RIVISTA POPOLARE DI POLITICA, LETTERE E SCIENZE SOCIALI 639 StellonciniLetterari _ La 'rip1·esa - Per itn poeta morto - Pe1· una poetessa viva - Il T'omanzo a1·tistico - La moglie di Eligio - Le miserie di Venere -- Arte decm'Cttiva - Annitnz'Ì - Riviste. Quattro mesi sono passa.ti dagli ultimi « Stelloncini »; e, reduce in questo antico maniero feudale in forma di sprone, cui va innanzi una grigia torre merlata che da lontano gli da la strana apparenza d'una enorme locomotiva, ho trovati, giunti nel lungo intervallo, libri a dozzine, riviste a mucchi, giornali a valanghe. E ricomincia la solita vita invernale: il laboratorio delJe mie ciarle critiche, Ja fucina dei miei stelloncini letterari, torna dalla grande stanza a levante, nel piccolo studio a mezzodi, dove la stufa, lucida e nera, sembra già attendere con desiderio i suoi pasti pantagruelici d'antracite e di eoke; e non più il lieto sole della mattina, ma la placida lamp!:ìda della sera mi vedrà oramai, dopo l'orgia di quadri e di :statue alla quale mi sono abbandonato neJle vacanze, intento alle prose ed ai versi, ai romanzi ed ai drammi, per darne notizia agli antichi ed ai nuovi amici della << Rivista », per darne aperta e sincer9,,- senza riguardi nè antipatie di persone, la mia schietta e oggettiva impressione, nnn consentendo Io spazio, nè l'indole del periodico, nè il tempo che ho disponibile, lunghe disquisizioni analitiche, ampi giudizi documentati sopra ciascuno. *,,. * Ho letti primi fra tutti, appena tornato quassù, i due volumi nei quali, editore lo Zanichelli a Bologna, Luigi Donati ha voluto raccogliere con amorosa pazienza, con cura fraterna, con scrupolo religioso, Ie sparse reliquie d'un mesto volontario della morte, le POESIE E PROSE del « poeta della Romagna », Giacinto Rfoci-Sig11or1ni: e li ho letti con commozione continua ed intensa, perchè c'è dentro intera, completa, rediviva, l'anima buona e profonda, timida e fiera, in tiina e geniale del povero Giacinto; e con essa, e degna di lei, quella del Donati, che con questa pubblicazione, frutto di lunghe fatiche, d'ostinate tenacie, e d'indomiti affetti, dà un cosi commovente documento d'una di queUe amicizie, troppo rare al di d'oggi, che sopravvivendo alla morte, fan sopravvivere pure l'amico perduto, e lo fanno amare da cento, da mrne altri amici nuovi, come se ancora realmente egli pure parlasse e scrivesse sopra Ja terra. E' per opera del Donati, infatti, che oggi dopo dieci anni dalla sua tragica scomparsa dal mondo dei vivi, Giacinto può ancora narrare quanto ha sofferto, quanto hà sperato, a tanti lontani superstiti, come dice egli stesso in un frammento ·qui posto ad epigrafe dei suoi ricordi, e strappare a tanti occhi incogniti il pianto; e a tante bocche ignote il sorriso, e rivolger le menti alJe opere buone, ai sentimenti gagliardi, senza che più gli giunga, ahimè I, il suono della postuma lode, nè l'eco del rimpianto, nè la confessione del rimorso di non averlo ascoltato, compreso, applaudito in vita. Il primo volume, tutto di poesia, è preceduto da una prefazione del Donati, dedicata a Giovanni Pascoli, che narra, documentandola riccamente di lettere intime, la breve e mesta vita del Ricci, tutta consacrata agli studì, all'arte, all'insegnamento; e canta, in versi d'ogni metro, l'amore e la morte, la sua Romagna e l'Italia nostra, la divinità deJla terra e del cielo, i dubbi e le angosce delJa vita, del pensiero, del sogno. L'altro volume, dj prosa, contiene studi eruditi di _storia paesana, note estetiche e critiche, gite d'artista per la Romagna, quadri e paesaggi, bozzetti e novelle, « stati d'anima ))' impressioni, meditazioni: tutto l'uomo, insomma, e tutto l'ambiente a lui caro, riflesso, come in un nitido specchio, nella sua parola: ed anche la prosa, in questo volume, è poesia, quasi a ogni pagina. Entrambi, poi, a completare la risurrezione, recano una sua pagina autografa: un foglio di quella sua scrittura densa, minuta, sottile, legata, ch'è tutta un auto-ritratto; e poi un ritratto vero, in fototipia, che rammenta subito quello che fece di lui,. nel « Trionfo della morte ))' Gabriele d'Annunzio, sotto il nome di Demetrio Aurispa: «.... l'uomo dolce e meditativo, dal volto pieno di una malinconia virile, a cui dava una espressione strana la ciocca bianca tra i capelli oscuri, che gli si partiva di sul mezzo della fronte ». Volete un saggio? Eccolo, col titolo « Notte »: << Come uno sguardo di pietosa donna, si distende il sorriso della luna sulla campagna che la notte assonna. Silenz'ioso in quella pace, il vento passa e non muove alcuna forma; alcuna voce non s'ode, o rnurmurc, o lamento. Ed io guardavo: ma parea che tutta la coscienza fosse in me smarrita, che la mia volontà fosse distrutta, e fermo il core, e freddi i sentimenti. Ma nell'anima triste e sbigottita sentivo i baci delle stelle ardenti ». *,,*. Leggevo, giorni or sono, nella Revue un articolo sulla crisi libraria in Francia: gli editori, là come qui, si lamentano delJa pletora di produzione di fronte alla sempre minore richiesta da parte del pubblico : notano, tuttavia, che i libri buoni, cioè sostanziosi, cioè densi di pensiero, i libri di scienza, di filosofia, di sociologia, ed anche i romanzi ed i versi documcntarii o di fotta, quelli che riflettono i vivi problemi, le ansie, gli odì e gli amori di questo periodo tipico di storia umana, vanno ancora, vanno largamente, vanno trionfalmente: ben •inteso, quando c'è dentro non il pensatore soJtanto, ma anche l'artista: l'artista di razza, s'intende pure, non l'artista di mestiere.~ E da noi, diciamolo pur~ ad onore del popolo nostro, e della nostra generazione, è lo stesso, e nella prosa e nel verso, e nel teatro e nella scuola. · E lo prova, ad esemp'io, il largo successo, cosi pres~o il pubblico, come di fronte alla critica, dell'ANrMADELL'lTALIAdi Adele Galli (Casa Editrice Nazionale) di cui mi duole di giungere ultimo, o quasi, a parlare: non sono le solite e trite e stucchevoli smorfie d'amore, nè i vuoti e scipiti e cretini stilizzamenti dannunzieggianti, di tante pseudo-poetesse in cerca affannosa d'ammiratori e di adoratori; ma è proprio l'anima, ben più pura e più alta e più grande, deJla Patria, quella che << palpita e_ vive splendida e gagliarda » per entro i versi di questa poetessa autentica: ed è ben l'anima stessa, che men consapevole balza su dal cuore del popolo, dalle officine, dai navigli, dalle glebe; quella che balenò dalJe spade. dei guerrieri e lampeggia dalle falci dei mietitori; quella che squillò nelle trombo degli araldi e negli stormi delle campane; quella, che, contraffatta ed immiserita nella retorica delle scuole e nell'eloquenza ufficiale, grandeggia sempre e dovunque nei forti fatti e nei vasti sogni di nostra gente, quando le avviene, nell'ore solenni in cui tacciono sbigottiti i suoi reggitori, di deliberare, d'agire, di provvedere da sè. Che importa se qualche strofa non è tecnicamente impeccabile, se qualche immagine è un po' diluita, se qualche espressione è un po' oscura, quando al di là s'intravede il fuoco del sentimento sincero, quando il calore dell'entusiasmo si sente ben vivo, quando l'impeto lirico è fervido e travolgente? Leggete « I Mille », leggete cc La Campana delle Cinque Giornate >>, leggete << I fratelli Bandiera », leggete « Sole d'Italia », leggete « Villa Spada >>, leggete « L'aratro » ! *,,.*La Libreria Editrice Nazionale di Milano ha pub-
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