Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno X - n. 1 - 15 gennaio 1904

RIVISTA POPOLARE 13' Saro guardò nel viottolo additato dal padre, una via tortuosa in mezzo a vari poderi lumeggiati da un' armonia di colori. « È proprio lui. E continuarono a paleggiare il grano, come nulla fosse. Le campagne e le terre lavorative apparivano àncora allagate dal 8ole occidentale; su quelle distese di stoppia, di maggese, e, in parécchi punti, di alberi l' aria. softocantE:lora e·ra mitigata dallo spirare del vento, da tutta quella agitazione di aria che metteva su la terra ventilazioni refrigeranti: e nondimeno, qua e .là, qualche pianura bruciata dal sole, alcune colline accavallate su colline, sassose e grigie, alcuni poggi brulli conservavano tuttavia l'impronta delle cose arse. Il contadino , uomo attempato, dalla barba rasa da alcuni giorni, con la berretta in capo, si avvicinò tenendo le mani in tasca, salutando. « A che siamo , compare? Bisogna profittare di questo vento. e Non vedete ? Domani è beli' e mondo. E voi ? Gnù Rocco, traendo dalla tabacchiera una presa di tabacco, tentennò il capo; poi cacciò fuori da una tasca enorme il fazzoletto a quadretti rossi, e si pulì le dita, dicendo che non poteva pagare neppure l'affitto del fondo col raccolto del grano : aveva molta speranza però nei mandorli , eh' erano carichi questa volta , e non vedeva l'ora. eh.e venisse il mese di settembre. e Sono carico di debiti, corppare. Credetemi. E tu, Saro, che dici? « Niente. · « Tieni sempre la bocca cucita, ma sei un buon lavoratore però. Quindi si volse al padre : « Quando siete comodo, compare Liborio, dobbiamo parlare. « Aspettatemi un momento, lì, sotto quell'albero. Gnù Rocco preferì di tornare a parlare del suo raccolto. - Quell' anno la sorte gli aveva fatto un tiro birbone; non se l' aspettava quel colpo di falce, come è vero Dio ! E poi , con un terreno come il suo, pro- · fondo, fert-ile.- Ma l'altro, senza indugiarsi più oltre, venne a lui, e se lo tirò in disparte, nell' ombra del1' albero, dove, non appena sedettero a terra, gli chiese subito: « In che cosa devo servirvi? « Pigliate tabaccq prima di tutto. Col tabacco il loro spirito si ritemprava in una fot'Za novella, si sollevava rinfrescato; così potevano parlare con spigliatezza, ·anche con maggiore sicurezza. Gnù Rocco aveva gli occhietti ammammolati. Sbirciò così così, e disse : e Sono venuto a dirvi che Michela accetta di sposare Saro perchè lo conosce a fondo , perchè è un giovane buono come il pane. Io e mia moglie ne siamo contenti pure, non cerchiamo di meglio. C'è l'accordo di tutti. L'altro aveva ascoltato con_gli occhi fissi a terra. Disse: « Un momento, compare, un momento. Come c'entra Michela? A vero dire Saro si era dichiarato per Nanziata, la piccola, una ragazza sedicenne, dal corpo fresco e pastoso, dalla faccia attraente, dall'occhio nero e vivace, dalle labbra strette che nel sorriso si schiudevano soavemente; non mai per Michela, la quale, quantunque giovane, non poteva fare innamorare un cane perchè era brutta, una faccia di colorito scuro d-ai lineamenti disarmonizzanti, dalla fronte strettissima e nerastra di sudiciume, e µer di più con quel difetto fisico dell'anca destra che la faceva zoppicare , e con quella g'uardatura torta! Nonostante ciò gnù Rocco fece vedere e toccare con mano a suo compare , come a San Tommaso, che Michela c'entrava benissimo: innanzi tutto non si ammetteva nessun matrimonio per la piccola se prima non si sposava la grande, essendo ciò una cosa stabilita; in seconda linea era da notare che Michela era giovane, molto più adatta della sorella per un giovane a trent'anni, brava massaia, accurata, tutta interesse per la casa. Gnù Liborio, meditabondo, taceva; l'altro· proseguì : '- Se vedeste quanto tempo ci mette a fare il pane! E come lo impasta! In poche ore fa il bucato come nessuna lo sa fare. A poco a poco quegli si persuadeva della verità del ~egozi'o, le sne perplessità Q i suoi dubbi svapo• ravano via, qnasi il vento glie li strappasse dal cervello e li disperdesse nell' aria rinfrescantesi mano' mano che il sole declinava. - Sicuramente , suo compare parla va cor_neil V angelo. - Soltanto oppose : « Ma.... guarda storto, zoppica. « E che significa ciò? » scappò su con accento vibrato il contadino. « Cercate forse ll:l bellezza per vostro figlio? Per rovinarlo? L'amore è roba dei minchioni, deglj asini che non cercano la sostanza. Ohe è meglio il fumo o l' arrosto? « L' arrosto. « Non ne pa~liamo più. Però il mulo dovete darglielo a vostro figlio. « Glie lo do. « Restiamo intesi. « Ohe giornata è oggi ? Ah , mercoledì. Domenica verremo ad appunta're i_lmatrimonio. Mi sono·convinto, compare. Si separano, salutandosi sviceratamente. Saro ascoltò il padre con attenzione, pulendo di tanto in tanto il grano per darsi un' aria meno impacciata, fissando il pensiero su le parole massaia e casa, e finì con l' accettare anche lui. - È m~glio l' arrosto che il fumo. ♦ Nessuno aveva saputo il finimondo eh' era accaduto in casa dei Ciancini il giorno ìn cui la Nunziata era stata chies,ta in moglie da Saro Linguamozza: la casa, essendo isolata in quel fondo di' circa tre salme, aveva spento col silenzio, nel segreto delle mura cadenti; il dramma domestico; gli alberi che la circondavano, immobili nella vampa del so1e, ne erano stati testimoni muti. Il fuoco era stato suscitato da quella vipera di Mi-

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