RIVISTA POPOLARE DI• Po.li tic a, Lettere e Scienze Sòciali Direttore: Prof. NAPOLEONECOLA..JANNI (Deputatoal Parlamento) Esce in Roma il 15 e il 30 d'ogni mese Italia : anno lire 6; semestre ìire 3,50 - Estero : anno lire 8; semestre lire 4,50 Un nu'mero separato Cent. 30 Amministrazione: Corso Vittorio Emanuele n.0 115 NAPOLI Anno X - Num. 15 ABBONAMENTO POSTALE Uoma, lo Ag·osto 1904 SOMMARIO: Ettore Socci: Francesco Domenico Guerrazzi - Noi: Gli avveuhnentl e g·li uomini: (Propaganda repubblicana in favore dei... socialisti - Dopo l'esecuzione. Morte allo czarismo; viva il popolo russo - Repubblicani e socialisti contro l'irredentismo - Un nuovo trionfo della politica di Combes - Il diritto d'ospitalità - Il Papa e la Democrazia Cristiana - La nazionalizzazione delle ferrovie in !svizzera ... e altrove - Un accattonaggio di nuovo genere - C. F. : Per il centenario di F. D. Guerrazzi) - Dott. N. Colajanni : Il palizzolismo e la Sicilia ....:.. A. Agresti : A proposito di parlamentarismo - Avv.G. E. di Palma Castiglione: La lotta presidenziale negli Stati U·titi d'America - Mario Pilo: Stelloncini letterari - Rivista delle Riviste: Il salvatore dello czarismo (Les Temps Nouveaux) - La decadenza della guerra (L'Economista) - Il congresso internazionale di 'Amsterdam (Die Neue Zeit) - La politica coloniale e i socialisti (Socialistische :Monatsh~jte) - Gli Inglesi nel Tibet dal punto di vista Russo (north Aniericatt Review) - Un motivo per la russificazione della Finlandia (Cornhill Ungarim) - L'Asia rivoluzionista (The Century) :_ Illustrazioni nel testo. AVV15QIMPORTANTE Preghiamo nel modo più caloL·oso gli abbonati, che non hanno ancora pag·ato l'abbonamento, cli volerlo pagare c~lla massima sollecitudine. Il loro ritardo, che trattandosi di somma molto esigua, non può dipendere che da dimenticanza arreca imbarazzo all'amministrazione. Dirige.re lettere e cartolfne va.glia ali' On. N. Colajannl - CAS'rROGIOVANNI. Francesco Domenico Guerrazzi Livorno si appresta a celebrare solennemente il primo centenario della nascita d~l suo cittadino più illustre , Francesco Domenico Gnerrazzi - e tutta l'Italia si associa alla generosa città nel rendere omaggio a lui che nel più mortifero letargo in cni era assopita l'Italia seppe colla voce dell' altissimo ingegno risvegliare i dormenti , snscitando speranze e palpiti di fra magnanima in una generazione che preti, stranieri e monarchi '.'0levano serva. Francesco Domenico Guerrazzi, anche più di Carlo Bini, di Atto Vannucci e di Giovan Battista Niccolini impersona la reazione Ghibellina scoppiata in Toscana contro il neo -guelfismo Lombardo. Alla scuola della rassegna zione, alle fisime, ingenuamente generose di conci'liazioni impossibili , dalle colonne dell' Indi· catore Livo1·nese, giornale in cui scriveva pure Giuseppe Mazzini, i nostri toscani contrapponevano una vera crociata, combattuta, senza tregua·e senza sconforto, non.solo per la indipendenza della patria, ma anche per l'emancipazione del pensiero umano che non potea conseguirsi, se non collo scoronamento del pontefice. Guerrazzi subi prigionie a San Gimignano - ove ebbe un colloquio con Mazzini - e a Portoferraio-; più tardi, per la lealtà dei consorti toscanile mura delle Murate doveano averlo suo ospite. L' Assedio di Ffrenze e la Battaglia di Benevento furono ben definite nella sua splendida critica da Giuseppe Mazzini, due battaglie vinte. Sono due 1 ibri le cui pagine, anche oggi, dopo tanto cambiare d' eventi e tanto progres::so d'idee, fanno qualche -voita fremere d' entu8iasmo. Lo stile romantico , affaseinante, ingemmato ·di splendide immagini e ricco di forti pensieri animava i giovani, faceva l'effetto di uno squillo di tromba che tutti spingesse ad anelare il 8acrifizio per la patria diletta , a vendicare i di lei secolari opµresson, a renderla forte, felice, temuta , come a1 giorni dell'impero Romano. Al focoso scrittore gl'ava più di ogni altro ma-
394 RIVISTA POPOLARE lanno l' ignavia , è uno schiaffo sulla guancia la schiavitù. Verranno i giorni dell'amore, ma, finchè dura l'onta ed il danno ben venga anche la violenza. e La forza - egli dict, nella prefazione nell'Assedio di Ffrenze - non ha concluso un patto con nessuna nazione del mondo: qual mano di uomo strappò le ali alla vittoria? ... Finchè sollevandosi al cielo, le vostre braccia sentiranno il peso dei· ferri nemici, non supplicate .... Iddio sta coi forti. La vostra misura d' abiezione è già colma : scender più oltre non potete : la vita consiste nel moto, dunque sorgerete. Ma, intanto, abbiate l' ira nel cuore, la minaccia sui labbri, nella destra la morte: tutti i vostri iddii spezzate, non adorate altro Dio che Sabahot lo spirito delle battaglie ... voi sorgerete. La mano del demonio settentrionale che osò stoltamente cacciarsi tra le ruote del carro del tempo per anestarlo, indebolita vacilla e sarà infranta ..:... " « La morte percote del pari gli eroi della virtù e gli eroi del delitto: ma Epaminonda tenne l'anima chiusa col ferro, finchè non seppe la vittoria della patria , e morì trionfando: lui poi trapassi la spada sul principio della battaglia e non gli sia tolta dalle viscere, finchè non sappia la nova della sua sconfitta: perisca soffocato dal fumo dei cannoni che annunzieranno la nostra vittoria, si disperi nell' udire i tamburi che saluteranno l'aurora del nostro risorgimento. Sventolerà un'altra volta ]a nostra bandiera sulle torri nemiche, terribile ai figli dei Cimbri: scoperchierà lo spettro di Mario l'antica sepoltura : un' altra volta trascineremo al Campidoglio le corone dei tiranni dei popoli ... .Ma saremo allora felici? Che importa? Tornino·, oh! tornino desiderati quei giorni all'orgoglio italiano ! Amaro é il piacere d'opprimere, ma è pure un piacere, e la vendetta delle atroci offese rallegra anche lo spirito di Dio.... » Perdonino i lettori la citazione un po' lunga, ma indispensabile a mostrare quale influenza dovevano aver queste parole sullo spirito e sulla 'immaginazione dei giovani i quali, indiscutibilmente, si formarono più alle cospirazioni e alle battaglie future dagli scritti di Guerrazzi , come dalle poesie di Berchet . I che dalle meditazioni metafisiche e dalla dottrinaria propaganda che altri faceva , pure animato dalle migliori intenzioni. Guerrazzi avrebbe creduto commettere un delitto di lesa-patria se tutti i suoi scritti non fossero stati scudisciate ai codardi o inni eccitanti a magnanime imprese. Poco dovea tardare ad essere l' uomo più popolare di Toscana - e quando parve che le sorti italiche, nel 1848, dovessero finalmente cambiare, il nome di lui che aveva insegnato ad amare la patria e a sperare nel risorgimento· di lei nei tempi più tristi, corse sulla bocca di tutti. Caduto il ministero conservatore, Guerrazzi fu da Leopoldo II chiamato a far parte del governo della Toscana: fuggito il granduca, e, proclamato il governo provvisorio e poi il triumvirato, fè di quest'ultimo parte insieme al Montanelli e al Mazzoni. Bisogna dire - ad onta delle splendide pagine che egli scrive nella mirabile sua apologia - libro che teme ben pochi rivali- bisogna pnr dire che egli nel difficile incarico che gli era stato affidato, peccò d'incertezza , non seppe trovar mai una linea sicura, gli mancò per un momento la fede nei destini della patria. Di qui il barcamenarsi innanzi alla idea di convocare la costituente-di qui il rifiuto opposto.al Mazzini, recatosi espressamente a Firenze, di unirsi alla repubblica romana. · Gustavo Modena', .il sommo attore, allora rappresentante del popolo a Firenze , saettò allora i suoi fulmini, contro il dittatore. Le cose volsero alla peggio e trionfò la reazione: una marmaglia di contadini, aizzati dal prete, guidati da quei consorti che richiamarono il granduca e col granduca gli austriaci , atterrò l' albero della libertà che era stato piantata in piazza della Sig,ioria e invase Palazzo Vecchio. Al Guerrazzi fu data la parola d'ono1·e dalla Commissione costituita dal fior fiore dei moderati, che ei sarebbe libero e che la sera con un salvacondotto avrebbe potuto recarsi ove voleva. La sera, l' uomo illustre era accompagnato al Bargello i donde pochi giorni dopo lo si dovea condurre· alle Murate e di là nel Maschio di Volterra. Non è qui il luogo di parlare del processo di Guerrazzi, nè delJe periperizie del suo esilio in Corsica, a Marsiglia ed a Genova - qui basti il ricordare che i migliori lavori suoi, tanto dal lato artistico quanto da quello storico, furono, in quell'angoscioso periodo itleati e posti a fine: Il Pasquale Paoli, il Paolo Pelliccioni, le leggende e le novelle dell'isola che lo ospitava - la Ve1·onica Cybo, la Serpiceria, i Ta1•t11,fi mode1·ni e l'indimenticabile Asino. Guerrazzi in tutti i suoi lavori mirò a due bersagli: i moderati ed i preti. Che cosa non disse dei primi ? « Il moderato è peggio del prete, perchè. il prete è moderato! J> « Se Giuda vendè Cristo per trenta denari, i moderati venderebbero trenta Cristi per un solo denaro >. - E via di seguito. Egli odiava i trafficatori della patria, i traditori di Garibaldi , gli Ebrei battezzati che avevano ceduto Nizza e Savoia: e li bollava a sangue e 1' inchiodava alfa gogna colla sua penna acuminata più di un pugnale. E del prete diceva: « Diffidate di lui, dacchè non. è mai cosi vivo, come quando par morto ,. . Ritornato in patria, fu aspramente combattnto dai ·moderati i quali tentarono , e riuscirono in parte a fargli dare l'ostracismo da tutti i collegi elettorali Noto, nella generosa Sicilia e Grosseto in Toscana, sfatarono la indegna manovra e Guerrazzi fu deputato. Aveva da poco dato alle stampe il Buco nel muro, vero gioiello di elegantissimo stile e di un hum01· schietto e paesano. Guerrazzi sedè alla Estrema Sinistra , fieramente avverso al conte di Cavour e a quanti cercavano, sotto il pretesto dei mezzi morali, di allontanare ogni azione, tendente al riacquisto di Roma.
.. RIVISTA POPOLARE 395 Proferì un discorso mirabile contrg la cessione di Morì in Maremma, nella sua villa di Cecina, all'imNizza all'impero francese, chimando in esso Garib~ldi provviso. Quando si ebbe l'annunzio della sua morte un'auima romamL dimenticata dalla morte. - parve che si strappasse una delle più belle pagine Ma l'uomo delle grandi vedute, l'incorreggibile amico del libro d'oro del nostro rinnovellamento nazionale. dell'Italia , il pen;ecutore implacabile d'ogni viltà e d'ogni ipocrisia , trova vasi a disagio nel parlamento, Onde parlò poco e falvòlta svogliato. Il gigante , in mezzo ai pigmei del pit1 volgare opportunismo sentivasi nmiliato per loro e per la patria che li aveva 8Celti a rappresentarla. Amò d'intenso amore i giovani: a onor del vero de• vesi anzi dire che fu uno, tra i pochissimi vecchi del nostro risorgiruento che non si atteggiò mai a lait- . dctto1·ern tempo1'is ctcti, ma non risparmiò occasione di gridare ai giovani : Sta a voi il far meglio di noi: l' avvenire è vostro : rispettateci come pietre miliari, ma non :::!Ostatemai : andate avanti , la vita è moto ; · chi vi predica la sol::ltavi consiglia la morte. Nessuno , come Francesco Domenico Guerrazzi , ha influito sulla coscienza dei giovani - nessuno più dì lui c'insegnò ad_amare la patria, a non contare i nemici, a gustare le ineffabili voluttà del sacrifizio. Era romanticismo, idealismo-dica. quello che vuole lo scettico - ma era la fede , senza la quale non si compiono nobili imprese , ma si po.ltrisce nell'ozio o ci si da all'opportunismo più basso. Francesco Domenico Guerrazzi, fu nella nostra generazione un gigante e rjmarrà presso i posteri - oltre che letterato ed artista -- alto esempio di perseveranza, di fede, di abnegazione. A lui che ci ha educati prorompe oggi dai cuori l'omaggio srncero. ETTORE Soccr GLI ftVVENIMENTI e GLI UOMINI Propaganda repubblicana in favore dei ... socialisti. - Gaetano Salvemini è un insegnante Universitario tra i più colti ed acuti ; milita nel partito socialista, nei Clli giornali scrive sotto lo pseudonimo di 'l'-restelle, Re1·mn Scripto1·, 'Pravet e forse sotto altri a noi ignoti. Anche la Rivista pu bbHcò con piacere qualche suo articolo. Egli da qualche tempo ce l' ha coi repubblicani e nella s11a repubblicofobia , come ricorderanno i nostri lettori, arrivò a calnnniare Giui:mppe Mazzini morto, che non gli dava ombra e fastidio. Si può immaginare da ciò se può essere trattenuto da scrupoli nell'attacco contro i repubblicani vivj, dei quali vuole prendere il posto ... Il Travet è di Molfetta, rappresentata da cinque legislature da Piero Pansini persona mite e gentile quante altre mai e di fede repubblicana incrollabile, professata apertamente dalla sua prima giovinezza. Tale lo conol::lciamodal 1868. Pansini deve avere salda base nel collegio ; e più che da conoscenza nostra diretta lo argomentiamo dall'azione, che ha cominciato a spiegar~ il Salvèmiui , che aspira a raècoglierne la success10ne. Piccole avvisaglie tra repubblicani e socialisti nel collegio di Molfetta crediamo che ce ne siano già state parecchie ; ma i cannoni da 30 pollici sono stati smascherati ::lotto forma di un atto di accusa contro Pansini e contro i repubblicani di Molfetta. Le accuse sono : 1 ° di avere trescato coi clericali ; 2° di avere denunziato i socialisti come autori dei tumulti del 1898; 3° di avere domandato una piccola guarnigione in Molfetta. A tutte e tre le accuse ba risposto con la serenità di chi sa di essere nel vero Piero Pansini in una lettera e noi potremmo por fine a questo stelloncino constatando soltanto la slealtà dell' attacco , che non ha , evidentemente , altro obbiettivo se non quello di sbarazzare il campo del candidato repubblicano alle prossime elezioni per fare largo a quello socialista, che sarebbe il Salvemini. Ma noi lo continuiamo per rilevare la fretta sconveniente dello intervento di Arcangelo Ghisleri , che appena letto l' articolo del Tempo invitò il Comitato Centrale del Partito republicano italiano a chiamare alla sbarra gli accusati per discolparsi. Tra gli accusati c'era, giova ripeterlo; Piero Pansini, che milita da circa quarant'anni nel partito repubblicano, ehe sta alla Camera con onore da quindici anni, cittadino di vita privata intemeratissima e che ha avuto il solo torto, di cui ora si vede punito, di f!Ottoporsi ai vincoli della cosidetta organizzazione ufficiale del partito. Per tutto ciò non ci spiacque soltanto la fretta, e vorremmo dire la leggerezza con cui Ghisleri denunziò gli accusati al Comitato Centrale del Partito, ma sopratutto la forma. Leggendo la denunzia ci parve di sentire la voce di uno dei sacerdoti che nell' Aida di Verdi intima a Radamés di discolparsi! Ora la persona dell'accusato principale, di cui ci siamo rapidamente occupati; la natura delle accuse, le condizioni e le confessioni dell' accusatore avrebbero dovuto escludere la fretta e il tono della denunzia di Arcangelo Ghisleri. Valutiamo rapidamente le accuse. L'ultima: quella di aver f:;1.ttopratiche per ottenere un~ guarnigione in Molfetta , comunque motivata, non costituisce un demerito. Si tratta di una quistione economica; poichè le spese fatte dallo Stato in un sito sotto forma di mantenimento dei soldati rappresentano una parziale restituzione delle imposte che lo stesso Stato vi esige. Una delle gravi sperequazioni tra Nord e Sud da noi denunziate sta per lo appunto nelle maggiori spese militari che lo Stato fa nel Settentrione. Sarebbe gravissima, se fosse vera, la seconda accusa: cioè che i repubblicani di Molfetta abbiano denunziato i socialisti come autori dei tumulti del 1898. Pansini l'ha smentito recisamente; ma che non sia vero risulta dalla condotta posteriore degli stessi socialisti. Si sarebbero essi alleati nelle lotte successive coi loro de nunziatori, colle spie? Via ! non è immaginabile. Se ciò avessero fatto i socialisti si sarebbero mo. strati tanto spregevoli quanto i loro denunziatori. Rimane la prima accusa, che esaminiamo in ultimo perchè esige qualche chiarimento. La lettera di Pànsini con argomenti chiari e lampanti dimostra che l'accusa è falsa. Ma se fosse vera ? Arcangelo Ghisleri èonosce o dovrebbe conoscere le condizioni del Mezzogiorno ; dovrebbe sapere quindi, che nello interesse della cosa pubblica e della pubblica moralità talvolta valgono meglio i clericali, che i frammassoni ed anche gli aderenti al movimento del libero pensiero . A Napoli , ad esempio , tra Sangineto clericale e Summonte frammassone, noi non esiteremmo a stare col primo. La sconvenienza della fretta e del tono della de-
396 RIVISTA POPOLARE nunzia al Comitato Centrale del Partito repubblicano noi la desnrniamo dalla circostanza che Ghisleri conosceva una prima formale smentita di Pansini. Pnchè prestar fede all'avversario e non all' amico politico? Alla diffidem:a verso l'avversario dovevano poi consigliarlo lAcondizioni e le confessioni dell'accusatore Sal vernini. C'era da sospettare il preconcetto nell'accnsa: l'interesse elettoriale proprio. C'erano poi le confos~ioni. Non riconosce egli stesso che i sociali::.ti di l\folfer,ta, sino a quando la cosa loro riusciva comodi:i, acC'ettarono la compagnia e la solidarietà coi repnbblicani? Ma per quc1nto noi ne sappiamo nè il purissimo Salvemini. nè altri li hanno denunziati al Comitato Centrale del Partito Socialista Italiano per l::t espul:,;ione o per la pubblica cens·ura ! E a fare sospettare del Salvemi.ni non doveva bastare ad un repubblicano il rammarico ~he egli non sa nascondere per la sconfitta dei lllOnarcbici.? E n11lla diciamo sulle lodi disinte1·essate r.he l'accusatore rivolge all'ex sindaco Picca che ha il grande merito di essere stato eletto come repnbblicano e di essere passato .... nel campo socialista d la suite del Salvemini. Arcangelo Ghisleri ha una risposta trionfale da darci: io non mi preoccupo se altri vien meno al proprio dovere; penso a compiere il mio, avvenga che può. L'argomento ha un valore indiscutibile; sopratutto sul terreno della ri.1orale individuale. .Ma in politi•ca non può e non è stato mai, mai, mai applicato; specialmente quando certe apparenti deviazioni dalla diretti va teorica non sono suggeriti da finalità disoneste e da tornaconto personale. Siamo stati pnritani sino al ridicolo ed abbiamo perduto Federici mentre Berenini coinvolto nella stessa accusa è rimasto deputato; siamo stati meticolosi ed abhiamo perdo to Chiesi ; per fare omaggio allo spirito dell'anticlericalismo settario si cerca ora di farci perdere Pansini. Noi perdiamo i collegi; e i monarchici e i socialisti, che non hanno gli scrupoli nostri, li guada~:nano. E' il caso di esclamare come per la carica di cavalleria a Balaclava: e' est magnifiqiie; mais ce n' est _pas la guerre! I repubblicani italiani furono un tempò dei bramini; ora pare che vogliano divenire un partito di santoni. Camminarono come le tartarughe ; e cammineranno come i gamberi ! ♦ Dopo l'esecuzione. Morte allo czarismo; viva il popolo russo ! - Il terrore cagionato dalla esecuzione dell' esoso tiranno della Ru~sia non e ancora cessato. Lo Ozar non sa ri!'<o]versi a scegliere il suo principale consigliere e vacilla fra le tendenze di quelli che vorrebbero continuato il sistema di Plebwe, e le esortazioni di q 11elli cbe al potere vorrebbero fosse chiamato il vVitte, partigiano della Costituzione, nemico della guerra attuale e deci~amente avverso al partito Pob èdonostezeff e Imperatrice Madre, il partito della reazione a oltranza. Intanto si dice che 10 mila persone siano state arrestate in seg11ito ali' attentato, e l'esodo degli esiliati in Siberia, l'orrore delle fostigazioni e delle torture continu,mo a seminare in Russia il terrore, al quale i rivolnzionari rispondono dichiar:-mdo fermamente che es~i continueranno sn la via incominciata finchè le condizioni politiche interne della Russia non mnteranno. In verità il partito russo della Reazione naviga ora in brntte acque. Ucciso il suo prin(·ipale fautore, sconfitte le truppe che dovevano mantenere il prestigio: diventati odiosi agli occhi del popolo Bezobraznff, Alexeieff, e i principali mestatori che. per i loro interessi privati, vollero la guerra in Manchuria, questo partito sembra ora avere esaurite le sue forze e la sua influenza , e non mantenersi più oltre che per la fatale e imbelle irresolutezza dello Czar. In Europa ed in America, in tutto il mondo civile, le popolazioni e la stamµa hanno plaudito all' atto di giustizia, all'atto di ginsti~ia che privando il partito della reazione del sno uomo più energico, avrà certamente effetti a8sai profondi in nn non lontano avvenire in Russia. Una sola vore discorde si è fatta intendere, e si è 11nita al coro dei reazionari che piangono il Do Pl~we e que:-ita voce, è quella dei socialisti 1·iformisti rui-lsi. Bisogna notare che il partito di questi socialisti è senza influenza, se117,aimportanza, e senza energia, malgrado le dichiarazioni del Pleckanoff, noto agli anarchici' per averne egli calunniato le più nobili figure, e considérato da loro individuo di condotta assai losca. Ora costui, atteggiandosi a capo partito parla, disapprovando la morte del De PlPbwe, e si fa intervistare dai giornali per rendere noto al pubhlico la sua idea simile a quella del sedicente partito al quale egli appartiene. Noi seri vemmo nel numero scorso di questa Rivista, la morte di De Plehwe fu giusta e fo giust,i.zia : ora le dichiarazioni del sigoor Pleckanoff non modificano punto il nostro pensiBro , tanto più che ne vediamo jn un prossimo avvenire i benefici effetti; soltanto dalle dichiarazioni del signor Pleckanoff 1 icaviamo questo che s'accomoderebbe anche egli collo Czar. purchè gli permettesse di legiferare un pochettino anche lui. Intanto, malgrado il signor .Pleckanoff, teniamo a dichiarare che gli opuscoli che inondano la Russia , i giornali ed i propagandisti, non appartengono punto al cosidetto pm·tito del signor Pleckanoff, ma sibbene alla organizzazione di combattimento; e son questi con le loro idee, e con gli atti di quelli che le professano che cambieranno l'organizzazione politica attuale della Russia. Organizz.azione che la morte del De Plehwe. e le sconfitte dell'esercito russo jn Manchuria hanno fortemente scossa. * * * Mentre corregg-evamo le bozze di stampa ci arrivano due notizie, che meritano ancora un nostro breve commento. Si annnnzia da un· lato che è nato lo Czarevikch e che la Corte esulta di gioia. I telegrammi aggi.11ngono che anche la popolazione di Pietroburgo è giubilante. Per quanto l'educazione monarchica sia capace di prodnrre la massima degener-azione morale e intellettuale ci sembra impossibile che un popolo possa manifestare della gioia per la nascita di un fantoccio, che costerà centinaia di milioni ad un popolo di affamati, che ne conc11lcberà i diritti umani e le libertà civiche; possa manifestarla, ripetiamo, rneritre migliaia e migliaia dei suoi figli muoiono di sfinimento o di tifo , o lasciano la vita s11l campo di battaglia combattendo eroicamente in una guerra che non volevano e che detestavano. La gioia di Pietrobnrgo, se vera, rappresenterebbe il massimo pervertimento, la pit'.1grande degradazione di una collettività poichè essa coinciderebbe colla seconda notizia di cui parlammo: colla distruzione della valoroAa flotta che cercò conservarsi alla patda uscendo da Port Arthur affrontando la morte E morte trovarono l'a~miraglio russo Witheft e mille altri suoi eroici compagm. . Il nostro disprezzo pei festeg-gianti di Pietroburgo; la nostra ammirazione pei fooriusciti da Port Arthur ! E diciamo intero il no:::;tropenai.ero su questa grande tragedia : lo spettacolo di tante stragi per questo solo ci conf0rta perchè ci fa sperare nella scomparsa dell'odioso czarismo ! Nessun odio vive in noi contro il popolo russo, che ha qualità meravigliose e che tra non molto al fiume della civiltà apporterà il suo geniale Jontributo di civiltà. " L'anima russa, come scrive Mauclaire, si rivela con Tolstoi, Dostojewsky, Turghenieff, Gorki ecc. è tale da attrarre la nostra sirn.patia. )>
RIVISTA POPOLARE 397 e Questa intelligenza slava, sottile, fatalista, pessimista , appassionata, poetica, noi l'abbiamo sentita grazie a questi uomini superiori. Ma noi dobbiamo compiangerla ed aug1ll'arle di venire libernta da tre nemici, più vi0ini che il pericolo giallo: la nobiltà, il pope, e l'alcoolismo. Che cos'è che forma la melanconia russa e la sua immem;a poesia di rassegnazione? E' la miseria economica, l'ignoranza mantenuta per ragione di Stato, la tirannide poliziesca e l'autocrazia religiosa. D'onde deriva tutto ciò? Dal regiuie. » E rias::;umiaruo gridando: Morte allo czarismo; viva il popolo russo ! ♦ Repubb1icani e socialisti contro l'irredentismo.- Il generale Riceiotti Garibaldi s1 mostra inconsolabile pel fatto che i repubblicani italiani non seguono la sua tattica misteriosa in fatto d'irredentismo; ne tira la conseguenza che essi sono degeneri dagli antichi repubblicani. No, caro generale! I repubblicani non vi segnono perchè hanno la visione chiara della realtà; perchè essi comprendono che una guerra coll'Austria Ungheria a questi chiari di luna gioverebbe alla sola monarchia e nuocerebbe al paese in genere ed alla democrazia in ispecie; perchè essi intuiscono che una gnerra. ancbe vittorio~a - e i generali tutti e quanti conoscono le condizioni nostre militari o dubitano o disperano-non servirebbe a fare rinnire Trieste all' Italia: la Germania metterebbe il suo veto e la guerra si allargherebbe spaventevo'mente. Il movimento contro l' Ì?Tedentismo di Ricciotti Garibaldi e dei suoi 35 mila volontari ... cartacei non potrà che inten~ificarsi colla riunione del Cantone Ticino dei rappresentanti del socialismo trieRtino ed istriano e di quello italiano inteso a protestare contro gli spiriti bellicosi. Noi non possiamo che rallegrarci di questa riunione e non sappiamo comprendere perchè riesca ostica alla Tn"bunaj ci dispiace, però, che non avvenga in Italia: la sua ripercussione sarebbe più larga e più immediata. Abbiamo parlato di tattica mis.teriosa di Ricciot.ti Garibaldi ; e spieghiamo la frase. Egli ha dichiarato più volte che non vuole la guerra coll'Austria; anche a chi scrive disse che def,iderava . la trasformazione dell'Impero bicipite in uno Stato federale e non ne desiderava la scomparsa . .Ma come egli non si avvede, intanto, che tutta la sua azione non serve che a preparare la guerra, a renderla fa tale? Se questo è lo scopo del coniandante dei 35 mila volonta1·i, egli che è un uomo di non comune ingegno dovrebbe comprendere che per la guerra ci vuole ben altro. Abbia il coraggio delle proprie convinzioni, in questo caso, e faccia la sola propaganda logica che potrebbe fare : quella di domandare al paese le centinaii:t di milioni necessari per Ja preparazione. Avrà a cooperateri i reazionari del Regno. ♦ Un nuovo trionfo della politica di Combes. - Le elezioni dipartimentali francesi, nel primo e nel secondo scrutinio sono ri us1·ite a dare, per così dire, la cre:sima alla politica anticlericale del Ministero Combes. Que::1te elezioni -sE:>gnanoun nuovo pas:::.osulla via del definitivo carattere della repubblica e most, ano che la Francia b.a divorzia. to , speri limo definì ti va men te , dal clericalismo. Anche i repubblicani sicuri, ma che hanno alquanto tentennato sull'indirizzo da seguire, comt' il Cavaignac, :::.ono:::.tati battuti. Enormi le perdite dei nazionafoiti e dei reazionari. Nel 1871 forse aveva ragione Thiers quando diceva: la 1·epubblica s<wd conservutrice o 110n sarà Poco più di trent'anni di regime sinceramente repubblicano hanno dimostrato che la repubblica è divenuta democratica e tale il popolo la vuole mantenuta. L'esultanza di quest'ultima vittoria del.la repubblica laica e democratica venne conturbata dalla fine immatura - a 58 anni - di Waldeck Rousseau, che sarebbe stato sicuramente il futuro presidente e che meritava di esserlo. A lui si deve l'inizio della lotta contro il clericalismo continuato virilmente da Combes. Ma per quanto amara questa perdita non puo avere alcuna eonseg,1enza sulle sorti ddla sorella latina. La Francia è ricca di uomini di grande valore politico ed il reg-ime di vera li berta, di c11i gude, permette che si manifestino rigogliosamente ttitte le attività latenti. Ieri Combes era un o:;cufo uomo politi~o ; dopo due anni di lutte feconde egli si è affermato un valore di prim' ordine che tutte le sue energie e tutta la sua rettitudine ha messo al servizio dello Stato e della democrazia. ♦ Il diritto d'ospitalità. - L'estradizione del tenente We:ssel, che qualche giornale ufficioso ha voluto fare apparire legali,,..;ima e regolare, ha attirato l' attenzione sulle wene della polizia rnssa, che da woltissimo tempo, agisce in Roma, con fa piena connivenza della polizia italiana. E fatti brutti di ingerenza indebita degli agenti rns.--i vengono alla luce, e l'Italia e ,jl sno governo non ci fanno la più bella· figura di questo mondo. Noi ci ricordiamo q nando la Svizzera, cedendo alle pressioni della polizia russa , esp11lse dal proprio territorio Kropotkine e Stepniak. E:;sa non volle come la polizia rus-a voleva, consegnargli agli agenti dello Czar e impo::;e loro di passare la frontiera . .b,u in tutte le nazioni d'Europa un grido di sde~no. Si disse che la Svizzera man•)mette va la propria indi pendenza, che essa si asserviva .supinamente alla Ras:sia e che di quel passo , ben presto tutte le garanzie di sicurezza e di libertà che offriva la Svizzera ai rifugiati politici sarebbero scomparse. E ci fu anche in Svizzera una sollevazione di sdegno n-azionale , che v~lse a frenare gli ardori e le inr,raprese della polizottaglia czaresca, e obbligò il governo svizzero e la Rna polizia a npn manomettere più le leggi del pae:se e a rispettare il diritto d'asilo garantito da quelle le~g1 ste ..;:;e.Infatti, quando venne, più tardi, l'affare Hart.niann, la Svizzera si condus::;e altrimenti. Vanaweute, alluni, la Russia mise in opera tutti i mezzi ed impiegò tutte le arti per avere nelle mani il terribile uikdista; la Svizzera non cedette a sollecitazioni , a preghiere, a minact·e e Hartinann non fu estradato. L'Italia, in questi affari, pot,eva vantarsi di avere agito, fin ora, as::;ai correttamente, sotto la _pressione dell'opinione pubblica è vero, come anche ultimamente nell' affare Goetz, ma in:::.omma, ri u1aneva il fatto che i rifugiati in Italia, an(.;he se erano espulsi , non venivano consegnati. Ora, il tenente We::;sel ha spezzato la buona tradizione: l'opinione povoìare s'è rnostrata fiacca, e il governo italiano indectntemente ligio alla volontà del governo tede8CO. Ma c'è di peg,sç10e di p1ù. Nel giornale « A vanti » uno dei redattori, Giovanni de N ava, accusa francamente la polizia di convivenza con Ja polizia russa nello intercettare lettere e corrispondenze di rifugiati e :sudditi ru::;,i, e, quel che è peggio. dell' arre::-;to clandestiuo e su:::.seguente clan1iestina consegna alle autorità ru::;:::;edi due rifogiati ; l'ex ufficiale russo Goosier,)ski e l'amico :;uo Filipow,:;hi. N ,i conosciawo il de Nava. lo conosciamo uotnv :::.erio e positivo, e le smentite :s~mi-uifìciali ed anche ufficiali non ci persuadera.nno tind1è la magi::;tratura stessa non venga ad affarware che de Nava l:l'ing!l,nnò e ft1 ingannato. Intanto i fatti si presentano tali che per opera della, polizia italiana, l'Italia fa la tigura piu vile cl.le po:;sa mai esser fatta. Violato ìl diritto d'asilo dei rif 1giati politici, consegnati ai governi esteri, in spregio alle,
398 RIVISTA POPOLARE leggi , e senza nessuna delle garanzie volute dalle leggi, i ribelli che si sono rifugiati fra noi, nella speranza che il nostro governo si ricorderebbe che non uno dei rifugiati politici nostri fu consegnato all' Austria, dnrante la lotta per il risorgimento dalle altre nazioni d'Europa; noi perdiamo il prestigio d'indipendenza nazionale di fronte alle altre nazioni. La polizia italiana, imperante Giolitti, commette delle infamie che disonorano il nostro paese, e· sono una violazione brutale delle nostre leggi e neppure un giornale unisce la propria voce a quella di de Nava e dell'Avanti I per reclamare la punizione dei poliziotti italiani colpevoli di lesa ospitalità. Neppur uno. Noi non credevamo , che il senso della dignità nel nostro paese fosse sceso a così infimo grado. Eppure i fatti denunziati dal de Nava ci obbligano a con8tatare che il sistema attuale corrompe ogni organo dt=11la vita italiana, addormenta il paese in un quietismo vile che permette tutte le infamie e tutte le violenze, senza che nè una voce, nè un atto dimostrino che nel paese vive ancora un'anima. libera e forte (1). ♦ Il Papa e la Demoorazia Cristiana. - Lo scioglimento dell'Opera dei Congressi Cattolici , dimostl'a che la Chiesa non ha fatto , non fa , e non vnol fare un passo verso il suo riconoscimento. E si capisce. Tornare ai dettami del puro Vangelo; essere la forza che combatte i ricchi in favore dei poveri, l'elemento di ribellione degli oppressi contro gli oppressori la Chiesa, oggi non può. Diventata ricca, associazione di principi e di ricchi; organismo che possiede, e che comanda ; entrata da lontanissimi ~_secoli nel 11umero delle potenze che regnano, la Chiesa non può oggi abdicare alle sue pretese ed alla sua posizione per tornare all'insegnamento del Maestro cne fu tutto ciò che di più democratico si ruò pensare al mondo. Ora qnesto voleva appunto la Democrazia Cristiana. I Democratici Cristiani avevano intuito che se la Chiesa voleva combattere il Socialismo e nella lotta riuscire vjttoriosa, doveva riavvicinarsi a quegli insegnamenti Evangeli'ci, de' quali il Sermone su la Montagna è il più significativo. Ma i Democratici Cristiani non avevano pensato che il Sermone su la Montagna è la condanna pronunciata da Gesù contro l'autorità del1' uomo sn altri uomini , contro la potenza , contro la ricchezza ; è la contradizione di tntte le tradizioni chiesastiche dal V secolo ad oggi. . Ora come avrebbe potuto il Papa che è appunto il depositario di queste tradizioni, e quegli che incarna codesta potenza I antorità e ricchezza permetterA che i den1ocratici cristiani , quasi in nome suo, le rinnegassero? Sarebbe stato lo stesso che pretendere che la Chiesa cessasse di essere quella che è stata e quella che è, quella che per forza di eventi e di cose, nel lungo volger dei secoli, è divenuta; un' organismo di dominio e di potere politico ed economico. Ora la Chiesa non si rinnuova, nè può rinnovarsi. Finirà , e finirà appunto per questo suo vi7,io di immobilità che la rende di più in più, ogni giorno cbe passa , antagonistica al movimento progressivo moderno economico, politico, sociale. Noi non crediamo che la religione finirà. Le masse umane , ed i profondi strati popolari hanno ancora troppo bisogno di sperare in qualche cosa che sia al disopra e al difuori dei poteri umani, per potersi liberare per ~mpre dalla tirannia della religione. Ma non (l) Eravamo indecisi sulla pubblicazione di questo stelloncino mandatoci da un nostro redattore ordinario, tanto grave n'era il contenuto. Ma il fatto che da diverse parti - dal1' Ava,nti ! socialista in Roma, dall' Osservatol"e cattolico in Milano, dal Giol"nale di Sicilia monarchico in Palermo - vengono gravi notizie sul!' argomento ci decise alla pubblicazione. Speriamo che l'affare sa.rà portato alla Camara. N. d. D. sarà però la religione Cattolica che continuerà a predominare su lo spirito delle generazioni fo ture. La Chi~sa finirà, ma per ora, continua nella sua rigida immobilità, che sale dalla prot~sta per la perdita del potere temporale , alla protesta contro il governo francese , che vuole separato lo Stato dalla Chiesa, alla scomunica contro quelli che osano pemmre che lo spirito della Genesi è, forse, diverso dalla lettera , e che i libri di Mosè, non sono l'espressione -verace, aF.1soluta, genuina della parola e dell' idea di Dio, ma sibbene una intuizione geniale, fors'anche uoa ispirazione della Divinità, passata attraverso la limitat,a mente dell'uomo. Qnesta immobilità è la forza ed al tempo stesso la debolezza della Chiesa. Ji,inchè il progresso umano procedette lentamente su la via della civiltà, la Chiesa ebbe il tempo di adattarsi sen7,a mutare sostanzialmente; oggi che il movimento progressivo precipita, la Chiesa che non può adattarcisi e non vuol mntare ci si oppone; e il Papa è lo strumento e l'agente di questa opposi1ione. La Democrazi~ Cristiana voleva rinnovare la Chiesa, accettava i fatti fatalmente compiuti nell'unità d)Italia, e mentre da un lato voleva ritornare al puro Vangelo e riportarvi la Chiesa, dall'altro si riannodava a quel movimento di revisione della tradizione sacra della Chiesa e dei suoi dogmi , che la Chiesa sconfessa e combatte. Don Romolo Murri è, per .la Chiesa , tanto eretico, politicamente, quando lo è, confessional mente, l'abate Loisy, ed era naturale che il Papa come ha sconfessato questo, sconfessR-::ssequello. Il movimento democratico cristiano minacciava la stabilità politica, e gli interessi economici della Chiesa, e la Chiesa lo ha soffocato. E' una prova di piu che tutti i vecchi organismi del passato si steriliscono nella loro immobilità, e finiscono, più o meno dign itosamente e rapidamente; ma finiscono, e questo per il progresso, è bene ( 1). ♦ La nazionalizzazione delle ferrovie in Isvizzera .. .. e alt~ove. - Quando comparve il libro del sig. Ha.guet contro il riscatto delle ferrovie svizzere i partigiani del privatismo e del liberismo capitalista Ri affrettarono a farne lor prò ed a trovare in esso la prova regina contro la nazionalizrnzione e contro il così detto socialismo di Stato, specialmente dopo che un uomo di grande e meritata an tori tà finanziaria qL1aleil Rouv ier, ministro della repubblica francese, se n'era servito per combattere il riscatto delle ferrovie in Fra.o.eia. Ma immediatamente dopo la Reviie socialiste pubblicò alcuni articoli del lVIilhaud, -- insegnante di ~conomia politica nell'Università di Ginevra,-che rimisero l,e cose a posto ; o meglio che dimostrarono la mala fede dell'Ha.guet. Il quale, come ricorderanno i nostri lettori , si era servito di dati falsi per riuscire alla condanna del riscatto delle ferrovie in !svizzera (Riv. pop. 11. 21, lf> novembre 1903). La nostra modesta Rivista allora fu la prima e la sola a rilevare Fimportanza degli articoli del Milhaud, che provavano come quattro e quattro fanno otto la àisonestà dell'Haguet. Non ci fu un solo giornale che (1) Sentiamo il dovere di notare che tra noi il Giornale d'Italia è stato tra i pochissimi, se non il solo , che ha seguito con molta cura e con molta obbiettività la crisi della democrazia cristiana. Nel n. 214 (9 agosto) poi c\\ un succoso articolo - L'o1·a presente del Vaticano-. in cui si tratteggia bene la triplice crisi che attraversa la Chiesa: c1·isi spirituale (qnistione esagetica ed apologetica); crisi sociale (democrazia cristiana); crisi politica (quistione col governo lrancese). L'al'- tìcolista, probabilmente Andrea Torre, cre<le giustamente che la tattica di Pio X in fondo sia uguale a quella di Leone XIII e che non può spuarsene bene. Il Giornale d'Ila.Lia, da buon conservatore si rammarica della rotta che prende il papato che sì allontana cosi ognora più da quella c-'.>n1:iliazione, in cui fecero sperare alcuni atti del nuovo Pontefice. Noi invece ce ne rallegriamo e noi, in nome della logica del papato, che ha per sè la bellezza di diciannove secoli, nella conciliazione non abbiamo mai creduto. N. d. R.
RIVISTA POPOLARE 399 rilevò la diligenza nostra nel fornire buone armi ai sostenitori della nazionalizzazione; ma adesso che il Milhaud ha raccolto ed ampliato gli articoli della Reviie Socialiste in un volume in cui, discnte l'importante argomento in base a documenti ufficiali e a discussioni parlamentari scrupolosamente riprodotte nella loro integrità la stampa italiana ha scope1'to il .Milhaud; e tutti se ne occupano con interesse e c0n ammirazione ( 1). Noi ci saremmo limitati a.d annunziare Ja comparsa del volume nelle 1·ecensioni e non in questa rubrica, se non dovessimo rilevare un app11nto che ci venne fatto testè dal Prof. V. Racca nel Giornale degli Economisti. Il Racca è stato il solo a notare l'opera nostra nel far conoscere al pubblico italiano gli articoli del Milhaud ; e se ne rammarica perchè gli sembra che ciò faccia male alla causa del privatismq; poichè, egli dice . molti leggono la nostra Rivista, nessuno legge il libro del!' Haguet. . Il nostro egregio collaboratore , però, è costretto a riconoscore che nel libro che egli vorrebbe difendere vi sono tre inesattezze - sono falsità belle e buone ! -; ma soggiunge che nell' Hagnet c'è dell'altro. In verità egli non ci fa comprendere bene cosa sia quest'altra roba, che dovrebbe servire a combattere la . nazionalizzazione propugnata dal Milhaud. E' bene, poi, osservargli che se quest'ultimo si fermò negli articoli della Revue Socialiste sulle cosidette inesattezze ciò fece perchè i nemici della nazionalizzazione, ·Rouvier a1la testa, di quelle inesattezze si erano per lo appunto serviti come se fossero tante verità lampanti. A tutti i dubbi del Racca, che si mostra un sincero polemista, poichè riconosce tutto ciò che c'è di buono in !svizzera, si trova risposta ora nel libro più completo del Milhaud, che noi .raccomandiamo a. quanti si occupano delJ'argomento, che in It<tlia adesso è di vera attualità. ♦ Un accattonaggio dì nuovo genere. - E' corso su per i giornali, ed é stato preso sul serio, un comunicato di un certo signor Marston lVloore, coadin • vato dal prof. Labanca , col q nale, visto il bel .successo del dono fatto dall'Imperatore Guglielmo a Roma, si invitavano gli inglesi a donare a loro voi ta a Roma una statua di ::-:hakespeare. Che il sig. Marston etc., inglese , si rivolga ai suoi compatriotti proponendo loro di cooperare ad una cosa che a lui pare, e forse é, bella, noi non troviamo nulla da ri.dire. Potremmo osservare-tutt'al più che in questa Roma, oggi italiana come sognata da Dante, manca ancora una st::ttua al rappresentante maggiore di nostra gente, al nostro più forte genio, alJ'Alighieri stesso, mentre ce l'hanno, sia pure brutta, i piccoli omuncoli e gli eroi della sesta giornata, e i grandi stranieri, Goethe coml'reso. Potremmo osservare che tutto qnello che la te1·za, Italia ha saputo fare per il poeta che la vaticinò è un ridicolissimo e miserabile busto, con una oscena grinta, in un angolo qualunque del Pincio; ma il Signor Morston etc. potrebbe dirci che questo è affare che riguarda gli italiani e la loro ingratitudine , e avrebbe ragione. Noi però non abbiamo potuto vedere senza un senso di vergogna per noi il comunicato del signor Marston nel quale alcuni italiani, unitamente a lui, domandavano denaro agli inglesi per una statua di Shakespeare. E ci è stato doloroso constatare che nessun giornale italiano, fatta eccezione del « La Patria » ha avuto l'aria di sentire l'offesa fatta alla dignità, e alla serietà del nostro paese. Che diavolo; 1) E. Milhaud: Le rachat des chemins de (er. Paris. I!:. Cornely. 101, Rue da Vaugirard. 1904. L. 3,50. Diamo il soltotitolo del libro perchè fa comprendere di ciò che si occupa: Comme·nt les grandes l'ompagnies travaillent l'opinion publique. L'exploitation des Chemir,s de (er par· l' Etat et pa1·• les Compag.;iies ( Suisse, Belgique, Allema.gue, Italie, le Rachat d' Etat en Prancej. L' u71iuion des chambres de Uommerce. Les Gonventions Liberat1·ices. Le Racha,l de l'Ouest. noi siamo è vero un paese tutto sottomesso agli albergatori e alla loro benemerita società, gli albergatori da noi è vero che si occupano d'arte, di ~toria. e permettono che si to~chi questo e non si tocchi quello dei nostri monumenti o delle nostre bicocche in omaggio allo snobismo estetico degli stranieri ; è vero che siamo un popolO'non ricco , ma fin oggi ci eravamo concesso il lusso di non mendicare nulla· dalle altre nazioni, nè il successo per la nostra politica, ne i quattrini per le nostre necessità. Ci eravamo permessi fin oggi, e malgrado gli albergatori e i forestieri, di volere che l'Italia fosse e rimanesse cosa degl' italia.ni , povera se vogliamo, ma dignitosa molto e superba. Ora invece vien fuori questo pl'ofessore e dice ·agli inglesi: Voi , gente di quattrini, barbari che dovete a Roma d'essere stati dirozzati, voi che correvate ancora nudi bruchi le vostre foreste q11ando i nostri oratori e i nostri guerrieri , gli oratori e i guerrieri di Roma trionfarono di voi , voi ci dovete l' omaggio della vostra ammirazione, e quindi i vostri quattrini, perchè noi possiamo fare una statua di Shakespeare , il vostro grande genio, da mettere accanto a 1_ uella di Goethe, a marcio dispetto di Dante che non ha e non avrà Ja sua perchè non abbiamo quattrini da fargliela. " Noi comprendiamo benissimo l' ammirazione che gli stranieri hanno e debbono avere per l' Italia e per .Roma, e siamo lieti qnando essi a questa Roma, che fu tanta parte del mondo-· e dovrà esserne tanto ancora - recano l'omaggio della lQro venerazione. Ma ci crediamo in dovere di protestare quando degli italiani tendono, in nome d'Italia, la mano agli stranieri, sia pure per farne omaggi di statue. Ha dimenticato il prof. Labanca che la colonia italiana e il municipio maggiore dell'Argentina votarono, qualcbe anno fa, del denaro per Roma, ed il Municipio di Roma lo rifiutò? · A noi sembra che in certe classi di cittadini si vada, ogni dì più, perdendo il concetto chiaro della fierezza e della dignità nazionale e ce ne duole perchè la vergogna e la sfrontatezza di quei pochi ricadonò su le spalle di tutti anche di q11elli che pemrn,no che il nostro paese potrebbe benissimo stare senza statue· e senza monumenti .• se gli dovesse mendicare dagli stranieri. E speriamo, dopo questo, che anche gli altri giornali italiani si destino e facciano capire al Prof. Laba11ca e fil suo comitato che sarebbe decoroso e doveroso farla finita. Noi ♦ Per il centenario di F. D. Guerrazzi. - In questi giorni la città di Livorno solennizzerà il centenario di F. D. Guerrazzi. Passarono sei lustri ch'ei fu. Pareva dimenticato! A Montenero, nella tomba erettagli dalla pietà dei più, egli dorme il sonno della morte; ma il sno spi. rito vive nelle sue opere e il suo nome suona ancora sulle labbra di coloro che lo conobbero. Egli era uno dei Titani della libertà. Lui scomparso, le turbe, di cui soleva arroventare l' anima con la parola, g-uardarono attonite il suo se• polcro. Sentirono forse in quell'ora tutto lo sconforto della realta nelle amare delusioni della vita. Dov'era allora il gigante che aveva osato, anche. solo, sfidare il Potere e lottare contro di 1 ui ? Pochi egli ebbe pari nella potenza dello intellett,). Oh, avesse avuto sempre pari allo intelletto la fede, chi più grande di lui! Era cresciuto in una società che aveagli col dubbio, giovane ancora , ·sfiorata l' anima, e scettico apparve sovente ne' suoi scritti e negli atti; raa sentiva alta~ mente di se , e contro il male, che da tutte parti premeva, reagiva. Era nato per combattere e combatteva.
400 RIVI STA P O P O LARE « La quiete non è vita - scriveva -:-, T1·apassare « da una pa'rte in alfra vicenda; agitarsi incessante nel « t1·ipudio e nello affanno ; percuote1·e ed essere pe1· - « cosso; amm·e; odiare; 01· angiolo; or demanio; or « verme; or Dio... questa si chiama vita ! » Solo negli ultimi giorni quando lo spirito stanco sentiva bisogno di calma, intraveduto un raggio di vero ... manifestavalo nelle sue lettere. Il suo primo grido ai giacenti - nella Battaglia di Benevento e nell' Assedio di Firenze - monumenti di patria poesia - era stato grido di guerra. L'ultima sua parola ai redenti - ne' suoi disco1·si agli operai - fu parola di pace. « Istruituvi ed educatevi alla libertà ! » Questo, l' estremo consiglio. Il popolo l'amava, imperocchè in lui vedeva sè stesso, coi suoi dolori , con le sue collere, con le sue audacie. Ed ora, che lo ricorda, posi sulle labbra di lui una corona votiva, e non sia atto sterile il suo. Ogni conquista nel campo della libertà richiama al ·pensiero i grandi che ne spianarono la via. Meglio che sterili onoranze valgono i fatti. I somµii estinti ai superstiti non chiedono marmi o parole. Dalle loro tombe parmi udirli prorompere : - Non vi affaticate in alzare simulacri a chi non ne ha d'uopo. Noi viviamo nepa nostra gloria, simili agli astri che, anche spenti, continuano per lunghi secoli a splendere della loro luce negli immensurabili campi del cielo. Perseverate sul cammino che vi abbiamo aperto e siate fedeli ai no~tri legati. Ora che avete la Patria, procurate di avere la libertà. La Patria senza la libertà è un corpo senz'anima! Sapete voi che cosa sia la libertà? Essa è la facoltà di operare secondo il principio della giustizia, in conformità di qnelle norme che sono indirette al bene di tutti. A qnesta libertà non si viene che mediante la riforma generale nelle leggi, nelle istituzioni e nei costumi; riforma, cui oggi fa . ostacolo l'equivoco, che fa assumere all'arbitrio la parvenza del diritto·; equivoco generato dall'ibrida noHtra costituzione pclitica, che ha un piede nei Plebisciti e l'altro nello Statuto. E' legge fatale nella vita dei popoli, come in quello dei singoli, quella del P,rogresso. Che l'Italia redenta si avvii pel sentiero della libertà alla propria rigenerazione. '.rutte le istituzioni devono essere modificate secondo le esigenze della civiltà. Tutto deve armonizzare col Diritto Pubblico, ch'-è l'unico fondamento legittimo dello Stato. Solo nella Legge Morale, unica norma assoluta e suprema alle umane volontà, dev' essere la · sovranità; non nelle maggioranze o nelle minoranze privilegiate; non nel principe e neppure nel popolo. C. F. Il Pa.lizzo1ismo e 1a. Sioi1ia. All'indomani del verdetto di Bologna e del verdetto di Firenze, l' uno che condannava Rafbele Palizzolo alla galera e l'altro éhe lo restituiva libero cittadino , credetti doveroso ed anche utile mantenere un contegno prudente e corretto verso il condannato e verso l'assolto. , Mi sembrava doveroso non incrudelire verso chi, condannato o assolto, rimaneva un disgraziato; mi pareva utile non dare pretesti al palizzolismo;-chè aveva creato il movimento Pro-Sicilia ingannando molte persone di buona fede, - di provocare pietose reazioni in favore di chi si proclama, ed è stato legalmente riconosciuto, vittima di un grande errore giudiziario; riteneva prudente non somministrare pretesti al palizzolismo per continuare nel disonesto ed abile sistema di confondere la causa di Raffaele Palizzolo con quella della Sicilia , di dare aspetto di persecuzione politica a_ciò che non era e non poteva essere che un processo per rintracciare gli autori di un grande e misterioso delitto : autori la cui potenza era stata tale e tanta da fuorviare la magistratura e la polizia e da assicurare la impunità agli assassini. Con quella condotta prndente e corretta inten- · deva non contribuire alla eccitazione di passioni malsan~, nella speranza che il tempo potesse gradatamente ricondurre gli animi alla calma e ad una più giusta valutazione degli uomini· e degli ayvenimenti. Conoscendo·, sebbene non da vicino ed intimamente, Raffaele Palizzolo dovevo dubitare che gli onesti intenti miei , sarebbero stati frustrati dalle esplosioni della sua morbosa vanità; ma il dubbio ·o la certezza di ciò che sarebbe avvenuto no"n doveva rimuovermi dalla condotta tracciatami.· · Il dubbio ora è certezza. Palizzolo non solo si è abbandonato sfrenatamente alle manifestazioni q.ella _più umoristica vanità , ma ha assunto un tono di padreterno , che al ridicolo dà proporzioo i piramidali. Egli chiede udienza al Re , ai ministri ; manifesta 1' intenzione di ritornare io Parlamento, dimenticando che egli è un liberato, come gli ha ricordato opportunamente un giornale di Termini Imerese - La Difesa - ; promette anche di esterminare il socialismo dalla Sicilia, solo perchè alcuni socialisti - non tutti - gli sono stati avversi. Palizzolo non ha coscienza della propria condizione; egli non comprende che se non è stato riconosciuto reo di aver dato il mandato per assassinare il Notarbart0lo, è stato, pero, ,dimostrato di avere delle relazioni equivoche disonorevoli, che dovrebbero escludere la possibilità di farlo sedere con dignità nella Camera dei Deputati; non sente che la somma dei voti di condanna di Bologna e di Firenze rima_ne sempre tale da imporgli il ritorno a vita privata, per sottrarsi alle discussioni éd ai ricordi del passato, che il contatto deilo scapolare della Madonna del Carmine non può miracolosamente cancellare ; egli , infine , è tanto incosciente sulla propria situazione e sulle cause reali, che gli hanno creata una sinistra riputazione, che arriva ad attribuire a due individui-· a due soli, uno dei quali non se n' è mai occupato e non lo ha maì nominato prima del processo di Milano-, ad Alessandro Tasca ed a me, la corrente di odio, che contro di lui si è scatenata. Nella lettera all'amico Direttore della ·Tribuna, che ripubblico in questo numero della Rivista espongo quale può essere stato il motivo che indusse- .Palizzolo, ad annoverarmi tra i suoi nemici, non ~vendo mai avuto occasione akuna di occupan-i1,i,::'dilui, nè per ragioni personali nè per ragioni politiche, -- perchè giammai egli posò ad avversario nè di repubblicani, nè di socialisti, nè di qualsiasi· altro partito politico determinato - ; l'esplicita menzione fatta dell'opera mia non puo essere stata suggerita •
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