Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno X - n. 3 - 15 febbraio 1904

RIVISTA POPOLARE 81 I Giapponesi hanno declinato l'alleanza della Cina contro la Russia ma e ben noto che c'è una perfetta intesa fra Tohio e Pekiuo e l'acquiescenza Cinese alla spedizione nel Tibet è una delle condizioni di questa intesa. (Fa,-tringhtlg 'R._eview. Gennaio). ♦ Met·etrix (1). - Una volta di più ci siamo sentiti ripetere cbe l'esercito è la scuola della nazione. Questa volta ce lo ha fatto sapere nella regal Torino uno dei cosiddetti membri influenti del Parlamento l'on. Villa. Ed ha soggiunto che la nazione deve spendere volentieri qmlche centinaio di milioni all'anno per avere quella scuola. A dir vero la nazione ne ha diverse di queste scuole: la scuola propriamente detta è, per antomasia, l'esercito; ed anche il Parlamento si potrebbe chiamare una scuola. In quanto all'esercito considerato come istrumento d' educazione nazionale, nel senso, ben s'intende, innocuo cd innocente che alle parole << educazione nazionale >> ha dato sempre quel liberalismo nostro che di questi giorni è morto sulle labbra forensi del suo on. Villa; in guanto all'esercito-scuola, dicevamo, noi abbiamo qui uno degli indici più espressivi e caratteristici della coscienza borghese. È la trasformazione di un concetto di forza e di energia in un concetto di moralità e di quieto vivere. Cioè, una verità di meno e una menzogna di più nella vita nazionale. Con la verità si potrebbe contare e fare qualcosa nel mondo : con la menzogna ci si mette il cuore in pace, quando non si conta e non si fa nulla. E si sostiene che la nazione ha il dovere di pagarsela cara questa menzogna di più. Tante scuole e tante menzogne, e per tutte è necessario ed utile profondere milioni. Come poi vadano queste scuole Dio solo lo sa. E lo sappiamo anche noi io questo momento come vada la scuola pr<?priamente detta, quella de' giovanetti. E pur questa una creazione del liberalismo nostro. Ed or si è giunti a tanto che i giovanetti d' Italia benissimo istruiti ed educati usufruiscono della libertà di rompere i vetri e i banchi delle classi per protestare contro ordinamenti di un ministro che non esistono. Abbiamo la educazione del vandalismo infantile. Il Parlamento poi, altro crogiuolo dove dovrebbero fondersi e unirsi gli svariati metalli della coscienza nazionale, è rispettabile sol quando tace, quando cioè è chiuso. Quando è aperto, esso pure insegna come si .rompano i vetri e come si faccia baccano, precisamente a somiglianza delle classi scolastiche, e come si esercitino le acrimonie, e come uomini serii si convertano in uomini non serii, e come si facciano chiacchiere e si dicano bestialità. Circa l'esercito infine fu osservato che la lettura dell'Asino e il godimento della Venus Pandemia - che è per tutte le città italiche, ed in tutte è uguale, cioè una delle poche cose che veramente possano dirsi nazionali - varrebbero a fondere in un pensiéro solo le molte centinaia di giovanotti contadini che si raccolgono dalle più diverse contrade e dalle più fra loro lontane regioni della patria. Se 1·osservazione fosse giusta, noi potremmo fare per le tre scuole della educazione nazionale donateci dal liberalismo quesio specchietto immorale: scuola dei giovanetti, esercizio di vandalismo pratico; scuola dei deputati adulti, vandalismo pratico - rottura di vetri e sbattimento di tavolette-; vandalismo teorico della civiltà e del buon senso; scuola dei giovanotti militari, circolazione nazionale del mal francioso e della lue asinesca. E se si pensa che anche il Parlamepto, come tutte le ragunanze di molte persone, è un rituroo ad uno stato puerile e giovanile, e si aggiunga che, per tal motivo appunto, t.ra gli onorevoli ricircola un rinfocolamento erotico, noi vedremo quali in ultima analisi potrebbero essere le Dee che imperano sulle tre scuole delle infanzie e delle giovinezze italiche. Parvula- b·orbaries et meretrix. (Il 1?,Jgno.Gennaio). ♦ Le condizioni del popolo a Na1,oli. - Nel suo articolo pubblicato nella Nuova, Antologia (1° gennaio) l' onorevole Villari, con la grande competenza che gli vieuc dalla cognizione diretta ed esatta delle cose napoletane e dallo studio indefesso dei problemi che tormentano quella città, ( 1) Riproduciamo questo articolo dal 'l{!g"o, una nuova rivista sorta, in Firenze per dare un'idea del suo programma semi nitzschi'1no ai nostri lettori. >!oi siamo agli antipodi; 111:1 ci pi~c_e la si_n~erità e l'odio dell' artdiiio eh~ formano la caratteristica del Corradini che dtnge la nuova rivista e degli altn collaboratori. N. d. R. seri ve che dopo aver letto con vivo interesse la relazione della Commissione d' inchiesta, egli si è detto : le proposte sono pratiche, esse riusciranno certo utili, ma basteranno a risolvere la questione tli Napoli ? E la sua risposta 110n è decisamente affermativa. Non concorda col Monzilli che la Commissione avrebbe dovuto studiare tutta la questione meridionale perchè era questa una impresa troppo vasta e il mandato della Commissione era ben determinato: crede invece che il punto debole sia un altro. La Commissione - secondo l' on. Villari ha trascurato un elemento essenziale ... Per conoscere le condizioni vere della industria non basta esaminare le condizioni del clima e del suolo, la vicinanza del mare, il regime doganale, i mezzi ferroviari o marittimi di trasporto; bisogna esaminare del pari l'uomo e le condizioni in cui si trova esso, i.he anche qui è la sorgente principale di tutto ». Napoli è una città sui generis: il popolo vive nella pubblica strada - continua l' illustre scrittore - e questo deplorevole stato di cose deve in gran parte alla posizione tòpografica della città. Saliti gli abitanti a mezzo milione di abitanti il popolo minuto dovette pigiarsi in uno spazio ristrettissimo. Se la Commissione si fosse occupata di ciò si sarebbe domandato: quale industria domestica o non domestica possono esercitare que' miseri ? Quale igiene, quale educazione, quale disciplina possono avere ? Quale organizzazione industriale è possibile? E se la commissione avesse parlato con questa gente avrebbe dalle loro parole più chiaramente capito lo stato vero del loro animo, la loro mancanza di ogni disciplina. Certo l' on. Villari ha toccato un tasto doloroso : per intendere la possibilità o meno , e in qual senso e in qual misura, di dar incremento alle industrie napoletane bisognava prendere in considerazione prima d'ogni cosa , quello che è l' agente di qualsiasi produzione , la prima forza d'ogni atto produttore, l' uomo, e ricercare se le sue qualità psichiche, la sua concezione della esistenza, le sue abitudini e aspirazioni si adattano alle esigenze dell'organizzazione industriale e in che si unano contro queste cose e come potrebbero essere messe in armonia tra loro. Non basta riconoscere che la intelligenza è nel napoletano più vivace e pronta che negli italiani d' altre regioni ; che le sue qualità morali sono migliori della fama eh' egli gode; occorreva anche studiare quelle classi, che oggidì vivono miseramente esercitando occasionalmente mestieri d'ogni sorta, per vedere se sono suscettibili di una trasformazione, sia pur .lenta, ma sicura cosi çl.a diventare operai veri e propri con qualche capacità tecnica. e Per questo, come abbiam detto fin dal principio nel nostro riassunto della relazione, crediamo che sarebbe stato indispensabile un censimento professionale della popolazione napoletana, con studi illustrativi sul genere di quelli cosi interessanti e istruttivi compiuti per la popolazione di Londra _ da Carlo Booth e dai suoi collaboratori. Oggi malgrado le indagini compiute dalla Commissione noi ianoriamo ancora troppe cose intorno al problema di Napoli. L' on. Villari, dopo aver tracciato un efficacissimo quadro delle condizioni in cui vive la popJlazione lavoratrice napoletana, aggiunge: Dire quale é il numero della gente che più o meno vive a qu~sto modo, uon è facile. Da una parte è difficile tracciare la linea che la separa dal mendicante vero e proprio, dall' altra è non meno difficile tracciare la linea che la separa dal vero e proprio operaio della vera industria. Ho sentito parlare di 100,000, cifra che può a qualcuno parere enorme. La Commissione però dice che « il numero delle classi inferiori più disagiate arriva forse al 90 per cento della popolazione ( 1, 82). Certo è un assai grosso nucleo, una parte molto considerevole del popolo minuto. Hanno l'intelligenza assai viva, hanno nobili qualità morali, sono fra loro capaci di grande aboegazioge, di sacritizi veramente singolari. Il dottore svedese Ax.el Munthe, che visse lungamente in mezzo a loro, e li cnrò gratuitamente, durante il colera del I 884, li descrive in un suo bellissimo libro (Lettere da una città dolente) con singolare esattezza, con grande ammirazione, e li p;iudica, nella loro inenarrabile miseria, superiori, per bontà• d'animo, alle altre classi sociali della città. Ma riconosce anche lui, con viva indignazione, che la condizione in cui sono tenuti è tale che ogni disciplina, ogni vera educazione è impossibile. Qualunque sia il numero di persone, di cui questa classe si compone, essa esercita la sua azione su tutto il popolo minuto e contribuisce a determinarne il carattere. E qui, secondo me, prosegue l' on. Villari, la radice prima del male, e se di qui non comincia la riforma io dubito che gli opportuni e savi rimedi proposti dalla Commissione potranno

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