Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno X - n. 8 - 30 aprile 1904

218 RÌVISTA POPOLARE <lagnato; poichè ogni guerra per lo più lascia l'addentellato per nuove guerre. Noi, lo ripetiamo, non crediamo che del fatto si debba darne il merito alla propaganda diretta per la pace; in gran parte è il risultato di quello insieme di preoccupazioni e di pareri che venne stupendamente esposto ed illustrato cìal De Bloch nella opera colossale sulla Guerra futwra; opera, che indusse lo Czar a promuovere la Conferenza e l'istituzione del Tribunale feder,i le dell' Aja. Ma le considerazioni eloquenti del De Bloch hanno trovato una cooperazione ed una prep~1ra:done efficace nella propaganda per la pace. Questa ha contr_ibuito potentemente a modificare la pubblica opinione; la quale si sa che per vie multiple e misteriose determina gli avvenimenti, che in apparenza ad essa si sottraggono. E' la pubblica opinione che ha dato un significato ed una importanza eccezionali agli scambi delle visite tra Edoardo VII, Loubet e Vittorio Emmanuele III; scambio di visite tra capi degli Stati, ch'è stato preceduto o seguito da quello dei rappresentanti dei Parlamenti, delle classi commerciali, delle rappresentanze municipali inglesi francesi, italiane ecc. Tutto questo movimento è~ riuscito a risultati concretissimi coi trattati recenti tra la Francia e l'Inghilterra, tra l'Italia e la Francia che da tempo si guhdavano in cagnesco e che semb~ava che aspettassero solo l'occasione propizia per venire alle mani. ,. La conciliazione più difficile pare sinora tra la Germania e la Francia; eppure la strada percorsa è davvero immensa e, in gran parte il merito va a Jaurès, che ha saputo sfidare con eroismo civile la impopolarità e le calunnie dei reazionari, dai bonapartisti agli orleanisti camuflati da nazionalisti. Si è percorsa tanta strada in questo senso che la fantasia popolare ha fatto correre insistente la voce che Loubet in Italia si dovesse incontrare coll'Imperatore di Germania! Noi a suo tempo ci siamo occupati più volte degli articoli e dei discorsi di Jaurès; oggi vogliamo far conoscere ai nostri lettori ciò che si fa nello stesso senso dall'altro lato del Reno. La manifestazione - un vero segno dei tempi - di cui vogliamo dar loro contezza è caratteristica perchè viene da un militare ; ci viene da un ufficiale pnissiano, A. von der Lippe ,dal cui recentissimo opuscolo (1) crediamo molto opportuno togliere il brano, in cui si esamina la possibilità della conciliazione tra la Repubblica francese e l'Impero tedesco. Nor La quistione è questa: I. 0 È possibile una riconciliazione sincera tra la Francia e la Germania ? 2. 0 Su quale base devesi formare tale un accordo che abbia garenzia di stabilità ? Si è già sollevata spesso la quistione di una riconciliazione tra i nemici ereditari. Di tanto in tanto i giornali francesi hanno posto il quesito ad uomini eminenti di ogni partito. In generale i francesi nelle loro risposte trattano la quistione spiritosamente piuttosto che profondamente. Si vuol mostrare molto spirito ed incidentalmente si reclama l'Alsazia; dei nostri giorni, nessun francese, a qualunque partito appartenga, oserebbe rinunziare apertamente alle due provincie perdute. Lo stesso Jaurès non l'ha osato quando nella scorsa primavera, in un brillante discorso, trattò la quistione alla ( 1) Andere Zeiten Andere Wege. 'Betrachtungw cines alten offiziers iibermilitari,ch p~litisclJeDinge. Verlag von Otto Salle. Berlin. 1904. Camera dei deputati. Scongiurò soltanto i suoi colleo-hi ad abbandonare momentaneamente l' Alsazia Lorena a sè bstessa e ad attendere dall'avvenire una soluzione accettabile e profittevole per le due parti e giungere cosi ad una ditninuzione delle schiaccianti spese militari. In ogni modo, è già un segno di progresso aver potuto dire ciò senza essere lapidato. Anche nell'intimità, l'ardore dei francesi è caduto da parecchio. Non sono il solo ad averlo constatato. La differenza tra ciò che dicono i francesi nella intimità o io pubblico è molto più accentuata presso di loro che presso altri popoli. Nçm si saprebbe trovare una compagnia più amabile, più seducente del franeese. a qualunque classt' della società appartenga· Vinta la diffidenza naturale di fronte ali' ufficiale tedesco , egli p:irla senza ritegno ed esprime il suo malcontento contro gli uomini del governo del suo paese. Di noi non conosce, in generale, che il nostro imperatore che gli è simpatico. L' Alsa~da-Lorena gli è complet:imente indifferente. Giunto un secondo francese la situazione cambia. Il timore della pubblica opinione comincia. Potrebbe sembrare un cattivo patriota. L'uomo libero di pregiudizi, anche di fronte al tedescc, diventa riservato. Giunge un terzo Gallo, fosse anche una signora, allora « la grande nazione )) è riunita e si farà bene a lasciar da parte ogni conversazione politica. I francesi in generale dichiarano pubblicamente che senza il ritorno dell' Alsazia-Lorena alla Francia non vi è nessuna intesa possibile. Noi, tedeschi non vogliamo cedere un pollice Ji terreno. Uscire da qu<:"sto circolo vizioso sembrerebbe impossibile. Nè una guerra risolverebbe la quistione. Nè la Francia, nè la Gei mania potn:!bbero essere completamente annientate. Una guerra, qualunque ne fosse il risultato lascerebbe un germe per nuove guerre. Il vinto , per schiacciato che fosse, avrebbe per unico scopo la prepa~azione alla rivincita. La quistione tedesca potrebbe essere risoluta col ferro e col sangue: la quistione franco-tedesca no. Abbiamo testè constatato la grande differenza tra ciò che pensa il francese e ciò chè dice in pubblico. Esaminiamo questo pubblico più da vicino. Esso comprende i capi, i sottocapi e la grande massa. I primi sono in pane persone convinte della giuc;tezza delle loro aspirazioni, in maggior parte illuminati , ma raggirati dalle mire egoistiche d'ogni sorta di gente. I sottocapi si compongono del piccolo esercito dei giornalisti o di gente che fa la politica per passione o per guadagnare il pane. La grande massa, il gregge dei votanti, coine irrispettosamente si è chiamato, st·gue i capi di buona grazia o col viso arcigno • • . • . . Applicando questi dati alla quistione che c'interessa, io pretendo chè in Francia come in Germania all'88 °ro <lei cittadini dell'Alsazia-Lorena è indifferente, ma che questo stesso 88 °ro acclamerebbe con entusiasmo un capo che gli facesse comprendere che uoi pn.:feriremmo veder morire tutti i corpi d'armata piuttosto che abbandonare l'Alsazia-Lorena; e l'indomani porterebbe io trionfo un altro capo che gli facesse intendere che quelle terre non valgono le ossa d' un granatiere o d'un zuavo e che ciascuna delle due nazioni farebbe un buon affare abbandonando sia la Francia alla Germania, sia la Germania alla Francia quest'elemento di discordia. Ecco senz' alcun pregiudizio personale il modo di vedere della gran massa che ci governa grazie al regime del suffragio universale. Non resta dunque che il 12 °r0 dei capi da convertire. Come potremo convincerli che un'alleanza tra le due nazioni è una necessità per la vecchia Europa? La prima condizione è un intervento franco ed energico dei due governi. La seconda uno scambio di mutue concessioni alla frontiera. Ho letto ultimamente che si è formato a Monaco un' associazione franco-tedesca che cerca un ravviciuameato tra le due nazioni basantesi su concessioni reciproche. Poco importa se occorre considerare la divisione secondo la lingua con la demolizione dei forti di Metz, di Elionville e dei forti avanzati francesi, ma è necessario che le due nazioni si facciano tlelle concessioni, per penoso che ciò possa essere. Non vi' è alcun dubbio che vi sono molti tedeschi che, pur accettando le condizioni del grande scopo da rag 5 iungere, dico:10 che simili concessioni hscerebbero anche sussistere le idee di rivincita e indebolirebbero considerevolmente la nostra situazione militare. Sarei dello stesso parere se le nostre relazioni colla Francia dovessero restare le stesse. Ma quando si tratta di alleanza tra le due nazioni la cosa piglia un'altra piega.

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