Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno X - n. 2 - 30 gennaio 1904

44 RIVISTA POPOLARE affratellati nel consenso di un giudizio comune con- ~ro di lui. Lo hanno detto un ostentatore di egoarchismo , una natura dominata da un sogno di crudele bellezza, un artista, soltanto esteta. Sono definizioni che non reggono e non sono critiche. Poichè l' egoarchismo , la crudeltà di una ideata ·bellezza, I' estetismo puro cado:io dinanzi al documento di uno psicologismo profondo come _è quello disvelato dal poeta nella Gioconda e nella Città :Morta e di un altissimo intendimento di ricostruzione storica e di ricreazione tragica quale è quello affermato nella Francesca, ove Malatestino personifica una esatta , squisitamente forte, natura di malvagità medievale. Il giudizio de' suoi avversari è tuttavia il risultato della primitiva suggestione che il d'Annunzio operava nelle menti dei lettori. Impressionista ultrapossente - quale letteratura può collocare una simile sensitività d'artista accanto a questa dell'abruzzese meraviglioso ? - tutti furono domina ti dal colore e dalla musicalità acuta dei versi e della prosa di lui. Di fama generale d'un tratto, la sua caratteristica virtù di pittore e di risvegliatore di sinJonie naturali prese radici nel sentimento pubblico .. Gabriele d'Annunzio fu fin dal •-principio il descrittore per e..:cellenza della nostra arte e i suoi versi e i suoi romanzi parvero dover confermare tale sentimento divenuto opinione. Si vide nella sua penna superba la facile seguace della inesauribile virtù estetica che lo dominava , unica e dispotica, e questa persuasione divenne ben presto la prevenzione dog- . matica, la premessa assoluta di tutti i giudizi .dati intorno alle sue successive singole opere. Prova assai sufficiente del come un' artista possa guadagnarsi fama ed ammirazione universale pur soggiacendo ad un giudizio che essenzialmente è diminutore , quando non è demolitore. Ma prova, per me, che sotto il convenzionale enunciato della sovranità della forma d'annunziana, sotto il giudizio letterario e superficiale , il pubblico sentiva essere nel poeta qualche cosa di reale, di solido, di maturo, di speculativo, di psicologico, di umano, di sostanziale. Io non devo occuparmi che delle « Laudi ))' lo studio attento delle quali mi ha convinto soprattutto di una condizione attuale della cultura itc1liana e, cioè, della inferiorità, nella media del pubblico nostro, in paragone al contenuto artistico di questa nuova produzione d' annunzìana. Poichè queste (< Laudi del cielo, del mare , della terra e degli eroi » partono da un intèndimento umano altissimo e si servono di un mezzo J' arte assai potente e capace. Il poeta, attraverso a forme varie di espressione è venuto alla fase della grande sintesi delle sue virtù immaginative, descrittive, ma sopratutto delle in- • terpretazioni :filosofiche del mondo. Io chiamerei questa fase il periodo epico del lirismo d' annunziano, lirismo che non ha mai cessato di ingrossare il fiume del suo impeto e della sua strabocchevole ricchezza di bellezze precise. E qui il paragone col padre sovrano del pensiero poetico moderno, Victor Hugo , nasce opportuno. Come l' Hugo H poeta italiano è, in tutta la sua esuberante oper~ poetica, per essenza, per sostanza, per struttura intima, un lirico. Questa natura caratteristica li ravvicina talmente che io sento spesse volte, specie leggendo queste « Laudi >> so:.ivi e terribili e- riaprendo Les Contemplations dell'Hugo, che ambedue. sono stati spinti all'arte da un profondo, fatale, tragico, immenso bisogno di accendere le loro stupefacenti immagini nel cielo del pensiero. Ambedue sono trombe dal clangore lunghissimo e gagliardo che cantano una fede, una scienza, una forza, un sentimento, un vangelo di figurazioni gig~ntesche, il valore filosofico delle quali è pari alla possanza estetica di cui son materiate. Ora, chi non capisce questa indole tutto· peculiare dei due immaginativi per antonomasia che l'arte moderna e contemporanea abbia - non credo si possa dubitare che il d'Annunzio supera la virtù poetica carducciana nella ricchezza e nella bellezza delle immagini - e chi insieme non sente la funzione di tale vero e proprio lirismo, non può apprezzare convenientemente, le e< Laudi>> in discorso, nè interpretarle in tutto il loro molteplice e riposto significato. Una sensazione ed una consapevolezza della vita dominano sovrane sin dal principio d_i queste «Laudi». Ci siamo abituati a chiamare simbolista il d' Annnnzio ; ma è poi ciò vero? Tutti i canti che il poeta leva dalla contemplazione deJla vita sono per la vira medesima. Corre a lei l'impeto dioni-- siaco che all'anima dell' entusiasta dalle fibre, dalle vene, dalla luce, dal fremito della vita tutta veniva. Per Gabriele d'Annunzio la vita non è un mezzo, ma è lo scopo. Egli non vede che la vita e sente e discopre e gode ed anima in essa energie , bellezze, grandezze , delizie che niuno avanti a lui ha goduto, discoperto e sentito. Indirizzandosi alle Pleiadi ed ai Fati e dominando il coro grandioso deila introduzi0ne col motto potente e chiaro : - navigare necesse est, vivere non est necesse - egli calmo , lucido , e pure forte e quasi ardente, insegna l' eroismo sereno che la coscienza moderna ha derivato dalla pagana del consacrarsi ad un' opera di ricerca , di analisi , ad un viaggio continuo pel mare delle cose grandi e dif- , :fìcili, ove solo lo spirito anelante della dubbiosa umanità può incontrare e far sue le terribili estasi· del nuovo e del supremo vero umano . .

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