Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno X - n. 18 - 30 settembre 1904

488 RIVISTA POPOLARE varco, che tra la gola utilizzata per la via Flaminia e lo spiraglio di Benevento , faccia breccia nella massa degli Appennini. Questa via , anzi che dare accesso al regno di Napoli, lo contorna esattamente, seguendo l'avvallamento che ne segna al nord la frontiera naturale. Pure dalla via Salaria una via secondaria, la via Claudia Nova, si stacca e raggiunge gli Abruzzi a traverso gli stretti e difficili passaggi d'Antrodoco (1). Più al sud, la via Valeria, partendo da Tivoli, raggiunge Carsoli e oltrepassa a stento le gole di Colle. Quando queste due vie si sono ingolfate negli Abruzzi, non incontrano più, come ,la via Salaria, un tracciato gia beìl' e pronto. L'Abruzzo, da nord-ovest a sud-est, è tagliato per tutta la sua estensione da una catena trasversale, che conta delle cime di 2.000 metri. Inoltre la regione si trova spezzettata da cerchie secondarie in una serie di anfiteatri , di cui ciascuno , dopo essere stato il letto di un gran lago , forma oggi un piano umido e grasso, racchiuso in una chiastra di montagne aride. La via Claudia e la via Valeria s' inoltrano entrambe verso l' est a traverso mille ostacoli. Nè l' una nè l' altra riescono a penetrare verso il sud. Dopo aver percorse le gole, superati i ripidi pendii e traversati gli alti ripiani, esse finiscono per riunirsi ai piedi della muraglia calcarea, che, dal lato dell'Adriatico, sbarra l'accesso degli Abruzzi. Là un varco angusto si è praticato sotto la forza delle acque dell' Aterno e del Sagittario, confuse in un sol fiume, che . porta, sin dal principio del medio evo, il nome di Pescara. L'incontro delle due vie è vicino alla confluente dei due torrenti , e la via Claudia Valeria, che conserva, nel suo duplice nome, i nomi delle due vie di cui costituisce il seguito (2), se ne va, per le gole della Pescara , a raggiungere l' Adriatico. Le due grandi vie che dall'Umbria e dalla provincia romana sono penetrate negli Abruzzi, non possono dunque districarsi dal dedalo di ripiani cinti dalla chiostra dei monti, se non per un solo sbocco , aperto sopra una costa ospitale , dove le sabbie finiscono con l'invadere le spiagge aperte. Nello stretto passaggio che resta libero fra gli ultimi contrafforti e le spiagge, la via Claudia Valeria raggiungeva una strada litorale, che costeggiava la muraglia degli Abruzzi. Dalla conca di Sulmona si poteva, per questa via indiretta, risalire verso Ancona o discendere verso Bari. Ma se si voleva andare direttamente a Benevento o a Capua, bisognava affidarsi a una via anonima (3), che dopo una formidabile salita , traversava lunghe pianure deserte, spazzate dai venti del nord e coperte di neve durante i mesi d'inverno (4). Dopo di ciò si ricadeva ( r) Carlo I d'Angiò fece costruire, nel 1278, il castello di Ripa di Corno , destinato a difendere questi valichi. Cfr. Archivio storico ital. 4a serie, I, p. 424; - MINlERr-R1ccro, Nuovi studi ecc. p. 14, e un atto inedito del 4 aprile 1280 nel <J{_egA.ng. 1270 B, f.0 50 v.0 • (2) Nella tavola peutingeriana il nome di Claudia Valeria si estende all' estremità della via Valeria, dopo la gola di Popoli sino allo sbocco della « conca» del Fucino (E. DESARDINS, La table de Peutinger, Paris, 1874 p. 170). (3) Il nome di via Numi eia, che gli eruditi locali dànno a questa via, non è citato da nessun documento autentico. (4) Cfr. HASSERT, 7Jie Abruzzen (Geogr. Zeitschrift, 1897, p. 6). La via antica passava per Campo di Giove e per il Piano di Mezzo: è l'itinerario che ha ripreso la ferrovia da Sulmona a Isernia, raggiungendo , alla stazione di Pescocoin fondo a un'altra conca, quella di Castel di Sangro, e occorreva poi, per giungere a Isernia, tutto un lungo viaggio a traverso un caos di montagne, di cui alcune vette sono ancon1 coperte di foreste di querce (1). Cosi le vie per le quali la civiltà della Toscana ha potuto diffondersi nelle valli dell'Umbria, non . penetravano negli Abruzzi se non per andar subito a perdersi lungo la riva del mare. Le « Conche » aggruppate nella fitta chiostra che le rinserra d'ogni parte, formano come dei recinti stagnanti, contro i quali le correnti discese dal nord-ovest dovevano infrangersi o deviare. Una vasta fortezza naturale che ha per torre il Gran Sasso, eleva nel cuore della penisola una cerchia rivale alla barriera delle Alpi. Essa racchiude una << Arcadia italiana >> (2), appena semi-aperta dal lato dell'Umbria, dieci volte rinserrata dalla parte della Campania, e che sembra esser rimasta, sino alla conquista romana , impenetrabile alle civilta straniere che hanno coperto l' Italia dei prodotti della loro industria , oreficerie orientali e ceramiche elleniche (3). Se ora ci rivolgiamo verso l'ovest, ci accorgeremo che fra l'acropoli dei vecchi italioti e il mar Tirreno le comunicazioni sono aperte dalla Toscana alla Campania per mezzo di due grandi vie naturali, in cui si sono insinuate due delle più antiche strade consolari. Il lungo solco che discende dalla valle dell'Arno alla Campagna romana, è continuato di là dal sollevamento mediocre dei monti Albani per mezzo di un altro varco, dove, come nel varco del nord , s' incontrano due riviere : la valle del Sacco sembra riprodurre la Val di Chiana, e il Liri, a sua volta, sembra imitare il Tevere nella sua origine, stanzo, l' altezza di 1.300 metri, la quale in Europa non è oltrepassata da nessuna ferrovia senza cremagliera. Nel medio evo la via tagliava diritto da Pettorano a Roccaraso, pe,. il Piano di Cinque Miglia. Si dice che al XVI secolo un corpo di truppe tedesche peri su questo piano, in una tormenta di neve. Thiébaud, che, nel 1798, traversò con la sua mezza brigata questo luogo di sinistra memoria, ebbe a soffrirvi crudamente vento e freddo. (r) Questa via, sempre stentata e pericol0sa per il cattivo tempo, non è stata utilizzata, anch' essa, che assai tardi per passare dal!' Umbria alla Campania. La via da Sulmona a Isernia si trova ricollegata nell' Itinerario di Antonino alla via che discendeva da Milano e da Bologna, seguiva l'Adriatico , entrava negli Abruzzi, risalendo la Pescara e la via Claudia Valeria, e per sopra le più aspre montagne d'Italia, continuava a traverso la Basilicata sino alla Calabria e allo stretto di Messina. ( 2) Th. FrscHER, Italien, p. 3 98. (3) Quando il Gregorovius scrive, nella sua prefazione al libr0 ~el Bindi (Monumenti... degli .Abruzzi p. XVI) che (< i Campmi e gli Etruschi introdussero probabilmente negli Abruzzi l' arte della ceramica >> enuncia una supposizione contraddctca da tutti gli scavi fatti sino ad oggi. Al museo di Corfinium (San Pellino, presso Sulmona) non vi è un solo coccio d'origine greca. Il Mariani, dopo aver constatato l'assenza di qualsiasi vaso greco nella necropoli sannita d' Alfeqena, aggiunge con ragione: « Il fatto può spiegarsi sopra tutto con ragioni topografiche: la città era lontana dai laboratorii greci, e il viaggio attraverso le montagne era pericoloso per i fabbricanti di ceramiche » (Mon. ant. pubbl. dall'Ace. dei Lincei , 190 I, I, col. 294). Quanto alle corazze ed ai centurini di bronzo ornati d'incisioni di stile ellenico finissimo, che si sono trovati in questa necropoli (id. col. 348350, fìg. 74), non si tratta di merce portata da qualche mercante, ma di trofei che un popolo guerriero avrà potuto conquistare a Capua o a Cuma su qualche campo di battaglia vicino al mare. (3) VIDAL DE LA BLACHE, Etats et Nations de l' Europe, p. 497·

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