RIVISTA POPOLARE 489 nelle sue flessuosità e sinanche nella fine (1). Sulla riva sinistra delle due riviere passa la via Latina. Di 1~ dalle montagne dei Volsci, le terre Pontine si stendono senz'alcuna ondulazione, dai monti Albani al salto di Terracina: a traverso questa distesa monotona, la via Appia fila in linea retta. E così le due. vie proseguono il loro cammino parallelo sino a che infine convergono l'una verso l'altra e vengono a unirsi in piena Campania, per passare il Volturno sopra un sol ponte. La via Appia in tutto il suo percorso non ha incontrato che un solo ostacolo, il promontorio dei monti Ceprei , che sbarra il litornle e obbliga la via , dopo aver oltrepassato Fondi, a insinuarsi nelle gole , dove le scarpe dei fortini elevati dai Borboni finiscono con lo sparire sotto le erbe. Quanto alla via Latina, dopo l'Italia meridionale pretese ben più ardite, rivendicando il diritto di sovranità sui paesi di cui Nicola II, nel concilio di Melfi, aveva dato l'investitura a Roberto Guiscardo. La fondazione del regno di Sicilia ebbe per prima condizione l'abbandono di Benevento alla Santa Sede: la città pontificia restò nel cuore stesso del regno vassallo come un perpetuo memento. I signori dell'Italia meridionale dovevano tuttavia un giorno scuotere la tutela del sovrano dell'Italia centrale. La lotta si scatenò quando fu compiuta l'alleanza, di cui i papi avevano per tanto tempo scongiurata l' effettuazione, e quando con l' unione tra la figlia di re Ruggero e il figli o di Federico Barbarossa, le due corone .del regno di Sicilia e dell' Impero d' Occidente, riposarono sulla stessa testa. All'azione continua che aver abbandonato il Liri alla _sua uscita dalle montagne, essa si avanza liberamente a Il lieto eventoe veri padroni il papa pretendeva esercitare sul regno, l'imperatore o re oppose una resistenza a base di sforzi audaci per penetrare nello Stato ed oltre lo Stato pontificio. Federico II pro~ clamò a gran voce il disegno, da lui concepito, di compiere, venendo dal sud, l'opera che gli imperatori sassoni avevano tentato invano, venendo dal nord. Egli intravide la possibilità di unire le due metà della penisola in un grande Stato, che fosse gemello dell'Impero e che avesse per capitale, non già, come al tempo di Liutprando, Pavia o Milano, ma Palermo o Capua. Soltanto, per ingrandire così il regno di Sicilia in un nuovo regno d'Italia, sarebbe occorso ridurre il papa , sovrano dei re, a non esser più se non il primo dei vescovi, e Roma, capitale di uno Stato, a non esser se non la metropoH di una diocesi. I papi si trovavan minaccini in tutte le loro pretese e in tutte le loro conquiste. Fra essi e l'imperatore cominciò la guerra di traverso la pianura accidentélta, su cui si eleva dominan te Monte Gassino, e non deve superare ormai che un ripiano mediocre per passare dal bacino del Liri a quel:o del Volturno. Nessun serio ostacolo vietava a Firenze di comunicare con Napoli ·per mezzo di Roma. Una corrente continua di scambi sarebbe potuta persistere dall'impero romano sino ai giorni nostri lungo le due grandi vie, che seguivano l'asse della penisola, se Roma non fosse divenuta la sede di un potere nuovo, estraneo e superiore ad ogni potere costituito in Italia. L' instaurazione di uno Stato pontificio preparò quella scissione dell'Italia, di cui la fondazione del regno normanno d'Apulia e di Sicilia non fu se non la consacraz10ne. t lr • o E' notevole che, dopo l'unità tutta fittizia del grande Stato lombardo, l'Italia meri- - Tutto va bene, ma a Roma, senza il permesso nostro .... non si partorisce I dionale non abbia potuto, malgrado gli sforzi reiterati degli irnperatori germanici, esser ricollegata ad una delle tante combinazioni politiche, cui si dette il nome di regno d' Italia. Soltanto il potere pontificio, divenuto arbitro del centro della penisola, giunse a prender piede nella regione del sud. Si sa che i papi tentarono fin da prima d'ingrandire il patrimonio, stendendo i limiti della « Campania romana » come quelli della « Tuscia romana ». Nelle donazioni famose del 754 e deH'817, essi fecero concedere alla Santa Repubblica della Chiesa di Dio, primieramente Gaeta e Fondi, poi Arpino, Aree , Sora, Teano e persino Capua. In realtà essi non occuparono mai, e per alcuni anni soltanto, che le prime due di queste città. Ma la conquista normanna fornì ai Sovrani Pontefici dei pretesti per elevare su tutta (1) TH. F1scHER, Italien, p. 411. (dall'Asino) sterminio, in cui furon poi trascinati il figlio e il nipote di Federico II. In questa lotta accanita , tre degli Hoheostaufen, che regnarono in Italia, furono, l'uno dopo l'altro, distrutti. Il progetto di un regno d'Italia, che si stendesse dalle Alpi al mare Jonio , .do_veva restare una chimera fin che lo Stato pont1fic10 sbarrava la penisola, da Ostia ad Ancona. Per una coincidenza strana, il solo principe che, nel medio evo, si trovò in condizione di far riconoscere la sua autorità nell'Italia intera, era l' alleato fedele del papa. Il re Roberto d'Angiò, sovrano ereditario dell' Italia meridionale, signore della Toscana, di Genova, della Lombardia e del Piemonte, fu anche <!apitano dello Stato pontificio , senatore e signore effettivo di Roma. Se non gli fosse mancato l' animo, se avesse avuto meno scrupoli, se infine fosse stato un altro uomo, l'Angioino avrebbe potuto effettuare il progetto di
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