RIVISTA POPOLARE 275 sulle medicine e nei sussièi per inabilitazione al lavoro, se volete essere pagati meglio » contribui a provocare il 111alcontento, la diffidenza degli operai verso i 111edici. Inoltre vi s' aggiungeva il deficiente senso sociale con cui il medico sta ancora di fronte all'operaio, .risultato inevitabile di un contrasto di educazione. Si era fatto conto, come parecchi giornali a111misero durante i recenti conflitti, che per l'operaio bastasse una cura superficiale, non individualizzata, sommaria; ma anche i bisogni igienici dell'operaio son venuti crescendo. Si propone, come rimedio, di « nazionalizzare i medici>> vale a dire fare dei medici degli impiegati dello Stato; ma non si vede come ciò, data la deficienz_a del loro senso sociale, potrebbe spronare i medici ad un maggior lavoro., Un altro mezzo è la nazionalizzazione della cura, che non potrebbe ora avvenire se non sotto la forma di nazionalizzazione delle casse· dei malati. Ma la popolazione operaia guarda con giustificata diffidenza a una tale operazione che, compiuta dallo stato attuale, significher,ebbe cessazione del1' autonomia delle casse. Se la statizzazione delle casse fosse già oggi conciliabile con la loro autonomia, se cioè lo stato assumesse puramente il servizio finanziario delle casse, tale misura sarebbe ac.:ettabile. In questa fase della sua evoluzione l' esercizio della medicina è venuto prendendo un carattere stereotipo, s'è industrializzato , s' è fotto mestiere; bisogna ridargli il carattere d'arte. Ma per ciò occorrerà che il me<lico acquisti di fronte alla popolazione operaia quella posizione d' indipendenza, quel· senso di comunanza degli interessi, che aveva presso le famiglie borghesi - salvo che in luogo della igiene della casa e della famiglia avrà da curare l'igiene del popolo. La classe operaia- saprà, attraverso a inevitabili errori, educarsi i propri medici, e allora sarà giunto il momento in cui i medici potranno diventare impiegati sanitari in vero senso sociale e la loro ,< nazionalizzazione >>potrà avvenire con comune giovamento ( Sociaiis lische Monatshejte, maggio). ♦ ALESSANDRO ULAR : La soluzione clel problema 'l.'ibetiano. - Due vie ha la Russia per tirarsi fuori della situazione nella quale l' ha messa Lor_d. Curzon. Essa deve dare aiuto a Lhassa, e fare della questione tibetiana , un << affare d' interesse nazionale )) e trattarlo come fece della questione Maochese: o deve abbandonare, una volta per semp're , il papato Buddista al suo destino e al tempo .stesso prendere le misure atte a rimpiazzare l' autorità del Dalai Lama nella sfera d' influeuza Russa , cioè nel Turchistan Orient:ile, nella Mongolia o nella Cina settentrionale. Ambedue le vie sono irte di difficoltà, ma ciò non impedirà al governo russo di seguirle tutt' e due a suo tempo. Uno dei· più import~nti statisti russi diceva due mesi fa : « La questione del Tibet è molto più inquietante che la lotta Manchese: quest' ultima è una questione già risoluta, dobbiamo liberarci ad ogni costo della Manchuria , anche se la guerra finisce bene per noi , percbè seguendo la tattica della porta aperta saremmo obbligati a costruire, mobiliare e mantenere una bella casa per.:hè tutti i nostri rivali venissero poi a viverci a nostre spese. Ci è impossibile pagare ogni anno 2 r milioni di deficit per quella disgraziata ferrovia, e 80 milioni per governare il paese in pro' degli Americani e dei Giapponesi. Ma quanto al Tibet, l'affare è diverso. Tutta la nostra situazione morale nell'Asia e l'avvenire dell'Impero, vi sono collegati, ciò che temo a proposito della guerra attuale è che ci renJerà impossibile un'altra guerra sµbito dopo che questa sarà terminata. Fortunatamente per noi abbiam'o da fare con gl' Inglesi, una nazione che sa quel che vuole come noi sappiamo quel che vogli•amo, dimodochè potremo arrivar.e ad un ;tccordo su tale soggetto. Se fossero assai poco accorti da provocare una resistenza armata da parte dei Tibetiani , noi avremmo una buonissima carta nel nostro gioco, a meno che i .:retini che sono ora al governo, non riuscissero a rovinare· la partita )). I cretini hanno perduto la partita e l'unico rimedio possibile è ora quello di confessare francamente al Dalai Lama gli errori della Russia e innalzare il Panchen Larna alla condizione di un antipapa politico. ( Conte11tporary Re·view·, aprile 1904). ♦ ALFRED STEAD: Herbet·t Spen.cer. - L'uso costante della nostra rivista è oggi rovesciato, ed invece di essere un uomo vivente che· parla di un altro; è di un morto di cui pubblichiamo le memorie e _la·vita scritta da lui stesso. Noi prendiamo in esame il suo ultimo libro per dare ai lettori un'idea del carattere, del tipo, di lavori di Herbert Spencer. Spencer ci racconta che fu ereditariamente un ribelle perchè discendeva da seguaci di I-Iuss, che si stabilirono in Larna nel XV secolo e che nel X.VI vennero in Inghilterra come rifugiati Ugonotti. Gli immediati antenati di Spencer e_rano tutti Wesleyaoi. Parla con grande ammirazi.one di suo padre e crede di avere ereditato da lui tutte le sue qudità: una insolita capacità d'intuizione delle cause , e la capacità di discernere le analogie poco evidenti. Le differenze fra lui e sua madre erano grandissime, perchè essa non capiva le opinioni del figlio e non ne lesse mai le opere. Rimase figlio unico, perchè tutti i suoi fratelli e sorelle morirono e nacque il 27 aprile 1820. A scuola era molto indisciplinato e poco diligente, tanto che era quasi sempre l' ultimo della sua classe. Ma seguiva con interesse le discussioni che avevano luogo in casa sua. A 13 anni fu mandato da un suo zio; ma dopo dieci giorni foggi con soli due scellini io tasca e fece a 'piedi I 19 miglia in 3 giorni per tornare a casa. Ma la fuga fu inutile perchè il padre lo rimandò dallo zio dove dovette rimanere tre ann·i. A 16 anni fe<;.ele sue prime prove nella stampa , con una lettera ad un giornale scientifico su certe speciali cristallizzazioni del sale di cucina. Poi gli fu procurato un posto di ingegnere ferroviario dove rimase 3 anni e dove potette mettersi da parte un po' di denaro, e abbandonato questo posto tornò a casa, con l' i_cleadi perfezionare una macchina elettrica inventata dal padre ; ma la cosa non ebbe seguito. Fu durante questa epoca di incertezze che in seguito a certe conversazioni avute · con sua zia, gli venne in mente l'idea di scrivere ad un giornale non-conformista, una serie di lettere su: I limiti delle funzioni del governo. Parlando di questo lavoro dice: Se non fosse stata la visita da mio zio, e per quelle rnie conversazioni politiche con lui, se non fosse stata h lettera di presentazione al signor Miall , il direttore del giornale, la prima di queste lettere non sarebbe mai stata stampata, e le altre non sarebbero mai state scritte. E se fosse stato così la Statica ·Sociale che ebbe origine eia quelli non sarebbe mai stata pensata; se non ci fosse stata la Statica Sociale quelle ricerche che condussero ai Principii di psicologia sarebbero rimaste inesplorate ; e senza lo studio della vita in generale , e dei rapporti dei suoi fenomeni col mondo inorganico non ci sarebbe stato il sistema cli filosofia sintetica. A questa epoca di lavoro successero alcuni anni di occupazioni eterogenee. Stampò in forma di volume quelle « Lettere >, e ne ebbe una buona lode da Carlyle. Cercò di inventare una macchina per volare ed altri ordigni meccanici e incominciò a pensare al lavoro su, la « Statica Sociale». Diventò redattore capo del giornale l' Economist e nei quattro anni che ci stette conobbe Giorgio Elliot , Lewes, Huxley e Tyndall. Nel 1853 mori suo zio lasciandogli una piccola ere~ '
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