Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno X - n. 3 - 15 febbraio 1904

RIVISTA POPOLARE 79 morte adorate, che sia una parte di esse, una sopra vivente porzione di loro: tesi arditissima, certo , ma non ignobile agli occhi miei, prima di tutto esteticamente, data la forma squisita con cui è trattata ; ma poi neppur moralmente, dato che anche la giovinetta, una giovanetta eccezionale pur essa, è per la prima, con tutti i sensi e con tutta l' anima, innamorata del padre. Ma, naturalmente, il vuoto si fa intorno a questi amanti, a questi sposi, condannati, boycottati, infamati dalla « morale >> comune: le persecuzioni più atroci, in questo secolo di libertà, amareggiano , torturano , rendono intollerabile l' esisten;a ai due inn~cui ribelli; ed infine, il mesto idill10 viene troncato tragicamente. Marco Diana è sconfitto. w Dopo una lettura di questa forza, tutti questi altri libri e libretti arrivatimi dopo, e letti sotto l' incubo e nelb persistente vibrazione di esso (io non ho figlie, io non ho sorelle, e non posso quindi farmi un'idea precisa di ciò che potranno sentire coloro che ne hanno), non riescono più a farmi una forte impressione: Caleidoscopio, di I. M. Palmapini e La forbice di legno di r.arlo Dadone sono infatti due volumi della Biblioteca Gaia dello Streglio, che in un altro momento mi avrebbero certo riposato ed esilarato lo spirito; in questo, m'hanno appena persuaso, oggettivamente, d'essere quel che ·sono in sè : il primo, piu che un caleidoscopio, un cinematografo, molto festevole, di figurine, di macchiette, di piccole caricature animate e viventi e dei casi e delle scene assai comiche che ne risultano, e qualche volta, qua e là, anche umoristico nel senso più intimo, un poco sent;mentale, della parola; l'altro, di novelle esso pure, ma di genere assai diverso, non più attinte: se non molto indirettamente, alla realtà vissuta, ma create, invece, da una fantasia sbrigliata e feconda, e perciò appunto, poichè gli estremi si toccano, altrettanto avvincenti e travolgenti: io stesso, che non avevo assolutamente, in questi giorni, la minima voglia di letture di tal genere , non ho potuto « mollare » il volume se non chiudendolo sopra l'ultima pagina: come non posso, pur contro voglia, perchè l' han già detto molti altri , fare a meno di dire anch' io , non gii che il Dado ne <ledvi in quest' opera sua da Edgardo Poe, ma, più esattamente, che essa _deriva , come que-lla dell' Americano , da un temperamento speciale, da un particolar tipo d'immaginazione, pel quale dar tali frutti è come per la palma dar datteri e per il cavallo nitrire, senza che punto ciascun individuo abbia imitato, nè, forse, neppur conosciuto i propri congeneri. w Ernesto Teodoro Moneta ha pubblicato a Milano (Tip. Edit. Popol.) il primo volume del suo studio storico sopra Le guerre, le insurrezioni , le paci nel secolo XIX : patriota e soldato dell' Indipendenza a suo tempo , apostolo della pace e della fratellanza umana oggi, valoroso e galantuomo sempre, il Moneta è una delle più pure e simpatiche figure della democrazia italiana: e questo libro, come ogni cosa sua, reca l'impronta del suo carattere franco e dei suoi alti ideali. Vada a lui il nostro caldo augurio, che questi ogni giorno meglio si facciano universale e permanente realtà, e che gli uomini del suo stampo, pacifici non per imbelle acquiescenza ma per più moderno con~etto di forza e di lotta, vadano sempre più largamente sostituendosi at glorificatori dell'.aggressione e della conquista. w Alberto Cantoni, il solitario, personalissimo autore del << Re umorista » e dell' « Altalena delle antipatie 11 ristampa in un volumetto del Barbèra, Nel belpa,eselà.•.., con due cose nuove, quel « Demonio dello Stile », eh' è una delle sue cose più sottili e più tipiche ; simpatico brontolone nella prima novella critica, sociologo senza parere 10 « Israele italiano», è nella terza sopratutto un artista , un artista creatore , pieno d'ispirazione e di genialità. w Ric.evuto, anche, l'Inno all' amore, di Guido Andrea Pintacuda (Palermo, Virzi), bei versi, tra sciolti e rimati, d' ispirazione classica e moderna insieme , scientifica e panteista ; Infischiandosi del mondo, di UgoDe Amicis, (Torino, Streglio) gite e divagazioni, racconti e pensieri, paesaggi e schermaglie, disordinati ma vivaci e baldanzosi , e per ciò solo simpatici se non altro come giovanili promesse; e Genio e Gloria, visioni elleniche di Antonietla Car~so (Palermo, Reber) in cui si parla, un poco enfaticamente, .invero, e senza la minima novità di vedute o di notizie, d'Omero e d'Esiodo, d'Eschilo, di Sofocle e d'Euripide, di Pindaro, di Tirteo, di Simonide, d'Alceo, d' Anacreonte, di Saffo, eccetera. Ebbene, datemi dei barbaro : a me pare che , oggi , ci siano cose pid urgenti e più sostanziose, e sopratutto meno << zoppificanti » e men trite di cui occuparci. Chieti. MARIO PILO •111111111111111 llll lllll 111 Il 11111 lii li 11111111111111111111111 il U 110 lflll U Il• lii Il lii Il ~IVISTA DELLE 1'1VISTE ~---~---- VECTOR BÉEARD: La Corea. - Staccata dal continente manciuriano, dilungantesi tra i mari chinesi e i mari giapponesi; la Corea è una lunga penisola che gli ultimi esploratori giapponesi paragonano all' Italia penisolare, alla sola Italia degli Appennini perchè la Corea non ha la sua vallata del Po, Italia e Corea sulla carta geografica hanno parecchie rassomiglianze. Tutte e due lunghe ma strette , nè l' una_ nè l'altra oltrepassa i duecento chilometri. Tutte e due sono traversat_e e come ossificate da una catena montagnosa che si curva in un arco per correre dall'angolo N.O all'angolo N.E lungo la costa orientale. Tutte e due non offrono dalla parte del mare di levante che una costa scogliosa sprovvista di grandi città e di grandi porti e tutte e due hanno sulla loro costa occidentale vallate fluviali, colline, piccole pianure, dd paesi ondulati, dei delta o degli estuari fangosi. Le due capitali, Roma e Sèoul sono situate nello stesso posto , a mezza strada tra il nord e il mezzogiorno sull'unica apertu·ra che permette le comunicazioni tra la costa del levante e i porti di ponente. Ciò che è per l'Italia peninsulare l' apertura da Ancona a Civitavecchia per Roma e il Tevere, l'apertura da Onensen a Tchèmonepo per Seoul e il Kan-Kon o i suoi affiuenti lo è pel regno coreano. Onensan è come Ancona il solo rifugio della costa orientale, Tchèmoulpo è come Civitavecchia il porto della capitale. Si vuol proseguire il paragone ? Alla punta sud-est della penisola , Isusan e Masampo sono i Taranto e i Brindisi coreani, i grandi porti del distretto meridionale, i punti d'imbarco verso le isole e le contrade 'di levante; posta simetricamente alla punta• sud-est, Moukpo può essere paragonata a Reggio Calabria. Me dopo le similitudini ecco le differenze. La Corea non è come l'Italia una terra calcarea, dalle montagne e dalle vallate continue, quasi rettilinee, dalle coste quasi a picco. È una terra granitica simile pi~ alla nostra Brettagua. Come le nostre coste brettoni, le coste coreane salvo ad oriente sono intagliate, perforate, rose da seni , da lunghe baie , da piccoli mari. Differenza più importante ancora, la Corea non è che un Italia troncata. Al nord la Corea non ha la sua vallata del Po, al sud non ha le sue Calabrie e le sue Puglie, e la Corea non ha la Sicilia. Così le due penisole esposte , tutte e due , alle medesime imprese dei soldatacci d'oltremonti" e dei pirati d' olt remare non hanno avuto la medesima sorte. In Italia vi era posto per due padroni, due popoli, quasi due ra~ze:. il· soldataccio si faceva un regno nelle pianure del nord, 11 pirata occupava o saccheggiava al sud- Italia gallese tedesca o francese da una P arte · Italia greca saracena , angioina o spagnola dall' altra. ' ' . h La Corea da lungo tempo non ha conoscrnto c e un regno una nazione , una razza. Soldatacci e pirati vennero anche a sottometterla, ma non sussistettero accanto per mancanza di posto: si mescolarono o si ~ivo~arono. Il M_ongolo o Man_dchon d'oltremonte, il Malese o 11 Giapponese d1 oltre mare s1 sono

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