Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno X - n. 5 - 15 marzo 1904

130 RIVISTA POPOLARE conta ~, non era alcuna intenzione aggressiva contro l'autore dei « Canti di pace », come non ce n'è punta del pari, in questa brevissima replica : volevo .soltanto affermare allora, e voglio soltanto confermare adesso, che io (io, s'intende bene) pongo a base della mia critica es.elusivamente il criterio estetico, perchè ritengo che ogni cosa debba giudicarsi coi ·301i criterii intrinseci alla sua natura· e la natura dell'arte è estetica. Che ne direbbe il Lanzalone. se io mi mettessi a giudicare l'opera d'uno scienziato in base allo stile degli scritti in cui la espone, quella ,l'un eroe col criterio dell'eleganza del gesto col quale ha salvato il suo simile da una sciagura ? Tuttavia io rispetto pl'ofondemente anche il suo modo di pensare· e di regolarsi, cosi inconciliabile col ... mio: e se· lui dirà corna dei romanzi e delle poesie, dei quadri e delle statue, dei monumenti e delle sinIonie che piacciono a me, io non ci troverò la mi Hima ragione di scandalizzarmi o d'avermene a male. .Ma, purtroppo, la vera verità è questa: che il dissidio fra noi, e lo mostra la lettera che precede, è ben altro t:he di semplici criterii di giudizi lettera:.-i: é di cri1 eri i sociali e politici : è, che mentre in ogni cosa io :;to per la più ampia, per la più completa, per la più assoluta libertà, il Lanzalone invoca, anche per le cose che, come l'arte, più sfuggono ad ogni coer dzione collettiva, ad ogni tirannide autoritaria, l' in- _!ervento brutale e dommatico. del poliziotto e del nrete: bei critici, in verità, bei giudici, quellì, in fatto \i' ideali estetici. d'indirizzi d'arte, di sensazioni e di visioni di bellezza ! 1 « Unica nrma è il silenzio » ? E perchè non tace; àunque, il Lanzalone? O vorrebbe che tacessi io? Ma io taccio, infatti, sulle opere 1l'arte mancate, su quelle che a me, (a me, dico) paiono cattive, esteticamente s'intende. O vuole che taccia su quelle che non piacciono a lui ? O su quelle ehe non piacciono a .Giolitti? O su quelle che non piacciono a Merry del Val? ~e è così . dichiaro che bisogna arrestarmi, isolarmi, tagliarmi la lingua e le mani, ammazzarmi: con nessun allro mezzo si riu- :~cirà a farmi tacere quello che a me sembra la vel'ità. Non ho altro bene al monclo che que-:.to: e non ~arà facile sequestrarmelo: è proprio per esso, anzi,· che ho rinunciato a tuW gli altri se avessi fatto tlella critica, dell arte, della scienza, della fìlosofia, della politica, della pratica sagrestana o questurina, o meglio l'una e raltra insieme, a quest'ora sarei probabilmente commendatore, celebrità ufOciale, ora0010 accademico, membro o presidente cli non so quante· commissioni, giunte, consigli, eccetera eccetera, con tutti gli stipendi, emolumenti, indennità, propine, e s--prassoldi annessi e connessi ... Creda, creda, caro Lanzalone: non c'è tornaconto :1ffatto, a far della critica ... estetica senza criteri mo1·ali e sociali, come quelle che faccio io: e creda pure :rnche questo: che senza leggi eccezionali, semplicemente applicando ... e non applicando quelle che abbiamo, i critici e gli artisti nella nostra scuola sono puniti per bene c;Lnchecosì: s'informi, s'informi! Quanto al cl' Annunzio e alla « Figlia cli Jorio >", ,lella quale discorrerò nei prossimi « Stelloncini », il trionfo di Milano, e quello che senza dubbio riporterà 11elresto d'Italia. dimostra (e questa è la nostra ri- " incita) che a marcio dispetto del birro e dello scaccino, invano invocati come tavole ili salvena nello ormai bene assodato naufragio di ·~utto quel che rimane del vecchio mondo forcaiolo, la gran maggioranza <]el pubblico, è anche del pubblico borghe e, del pubblico « scelto », di quello sul quale sin qui si faceva assegnamento sicuro, si va orientando verso di noi: e che delle scomunic..:he, s.iano nere, siano azzurre, il mondo, che sempre peggio tira al rosso, a! bel rosso fiammante e squillante, se ne in fìschia ogm giorno più altamente. Quanto alla « nova corrente risanatrice » che serpeggia (il verbo è proprio questo) che serpeggia per cento sentieri della vita italiana, e che secondo il Lanzalone avrà fra dieci anni allagata tutta la società nostra, io dirò che io credo ch'essa non sia nulla di nuovo, ma semplicemente, e assottigliato, anche, il solito rigagnolo d'acqua santa sporca nel lungo con·- tatto di mani beghine nemiche d'ogni altra sorta di acque, il solito rigagnolo che dalle pile screpolate -e corrose è sempre colato giù a fecondare, misto ai consL:eti concimi, l'oscuro, fangoso e fungoso orticello del parroco ... e della sua serva. Eu ho finito, unito proprio, perchè non ho la minima voglia d'ingaggiare polemiche. La mia fede e la mi:t devozione assoluta nel principio sacro della libertà in ogni campo, sono incrollabili. Così, certo, è del Lanzalone per i principii opposti. A che discutere, dunque? Chieti 4 marzo 904. MarioPilo. " La Figlia di Jorio ,, di GabrieleO'Annunzio Gabriele d'Annunzio ha ottenuto - la sera del 2 marzo - al teatro Lirico di Milano una grande vittoria, la più grande, la più vera che la sua arte conti fin oggi. L'applauso che ha coronato la prima rappresentazione della novissima tragedia pastorale « La figli a cli Iorio » è stato unanime, sincero, profondamente sentito. Il poeta ora é disceso dalle fredde altezze della sua estetica pura, di q~ella estetica donde provennero la« Gioconij,a ». la « Gloria >> la « Città morta » i « sogni »; ha abbandonato la cima eccelsa, su cui la sua arte splendeva fredda come raggio di sole sopra un nevoso deserto, e l' ha abbandonato per discendere verso il piano, dove s'agita il popolo, dove ferve la vita, dove l'arte è un so!e eh~ riscalda, che illumina, che feconda sempre nuove e 1mper1tu,re bellezze. - « La figlia de Iorio» dunque, non è più il gigantesco tentativo di risuscitare l'antica tragedia greca innestandola sulla vitd. moderna, ma è l'opera d'arte vivente, è · il capolavoro che ~boccia spontaneo dal cuor~ .e. dal pen- ---siero di un grande poeta, che trae le sue or1grn1 dal profondo dell'anima umana. L'istinw, l'universale ed eterno istinto, è il fuoco centrale di questa nuova tragedia; il quale si ma~ifesta nell_a sua terribile nudità, attraverso la rappresentazione, sublimemente sintetica, di un popolo, che vive nell'opera d'arte con tutta la sua secolare tradizione di riti, di culti, di superstizioni, di virtù, di peccati, di estasi, di accecarne~t1 religiosi e voluttuosi; con tutta la sua natura selvaggiamente chiusa tra le montagne, inebriata di sole, agitata da tenibili e primodiali passioni. La natura della bella e silen,1,iosa terra d' Abt·u,1,1,-i di quella terra che giace nel cuore d'Italia, cit·con.data da fiumi e da monti, aperta per un sol fianco sul mare - la viva, l'ardente natul'a di quell;;, terra é tutta rappresentata in questa opera; é passata interamente, improvvisamente, col palpito della sua anima secolare nell'opera poetica di un sun figlio , del suo più grande figlio. Opera dnnque d altissima roesia, viva, sincera, profon- · damente sentita, è quesl'ultima tragedia di Gabriele d'Annunzio, che il pu:1blico di Milano intelligentissimo nel giudicare d'arte, e i criti<·i cenvenuti da ogni parte d'Italia, hanno accolto con unanime plauso. X Il grande successo di quest'opera ~a, a p~rer mio, a~<~?e un alto sio-nific::.to ideale. Esso sigmfica, c10è, la conc1hazione di u~a bella ed ardua lotta che da più anni si combatte fra pubblir!o e poeta: quello ostinato n~l chiedere al• l'arte fulgidissima del poeta la t'appresenta;,,tone della propria vita, dei propri i pensieri, d~i propri senti men ~i; ques!o ostinato nel titanico sforzo di imporre all' a.ltro 11 proprio ideale di 1.ina vita superiore. Il pubblico aveva ragione, ed il poeta ha ceduto. Già il successo della Francesca da _Rimini fu l'auo-urio di questa conciliazione: l'eterna passione umana ,~ho il D' Annuniio rapp es3ntò cosl sublimer11ente viva nella tragedia di Francesca com~1osse, vms~ per la prima volta 1a grande anima d~l pubblico e lit schrnse alla nuova luce della sua arte. Ma 11 successo della Francesca·

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==