Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno X - n. 10 - 31 maggio 1904

R.IVISTA POPOLAR.E 257 al giorno della sentenza non può dnrare più di sei mesi e non ci è sembrato mai che la giustizia fosse più male amministrata là che da noi, anzi! Perchè non si cerca di fare altrettanto? Noi, finchè duretà questo uso dei processi interminabili, continueremo instancabili, a ripetere: vergogna! Vergogna! Vergogna! ♦ Le trattative commerciali. - Da un pezzo non ci occupiamo di questioni doganali: i_lettori nostri - ed avevano torto -.ne erano saturi; e noi non volevamo scontentarli soverchiamente. Siamo in debito perciò di risposte a parecchi- tra i quali amici cari, come Eugenio Chiesa - ; e le daremo appena avremo sµazio 8ufficiente. Oggi ci Ji1nitiamo a segnalare il fatto che noj avevamo previsto da tanto tempo: le trattative coll' Au - stria-Ungheria e colla Svizzera non hanno fatto alcun passo innanzi, anzi sono sospese addirittura. Noi non crediamo di commettere alcuna indiscrezione affermando che i neg'oziatori italiani. nello interesse dell' agricoltura e del mezzogiorno si sono mostrati disposti alle maggiori concessioni possibili sul terreno industriale. Ma ciò non ostante alt' accordo ancora non si è arrivati perchè non' sono gl' industriali austro ungarici e svizzeri, che domandano dimìnuzioni di dazi all'entrata nei loro paesi dei nostri prodotti agrari. · In questa guisa risulta evidente che tutte le nostre concessioni sul terreno industriale rappresenterebbero un dono grazioso che, certamente, non verrebbe respinto dagli svizzeri ·e dagli. anstro-ungarici , ma che non procurerebbe alcun benefizio all'agricoltur.a ed al mezzogiorno. Tale essendo le condizioni di fatto noi siamo sicuri. che nè nel Paese, nè nel Parlamento si potrebbe tro vare non diciamo una maggioranza , ma una rispettabile minoranza, che venisse a consigliare una politica paziesca che riuscisse a danneggiare le industrie senza arrecare giovamento all'agricoltura. Per fortuna in Italia le contraffazioni di Riccardo Cobden sono tanto rumorose, quanto poco numerose. La loro politica dùganale di ma::;turbazione, cioè autonoma, non ha alcun ::ieguito. Noc lllll 1111111111 IIIIIUIII 11111 lt 111 llt II ltlll li llltll 11111U11u111u1,uu111, 11111 IUII F·olitica di Guerra? Il .Ministro degli Esteri, rispondendo alla mia recente interpellanza sulla politica internazionale, lanciava nell'aula una frase bene ideat~1 per suspicionare in blocco un ragionamento a base' <li fatti, da chi voleva risparmiarsi la pena di controllare l'esattezza dei fatti. medesimi e di misurare la logica delle illazioni. « Con questi discorsi, ··-·· egli dis e, - si prepara la guerra )>. La fr:1se fece fortuna e fu ripetuta e cornmen_tata dai giornali, di varia importanza i quali, meno ancora del Ministro, si credettero in obbliao d' indagare se. le parole de.I deputato avessero in qualche modo giustificata l' apo trofe del ministro. Ho alluso io in qualche modo nd mio discorso alla eventualità prossima o desiderabile di una guerra con l'Austria ? · Tolgo dal testo stenografico questo periodo, che ben chiaramente lo esclude : E la Camera vede che io mi guardo assai dal presentare come altro obbietto contraddicente alla triplice la politica delle rivendicazioni territoriali. Io ebbi l'onore, su questo tema, di parlare, da assai tempo, esplicitamente: perchè mi doleva quella specie di contradizione che a :1oi si voleva rinfacciare, fra ciò che domandavamo da un lato, e ciò che che non concedevamo dall'altro. lo dissi e ripeto che noi non abbiam~ c_hiesto, nè domander~mo domani, lo scioglimento della tnpl,1ce all_eanza, per-far~1 banditori di ucya politica di guerra alt Austria : perchè crediamo che la guerra, oggi, l'Italia non_ possa e non debba farla; _e n_on.siamo c?si miopi , da lasciar 11 bera la parola alle asp1raz1om ed alle idealità nostre, per ~1ettere la parola ad un incerto cimento supremo; perchè non ignoriamo che, mentre! milioni e miliardi si sono spesi per armamenti, sui confini politici della patria; si sono stesi a ripararci soltanto ... i trattati di alleanza! E se la politica di guerra non è esplicitamente domandata , anzi appare beo chiaramente esclusa, uscirebbe essa per caso, come una soluzione fatalmente logica, dall'economia complessiva del ragionamento? · Vediamolo: Io mi assunsi di presentare alla Camera una specie di bilancio consuntivo della politica delle alleanze, e lo feci a base di dati storici, precisi e sicuri che i sofismi squisiti dell'on. Fortis in nessun modo valsero a distruggere o attenuare. Esaminando tutti i diversi obbiettivi che nelle varie fasi dei l'alleanza dagli uomini di Stato che la patrocinarono furono successivamente segnati, mi fu facile dimostrare: · a) Che nel Mediterraneo per parare a nuovi turbamenti deJI' equilibrio in nostro danno dovemmo direttamente accordarci con la Francia e con l'In- · ghilterra, men tre in nulla ci affidava l'accordo con le potenze centrali; b) Che llell' Adriatico la nostra situazione dall'82 in poi era peggiorata -per l'accordo Austro-Russo del '97 , da cui scendeva la recente iniziativa delle due potenze per le riforme nei Balcani, mentre di fronte al pericolo di una passeggiata austriaca su Salonicco dovemmo ancora accordarci con la Francia e con l'Inghilterra ; e) ·che, di fronte a quelio che i clericali si ostinano ? chiamare il problema di Roma, le potenze del centro avevan() serbato tale atteggiamento d:1 alimentare, piuttosto 'l.:he da d.:ludere, le illusi()ni vaticanesche; d) Che nei riguardi commerciali la politica deìb triplice era .vicina al fallimento; e) Che il grande iotere~se della pace, che in mancmza di ogni altra cosa pareva specialmente confidato alle cure della triplice, passava <lei brntti qu::irti d'ora di fronte ai discorsi bellicosi dell'Imperatore tedesco ed alle ingenti domande di nuovi crediti militari dei ministri austriaci; f) Che nei rapporti delle'conveoienze e del sentimento non potevano non ritenersi deplorevoli gli incidenti troppo spesso determinatisi in Austria in danno di cittadini italiani. Non oserei dire che questo complesso di fatti sia tale <la cementare i cordiali rapporti intern:1zionali, da consolidare la pace, e una pace tale d:1 rappresentare un .sensibile vantaggio rispetto ai disastri della guerra ; ma come e perchè si potrà chiamare politica di guerra quella che, spietatame11te fin che si vuole, mette in rilievo questa serie <lievi- <lenti resultati negativi della politica delle alleanze? Ma l' on. Torraca, uno dei più autorevoli fo1 coloro che illustrarono la frase del ministro, non ha a sua volta e a suo tempo constatato in articoli non dimenticabili l'esito negativo della politica che venti anni or sono ebbe in lui uno dei più caldi fautori? E da quando in qua l'abbandono della politici, rivelata~i alla prova cosl infeconda, implicherebbe la guerra?

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