Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno X - n. 10 - 31 maggio 1904

.. RiVISTA POPOLARE 271 manzo verista, cosi nei suoi dati più generali, come in ogni più minuto particolare: un romanzo, come la vita, ora commovente• ed ora esilarante, ora psicologico ed ora sociJle, ora. di costumi ed ora di caratteri, nel quale la politica, a cui il titolo non accenna che vagamente, non è infatti che vagamente accennata, e, a<l ogni modo, vista, dirò cosl, dal di dietro, dal lato extraufficiale ed extralegale, dal lato dei piccoli intrighi delle mogli e delle amiche, delle vanità e delle piccinerie, delle ridicolaggini e delle perfidie, che in fondo, purtroppo, ne costituiscono, in questo nostro ibridi~simo or~ ganamento parlamentare e governativo, i maggiori fattori. * Un'altra bella e buona e forte e sana lettura è stata per me Gloria di UGo FLERES (Roma, Roux e Viarengo): è un romanzo autobiografico e psicologico, il quale figura scritto in prima persona dalla fedele compagna di un grande pittore, che la gloria, inebbriandolo e travolgendolo, ha allontanato da lei brevemente, in arnori colpevoli e folli; ma che le ritorna in seno. pentito, più innamorato di prima, a studiare con lei, a la varare con lei , a non amare , sempre con lei, altro che l' arte; e che muore tra le sue braccia, in un triste mattino d'inverno, d'una ferita toccata in duello e che pareva oramai del tutto guarita. La trama è questa: ma il Fleres ci ha ricamate sopra assai pagine intime e commoventi di femminilità acutamente intuita, e ci ha dipin:i sopra parecchi quadri del suo protagonista, e parecchi suoi propri di vita intellettuale e mondana, ricchi di colore e vivaci di chiaroscuro, quantunque sobrii, concisi, tracciati a larghe, sicure e facili pennellate, da uomo avvezzo, com' è appunto il Fleres, a bazzicar coi pittori di professione , ad usarne il linguaggio, a viver del loro pensiero e dei loro sogni, a comprenderne l'anima, ed a servirsi, anche scrivendo, d; tuttè le migliori risorse dell'arte loro. * Ma il romanzo solenne della stagione è per me Gli Ammonitori, di GIOVANNI CENA: perchè esce assolutamènte e bruscamente dal comune, almeno dal comune in ltalia, e si mette di un tratto al livello dei più potenti romanzi del Nord: voglio dire, che la sua portata trascende i limiti dell' estetica, e rompe ogni argine, e invade e trabocca e gorgoglia e risplende per tutti i campi della vita, del sentimento, del pensiero, dell'ideale. Trascende i limiti dell'estetica, pur rimanendo opera d'arte, affermandosi innanzi tutto come tale: uno stile strano, squilibrato, anche scolasticamente scorretto, rude, brusco, lapideo; ma d'una evidenza, d'una immediatezza, d'una suggestione, quali io non conosco altrove, se 11011 nei russi; uno stile che fa pensare all'acquaforte, a certe acqueforti accentuate, intaccate, morse violentemente, ed :1oche a ceni effetti di luce e di ombra e di colore alla Rembrandt o alla Delacroi:x: penetranti, ossessionanti, incancell:ibili; uno stile nuovo nel Cena, nel raffinato poeta di << Madre >) e di << In U rnbra », e ch'egli ba suggestionato a sè stesso, quasi ipnotizzandosi in una personalità fittizia, col supporsi il protagonista del suo romanzo, un operaio tipografo, e nello scrivere m nome di lui . Ed entra , con la forma ddl' arte , con le sue scene della \·ita di bohème torinese ed odierna, coi suoi eroi della soffitta non pil'.1romantici ma veristi ed idealisti insieme, nel cuore dei sottostrati più tolti della società nostra, nei visceri della plebe diseredata e cosciente oramai della propria miseria, e ne trae fuori tutti i sospiri, tutti i singulti, tutti gli spasimi, tutte le oscure minacce che v1 fermentano dentro. Percbè quella non è più uaa plebe d' automi passivi, di bruti rassegnati al giogo e al bastone , alla fame e al macello: quella è una plebe (e qui sta gran parte della bellezza rivelatrice del libro di Cena) quella è una pleb_ed'osservatori, di pensatori, di sognatori, d' ammonitori; la borghesia l'ha istruita, per farsene arma contro la nobiltà ed il clero: ed ora còmincia :1 pentirsene, troppo t:irdi: il sottile tossico dell'i.dea, il virus terribile del volere, si sono diffusi rapida111ente per quellà « cuitura >> così èàotlca e faGile ad alterarsi, e l'han trasformata in una miscela esplosiva di forza lnèòer"' ci bile e sovrumana: attenti alla miccia. signori e signore! Ocèhio ai fiammiferi, ai sigari, ai lumi (specialmente ai lumi), alle scintille d'ogni natur'à ! Romanzo socialista, dunque? tlo1t1a11zò·artarèhico? No, più e meglio di tutto quèsto: romanzo ide~lista, ronianzo nostalgico, romanzo d'irrequietezza, d'aspirazione, di presentimento, di sogno; romanzo sintomatico, ardente, mesto, pietoso, esaltato, inebbriato di dolore universale, épris d'avenir; romanzo « ammonitore »: bisognerebbe davvero che lo leggessero .... gli ch,wjfeurs dell' ansante automobile collettivo: potrebbe far loro un gran bene. Bianche e nere (Torino , Streglio) sono irt vècè dieèÌ 110., vdle; quali liete e quali meste, ma tutte scritte soltanto per l'arte e per offrire un ortestò e facile passatempo al lettore: LurGI PtRANDÈLLOvi dà prova di quelle sue solit€ € note qualità di buon narratore da salotto, senza pretese e senza ~econdi fini , che pure rispondono a uu' esigenza del tempo nostro, e soddisfano ad un bisogno di riposo e di distrazione dopo tante fatiche e tanti problemi. A tale titolo, riescon leggibili anche Gli uomini rossi, (stesso editore), in cui ANTONIO BELTRAMELUlia voluto far la caricatura, dei più fanatici repubblicani della Romagna: e dico la c:uicatnra, e dico dei più fanatici, perchè quelli che -il nnnanziere, infrlta Ja pe11nellozza nel vermiglione, dipinge in questo suo lib:·o, non è certamente un partito: ma u•1' accozzaglia d'allucinati, di pazzi, di deliranti; dirò di più: questo libro, vero o non vero che sia nei dati che l' hànno ispirato (non ue so nulla, perchè io non sono mai stato in Romagn.t, e non conosco da viciuo i partiti militanti d'alcun paese), ha tutto il carattere, piu che di satira, di parodia, cli pochade narràtiva, di fars:1 grottesca, di rappresenta,:ione da burattini, in cui l'autore, infilate le mani nei suoi fantocci di cencio, li faceva agitare trenetica mente, sbr_aitando le più grottesche trombonate per conto loro, e sghignazzando intanto non fmemente per proprio conto. Ma intanto il libro si legge, e, se si piglia come canzonatura rabelesiana non d' un partito più che di un'altra, non d'un popolo a preferenza degli altri, ma della volgarità politica in gene.re, di verte: e allora Europa Batti fiore, monsignor RutiJantc, il ca vali ere Mostardo, Fedele Barbigi, Don Papera, Ribelle Libertà, Don Vituperi, Tragico Arrubinati, Manso Liturgico e compagnia bella, tengono alle~ gro lo spettatore , non meno d' Arlecchino, dì Pantalone, di Brighella, di Colombina, di Gianduja, di Girometta e di· Stenterello. Chiudiamo, sta,·olta, con dei versi, dei buoni versi: sono di VITTORE VITTORI, tratti a titolo di saggio dal bel volume Terra lontana, uscito or ora dai tipi dello Zanichelli a Bologna: la terra lontana è il trentino alpestre e rupestre e pittoresco , amore e speranz:1_ dell'esule suo poeta. Ed ecco i versi: v:: Geme una tronca , un' incessante voce senz' eco (è notte): « Chiù ! » Piego un ginocchio sovra la tua croce: « Son io. Sei tu? Perchè, tra l'erberose e le verbene, perchè non vieni tu? Ho freddo, sai? Non c'è chi mi vuol bene. Sei morta tu!... Ho combattuta ancora: ho vinto, sai? Non patiremo più. C'è il pane, adesso, e, forte quanto mai, la gioventù. Verrà la gloria quando men s'aspetta, e non si brama

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