36 RIVISTA POPOLARE -Deputati nel marzo del 1901; e più volte qui. Ci volle, ripetiamo, molta ignoranza e molta malafede per illudere sè stessi e illudere gli altri pel mantenimento della clausola di favore e sulla efficacia della medesima, nel caso improbabilissimo che fosse stata mantenuta. Le dichiarazioni esplicite degli uomini politici austroungarici escludevano recisamente quella possibilità; il caso della Francia indicava ciò che sarebbe avvenuto fra qualche anno anche ottenendo il rinnovamento della clausola. Perciò le dimostrazioni di Sansevero e di altre città di Puglia e i discorsi dei signori Fraccacreta , che impongono . al governo italiano il mantenimènto della clausola se · sono perdonabili nelle povere masse lavoratrici che presentono lo avvento di giorni tristissimi, rappresentano una scempiaggine, da parte di quelle, che dovrebbero essere classi dirigenti; scempiaggini che espongono il mezzogiorno alle beffe degli uomini, che hanno la testa sul busto. L'imposizione della clausola di favore ... al governo italiano ha, però, un presupposto : quello che il governo Austro-Ungarico la concederà se il nostro vorrà largheggiare nelle concessioni in favore di altri prodotti, specialmente industriali, che manda in Italia il vicino Impero. Il presupposto autorizzerebbe,- l'agitazione e. l'imposizione al governo da parte del Mezzogiorno, che fu tanto da11neggiato nel 1887 a benefizio delle industrie settentrionali, di ottenere il rinnovamento della clausola del vino se rispondesse alle due seguenti condizioni : 1. 0 al rinvenimento della differenziazione tra vini italiani, vini francesi e spagnuoli; senza la quale differenziazione - eh' è come l'Araba fenice per la massa del nostro vino ! - mercè la clausola della nazione più favorita, l'Austria-Ungheria sarebbe inva_sa da vini di altri paesi che farebbero aspra concorrenza al nostro , come ce l' hanno già fatta in !svizzera e in Germania. 2.0 Alla possibilità del governo Austriaco di accordare la clausola del vino, contro compenso di prodotti industriali. Fermiamoci a questo sò.:oudo pu ·1to ...1'è quello ca ·1. 'e. · ar chè sociadst1 e devitesch1, he nel meL..~.Jgiorno si danno la mano nell'accreditare q1:,1esta possibilità, vivano nel mondo della luna colla loro ignoranza degli ostacoli reali che sorgono nel- !' Impçro Austro-Ungarico alla rinnovazione della clausola. Non sono gl' industriali che premono per ottenere ribassi di dazi doganali in Italia; ma sono gli agricoltori che invocano maggiore protezione contro i nostri prodotti agricoli e specialmente contro il vino. Ora in Austria-Ungheria e specialmente nel regno di Santo Stefano gli agricoltori sono i più numerosi e i più potenti e quindi sono essi che danno l'intonazione ai rappresentanti dello Stato nelle trattative coll'Italia. Certamente se noi volessimo diminuire i dazi doganali sui prodotti industriali anche il governo Austro-Ungarico, che non è un modello di garbatezza, ci farebbe dej complimenti ed· anche dei ringraziamenti calorosi; ma non contraccambierebbe la nostra gratuita e spont~nea concessione con alcuna controconcessione agricola, perchè anche volendolo non lo potrebbe. Ci sono due Parlamenti a Vienna e a Budapest; e nè l'uno nè l'altro sanzionerebbero l' accordo equo su tali basi. Se ciò facessimo noi non riusciremmo che ad arrecare danno più o meno sensibile alle industrie del settentrione - e perciò ad indebolire il mercato di consumo interno - senza giovare in alcun modo all'agricoltura meridionale. I soli che gioirerebbero sarebbero i sostenitori ddla pazzesca formula del1' aumento automaticodelle esportazioniin conseguenza dello aumento delle importazioni. Per costoro la rovina del paese vale un fico secco di fronte al trionfo della loro grottesca teoria. Ma i socialisti e i deviteschi non si sono limitati a spargere delle illusioni nel mezzogiorno sulle possibilità di i:innovare la clausola coll' AustriaUngheria ; ma imitando i diversi Fraccacreta che sbraitano nel mezzogiorno impongono al governo di conchiudere dei Trattati di Commercio favorevoli all'agrièoltura meridionale, colla Russia e cogli Stati Uniti. Si potrebbe capire la tattica dei primi >a aggravando la responsabilità del governo, che non conclude buoni trattati colla Russia e cogli Stati Uniti, aumentano il fermento rivoluzionario. Ma che dire degli altri che rivoluzionari non sono ? Dovrebbe essere inutile ricordare certe verità da Monsieur de la Palisse; ma giacchè i socialisti fingono d'ignorarla e nella fabbrica dei trattati portano la stessa fatuità che misero nella fabbrica delle coscienze dobbiamo ricordare che devono essere in due a conchiudere un trattato di commercio. Ora che vale la buona volontà di uno solo quando l'altro non vuole saperne ? r ,a R'Jssia è ultra protezionista; grava di fortissimi ciazi anche i generi che non produce ; ad esempio: gli agrumi. A rammollirne l' abituale durezza verso l'Italia non crediamo che i socialisti pensino di avervi provveduto colla· loro campagna dei fischi contro lo Czar .... Comunque, siamo disposti ad ammettere solo in via d'ipotesi che qualche concessione ci farebbe se noi diminuissjmo ·il dazio sul petrolio, diminuzione che, sempre in base alla cla:usola d~lla '.1azione più favorita, gioverebbe più agli Stati Uniti che all'Impero russo. Ed alla diminuzione forse si verrà - ed è giusto che si venga - per n1otivi di ordine interno. Ma che cosa potremmo sperare da un buon tratt~to colla Russia? Poco o nulla pel vino. È scars1ss1ma la quantità che se. ne consuma
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