Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno X - n. 7 - 15 aprile 1904

RIVISTA POPOLARE in un sol combattimento, e mostrava due grandi cicatrici l'una sopra una mano l'altra sulla fronte. Tobia distolto dai suoi dolci ricordi ebbe uno scatto d'ira, e si domando per quale ragione egli stava lì, fra quella gente, e in nome di quale diritto lo avevano tolto alJa sua famiglia. Forse che egli aveva mai nutrito idee di conquista e di grandezza ? Perchè allora lo aveva110 fatto soldato? Era dunque uno strumento, un oggetto qualsiasi ? E chi erano questi nemici che doveva combattere? Non erano tutti giovani, al pari di lu:, strappati alle famiglie e - condotti al macello come tanti agnelli? Che cos'era questa patria che bisogi.ava difendere da un'altra gente? Non aveva forse quest'altra gente anch'essa W1a patria che racchiudeva, come la sua, monti e valli, pianure e torrenti? Oh lui, nel suo paesello perduto nei boschi, non aveva mai pensato alla guerra! Carlo Magno, Federico Barbarossa e Napoleone primo, gli erano sembrati dei grandi miti, degli iddii favolosi dell'antichità! Non era un delitto rammaestrare l'uomo alla guerra ? LeggeJJdo il Vangelo aveva accarezzato l'idea della pace, dell'armonia universale : tutti gli uomini fratelli, tutta la terra una patria, come l' aria è di tutti ed il sole splende benefico sopra ogni cosa. Poi gli venne un desiderio folle di fuggire e tornare al villaggio. Era libero, nessuno lo poteva tener schiavo , non voleva soffrire, non voleva uccidere nessuuo, voleva il suo buon zio e Maritza senza i quali non poteva vivere. Oh CO!I}esi sentiva solo e triste fra tutti quegli uomini che non parlavano che di guerre, che non desideravano che di combattere e di uccidel'e ! E sotto la volta pesante del cielo nero e triste, alla luce dei fanali e·dei fuochi, in quel silenzio rotto solo dalle voci monotone delle sentinelle lontane, l'accampamento gli sembrò un grande cimitero le cui tombe erano le tende bianche, -le cui lampa<le erano quei fuochi intorno ai quali s'agitavano turbe di trapassati dai volti di bragia e dagli occhi terribili. X _· I reggimenti si mossero. Costeggiarono dapprima il monte, poi sboccarono nelJa pianura grande, larga, · gialla. I battaglioni marciavano c:i fronte, la Cl,valleria ne difendeva Je ali ; l'artiglieria seguiva, più lenta, rumorosa, come nascondendosi dietro la fanteria. Ogni tanto si udiva un comando, uno ~guainar di scjabole, il rumore secco dei fucili. 1''u dato l'ordine di fermarsi. Il cielo di nuvolo che era nelle prime ore del giorno, andava man mano schiarendosi, e il sole, già alto, a seconda del fuggir deJle nuvole, faceva qua e là mostra di se, sfolgorando. Alcuni ufl;iciali esaminavano· le posizioni, altri di- -scutevano confrontando e segnando una carta; le staffette a cavallo andavano rapidamente a portare gìi ordini. Intanto giù giù , nel limite estremo della pianura comparvero le prime truppe nemiche: sembravano uscir dalla terra, ·e pareva un brulichio d'insetti minuti e fitti fitti. Era come UJJamacchia nera sopra il giallo del1a campagna, e quelJa macchia si stendeva agile, ingrandendosi di continuo e stendendo~i a semicerchio. Molti soldati a quella vista divennero pallidi e convulsi. Così trascorse del tempo: i prussiani occuparono le posizioni; lontano i nemjci s'avanzavano sempre e già si vedevano luccicare al sole gli elmi c1orat.ie le armature dei corazzieri, le baionette degli zuavi, le spalline del genio. S'udi un _colpo, poi due, tre,· e altri, altri continui". I cannoni fra.nc~si dai colli comin<..;iavano il til'O. Un proiettile cadde in mezzo a un battaglione, ·uccise due uomini e s'internò nel terreno. Un soldato urlò preso dallo spavento ; ma un sergente lo percosse col calcio del fucile, ed egli tacque. Poi, a un. tratto, dalle truppe nemiche si staccarono dei gruppi d'armati: dapprima sembrava:.o come una sbarra nera, poi ap_µressandosi davano l' idea come di un'onda. Ed era un 'onda, infatti, stranamente marav igliosa e terribile; ·un'onda dalla cima luc~icante d'oro e dalla base risplendente per gli acciai e scura per la molo dei cavalli. E s'avanzava rapida, fulmineamente, invadendo la pianura, calpestando l'erba arsa e gialla, sollevando un polverio denso. . Erano gli squadroni dei corazzieri francesi. La fanteria prussiana s' era raccolta in quadrati. . I cannoni sparavano continuamente. Il calpestio dei cavalli s'app1·essava sempre più, <.,;resceva,raddoppiava, pareva il rumore soffocato d'una cascata immensa in un precipizio chiuso da alte rocce, sembra va lo .sbuf- ·rare d'una gran locomotiva nel seno d'un monte. Poi la polvere coprì ogni cosa. ·_ Molti quadl'ati furono apeL·ti, e i soldati calpesti, colle reni spezzate , col capo fenduto dalle sciabole dei cavalieri, cadevano riversi. I cav_alli col ventre lacero, cadevano trascinando seco il soldato, seppel~ lenclo quelli già caduti, formando ostacolo ai sopravvenienti. I cannoni tuonavano· sempre. I cavalli· feriti nitrivano con gemiti umani dolorosissimi. Non si udiva che un lungo sparare di fucili, un cozzare secco di· spade, il rullio selvaggio dei tam-. buri e un vocio confuso di comandi e di lamenti, sui quali imperava il tuonar cupo d,ei cannoni che annebbiavano l'arh ~ol fumo. E dapertutto sgorgava sangue, Ghe spruz,:ava le vesti, macchiava le mani, colava sul suolo che avido lo succhiava, si coagulava intorno ai c~duti. E quel rosso, fra quelle urla e il luccicar delle armi, impregna va l'aria e confondeva la vista e le menti. X Tobia aveva c1mminato con gli altri, av~va uditi molti spari e veduti cadere molti compagnj, o s'er.a trovato fra i primi contro il nemico. Era rimasto· un istante intontito tra il fumo e i caduti che gli impedivano di muoversi, poi era stato-ferito percosso calpestato ed era svenuto. Quando I'invenne s'accorse che ora stato ferito in una garr:ba. Il male non era grave. Bevve alla fiaschetta per farsi forza. Doveva essere rimasto molto tempo fuor cli sensi perchè il sole già declinava. Il combattimento continuava, m_acon meno vigore e lontano, dietro i colli. Si curò alla meglio la ferita, e rimase un po' a · contemplare la triste scena che lo circondava. Quanti morti. quanto sangue! Udì un gemere doloroso; si trascinò a quella volta e scorse un soldato disteso supino fra un ingombro di armi e di morti. Lì presso v'era uno spazio libero accanto ad un albero. « Port<lmi là », gli disse il ferito, quasi volesse allontanarsi dai poveri compagni morti che lo circondavano. Tobia lo aiutò a sollevarsi, ma il ferito ricadde. « Non posso, non ho forza, mormo1'Ò ». Tobia lo sollevò sulle braccia e zoppicando si mosse. Il sole si chinava lento al tramonto, radioso; i monti parevano avvolti in- una nube leggera d' oro,· il fiumicello aveva riflessi d'acciaio. Lontano, rapi-

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