che, a differenza di Goethe, egli non sfogliò i classici nel suo soggiorno a Roma. Vide forse il papa , Giulio II; ne farebbero testimonianza queste parole « il papa cavalca trionfalmente per le vie e porta il Sacramento su una bella cavalla bianca n e più tardi lo giudicò « l'ultima fiamma della lampada che presto si spègnerà »; una ben strana illusione sulla forza del papato. Delle vestigie della Roma antica dice : (< Mi sono molte volte stupito come l' impero romano venisse a tanta grandez3a senza la conoscenza dd vero Dio » ... « ma poi venne tal giudizio che le traccie dell' antica Roma sono appena riconoscibili ed essa non è che una morta carogna ». Strana gli parve la fretta dei preti che si sbrigavano in quattro battute d'una messa. I colleghi gli dicevano << passa. passa ». Anche lo scandalizzò il caso, udito raccoutare sorridendo da cortigiani a tavola, d'un prete che aveva bestemmiato sull' ostia << panis es et pauis manebis , vinum es et vinum mauebis »•.• Queste sono a un dipresso tutte le impressioni romane di cui è rimasta traccia nelle opere di Lutero. Parrebbe dunque un episodio quasi insignificante, quel suo viaggio ; ma egli ha poi scritto che nemmeno per 100,000 fiorini non avrebbe voluto non esser stato a Roma, giacchè ora non teme di far torto al papa attaccandolo, « avendo visto quello che dice». (PreussischeJahrb1icher,· settembre). ♦ Ercole Vidari: Scrutinio <li lista. ( r) - Chi va in cerca dell'ottimo sistema elettorale e si scervella, come fanno molti giornali, a combattere o a difendere lo scrutinio di ( 1) Le idee sostenute in questo articolo collimano perfettamente con qn elle svolte dallo ,otico nel N. del 3 1 agosto clell:i nostra Rivista, L'interess:mte in qn~sta coincidenza non sta nel fatto che si trov:ino cli accordo un conservatore ed 1111 repubbiicano; ma nel fotto che lo si:1110chi trae le sue conclusioni dalla conoscenza del Sud e chi del Nord. N. d. R.
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