.. RIVISTA POPOLARE DI POLITICA, LETTERE E SCIENZE SOCIALI 665 .In silenzio messer Giovanni s' inchinò e segui poi Ser Taddeo su la ringhiera. Intaqto giù su la piazza intorno alla Compagnia di amore s'era fatto un largo cerchio di popolani e le donzelle ballavano insieme ai cavalieri mentre alcuni mazzieri del comune portavano fuori del f>ala;ZZOuna tavola e _ciposavano .sopra un piccolo cofano d'oro.· La missiva che doveva essere recata dall' Ambasciatore sarebbe chiusa là dentro. E all0ra l'aattenzione del popolo fu attirata dal piccolo cofano. Lo aveva intagliato con grande e finissimo valor"e quel pregiato artefice di armi e di medaglie, che aveva bottega in Borgo Sant' Jacopo e che per l' ec.:. cellenza delle sue pitture (tutti chiamavano Giottino; ed· ora il popolo si dilettava ad ammirare i fregi delicati, le finissime sagomature, e gli sbalzi, meraviglia tutta nuova e che per la prima volta il Giottino mostrava a' suoi concittadini. E in tutti era unanime un detto : - Ella è ben cosa degna di Firenze. -- E comparavano questo col bel-cofano d'oro che era stato mandato rnolto tempo prima al Papa per recargli in dono i primi fiorini d' oro coniati dalla Repubblica con la effigie di San Giovanni ; e conside....: ravano questo, non piu bello forse e ·mimo ricco,. ma più delicato però e piu fine e molto . piu sottilmente_ lavorato. Un gruppo d' artefici si attardò un momento a studiare e ad ammirare gli sbalzi e le ondeggiature eseguite a pettinella, mentre alcuni vecchi popolani osservavano che le cose d'arte erano molto più belle ora che nei tempi della loro giovinezza e molto più ricche, forse anche trop~o a scapito dell'arte, e che gli artefici diventavano sempre più capaci. In quel momento dall'alto della ringhiera squillò. argentino il suono delle trombe. Parve che la vibrazione delle note traversanti l'aria piovesse su la folla come un' ondata di finissimo pulviscolo d'oro e d'azurro; parve che veli sottili color di ·amaranto e d'arancio si stendessero sotto la luce sfolgorante, sopra i cittadini ; ,parve che nuvole misteriose leggere, evanescenti, colorite di porpora e verde ondeggiassero per un breve istante fra le -mura cupe del Palazzo e delle .case intorno. . Le trombe tacquero, le ultime vibrazioni si spensero tremolando dolcemente nell' aria e l' orator·e della Repubblica s'avanzò sul davanti della ringhiera. .Ora il silenzio era profondo ; sarebbe stato solenne, se la limpidezza del cielo, e lo sfolgorio del sole su le armi forbite e le variopinte bandiere non avessero dato una magnifica aria di festa a quella radun~ta. L' orat_ore alzò la mano come per ringraziare pel silenzio ottenuto e parlò. Disse che la Signoria, interpretando un voto del popolo di Firenze, intendeva restituire a· Messer Francesco di Petracco, che si fac3va chiamare Petrarca, i beni confiscati a suo padre durante gli anni dolorosi delle fazioni dei Bianchi e Neri. Disse che latore di quella ambasceria al Petrarca doveva essere uno dei più stimati ed-onorevoli uomini della città. Al popolo incombeva la cura di nominarlo. Un coro ,di voci, come una voce sola, un uragano di grida interruppe l' oratore - Messer Giovanni Boccaccio ! Messer Giovanni Boccaccio ! - L' oratore continuò - Infatti dallo scr~tinio dei voti appare eletto Messer Giovanni Boccaccio ; eppure - un mormorio, come il brontolare sordo d'un tuono lontano soffocò per un' istante. la voce dell'o-. ratore. Quando il silenzio fu ristabilito l'oratore continuò: - Eppure ia Signoria vorrebbe tenere presso di se l' ambasciatore che il popolo ha designato per un tanto onorevole ufficio, per affidargli qualche altro incarico più utile. - - Una voce, il vecchio Betto, interruppe di nuovo l'oratore. · '- - Egli è il più onorevole uomo della città. - Ed il piu utile - rispose l'oratore -; ma per- _ ciò appunto la Signoria vorrebbe non privarsi del suo concorso, ove questo· le occorra. - Nella folla si produsse un grande movimento: ora si discuteva. L'affare della nomina di questo ambasciatore pigliava la piega d'un grave affare di Stato. Una voce gridò : - E che dunque, Firenze é così povera tii uomini di valore? - - Noi vogliamo mandare al nostro più grande cittadino il massimo degli onori ; non possiamo servirci d'un cittadino qualunque: Jo esige l'onore della nostra città· - gridò un'altro. - E' vero ; è vero - affermarono mille altre voci. L'oratore si voltò verso i Priori e scambiò poche parole con loro ; poi rivoltosi di nuovo alla folla, accennò che voleva parlare. Di nµovo, su la piazza, si fece profondo il silenzio. - La Signoria non intende opporsi ai desideri del popolo. Soltanto, essa vi accennava che Messer Boccaccio poteva essere utile &IlaSignoria in questo momento. - Un formidabile urlo della folla, zittì, ancora una volta,· l'oratore. Poi di mezzo al popolo uno, vecchio, parlò: - Noi abbiamo dati i nostri voti, disse, ed abbiamo ben, ponder.ato a chi darli. La nostra città non può essere inferiore al suo nome. Messer Francesco Petrarca è grande; ma noi abbiamo qui un'altro granqe cittadino ed è Messer Giovanni. Egli onora la nostra città : vada egli dunque e porti al poeta la notizia che gli é resa giustizia e che noi riconosciamo i suoi meriti grandi ; ma la grandezza del nostro ambasciatore gli dica che Fiorenza, non difetta di cittadini onorevoli e che noi troviamo anche in mezzo a noi ·uomini che lo valgono. - La folla interruppe plaudendo ; ed il Gonfaloniere allora parlò : - Sia fatto secondo il vostro desiderio cittadini, - e volgendosi a ·Messer Giovanni Boccaccio che gli era vicino ; aggiunse - Digli bene che questa è in se stessa piccolissima ·cosa: ma pure s'egli considera che gli è concessa da unanime VijtO di popolo ; come da unanime voto di popolo tu sei destinato a recargliene novella, ella è ben grande; poiché gli dimostra che noi in questa nostra città, oggi, apprezziamo tanto le arti, che per l'amore di esse dimentichiamo le offese che i padri dei nostri artisti, recarono alla nostra città. E digli che se noi
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==